martedì 26 gennaio 2021

“L’ombra del maestro e altri racconti dell’invisibile” di Gianni Eugenio Viola

Sei brevi racconti, sei differenti storie che trascendono la realtà per sconfinare nel soprannaturale laddove il mondo visibile e quello invisibile, grazie ad un inaspettato varco, possono entrare in contatto tra loro anche se solo per un breve attimo.

Protagonista di “Mister Magic”, il racconto di apertura del libro, è un giornalista sul viale del tramonto intenzionato a smascherare il prestigiatore di un circo che sostiene di essere in grado di eseguire la trasmutazione dei metalli.

L’alchimia è la protagonista anche di un altro racconto intitolato “La rosa e la croce. Rosenkreutz” dove la vita dei proprietari di una locanda viene sconvolta da dei sedicenti architetti che affittano il locale per la loro riunione annuale.

Altri due racconti invece hanno come protagonista la letteratura.

“L’ombra del maestro” è la tardiva confessione di un cinico scrittore che in vita aveva pubblicato con uno pseudonimo alcuni libri di riflessioni filosofiche.

“Immortale” invece è il classico racconto di un autore che per ottenere imperitura fama letteraria accetta di vendere anima e corpo al diavolo.

Infine, gli atri due racconti sono legati alla morte delle compagne dei protagonisti delle rispettive storie.

In “L’ultima notte con Victoria Alba” il protagonista, nel tentativo di lenire il dolore causato dalla perdita della donna amata, si lascia convincere a contattare una negromante per poter parlare con lei un’ultima volta.

In “Amate mura” invece il protagonista della storia decide di cambiare tutte le lampadine dell’abitazione perché non riesce più a sopportare l’idea di convivere con la luce che quei lumi avevano sparso sulla tragedia consumatasi dentro il loro appartamento.

Il libro di Gianni Eugenio Viola è un libro breve, appena 157 pagine, ma non fatevi ingannare perché la sua lettura esige i suoi tempi, ogni pagina ha infatti bisogno di essere interpretata, analizzata e compresa.

Innumerevoli sono i richiami alla letteratura, alla storia, al mito, alla leggenda e alla ricerca alchemica.

Alcuni indizi sono più evidenti come i nomi degli immortali alchimisti che prendono parte all’annuale riunione alla locanda o il richiamo alla confraternita dei Rosacroce, altri meno e necessitano quindi di uno sguardo più approfondito.

La cosa che mi ha attratto di questo volume e mi ha spinto alla lettura è stata, come spesso succede, l’immagine della copertina che ho scoperto poi essere Abendlied di Franz Sedlacek (1891-1945), scelta quanto mai indovinata.

Le atmosfere di questi racconti portano il lettore in un’altra dimensione, a volte sembra di essere in un quadro di Marc Chagall altre in acquarello di un paesaggio toscano di quelli che i pittori sono soliti vendere ai turisti per le strade, talvolta, pur essendo i racconti ambientati in epoca contemporanea, sembra di rivivere le atmosfere gotiche del film Dracula di Bram Stoker e a tratti si ha l’impressione di udire l’eco delle opere di Franz Kafka

Le cose vicine sono le più difficili da raggiungere… Vuol sapere. Ebbene deve aspettare, caro signore, aspettare.

È un libro che a suo modo fa riflettere il lettore e lo spinge ad interrogarsi sul senso della vita e sulla verità o, piuttosto, su quelle verità che noi riteniamo tali.

La quarta di copertina pone l’interrogativo “L’essenziale è invisibile agli occhi?

Sì, fu la volpe a svelare al Piccolo Principe proprio questo suo segreto:

Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi

E verrebbe ancora da aggiungere ricordando Giulietta e Romeo (atto II, scena II)

Che cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa, pur con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo.





domenica 24 gennaio 2021

“Il sorriso di Niccolò” di Maurizio Viroli

Politico o filosofo? Letterato o poeta? Repubblicano o monarchico? Nei secoli la controversa figura di Niccolò Machiavelli è stata spesso oggetto di aspre critiche. 

