giovedì 27 settembre 2018

“La luna nera” di Winston Graham

LA LUNA NERA
di Winston Graham
SONZOGNO
Demelza e Ross hanno ritrovato la loro complicità, gli affari prosperano e la tranquillità sembra finalmente tornata a Nampara.
Elizabeth ha dato alla luce l’erede tanto atteso dagli Warleggan e, nonostante l’odio mai placato, la tregua stretta tra George e Ross almeno per il momento sembra reggere se pur appesa ad un filo sottile.
La guerra tra la Francia e l’Inghilterra però continua ad infuriare ed inevitabilmente le ripercussioni del conflitto si abbatteranno sulla vita di tutti loro.
Il dottor Enys cadrà prigioniero dei Francesi e Ross non potrà che accorrere in soccorso dell’amico mettendo così a repentaglio non solo la propria vita, ma anche la serenità familiare.
Nel frattempo, nuovi personaggi fanno il loro ingresso sulla scena, tra questi i fratelli Carne.
Alla morte del padre, infatti, Sam e Drake decidono di chiedere aiuto alla sorella Demelza che non esita a convincere il marito a dare loro un’opportunità assumendoli alla miniera.
Intanto a Trenwith, George Warleggan ha persuaso la moglie ad affidare Geoffrey Charles, il figlio nato dal primo matrimonio di Elizabeth con Francis Poldark, ad una governante.
La scelta ricade su una cugina di Elizabeth, la diciassettenne Morwenna, la cui famiglia versa in condizioni economiche piuttosto critiche dopo la morte del padre della ragazza.

I fatti narrati in questo quinto libro della saga dei Poldark corrispondono alle vicende raccontate nella prima parte della terza serie televisiva della BBC tratta dai romanzi di Winston Graham.

Nonostante la versione della BBC sia molto affine alla narrazione del romanzo, discostandosi da questa solo in alcuni punti con l’unico scopo di meglio adattarsi alla trasposizione televisiva, la lettura risulta comunque molto interessante e coinvolgente anche qualora si siano già viste le puntate in tv.

La scrittura di Graham è una scrittura lineare e scorrevole e la caratterizzazione dei personaggi è così minuziosa che è un piacere poter approfondire aspetti del loro carattere che, come ho già evidenziato precedentemente nelle recensioni dedicate agli altri romanzi della saga, in televisione tendono sempre a risultare necessariamente più approssimativi e superficiali.

Leggendo il libro si ha quindi spesso la percezione che alcuni particolari della personalità di ognuno di loro ci siano sfuggiti durante la visione ed è molto interessante quindi poterne indagare e approfondire la psicologia.

I personaggi che abbiamo conosciuto negli scorsi capitoli della saga confermano le nostre precedenti impressioni: l’ottimista Demelza che qualunque sia la situazione riesce a scovare sempre dieci ragioni per apprezzare la vita, l’anticonformista Ross sempre pronto a lottare  contro i capricci del destino, la solita ostinata ed indipendente Caroline Penvenen e tutti gli altri George, Elizabeth, Verity, il dottor Enys… senza dimenticare l’anziana zia Agatha che avrà un ruolo fondamentale in questo quinto capitolo della saga.

Alcuni nuovi personaggi meritano però un approfondimento.

Sam non svolge un ruolo da protagonista in questo romanzo, ma non possiamo escludere che potrebbe avere anche lui un’interessante storia da raccontare nei prossimi capitoli. Ha solo ventidue anni, ma sembra più maturo della sua età; è un fervente metodista e la sua vita è tutta dedicata a glorificare il Signore e a cercare di ricondurre sulla retta via le pecorelle smarrite.

Ma sono soprattutto Drake e Morwenna che, con la loro storia d’amore contrastata, intrigano il lettore e portano nuova linfa al racconto.

Il punto di forza della saga nata dalla penna di Winston Graham è proprio questo, ovvero, riuscire a portare in scena sempre nuovi personaggi e nuove storie in grado di mantenere viva l’attenzione del lettore; personaggi che interagiscono in maniera eccellente con gli altri integrandosi perfettamente nella trama del romanzo.

Drake è un ragazzo di bell’aspetto, irriverente e accattivante. Ricorda molto non solo nel sorriso la sorella Demelza. È un metodista anche lui come il fratello, ma non altrettanto estremista.
Il suo amore per Morwenna è un sentimento puro e sincero e, pur sapendo che lei appartiene ad una classe sociale differente, vive il suo amore in modo leale e totalizzante, senza risparmiarsi.

