Ci sono tempi e luoghi nella
storia in cui sembrano essersi ritrovati tutti insieme, quasi per magia,
artisti e uomini di eccezionale valore. Nessuno di questi luoghi, però, può
essere paragonato a quella che fu la Firenze del Quattrocento.
Il libro di Davide Cossu ci
conduce nella Città del Giglio ai tempi di Cosimo il Vecchio quando la
cupola del Duomo lasciava ancora intravedere il cielo e in città era in
corso il Concilio indetto per riunire, dopo quattro secoli di scisma, la Chiesa
latina e la Chiesa greca. Il Concilio a causa della peste aveva, infatti,
lasciato Ferrara e si era trasferito a Firenze.
Il romanzo si apre con
l’omicidio di un giovane greco, Teodoro Niceta, segretario del metropolita
Bessarione. Cosimo de’ Medici e il cardinale Albergati, con
il beneplacito di papa Eugenio IV, incaricano di occuparsi del caso due curiali:
Leon Battista Alberti, abbreviatore della cancelleria apostolica, e Tommaso
Parentucelli, segretario personale e bibliotecario del cardinale Albergati.
Il catalogo dei possibili
mandanti è vastissimo. Sono parecchi, infatti, a desiderare il
fallimento del Concilio, tra questi persino Demetrio Paleologo, il fratello
dell’imperatore. Tra i maggiori sospettati non mancano neppure gli
Albizzi che non hanno mai smesso di tramare nell’ombra per disarcionare il
Medici e poter così fare ritorno a Firenze. Tutto si complica ulteriormente quando tra le possibili cause sembra non potersi escludere neppure la pista del
delitto passionale.
La logica deduttiva tipica del
giallo e il ritmo serrato del thriller si fondono alla perfezione in
questo romanzo. Sulla scena, oltre ai protagonisti, sfila una pletora di
personaggi che partecipano all’azione e contribuiscono a rendere il racconto estremamente
intenso. Brunelleschi, Beato Angelico, un giovanissimo Benozzo Gozzoli sono
solo alcuni dei nomi che animano le pagine di questo intrigante romanzo
storico.
Filosofia e dottrina, ma anche
diplomazia e abilità politica sono le protagoniste al pari
degli altri personaggi del libro di Davide Cossu dove non mancano chiari
e specifici riferimenti ai testi che caratterizzarono gli studi umanistici
dell’epoca.
L’affresco del periodo è
talmente puntuale e dettagliato da non tralasciare neppure alcune curiosità, o forse
leggende, che si rifanno proprio all’epoca del Concilio. Sembrerebbe infatti
che il Vin Santo e l’arista vengano chiamati così a seguito di due esternazioni
fatte dal metropolita Bessarione che, durante un banchetto, avrebbe paragonato
la dolcezza del vino bevuto a quella del vino di Xantos e definito l’arrosto di
maiale ἄριστος ovvero il migliore che avesse mai mangiato.
Non nascondo che alcuni passaggi
del romanzo possano apparire un po’ ardui proprio per la disciplina trattata,
ma nell’insieme la narrazione risulta scorrevole. Davvero apprezzabili sono gli
scambi di battute e lazzi tra i vari personaggi che contribuiscono a
rendere oltremodo vivide le scene e coinvolgente il racconto.
“Il quinto sigillo” è il
romanzo d’esordio di Davide Cossu e per usare un termine cinematografico credo
si possa proprio dire "Buona la prima!"
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