Tacciato il più delle volte di essere un uomo cinico, freddo, calcolatore, arrivista e spregiudicato, solo in epoca recente la critica ha iniziato a riconoscergli quella dignità e quegli onori che egli da sempre avrebbe meritato grazie alla sua saggezza politica e alla sua vasta conoscenza della vita e della condizione umana.

L’intento di Maurizio Viroli è quello di raccontare attraverso le pagine del suo libro il Machiavelli uomo o meglio il “Machia” come veniva affettuosamente chiamato dagli amici.

Per raccontare l’uomo, però, è necessario parlare anche del suo tempo e delle personalità che quel tempo lo forgiarono e contrassegnarono con le loro azioni e le loro idee; Viroli ci parla quindi anche di quel mondo del quale Machiavelli fu allo stesso tempo protagonista  e spettatore.

Maurizio Viroli inizia col raccontarci del Niccolò bambino e del rapporto che questi ebbe con il padre, un legame quello con Bernardo molto più vicino ad un rapporto di amicizia che ad un comune rapporto tra padre e figlio.

Bernardo era dottore in legge ed era amante dei libri, una passione che senza dubbio fu lui a trasmettere al figlio. Niccolò e Bernardo avevano in comune anche molte altre cose come lo spirito lieto, l’amore per le allegre compagnie, la conversazione gioiosa e le battute salaci.

Il “Machia” era un uomo intelligente, arguto, burlone e dotato di una finissima intelligenza.

Innamorato delle donne, amico sincero, sempre pronto a prodigarsi per una giusta causa, Machiavelli metteva passione in ogni cosa; i suoi più grandi amori furono gli antichi e la storia mentre la sua lealtà e la sua devozione furono sempre tutte per la sua Firenze.

Il libro ripercorre la vita di Machiavelli seguendolo nella sua carriera di segretario della Repubblica e accompagnandolo nelle corti dove egli fu inviato in qualità di esperto e valente diplomatico.

Una vita dedicata alla politica che terminò bruscamente con il ritorno dei Medici a Firenze. Machiavelli fu arrestato, subì l’umiliazione del carcere perché accusato di tradimento e infine fu costretto a ritirarsi nei suoi possedimenti a Sant’Andrea in Percussina lontano dalla vita pubblica.

“Il sorriso di Niccolò” è un saggio molto scorrevole che si legge quasi fosse un romanzo; attraverso la storia dell’epoca e i frammenti tratti dalle sue opere ma soprattutto dagli epistolari, la figura di Machiavelli emerge dal passato in tutte le sue innumerevoli sfaccettature.

Nicolò Machiavelli era un fine politico, amante della libertà e dell’uguaglianza civile; la politica era la sua passione più grande, ma egli voleva esercitarla solo per il bene della sua amata città. Non esitò infatti a rifiutare, anche dopo che le sue aspettative erano state nuovamente disilluse dai Medici, un ben remunerato e allettante incarico presso Prospero Colonna.

Machiavelli non desiderò mai nel corso della sua vita potere e denaro, ma solo fare qualcosa di importante per Firenze e per questo poter essere ricordato ed onorato un giorno dai suoi concittadini.

Il sorriso di Niccolò Machiavelli era un sorriso con il quale egli rispondeva alle miserie della vita e ai colpi dell’avversa fortuna, un sorriso nato dalla conoscenza delle miserie umane.

Indossava il suo sorriso per non lasciarsi sopraffare dalla malinconia e dalla pena, la sua maschera migliore con la quale ingannare gli uomini e la sorte per non dar loro la soddisfazione di vederlo abbattuto e sconfitto.