Morwenna invece ricorda molto Elizabeth per certi aspetti. È innamorata di Drake, ma come la cugina non ha la forza di combattere per i propri sentimenti, non ha il coraggio di schierarsi contro il mondo per difendere il proprio amore.
Inoltre, non perde occasione per ricordare a se stessa che Drake appartiene ad una classe sociale inferiore e non può fare a meno, nonostante l’amore che prova per il ragazzo, di notare la sua sfacciataggine, la sua grammatica non perfetta, i suoi abiti dimessi.
Morwenna non ha nulla della forza, della caparbietà e dello spirito di indipendenza che caratterizzano un personaggio entrato nel cuore di tutti noi lettori come quello di Caroline Penvenen. 

Per stessa ammissione dell’autore la saga dei Poldark doveva concludersi con il quarto volume. Solo alcuni anni dopo Winston Graham sentì l’esigenza di scoprire cosa fosse accaduto ai suoi personaggi, il risultato di tale di tale esigenza fu un quinto romanzo: “La luna nera”.

Noi lettori possiamo solo ringraziare la nostra buona stella che lo scrittore abbia accettato la sfida di riprendere il racconto regalandoci così nuove imperdibili storie sulla famiglia Poldark ambientate nella splendida cornice della Cornovaglia.



Qui i link dei precedenti romanzi:

-       Ross Poldark

-       Demelza

-       Jeremy Poldark

-       Warleggan




venerdì 21 settembre 2018

“L’ultima regina di Firenze” di Luca Scarlini


L’ULTIMA REGINA DI FIRENZE
di Luca Scarlini
BOMPIANI
I Medici, l’illustre famiglia che aveva raggiunto il potere grazia ad una efficiente banca e che nel corso degli anni successivi aveva fatto grande Firenze, quella famiglia che aveva dato i natali a personaggi illustri come Cosimo de’ Medici e Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, è ormai giunta alla sua estinzione.

Sulla Firenze medicea rinascimentale sono stati scritti numerosi libri, ma poco conosciute sono invece le vicende della famiglia Medici tra il Seicento e gli inizi del Settecento: proprio queste sono l’oggetto della narrazione del libro di Luca Scarlini.

Paggi, cospiratori, cardinali, musici, prostituite sono solo alcune delle figure di cui amano circondarsi gli ultimi esponenti di quella che era stata nei precedenti secoli una delle dinastie più importanti d’Italia.

Gli ultimi discendenti della famiglia sono figure grottesche: erotomani o uomini devotissimi, ma tutti irrimediabilmente folli.

Gian Gastone l’ultimo Granduca è un anarchico incoronato, un depresso cronico; omosessuale e schiavo del sesso, soggiogato dall’anima nera del suo amante Giuliano Dami, ama circondarsi di giovani e prestanti contadini soprannominati i “ruspanti”.
La corte di Gian Castone è una corte di performer sessuali e lui ne è l’indiscussa e bizzarra regina.

Con la sua morte avvenuta nel 1737 il Granducato di Toscana passa nelle mani dei Lorena.

Ad Anna Maria Luisa, sorella di Gian Gastone, non resta che rammaricarsi per non essere nata uomo, lei sì che avrebbe avuto la capacità e lo spirito per comandare, purtroppo però il destino aveva deciso diversamente:

Ogni passione è spenta: rimane il fatto che lei sarà l’ultima della stirpe di Cosimo, che le restano ancora bei momenti per testimoniare della passata grandezza della famiglia, per cancellare con la massima cura ogni traccia dell’impero dell’orrendo Dami. Così, ne è consapevole, getterà alle ortiche anche la memoria del suo amato fratello, ma non si può fare altrimenti. I Medici prima di tutto, e quel momento di follia corporale, di abbrutimento dell’anima, doveva essere minimizzato, quasi cancellato, al più presto. E poi che contava, in secoli di storia gloriosa?

Il romanzo di Lurca Scarlini è un libro piuttosto complesso; non è facile infatti collegare tra loro e ricordare tutti i personaggi che sono davvero tantissimi, alcuni più o meno conosciuti e altri totalmente oscuri.

A tratti sembra quasi di leggere delle novelle del Boccaccio, tanto sono bizzarri e goffi alcuni personaggi, ma ciò che Scarlini racconta, spesso anche con fredda brutalità e sarcasmo, sono tutte storie vere.

Alcuni dettagli arrivano da brani di diari dell’epoca, altri da quadri, altri ancora da cantate popolari e così via, ma ogni cosa è rigorosamente documentata come testimonia anche la lunga e approfondita bibliografia riportata al termine del volume.

