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RAFFAELLO.
IL GIOVANE FAVOLOSO
di
Costantino
D’Orazio
SKIRA
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Michelangelo
era refrattario ad ogni lusinga e riteneva che a parlare dovesse essere
esclusivamente il suo lavoro, Raffaello ebbe della sua professione un’idea
completamente diversa, egli fu l’unico artista
del suo tempo a fare un uso politico della sua arte.
Capì che
l’arte poteva essere un’arma più efficace della spada, se maneggiata con
intelligenza; bravissimo nel saper dosare le parole, fu sempre molto attento a
non esprimere mai giudizi troppo netti che avrebbero potuto, in un secondo
tempo, essere usati come armi contro di lui.
Raffaello seppe impersonare il cortigiano perfetto,
egli più di ogni altro mise in atto gli insegnamenti dell’amico Baldassar
Castiglione, umanista, letterato e diplomatico, autore del celebre Il Cortegiano.
L’Urbinate
non solo fu il miglior interprete di quella attitudine della sprezzatura
che tanto il Castiglione predicò nei suoi scritti, ossia quella naturalezza di atteggiamento, quella
moderazione dei toni, quel non essere mai troppo affettati né troppo drammatici
nei modi, ma Raffaello apprese alla perfezione sopratutto la lezione più
importante del Castiglione ossia quella di
metter ogni diligenza per assomigliarsi al maestro ed il veder diversi omini di tal professione, e,
governandosi con quel bon giudicio che sempre gli ha da esser guida, andar
scegliendo or da un or da un altro varie cose.
Acuto
osservatore, Raffaello Sanzio studiò i più grandi maestri del suo tempo da
Perugino a Pinturicchio, da Leonardo Da Vinci a Michelangelo, colui che passò alla
storia come il suo antagonista per eccellenza,
riuscendo ad assorbire le qualità e le capacità di ognuno di loro per poi
tracciare una strada nuova.
Imparò a fondere tutti i loro linguaggi per
crearne uno tutto suo e, di fatto, con il suo talento eccezionale influenzò il
progresso dell’arte per almeno tre secoli.
A differenza
di Michelangelo che ha lasciato centinaia di lettere, di Leonardo Da Vinci di
cui oggi possiamo leggere i numerosissimi appunti, Raffaello ha lasciato pochissimi scritti di suo pugno e a noi non
resta quindi che affidarci all'analisi dei suoi dipinti per poter cercare di conoscere
la sua vita e per tentare di comprendere quei rapporti che determinarono la sua
carriera.
È questa la
grande sfida che Costantino D’Orazio coglie e lo fa con questo libro, a metà strada tra il memoir e il saggio, scegliendo di ci
presentarci una galleria di personaggi
ritratti da Raffaello.
Sono proprio
loro in prima persona a parlarci della loro storia e di quella dell’Urbinate.
Attraverso le
loro parole, alcune frutto della fantasia dell’autore, altre ricavate da versi
ed epistole di chi fu vicino all'artista, Costantino D’Orazio ci regala un
ritratto davvero particolare di Raffaello.
Dotato di una
sensibilità fuori dal comune, l’Urbinate, possedeva
una capacità straordinaria nel saper scavare dentro l’anima delle persone,
così da riuscire a cogliere ogni desiderio, timore, sentimento di colui che stava
ritraendo.
Possedeva il
dono di saper irretire i giovani con la sua pittura e divenne un modello per le
generazioni future.
Al contrario
degli altri artisti non fu mai geloso
della sua arte. Sceglieva con molta cura i suoi allievi ed istruiva i suoi
collaboratori affinché fossero perfettamente in grado di riprodurre il suo stile, ma era
sempre lui a ritoccare sul finale ogni dipinto.
In questo
modo la sua bottega poteva essere in grado di soddisfare le numerose richieste
che le giungevano da ogni parte.
Di bell'aspetto, allegro, di buone
maniere e ambizioso, era noto anche per le sue scorribande amorose.
A Raffaello,
primo nella storia, fu affidato un compito molto particolare, tanto che si potrebbe dire
che fu proprio lui a ricoprire il ruolo di sovrintendente dei beni culturali ante litteram.
Leone X
infatti lo incaricò di un incredibile compito: censire tutte le antichità presenti a Roma.
Raffaello
prese molto a cuore questo incarico; egli sentiva che in quei mattoni, in
quelle architetture crollate c’era la fonte più preziosa della nostra cultura,
tanto che decise di scrivere una lettera a Leone X per chiedere di rendere
illegale il furto di reperti ed il riutilizzo degli stessi come materiale da
costruzione.
Il libro di
Costantino D’Orazio è un libro affascinante che sa conquistare il lettore
fornendogli un’insolita chiave di
lettura per interpretare alcuni dei più grandi capolavori di quell'artista dal quale, mentre era in
vita, la Natura temette di esser vinta e, quando morì, temette di morire anch'essa.