Machiavelli rimase fino alla fine fedele a se stesso e si congedò dagli  amici con il racconto di un sogno, vero o presunto non si saprà mai, che lo vedeva andare all’Inferno, ma quell’Inferno per lui valeva molto più del Paradiso dove si sarebbe inevitabilmente annoiato tra santi e beati. Meglio l’Inferno dove avrebbe potuto trascorrere l’eternità a discorrere di politica in compagnia dei grandi dell’antichità.

(…) perché io credo, credetti e crederrò sempre che sia vero quello che dice Boccaccio: che gli è meglio fare e pentirsi, che non fare e pentirsi

In queste righe c’è tutta la saggezza di Niccolò Machiavelli, un uomo che non permise mai alla paura di fermarlo e che fino alla fine perseguì con passione tutti i suoi sogni anche quelli più grandi e impossibili.

 

 

sabato 16 gennaio 2021

Boccadasse (Genova - Albaro)

Lo so, viaggiare per scoprire nuovi luoghi o per ritornare in quelli dove abbiamo lasciato un pezzetto di cuore è diventata oggi un'impresa quasi impossibile, ma proviamo a guardare il lato positivo della situazione: abbiamo più tempo per ritrovare e riscoprire le bellezze delle nostre città e dei paesi in cui viviamo.

Complice la splendida giornata di sole questa mattina ho deciso di fare una passeggiata fino a Boccadasse per fare qualche foto da condividere con voi di questo suggestivo scorcio di Genova.



Boccadasse è un antico borgo marinaro, o almeno ciò che resta di esso, e fa parte di Albaro, uno dei quartieri del levante cittadino.



È uno dei luoghi di incontro più caratteristici della città, molto frequentato anche grazie alla presenza di numerosi bar, gelaterie e ristoranti che offrono la possibilità di assaggiare piatti tipici della cucina genovese, fritture di pesce o semplicemente di fermarsi a bere qualcosa in riva al mare godendosi qualche raggio di sole in qualunque stagione dell'anno.



I veri padroni del borgo però restano loro, i gatti, che si aggirano per le mattonate e tra le barche guardando i passanti con aria di sfida oppure che sornioni sonnecchiano al sole.  







Saluti da Boccadasse o meglio, per dirlo in genovese, salûi da Boccadäse





lunedì 11 gennaio 2021

“I lupi di Roma” di Andrea Frediani – Review Party

Anno 1277, dopo un lungo conclave Niccolò III, al secolo Giovanni Gaetano Orsini, ascende al soglio pontificio

Dopo la morte di Giovanni XXI, a seguito della quale la sede è rimasta vacante per ben sei mesi, ora gli Orsini possono finalmente portare a termine i loro piani grazie all’elezione del nuovo papa.

Progetti, quelli della famiglia Orsini, il cui scopo non è solo quello apertamente dichiarato, ovvero arginare la dominazione straniera ed in particolar modo il potere del re francese Carlo d’Angiò, re di Napoli nonché senatore di Roma e podestà di Firenze, ma anche quello ben più ambizioso di rafforzare il potere della propria famiglia.

I lupi di Roma, come vengono definiti gli Orsini, fanno presto incetta di cariche pubbliche e, prendendo possesso di buona parte dei territori circostanti, divengono di fatto i nuovi signori di Roma.

Le faide tra le famiglie romane però non accennano a placarsi e così, se da una parte l’alleanza Orsini – Colonna – Malabranca, frutto della sapiente politica matrimoniale condotta nel corso degli anni, è sempre più solida, dall’altra parte la sete di rivalsa e di vendetta delle famiglie nemiche, capitanata da quella degli Annibaldi, si fa sempre più feroce e  spietata.

Mentre Niccolò III insieme all’ambiguo cugino, il cardinale Matteo Rubeo, danno sfogo alle loro più sfrenate ambizioni, Perna Orsini innamorata del giovane Annibaldo Annibaldi vede sempre più lontana la possibilità di coronare il suo sogno d’amore.

Stessa sorte sembra toccare anche all’altra coppia di amanti, quella formata da Orso Orsini, il podestà di Viterbo, e la bella Beatrice, la figlia del conte di Guastapane Porcari.  