I personaggi descritti ne “L’ultima regina di Firenze” sono personaggi singolari e fuori dal comune.

La galleria di ritratti tratteggiata da Luca Scarlini ci racconta di un mondo in disfacimento e ci restituisce l’immagine di una dinastia, corrotta nello spirito e nel corpo, destinata ad estinguersi nel peggior modo possibile.

Scarlini narra i fatti accaduti con una tale precisione ed una tale chiarezza quali solo una comare racconterebbe i più sordidi pettegolezzi; così attraverso le pagine del suo romanzo veniamo a conoscenza degli intrighi, delle passioni, dell’abbruttimento morale e fisico, delle perversioni che caratterizzarono gli ultimi anni al potere degli esponenti della famiglia Medici.
                                                                                                                            
Abituati ai fasti di questa gloriosa dinastia non è possibile affrontare la lettura delle vicende che ne hanno caratterizzato l’estinzione senza lasciarsi cogliere da un attimo di malinconia e amarezza per la loro fine ingloriosa, ma è pur vero che una storia si deve leggere sempre fino alla fine.

“L’ultima regina di Firenze” è il racconto dell’atto finale ed è pertanto lettura imprescindibile per chiunque voglia conoscere l’intera storia di questa affascinate famiglia.





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domenica 16 settembre 2018

“La leggenda degli albi” di Markus Heitz


LA LEGGENDA DEGLI ALBI
di Markus Heitz
TEA
Gli albi sono una razza crudele. Amano la guerra e l’arte; si dice che pratichino la magia nera e che la loro medicina sia molto avanzata.
Gli albi sono esseri quasi immortali: non conoscono le malattie e possono morire solo a seguito di una morte violenta causata da un fatto accidentale.
Amici giurati degli elfi, ai quali sono molto somiglianti, ma dai quali si differenziano per l’indole malvagia, gli albi, provano un odio indicibile verso ogni altra razza, soprattutto verso i nani e gli umani.
Gli Eterni, i due fratelli Nagsar e Nagsor Inastè, sono i sovrani degli albi; la loro bellezza è talmente abbagliante che neppure i loro sudditi possono guardarli se non vogliono compromettere la propria salute mentale.

“La leggenda degli albi” è il primo volume della saga nata dalla penna di Markus Heitz.
I titoli successivi sono “La battaglia degli albi”, “Il cammino oscuro: la vendetta degli albi” e “L’ira degli albi”.

Le storie narrate in questa saga si inseriscono in quelle di un’altra saga (La saga della Terra Nascosta), composta da cinque volumi ai quali le leggende degli albi fanno da prequel, midquel e sequel.

Protagonisti di questo primo volume “La leggenda degli albi” sono Sinthoras e Caphalor, entrambi protagonisti del primo volume della saga della Terra Nascosta intitolato “Le cinque stirpi”.

Nel Dsôs Faïmon si agitano due opposte fazioni: le Comete e le Stelle.
Sinthoras è un guerriero ambizioso che come membro delle Comete vorrebbe iniziare una campagna per estendere quanto prima possibile i domini del regno.
Caphalor, guerriero che ha ottenuto la consacrazione degli Eterni, appartiene alla fazione delle Stelle e, come tale, non vede di buon occhio una possibile guerra espansionistica, ma piuttosto vorrebbe aumentare le misure difensive per proteggersi da eventuali aggressori esterni.

Sinthoras e Caphalor si incontrano per caso durante una battuta di caccia e dopo un acceso diverbio, si lasciano da nemici giurati.

Il destino però ha in serbo per loro una sorpresa: per secoli elfi e nani hanno prosperato nelle Terre Nascoste le cui vie di accesso erano precluse agli altri popoli grazie ad un incantesimo di difesa.

Gli Eterni però hanno scoperto che un demone potente, il Demone di Nebbia, si è stabilito nelle regioni a nord-ovest. Egli è in grado di spezzare qualsiasi sortilegio e i sovrani degli albi vogliono proporgli un’alleanza.
Caphalor e Sinthoras saranno inviati insieme come ambasciatori per ottenere l’aiuto del demone e convincerlo a combattere al fianco del popolo degli albi.
Sulla loro strada i due guerrieri incontreranno molte difficoltà, diversi ostacoli, tanti pericoli e creature pericolose, ma soprattutto dovranno fare i conti con l’avversione che provano l’uno nei confronti dell’altro.

