lunedì 2 giugno 2025

“Il furfante di Radicofani” di Alberto De Stefano

Mi sono imbattuta in questo volume e nel suo autore, con il quale ho scoperto di condividere la passione per la terra Toscana, al Salone del Libro di Torino, attratta, non tanto dalla copertina come spesso accade, quanto dal titolo. Radicofani, borgo incastonato nella bellissima Val d’Orcia lungo la Via Francigena, è celebre soprattutto per la sua imponente fortezza.

Il romanzo racconta la storia di Ghino di Tacco, nobile ghibellino della famiglia dei Cacciaconti, nato nella seconda metà del XIII secolo.

A causa delle esose richieste di pagamento imposte dalla Chiesa senese a favore dello Stato Pontificio, Ghino e il fratello Turino presero parte alle scorribande del padre e dello zio nei dintorni del castello di La Fratta, dove vivevano. Dopo la cattura e la condanna a morte dei loro parenti, Ghino e Turino, ancora minorenni, vennero risparmiati e si rifugiarono a La Fratta, salvo poi riprendere l’attività predatoria qualche anno dopo, occupando la rocca di Radicofani, considerata inespugnabile.

Della figura di Ghino di Tacco parlano sia Dante che Boccaccio. Se il secondo lo rese protagonista di una novella della decima giornata del Decameron, narrando il suo sequestro dell’abate di Cluny, il primo lo menziona nel VI canto del Purgatorio (vv. 13-14) quando, tra le anime morte per violenza, Dante incontra Benincasa da Laterina, il giurista che condannò i parenti di Ghino e che venne ucciso dal fuorilegge per vendicarli:

"Quiv'era l'Aretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte."

Ghino di Tacco è una sorta di Robin Hood ante litteram: un brigante gentiluomo, le cui azioni erano guidate da un ferreo codice d’onore. Era un ladro, sì, ma rubava solo ai ricchi, lasciando loro sempre il necessario per sopravvivere. Talvolta, arrivava persino a offrire un banchetto ai derubati prima di lasciarli andare incolumi per la loro strada.

Alberto De Stefano ripercorre le avventure di Ghino di Tacco, rielaborando il materiale storico a disposizione e trasformandolo in un racconto avvincente, dove realtà e finzione si intrecciano armoniosamente.  Pur basandosi su eventi documentati, l’autore romanza ampiamente la narrazione, arricchendola con personaggi e situazioni che amplificano la dimensione epica e avventurosa della vicenda.

Tra le tante figure di fantasia spicca Dulce, la donna amata dal fuorilegge, che aggiunge alla narrazione un pizzico di romanticismo nel ritmo serrato della storia, bilanciando l’azione con momenti di intensità emotiva.

Un avvincente romanzo storico che restituisce nuova vita a un personaggio già leggendario nella sua epoca, facendolo rivivere con intensità e fascino.

 

domenica 1 giugno 2025

“Le camelie invernali” di Ermal Meta

Nel XV secolo, il condottiero albanese Lekë Dukagjini trascrisse il Kanun, un codice di comportamento che regolava la vita individuale, familiare e sociale degli albanesi. Le sue leggi furono tramandate oralmente per secoli, ma col tempo molte caddero tutte nell'oblio, tranne una: la gjakmarrje, la vendetta di sangue.

Secondo questa norma, se qualcuno veniva ucciso, un membro della sua famiglia aveva il diritto di vendicarsi, uccidendo a sua volta un membro della famiglia dell'assassino per ristabilire l'onore. Tuttavia, donne e bambini erano esclusi dalla vendetta, che non poteva avvenire dentro casa. Questo obbligava i maschi della famiglia dell'assassino a vivere reclusi in casa, fino alla consumazione della vendetta o alla concessione del perdono da parte della famiglia della vittima.

Nel 2025, Lara, studentessa di giornalismo nata in Italia da genitori albanesi, visita per la prima volta l'Albania. Il suo obiettivo è intervistare un uomo che non esce di casa da trent'anni.

Il filo dei ricordi dell'uomo misterioso intervistato da Lara ci riporta in Albania, nel 1995. 

Halil e Rozafa vivono nel dolore per la scomparsa della loro figlia, svanita nel nulla anni prima. Incapaci di trovare pace, riversano tutto il loro amore sull'altro figlio, Uksan. Samir è il suo migliore amico, i due ragazzi sono inseparabili. La vita di Samir è segnata da un ambiente familiare difficile: un padre violento e sempre ubriaco che picchia la moglie, e degli zii che impongono la loro autorità con prepotenza.

In un crudele gioco del destino, sarà proprio Samir a dover versare il sangue di Uksan per rispettare la legge del Kanun e preservare l'onore della sua famiglia.

Ho affrontato questo secondo romanzo di Ermal Meta con un po’ di timore, dopo aver amato il suo esordio letterario Domani e per sempre. Anche questa storia è coinvolgente, seppur in modo diverso. Non ho ritrovato i richiami ai testi delle sue canzoni presenti nel primo romanzo, ma, conoscendo e apprezzando la sua musica, non ho potuto ignorare il dettaglio della bambina scomparsa che porta il nome di Nina. Inoltre, nelle pagine iniziali, mi è tornata in mente l’immagine della cavallina storna che portava colui che non ritorna, un ricordo poetico intenso. Alcune frasi, poi, mi hanno evocato gli scritti di Tolstoj, senza un motivo preciso. Non c’è alcun legame diretto con l’autore o con la storia, solo mie sensazioni che emergono spontaneamente.

Con questo secondo romanzo, Ermal Meta conferma il suo talento nel narrare storie avvincenti e nel creare personaggi profondi e autentici, capaci di entrare nel cuore del lettore.  

La sua abilità nel delineare i caratteri dei protagonisti li rende vivi e reali. La struttura narrativa con continui flashback non distrae, ma mantiene alta l’attenzione, facendo sì che nulla venga perso nella storia.

È un racconto intenso e potente, un pugno nello stomaco, ma che allo stesso tempo lascia spazio alla tenerezza: la determinazione di due ragazzi nel voler vivere, il momentaneo abbassarsi di una maschera, un amore che, pur profondo, non può essere confessato. Dolcezza e tristezza danzano insieme nella sofferenza, intrecciandosi in un equilibrio dove i confini tra luce e ombra sfumano, perché nulla può esistere soltanto in bianco o in nero.

Una storia dura e crudele, che si sviluppa in un climax di emozioni e tensione, un susseguirsi di colpi di scena fino a un epilogo inaspettato. 

Un epilogo che lascia un senso di amarezza, ma che appare inevitabile. Un finale che si vorrebbe diverso, perché violenza e ingiustizia dovrebbero essere sempre sconfitte, eppure continuano a ripetersi nel tempo, dimostrando che l’umanità, forse, non impara mai dai propri errori.