Un evento inaspettato, una morte prematura, sconvolgerà però tutti i disegni così meticolosamente pianificati dall’ambizioso Matteo Rubeo; i lupi di Roma, esposti alla vendetta dei nemici quanto mai prima era accaduto loro, si ritroveranno quindi a dover difendere con i denti quanto conquistato fino a quel momento.

Riusciranno gli Orsini a riconquistare la loro posizione e magari nel contempo pentirsi di quei metodi così poco ortodossi da loro praticati per raggiungere il successo ad ogni costo?

Il romanzo di Andrea Frediani è un buon compromesso tra verità storica e finzione letteraria. I protagonisti sono per la maggior parte personaggi reali che interagiscono tra loro in modo alquanto verosimile anche laddove, per l’economia della trama, è stato necessario da parte dell’autore apportare modifiche sovrapponendo talvolta alcuni eventi.

Sapevo poco delle vicende della famiglia Orsini e questo libro si è rivelato un ottimo punto di partenza per fare la loro conoscenza e per stuzzicare la voglia di approfondirne la storia.

La trama del romanzo è ben bilanciata: ai fatti storici salienti, battaglie sul campo e scontri politici, si alternano le vicende amorose di Perna e Annibaldo e quelle di Orso e Beatrice.

L’amore di Perna Orsini e Annibaldo Annibaldi è la classica storia d’amore contrastato che prima tra tutte richiama la celebre storia di Romeo e Giulietta, due famiglie nemiche e due giovani che sognano attraverso la loro unione di poter porre le fondamenta per quella pace tanto sospirata.

La storia di Orso e Beatrice invece è una storia dove l’amore deve fare i conti con il dovere e l’onore. Orso, per quanto innamorato di Beatrice, non ha la forza di sottrarsi ai doveri verso la propria famiglia e anche quando capisce che per i parenti egli è solo uno strumento, la tessera di un mosaico, non riesce comunque a sottrarsi a quanto impostogli dagli altri Orsini.

Beatrice è comunque molto diversa da Perna, La figlia del conte Guastapane Porcari è una donna tenace e risoluta, non è facile per lei concedere una seconda possibilità e, proprio perché le è costato tanto cercare di giustificare l’amato Orso, il vedersi rifiutare da lui una seconda volta per assecondare le imposizioni della famiglia, farà scattare in lei un desiderio di rivalsa e di vendetta che sfocerà alla fine nell’autolesionismo.

Su tutti i personaggi, sul violento Riccardello Annibaldi, sull’arrogante Cencio, sull’ambizioso e ambiguo cardinale Matteo Rubeo, svetta la figura carismatica di Margherita Colonna, colei che ha saputo tenere testa alla famiglia e, seguendo la propria strada, elevarsi al di sopra delle meschine lotte di potere per dedicare la propria vita al prossimo.

“I lupi di Roma è un romanzo scorrevole che, grazie ad una trama avvincente e a un racconto serrato degli avvenimenti, riesce a mantenere sempre alta l’attenzione del lettore favorendo lo sviluppo di un legame empatico tra questi e alcuni suoi protagonisti.

Nel corso del suo papato Niccolò III favorì in ogni modo i propri parenti e nipoti assegnando loro cariche e proprietà, tanto che leggendo queste pagine non si può non richiamare alla mente un altro papa che salì al soglio pontificio due secoli più tardi e il cui nepotismo e accumulo di ricchezze fanno ancora oggi discutere e indignare. Il suo nome? Alessandro VI, ovviamente, al secolo Rodrigo Borgia.

In quanto a dissolutezza, baldanza, arroganza alcuni personaggi di I lupi di Roma non hanno davvero nulla da invidiare né al papa Borgia né al suo temutissimo figlio Cesare, il duca Valentino.