Caphalor e Sinthoras riusciranno a portare a termine l’incarico affidatogli dai sovrani? Saranno in grado di mettere da parte la loro faida personale per il bene del Dsôs Faïmon? Riusciranno a trovare un punto di incontro nonostante le loro profonde divergenze politiche e non solo?

Markus Heitz ha creato un mondo fantasy affascinante popolato da personaggi altrettanto seducenti.
Oltre alle figure dei due eroi Sinthoras e Caphalor, si muovono sulla scena moltissimi personaggi interessanti come la schiava umana Raleeha e l’artista Timānris, per non parlare poi di creature straordinarie, infide e ingannevoli, come ad esempio il Gålran Zhadár, un essere nanesco dotato di potere magici e Karjuna, una femmina appartenente alla razza degli obbooni altrimenti detti anche “ladri di carne”.

Le storie narrate in questo primo volume della saga degli albi sono storie di orrore indicibile, di battaglie spettacolari, di trionfi grandiosi e di terribili sconfitte; sono storie di guerra, di viltà, di amore, di coraggio, di sincerità, di valore e di amicizia.

Dopo aver letto “La leggenda degli albi” non stupisce che Markus Heitz sia l’autore fantasy più letto in Europa e che i libri della saga dei nani possano aver venduto oltre 150.000 copie in Italia.

I romanzi fantasy sono numerosissimi e gli autori sono tanti, ma non è facile trovare autori veramente bravi e dotati di così notevole fantasia da essere in grado di immaginare e creare nuovi mondi come Markus Heitz ha dimostrato di saper magistralmente fare.

Inutile dire quindi che ho già acquistato il secondo volume della saga, “La battaglia degli albi”: non vedo l’ora di iniziare la lettura e di potervi relazionare in merito.
Per ora vi lascio con un arrivederci dalla Porta di Pietra….




domenica 9 settembre 2018

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” di Michele Mari

CENTO POESIE D’AMORE
A LADYHAWKE
di Michele Mari
EINAUDI
Michele Mari, classe ’55, è un autore di prosa con all’attivo numerosi romanzi, uno scrittore molto stimato tanto da essere ritenuto uno dei migliori in circolazione.
La raccolta “Cento poesie d’amore a Ladyhawke” (2007) è il suo esordio poetico.

Il titolo del volumetto è un chiaro riferimento ad un famoso film intitolato appunto “Lady Hawke” di Richard Donner del 1985
La storia narrava le vicende di due innamorati che, a causa di una maledizione, erano condannati a non potersi mai incontrare nelle loro sembianze umane; lei, interpretata dalla bellissima Michelle Pfeiffer, di giorno era un bellissimo falco e lui, l’attore Rutger Hauer, di notte si trasformava in un temibile lupo.
I due innamorati, legati da una profonda passione, erano quindi destinati per l’eternità a restare sempre insieme eppure allo stesso tempo eternamente divisi. 

Come gli amanti del film anche il poeta vive un amore romantico e struggente, ed è proprio questo sentimento totalizzante, irrealizzato e irrealizzabile, ad ispirargli questo canzoniere d’amore moderno.

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” è una raccolta di poesie che riesce a ridare voce alla grande tradizione della poesia d’amore latina e medievale, rendendola quanto mai viva e moderna attraverso l’utilizzo di riferimenti alla realtà contemporanea; i richiami al cinema horror piuttosto che alla pubblicità ne sono un evidente esempio.

Fra il mulino bianco
e gli anelli di Saturno
la tua scelta era scontata

Ma non immaginerai mai
quanta farina
possono macinare quegli anelli

L’opera di Michele Mari si rifà, rivisitandone i versi, alle poesie della tradizione: al dolce stil novo, a poeti come Dante e Petrarca, solo per citarne alcuni, e così via fino ai nostri giorni con richiami a Pavese e Pascoli, senza tralasciare numerosi riferimenti anche alla filosofia.

Verrà la morte e avrà i miei occhi
ma dentro
ci troverà i tuoi

La donna amata da Mari è una donna reale, una compagna dei tempi del liceo. Un amore nato sui banchi di scuola, un amore mai dichiarato, ma non per questo meno intenso e vero. 
Uno di quegli amori che a volte è meglio non svelare a nessuno, neppure alla persona amata, forse per paura di un rifiuto o semplicemente perché si preferisce vivere nel dubbio.

Quando l’amore si rivela, quando i sentimenti di scontrano con la vita di tutti i giorni, la poesia potrebbe andare perduta e allora forse è preferibile accettare di rimanere nel limbo delle cose sospese.

