Dopo “Florentine. La pupilladel Magnifico”, vincitore di ben sette premi letterari, Marina Colacchi Simone
torna a confrontarsi con il romanzo storico e lo fa riprendendo la storia
laddove l’aveva lasciata.
La narrazione si apre con le
terribili scene del sacco di Roma (6 maggio 1527) perpetrato dai lanzichenecchi,
arruolati tra le file dell’esercito imperiale. Attraverso la tecnica del
flashback, la protagonista del romanzo, la principessa di Charolles, si
lascia andare ai ricordi dando avvio al racconto degli avvenimenti accaduti
negli anni precedenti.
Le prime pagine sono dedicate
alla presentazione dei principali personaggi, un’esigenza imprescindibile prima
di addentrarsi nel vivo della narrazione, essendo questi davvero numerosi.
La storia di questo periodo è
piuttosto complessa. Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, ago della bilancia
della politica italiana, le grandi potenze europee possono ormai liberamente
affacciarsi sul suolo italico. I grandi protagonisti sono Francesco I di Valois
in Francia, Enrico VIII Tudor in Inghilterra e Carlo di Gand, protagonista
del romanzo.
Il diciasettenne Carlo siederà
sul trono di Spagna, sebbene solo formalmente dovrà all’inizio condividerlo con
la madre Giovanna la Pazza, e diverrà imperatore del Sacro Romano Impero.
Le prime pagine del romanzo
non sono scorrevolissime, ma l’autrice doveva fare necessariamente chiarezza sul
complesso scacchiere politico dell’epoca prima di addentrarsi nello svolgimento
della trama. I personaggi reali e di
invenzione si integrano tra di loro alla perfezione, tanto verosimili sono
quelli nati dalla penna dell’autrice. Ogni dubbio sulla reale esistenza dei
protagonisti viene comunque fugato perché Marina Colacchi Simone, sempre
attenta ai dettagli, non ha mancato di inserire un elenco dei personaggi di
fantasia al termine del volume.
Il libro può essere
considerato anche un romanzo di formazione perché il giovanissimo Carlo,
nel corso della storia, deve imparare a destreggiarsi sia sul piano umano che
politico nel difficile gioco della vita. Fin da subito deve comprendere e
accettare la dura legge della ragion di stato, rinunciare alla donna amata e
confrontarsi con la figura di una madre ingombrante, imporre la sua ferrea
volontà alle sorelle e a chi gli sta accanto, spesso costretto a ferire le
persone più care in nome di un bene maggiore, quello della Spagna e dell’Impero.
Protagonista femminile del
romanzo è la bella e intelligente Hippolyte de Charolles,
amore giovanile di Carlo che non lascerà mai veramente il suo fianco; il loro
legame si trasformerà da giovanile sentimento d’amore in un’imperitura
amicizia. Ippolita, come verrà chiamata dopo il matrimonio con Francesco
Montefiori, resterà infatti vicino a Carlo per tutta la vita in qualità di
amica e consigliera.
Proprio la figura di Francesco
Montefiori è l’anello di congiunzione con il romanzo precedente di Marina
Colacchi Simone in quanto l’affascinante fiorentino altri non è il primogenito
della pupilla del Magnifico, Vanna de’ Bardi.
Ci sono poi i protagonisti storici
a legare questo romanzo al precedente ossia Leone X, figlio di Lorenzo de’
Medici, e Clemente VII, figlio di Giuliano de’ Medici, fratello del Magnifico.
I personaggi di questo romanzo
sono numerosissimi e tutti raccontati in maniera magistrale dall’autrice. Dopo
le prime pagine, la narrazione decolla e, nonostante le quasi cinquecento pagine,
il libro si legge tutto d’un fiato pur sapendo che alla fine sarà difficile
lasciare andare quei protagonisti che, con le loro storie, ci hanno tanto
emotivamente coinvolti.
Non era facile condurre il
lettore a districarsi in una storia ambientata in uno scenario storico tanto
complesso, ma Marina Colacchi Simone è riuscita benissimo nell’intento. Oserei
dire che, non me ne voglia l’autrice che so quando sia legata alla figura del
Magnifico, ho trovato questo secondo romanzo molto più maturo, più incisivo e
più fluido, sia a livello stilistico sia a livello di trama, rispetto
al precedente.
Nel districarsi tra le varie
vicende storiche, alcune appena accennate come la storia di Giovanni dalle
Bande Nere e il divorzio di Enrico VIII, altre affrontate più dettagliatamente come
la questione luterana, Marina Colacchi Simone ha reso omaggio a grandi
artisti del mondo della pittura come Brueghel e Bosh, ad autori classici quali
Dumas e persino, con mia somma gioia, a maestri orafi fiorentini contemporanei quali
Paolo Penko.
Come per il precedente romanzo
non mancano coinvolgenti coup de théâtre che rendono il racconto
ancora più appassionante. Il ritmo della narrazione è incalzante, tipico
della più moderna letteratura, sebbene la trama mantenga sempre quell’impalmabile allure
tipica della letteratura sette-ottocentesca a me tanto cara.
Il romanzo è autoconclusivo ma,
dopo averlo letto, credo che chiunque resterà in trepidante attesa di poter leggere
al più presto il prossimo capitolo.