Se il più grande sogno di Cesare Borgia, condottiero spregiudicato e politico ambizioso, fu quello di unire l’Italia con lui come unico principe a dominarla; gli Orsini duecento anni prima furono senza dubbio la famiglia che più di tutte provò a costruire un regno e una dinastia autoctoni.

Il libro di Andrea Frediani è il racconto della feroce lotta che una delle dinastie più ambiziose di Roma, gli Orsini appunto, condusse per il proprio prestigio e non solo.


 



 

 

 

 

 

sabato 9 gennaio 2021

“The Witcher - Il sangue degli Elfi" di Andrzej Sapkowski

Primo capitolo della saga di The Witcher, in realtà terzo libro in ordine di lettura, “Il Sangue degli Elfi” racconta quanto accaduto dopo il massacro di Cintra e la successiva vittoriosa battaglia di Sodden contro gli invasori nilfgaardiani.

I due volumi precedenti (“Il guardiano degli innocenti” e “La spada del destino”) sono infatti una raccolta di racconti dedicati agli avvenimenti occorsi fino alla battaglia di Sodden e al trattato firmato dai regni settentrionali con Nilfgaard, una tregua fragile che costringe, almeno per il momento, i nilfgaardiani a non oltrepassare il confine dello Jaruga.

Geralt di Rivia, il Lupo Bianco, ha finalmente incontrato il suo destino, la sua bambina sorpresa, Cirilla la principessa di Cintra.

Ciri, dopo la morte della nonna, la regina Calanthe, avvenuta durante il massacro di Cintra, è riuscita miracolosamente a mettersi in salvo e a sfuggire al terrificartene nero cavaliere di Nilfgaard che le dava la caccia.

Ora la bambina è con Geralt, lo strigo a cui era destinata fin da prima della sua nascita.

Geralt ha tutte le intenzione di difendere la sua protetta e per questo la conduce a Kaer Morhen, la dimora degli strighi, il luogo dove questi vengono addestrati.

Ciri vorrebbe ella stessa diventare uno strigo, il primo strigo donna, ma quando una sera si manifestano i primi segni delle sue forti capacità psichiche, Geralt deve necessariamente affidarsi all’aiuto di qualcuno più esperto.

La principessa Cirilla è la bambina dal Sangue Antico, lei è la Fiamma di Cintra e la profezia di’Itlina sta per compiersi.

Sapevo, dopo aver letto i racconti, che sarei andata avanti nella lettura perché ero rimasta piacevolmente sorpresa dalla storia nata dalla penna di Andrzej Sapkowski che, a parer mio, merita pienamente il successo raggiunto con la sua saga.

Avevo sentito invece pareri contrastanti sulla serie tv tratta dai suoi libri così, prima di affrontare la  lettura dei romanzi, ho pensato fosse giusto vederla per farmi un’idea.

La serie tv di Netflix non mi è affatto dispiaciuta anche perché non era per niente facile riuscire a rendere uniforme il materiale piuttosto frammentario fornito dai primi due volumi. Direi anche più che indovinata la scelta di Henry Cavill nel ruolo di Geralt di Rivia e quella di Anya Chalotra per interpretare Yennefer di Vengerberg.

Indubbiamente però mi sento in dovere di consigliare la lettura dei racconti prima della visione della serie Tv per comprendere al meglio non tanto la storia quanto la psicologia dei personaggi.

Consiglio che, a mio avviso, dovrebbe essere messo in pratica prima di vedere qualunque trasposizione cinematografica o televisiva relativa a qualsivoglia romanzo.

Veniamo adesso a “Il sangue degli Elfi”, il primo dei cinque romanzi, nato dalla penna di colui che è definito oggi uno degli scrittori fantasy più letti d’Europa.

Diciamo subito che rispetto ai libri di racconti, trattandosi di un romanzo, nonostante qualche salto temporale e alcuni flashback, la trama è ovviamente più omogenea.

Le linee narrative tendono a semplificarsi e quindi è più facile seguire la storia e con essa il succedersi degli avvenimenti.