Tertium dabatur
e sarebbe stato vivere
sfiorandoci

Ed è proprio quello che accade dopo trent’anni a Mari quando un giorno per caso ritrova la sua compagna di scuola. 
Dopo essersi confessati il loro reciproco amore adolescenziale, tra i due inizia una fitta corrispondenza, ormai però è troppo tardi per recuperare e lei non se la sente di fare un salto nel buio abbandonando la vita che si è costruita nel corso degli anni.

Certi amori sono nati per rimanere solo un’illusione, qualcosa che non deve essere contaminato dalla routine e dalla consuetudine.

Arrivati a questo punto
dicesti
o si va oltre
o non ci si vede più

Non capivi che il bello era proprio quel punto
era rimanere
nel limbo delle cose sospese
nella tensione di un permanente principio
nel nascondiglio di una vita nell'altra

Così il mio contrappasso di pokerista
è stato perdere tutto
appena hai forzato la mano

Quello cantato da Mari è un amore cerebrale, platonico e puro che scontrandosi con la realtà è destinato a perire. 
È un amore sospirato che non deve avere la possibilità di concretizzarsi carnalmente e quotidianamente perché ciò lo estinguerebbe inesorabilmente.

Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all'ultimo congedo

Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto

Al momento l’arguzia speculare
fu sublime 
ma ogni giorno che passa 
si rinsalda in me
un unico commento
ed il commento dice 
due imbecilli.

“Cento poesie d’amore a Ladyhawke” è un libro audace in un mondo dove i libri di poesia vendono pochissime copie e vengono sempre più visti come un prodotto editoriale di nicchia.
Michele Mari affronta con coraggio un tema, quello dell’amore esclusivo e totalizzante, che è una delle tematiche più sfruttate di tutti i tempi, ma riesce a farlo senza mai risultare banale; le sue poesie sono la testimonianza di un’ossessione privata, una lucida analisi dei mostri e dei tormenti che assillano la mente umana. 





domenica 2 settembre 2018

“Viking – Le ossa di Ardal” di Linnea Hartsuyker


VIKING
LE OSSA DI ARDAL
di Linnea Hartsuyker
GIUNTI
Ragnvald e Svanhild erano bambini quando il padre Eystein morì in battaglia. La madre Ascrida aveva allora sposato Olaf, l’amico del marito, che le aveva promesso che si sarebbe preso cura dei ragazzi e avrebbe amministrato le loro terre fino a quando Ragnvald avesse raggiunto la maggiore età e sarebbe quindi entrato in possesso dell’eredità paterna.

Ragnvald ha vent’anni ed è giunto il tempo per lui di reclamare quanto gli spetta, ma Olaf, per nulla intenzionato a mantenere fede al patto, decide invece che è arrivato il momento di sbarazzarsi definitivamente di lui.

Mentre Ragnvald, sta facendo ritorno a casa dopo essersi dimostrato audace e coraggioso durante le razzie compiute, il capitano della sua nave, Solvi Hunthiofsson, figlio di re Hunthiof, tenta di ucciderlo.

Ragnvald riesce a sopravvivere e, mentre lotta tra la vita e la morte, prima di essere ripescato in mare da un pescatore, ha una visione: un grosso lupo dal pelo dorato e gli occhi azzurri; il ricordo di questa visione non lo abbandonerà mai e anzi influenzerà non poco le sue future scelte di vita.

Se da Ragnvald ci si aspetta che sia disposto a morire per il suo onore e per quello della sua famiglia, dalla sorella Svanhild ci si aspetta invece un buon matrimonio.

Svanhild però è una donna testarda e assetata di libertà, così, pur di fuggire ad una unione matrimoniale con qualcuno impostole dal patrigno o scelto per lei dal fratello, nonostante non sia facile scegliere tra famiglia e libertà, decide di accettare l’opportunità offertale dall’acerrimo nemico di Ragnvald.
Sposa così Solvi Hunthiofsson, nonostante questo significhi essere solo una seconda moglie, essendo egli già sposato con Geirny, figlia di re Nokkve.

La saga di Viking, di cui “Le ossa di Ardal” è il primo volume, si ispira alla saga di Harald I di Norvegia raccontata da Snorri Sturluson (storico, poeta e uomo politico irlandese vissuto nel XIII secolo) nella sua Heimskringla. 