In questo romanzo la dimensione avventurosa è forse meno preponderante rispetto a quella presente nei racconti, viene dato più spazio all’introspezione psicologica dei protagonisti e all’approfondimento delle dinamiche che legano tra loro i vari personaggi; la trama però resta sempre avvincente e il ritmo serrato e incalzante regala numerosi momenti di suspense che permettono di mantenere sempre altissima l’attenzione del lettore.

Gli intrighi e i tradimenti la fanno da padrone, nessuno è mai ciò che sembra e soprattutto nessuno può mai essere sicuro di aver accordato la  propria fiducia alla persona giusta.

Ciri è molto legata a Geralt e lui a lei, ma Ciri ora è molto legata anche a Yennefer e la maga, si sa, è sempre stata una donna imperscrutabile e pericolosa. Inoltre ciò che lega Geralt e Yennefer è qualcosa di forte e indissolubile anche se loro stessi per primi sembrano non crederci fino in fondo.

Con i suoi numerosi colpi di scena e la sua prosa coinvolgente, “Il Sangue degli Elfi” non ha tradito le mie aspettative, sebbene fossero molto alte. Non mi resta quindi che continuare la mia avventura e dedicarmi quanto prima alla lettura del prossimo romanzo intitolato “Il tempo della guerra”.


 



sabato 26 dicembre 2020

“Viking – Il regno del lupo” di Linnea Hartsuyker

I figli di Ragnavald e di Harald, così come la figlia di Svanhild, sono ormai cresciuti e pronti a conquistarsi il loro spazio sulla scena di questo terzo e conclusivo romanzo della saga nata dalla penna di Linnea Hartsuyker e liberamente ispirata alle storie narrate nell’Heimstringla, opera del XIII secolo di Snorri Sturluson.

L’autrice per quest’ultimo capitolo ha tratto inoltre informazioni anche dalla Orkneyinga, una storia degli jarl delle Orcadi scritta anch’essa nel XIII secolo.

Freydis, la figlia di Svanhild e di Solvi, ha appena quattordici anni quando viene rapita da Hallbjorn Olafsson, il figlio di Vigdis e Olaf, il patrigno di Ragnavald.

Hallbjorn vede nell’unione con Freydis una valida possibilità di ritagliarsi un ruolo di primo piano alla corte di re Harald. La figlia di Svanhild, infatti, non è solo la nipote di Ragnavald il Possente, amico e consigliere del re, ma anche figliastra dello stesso Harald.

Con l’astuzia Freydis riesce a convincere il suo rapitore a condurla in Islanda da Solvi, il padre che non ha mai conosciuto, dove riesce a trovare un porto sicuro almeno momentaneamente dalle mire di Hallbjorn.

Svanhild, venuta a conoscenza del rapimento della figlia, si precipita in suo soccorso e, seguendo le sue tracce, giunge fino in Islanda dove dopo più dieci anni si trova faccia a faccia con Solvi, l’unico uomo che abbia mai veramente amato.

Svanhild è ora una donna libera; Harald, infatti, per questioni di trono e per liberare alcuni dei suoi figli catturati dai predoni e tenuti da questi in ostaggio, è stato costretto a divorziare da tutte le sue mogli e sposare Ranka, la figlia di Erik, re dello Jutland.

Mentre i numerosissimi figli di Harald si fanno la guerra tra loro e uno di questi, Halfdan, arriva addirittura ad ordire congiure per assassinare il suo stesso padre, Ragnavald è costretto a guardarsi le spalle dai nemici che fanno di tutto per metterlo in cattiva luce dinnanzi al suo re.

Ragnavald è preoccupato inoltre per i propri figli; il giovane Rolli è stato infatti dichiarato fuorilegge per aver assassinato il figlio di Aldi, un assassinio avvenuto per errore, ma Aldi si è dimostrato irremovibile nel pretendere giustizia.