Linnea Hartsuyker ha usato come punto di partenza per il suo romanzo proprio le storie narrate nell’Heimskringla anche se, per sua stessa ammissione, alcuni legami tra i vari personaggi, ad esempio la storia d’amore tra Solvi e Svanhild, sono di sua invenzione così come di pura fantasia sono alcuni personaggi, tra questi Olaf e la moglie Vigdis.

Come in ogni saga che si rispetti i personaggi sono tantissimi così come i luoghi per lo più sconosciuti, quindi ben venga l’utilissimo elenco dei luoghi e dei personaggi posto alla fine del volume. Altrettanto utile poi, per chi non è ferratissimo sui costumi e sulle divinità del popolo vichingo, è il piccolo glossario.

Il libro, nonostante le sue 565 pagine, si legge tutto d’un fiato; la trama è avvincente e piacevolmente complessa; il ritmo del racconto incalzante e coinvolgente; la scrittura di Linnea Hartsuyker fluida, lineare e asciutta; i personaggi nati dalla sua penna affascinanti e indimenticabili.

Svanhild è una ragazza coraggiosa e indipendente, orgogliosa e libera. È per lei davvero straziante dover scegliere tra Ragnvald Eysteinsson, il fratello tanto amato, un uomo fiero e spesso troppo impulsivo, ma anche un valoroso uomo d’onore e Solvi Hunthiofsson colui che più di ogni altro comprende la sua sete di avventura e che può farle dono della libertà, ma purtroppo Solvi è anche lo stesso uomo che ha attentato alla vita di suo fratello.
Svanhild, però, non può che assecondare il suo spirito indomito e ribelle e seguire quell’uomo di cui, in realtà, si era innamorata sin dal primo momento che le era apparso senza ancora conoscerne né il nome né la storia.

“Le ossa di Ardal” è un romanzo emozionante e coinvolgente, capace di affascinare sia gli appassionati del romanzo storico quanto quelli delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.

Ora non ci resta che attendere l’uscita a settembre del secondo episodio della saga, dal titolo “La regina dei mari”, per poter nuovamente leggere dei combattimenti, delle faide e degli amori di questi audaci navigatori che, attraverso la penna di Linnea Hartsuyker, riportano in vita i miti e le leggende di una Norvegia vichinga dove centinaia di re combattevano per un lenzuolo di terra.






sabato 25 agosto 2018

“L’unico ricordo di Flora Banks” di Emily Barr



L’UNICO RICORDO DI FLORA BANKS
di Emily Barr
SALANI
Flora è una diciassettenne che soffre di amnesia anterograda da sette anni.
A causa di questo disturbo della memoria Flora non è più in grado di trattenere nuove informazioni, mentre tutte le informazioni che aveva immagazzinato prima che si manifestasse la malattia non sono state compromesse.

I suoi ricordi si sono fermati a quando era una bambina di dieci anni e da allora, per fissare i momenti che vive, è costretta a scriversi ogni cosa su quaderni, post-it e persino su mani e braccia.

È consapevole dell’amore dei suoi genitori, dell’affetto di suo fratello Jacob e di quello della sua migliore amica Paige che si prende cura di lei da quando si è manifestato il suo disturbo.

Durante una festa il fidanzato di Paige bacia Flora e il ricordo di questo bacio sulla spiaggia stranamente non svanisce come tutti gli altri.
Flora ricorda il bacio, ricorda le parole di Drake e ogni istante trascorso insieme al ragazzo.
Quello che dovrebbe essere un momento straordinario si trasforma però in un disastro: Drake il mattino dopo parte per la Norvegia dove si è iscritto ad un corso universitario e Paige, sentendosi tradita dalla sua migliore amica, chiude i ponti con Flora che nel frattempo si ritrova a casa da sola e senza alcun sostegno.
I suoi genitori che non sanno nulla della rottura con Paige, sicuri che questa si trasferisca a casa loro per tenere compagnia alla figlia, partono per Parigi dove Jacob è gravemente malato.
Flora però non ha dubbi: deve immediatamente andare in Norvegia, raggiungere Drake e cercare di capire perché quel ricordo non sia dissolto come tutti gli altri.
È convinta infatti che Drake sia la chiave del mistero e che solo lui possa guarirla.

L’idea di una protagonista che soffre di amnesia anterograda non è una novità, ne troviamo infatti numerosi esempi sia in letteratura sia al cinema; sul grande schermo l’argomento è stato trattato sia in modo più leggero con commedie come “50 volte il primo bacio” (USA 2004) oppure in modo più drammatico come in “Memento” (USA 2000).

Il libro di Emily Barr è un romanzo per young adult ma è una lettura adatta a tutte le età.
Come genere lo catalogherei come giallo piuttosto che thriller; c’è un mistero da risolvere, una pista da seguire, ma durante lo svolgimento della trama non c’è quella suspense che dovrebbe contraddistinguere un thriller vero e proprio.

Il racconto all’inizio è molto lento e le prime cento pagine sono caratterizzate da una ripetitività piuttosto indisponente.
È pur vero, però, che l’ossessivo rimarcare le condizioni di Flora e l’incessante rileggere le pagine del quaderno da parte della ragazza, se da un lato infastidiscono il lettore, dall’altro sono necessarie perché, rendendolo consapevole delle difficoltà che affliggono la protagonista, riescono a coinvolgerlo emotivamente in prima persona.

Flora è una ragazza coraggiosa e determinata che, nonostante la sua malattia invalidante, non si lascia abbattere dalle avversità e cerca con ogni mezzo di trovare la sua strada, di ritagliarsi i suoi spazi e di riprendersi la sua libertà.

Eppure, nonostante tutto, devo ammettere di non essere riuscita ad entrare in sintonia con il personaggio, non sono riuscita a provare nessuna empatia nei suoi confronti.
Da lettrice compulsiva quale sono, so che il sentirsi o meni coinvolti da una storia è un fatto soggettivo subordinato a moltissimi fattori, questa volta non è successo.
Devo però ammettere che mi sono svegliata una mattina e nel dormiveglia mi sono ritrovata ad interrogarmi su chi io stessa fossi e a cercare un quaderno proprio come Flora, questo può solo significare che il libro di Emily Barr ha comunque la forza di trascinare il lettore sia che questi resti o meno affascinato dalla sua protagonista.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati: Drake, il ragazzo superficiale e meschino, l’apprensiva madre di Flora schiacciata dai sensi di colpa, il fratello premuroso Jacob, il padre che vorrebbe fare la cosa giusta ma ha paura di entrare in conflitto con la moglie.

Paige è il personaggio che coinvolge più di chiunque altro.
Paige è una diciassettenne che potrebbe avere una vita normale, un’amica normale eppure si occupa di Flora come nessuno farebbe da ben sette anni.
È un’amica vera e sincera, l’amica che tutti vorremmo avere.
Persino quando si sente tradita da Flora, e chi non si sarebbe sentito così dopo tanta dedizione, non riesce comunque a non preoccuparsi per lei. È vero la lascia sola quando i genitori partono, sbaglia a fidarsi di Flora e a non telefonare lei stessa alla madre per avvisarla che non sarebbe andata a stare da loro, ma un errore di valutazione potrebbe capitare a chiunque.

Il personaggio che forse più di tutti mi ha indisposto è invece la madre di Flora, non tanto per il comportamento nei confronti della figlia, sbagliato senza dubbio ma per certi versi giustificabile visto quanto accaduto (non voglio anticiparvi nulla nel caso decideste di leggere il romanzo), ma per il suo egoismo nei confronti di Paige.
Capisco che Flora sia sua figlia, ma sembra quasi che ritenga che Paige sia obbligata a fare da badante all’amica; un atteggiamento che ho trovato piuttosto irritante.

A Flora è sempre stato detto che il suo disturbo è sorto in seguito all’intervento che aveva subito quando all’età dieci anni le era stato diagnosticato un tumore al cervello.
Fin dalle prime pagine però si intuisce che i genitori le nascondono un segreto e che le cose potrebbero non stare proprio come le sono sempre state sempre raccontate.

“L’unico ricordo di Flora Banks” è un romanzo fatto di segreti e bugie, una storia di amore e perdita, un racconto dove la protagonista deve riuscire a fare luce sul suo passato se vuole conoscere la verità su stessa e soprattutto se vuole riappropriarsi della sua vita e della libertà che per troppo tempo le è stata negata.





mercoledì 1 agosto 2018

“L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore” di Per J Andersson

L’incredibile storia dell’uomo che dall’India
arrivò in Svezia in bicicletta per amore
di Per J Andersson
SONZOGNO
Sri Pradyumna Kumar Mahanandia, PK o Pikay per gli amici, è cresciuto in un piccolo villaggio vicino alla foresta più vasta dell’India; per nascita è un intoccabile, non appartiene a nessuna casta.