A impensierire Ragnavald c’è poi il diritto di successione di Ivar ed Einar, nonostante Einar sia il maggiore, spetterà ad Ivar ereditare il titolo in quanto figlio della legittima moglie Hilda. I fratelli sono molto legati e non sembra esserci alcun malanimo tra i due, ma Ragnavald non riesce a restare tranquillo, troppe volte nella vita ha visto dei fratelli scagliarsi l’uno contro l’altro per conquistarsi il diritto a governare sulle terre dei padri.

La trama di questo ultimo capitolo della saga è decisamente quella più articolata e complessa dell’intera trilogia, i personaggi sono numerosissimi e le vicende davvero molto intricate.

La lettura delle prime pagine risulta piuttosto difficile proprio per la quantità di nomi riportati sulla scena; fortunatamente in fondo al volume si trova un’appendice dedicata ai luoghi e ai personaggi.

Bisogna però precisare che il secondo volume è stato pubblicato due orsono e quindi il lettore ha bisogno di qualche minuto in più per riuscire nuovamente a calarsi appieno  nella storia.

Il consiglio è quindi di leggere, se possibile, l’intera saga in tempi il più ravvicinati possibile così da poterla apprezzare al meglio.

Ragnavald, Harald e Svanhild restano fedeli a se stessi, il lettore non avverte mutamenti nella loro psicologia rispetto al secondo volume “La regina del mare”.

Colui che più di tutti è cambiato invece è Solvi, da tutti ricordato come il predone del mare, il terribile nemico di Ragnavald, ferito nel corpo e nell’orgoglio si è richiuso in se stesso, ha abbandonato il mare e ora pensa solo a mandare avanti la fattoria in Islanda, l’eredità di Svanhild.

Eppure, anche in questo sua nuova versione ridimensionate e decisamente più umana, Solvi resta il mio personaggio preferito, dimostrando una forza di carattere non comune anche nella sconfitta e nell’accettazione di un sé diverso.

Freydis è molto differente dalla madre ma non per questo è una donna meno forte e determinata, per certi versi nel suo sentire è molto più vicina al padre Solvi.

Sulla scena fanno poi il loro ingresso i figli di Ragnavald ognuno con le proprie caratteristiche; Rolli mi ha ricordato un po’ il Samwell Tarly de “Il trono di spade”, come lui impacciato all’inizio ma alla fine sa trovare coraggio e forza sufficienti per dimostrare a tutti il suo valore e trovare la propria strada.

Il rapporto fatto di complicità, affetto e devozione che lega Ivar ed Einar credo possa trovare corrispondenza solo tra gli eroi omerici dell’Iliade, la loro storia non può che commuovere profondamente il lettore.

Il terzo volume della saga di Viking conferma e forse addirittura supera le aspettative del lettore.

Viking è una saga dalla storia coinvolgente e appassionante; intrighi, passione, tradimenti, sete di vendetta, romanticismo, avventura, violenza, amicizia, sono tantissimi gli elementi che la contraddistinguono.

Sulla copertina di quest’ultimo volume è scritto: "Per gli appassionati di Game of Thrones”. Non sono completamente d’accordo con questa affermazione, vero che chi ha amato “Il trono di spade” apprezzerà senza dubbio questa trilogia, ma Viking è davvero molto, molto di più.

Viking è una saga antica, un racconto epico dove fantasia e verità storica si compenetrano alla perfezione.

Grazie alla penna di Linnea Hartsuyker l’epopea delle saghe scandinave è tornata in vita e ha potuto raggiungere tutti noi.

Trilogia assolutamente consigliata.

 

Qui di seguito vi lascio i link dei post dedicati ai primi due capitoli

Le ossa di Ardal

Laregina del mare

 


venerdì 18 dicembre 2020

“Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia

Che cos’è lo Zen? Iniziamo subito col dire che lo Zen non è né una filosofia né tanto meno una religione, ma piuttosto un insegnamento il cui scopo è portare all’illuminazione, al risveglio.