Proprio per questa sua condizione di paria Pikay è stato privato dell’infanzia felice e spensierata che spetterebbe ad ogni bambino.
Costretto a subire ogni genere di umiliazione, come sedere fuori dall’aula lontano dai compagni di classe durante le lezioni, vedere la gente correre a purificarsi per essere entrata in contatto con lui, essere preso a sassate per aver solo osato avvicinarsi al tempio, Pikay ha dovuto fin da piccolo fare i conti con l’essere considerato un cittadino di seconda classe.

Pikay però ha un carattere forte e determinato e, fermamente convinto che il futuro di ogni bambino sia scritto nelle stelle, è sicuro che un giorno, come gli è stato predetto da un astrologo, la sua vita cambierà, sposerà una ragazza di un’altra tribù, un altro villaggio, un altro distretto, un’altra provincia, un altro stato, un’altra nazione e questa ragazza arriverà da lui senza che lui debba neppure cercarla.

Deludendo le aspettative del padre che lo voleva ingegnere, PK grazie alla sua abilità nel disegno vince una borsa di studio per l’accademia di belle arti, si trasferisce a Nuova Delhi e qui inizia a lavorare come artista di strada.

I ritratti che esegue riscuotono un clamoroso successo tanto che, proprio grazie alla sua arte, riesce ad entrare in contatto con personaggi anche molto influenti come il primo ministro Indira Gandhi.

Un giorno una giovane turista svedese gli chiede un ritratto e PK capisce immediatamente che la profezia sta per avverarsi.

Lotta, questo il nome della ragazza, aveva cercato fin dall’adolescenza di avvicinarsi all’Oriente e sin dall’età di dodici anni il suo più grande desiderio era stato quello di visitare l’India; anche lei, come PK, non è tipo che si lascia abbattere dalle avversità e, proprio per questo, nonostante le sue scarse finanze, riesce a realizzare il suo sogno di vedere l’India.

L’incontro con la ragazza svedese cambierà per sempre la vita di PK che, pur di stare con lei, deciderà come recita il titolo del romanzo di affrontare un lunghissimo e difficile viaggio in bicicletta per raggiungere la Svezia e ritrovare il suo amore lontano.

Ammettiamolo, un titolo così lungo incuriosisce ma allo stesso tempo inquieta anche un po’ il lettore il quale, guardando la copertina, quasi sicuramente immagina una trama senza dubbio divertente, ma anche terribilmente prolissa.
Nulla di più lontano dalla verità: la trama è effettivamente accattivante e gradevole, ma anche la lettura risulta scorrevole e piacevole.

La rivista Brigitte ha definito il romanzo “una splendida combinazione tra una fiaba di Bollywood e un romanzo hippie”.
E’ vero, la trama ha certamente del fiabesco ed è difficile credere che si tratti invece di una storia vera; eppure PK e Lotta sono due personaggi reali e il romanzo racconta proprio la storia del loro profondo amore, un amore che è riuscito ad unire due culture e due mondi così distanti tra loro.

Le differenze e le uguaglianze della cultura orientale e di quella occidentale sono ben evidenziate nel romanzo; le difficoltà incontrate da PK nel farsi accettare nella sua nuova patria e la diffidenza che egli riscontra negli svedesi sono raccontate con molto garbo e grande maestria da Per J Andersson.

L’amore è indubbiamente il motore del romanzo, ma la storia colpisce soprattutto per la delicatezza con cui vengono affrontate tematiche importanti come l’indigenza in cui versa gran parte della popolazione,  le contraddizioni di chi esercita il potere politico e quello religioso, i sentimenti contrastanti che gli Indiani provano nei confronti dell’Inghilterra, le continue vessazioni alle quali vengono sottoposti gli intoccabili, la difficile strada verso l’emancipazione e la modernizzazione del paese.

“L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore” è un romanzo insolito e particolare.

E’ affascinante poter leggere un racconto sugli hippie visti da una diversa prospettiva, noi siamo soliti, infatti, ascoltare i racconti di quei viaggiatori bohemien occidentali.
Questo libro ci permette invece di conoscere le impressioni di un ragazzo indiano che entra in contatto con questi borghesi benestanti che volevano ribellarsi alle convenzioni e alla fine raggiungevano l’India alla ricerca di qualcosa che in realtà era solo un sbiadito ricordo di ciò che il paese era stato.

Lotta e Pikay oggi hanno tre figli e vivono in Svezia in una grande casa alle porte di Boras, questo romanzo è la loro storia, una storia avvincente come una favola e sorprendente come solo la vita sa essere.

Un romanzo commovente, coinvolgente e toccante, ma anche ironico, spontaneo e divertente.