La parola cinese ch’an, derivante dalla trascrizione fonetica del vocabolo che significa “meditazione” in sanscrito e in pali, diventa Zen in giapponese.

Il buddhismo infatti nacque in India; lo Zen, come scuola buddhista, nacque invece in Cina per poi in seguito svilupparsi in Giappone.

Lo Zen è quindi un modus vivendi attraverso il quale entrare in contatto con noi stessi, con la natura e con l’universo.

La meditazione può diventare per noi, sottoposti ogni giorno a ritmi frenetici e a forte stress, un valido aiuto per superare la tensione quotidiana e un invito a cercare di prendere le cose con più leggerezza.

Attenzione, però, “Lasciare andare” e “vivere qui e ora” non devono essere intesi come un incitamento a divenire menefreghisti e insensibili, ma piuttosto un’esortazione ad accettare l’idea che ci sono cose che non possono essere cambiate e pertanto è inutile rimanere aggrappati a situazioni nocive o rimuginare costantemente su di esse.

La sofferenza nasce infatti dallo scarto esistente tra la realtà delle cose e il modo in cui noi le vediamo e viviamo; la meditazione si propone come un valido aiuto a superare e colmare questo scarto che ci provoca afflizione.

Nello Zen gli insegnamenti non avvengono attraverso la comunicazione scritta o verbale, ma piuttosto attraverso una fusione tra maestro e discepolo, una trasmissione da cuore a cuore.

Il discepolo deve usare la propria intuizione per raggiungere l’illuminazione che può avvenire in ogni momento o purtroppo potrebbe anche non avvenire mai; dall’altra parte i maestri hanno ognuno una propria tecnica per stimolare i discepoli che, in alcuni casi, come ad esempio nel caso del maestro Huang-Po Hsi-Yüan, prevedeva addirittura le bastonate.

Ai giorni nostri è giunto comunque un corpus di opere piuttosto consistente dei Maestri e “Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” vuole appunto riproporci, una al giorno per 365 giorni, una perla della loro saggezza.

Il libro si presenta come una raccolta di parole dei Maestri e di detti popolari tratti per la maggior parte dalla Zenrin Segoshu, Antologia dei detti popolari Zen, usata nei monasteri della scuola Rinzai.

Il volume, a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia, presenta un’approfondita introduzione nella quale viene spiegato, raccontandone anche a brevi linee lo sviluppo, cosa sia l’insegnamento Zen. Viene inoltre presentata una brevissima storia del buddhismo e del Buddha, colui che ha preso coscienza.

Al termine del volume invece ritroviamo alcune pagine dedicate ai più noti Maestri con interessanti aneddoti sulle loro vite oltre all’esposizione di una breve ma esauriente sintesi dei loro insegnamenti.

La meditazione non è semplice, ci vuole pazienza è non è affatto facile riuscire a non scoraggiarsi quando inevitabilmente ai primi tentativi risulta impossibile focalizzare immagini, profumi, colori e così via spegnendo i propri pensieri.

La meditazione però può essere di diversi tipi non necessariamente quella a cui tutti noi siamo portati a pensare ossia quella che si esegue assumendo la classica posizione del fiore di loto.

Accanto alla meditazione formale, infatti, ne esiste anche un’altra, la cosiddetta meditazione informale che può essere praticata nei modi e nei  tempi più diversi, in mezzo alla folla così come nel silenzio più totale, per un minuto così come per un’ora intera.

Ecco, “Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” può essere un ottimo spunto per avvicinarsi alla meditazione senza ulteriore ansia e senza stress, leggendo solo qualche riga al giorno, poche parole illuminanti in grado però di regalarci attimi di gioia e serenità.

 

Il tuo respiro è il vento,

la tua mente è il cielo aperto,

i tuoi occhi il sole,

oceani e monti

sono il tuo intero corpo

Detto Zen

(1° gennaio)