NEL DI NOME DANTE
di Marco Martinelli
PONTE ALLE GRAZIE |
Dante
è ritenuto il padre indiscusso della lingua italiana basti pensare che ancora
oggi l’80% delle parole che noi usiamo sono contenute nella Divina Commedia.
Dante
è il nostro monumento nazionale, il sommo poeta, il grande genio conosciuto e
celebrato in tutto il mondo, ma chi era l’uomo Dante? E soprattutto ha ancora senso oggi leggere la Commedia di
Dante, quella che fu definita poi Divina da Boccaccio, suo primo estimatore?
Cosa ha ancora da dire ai giorni nostri il testo dantesco e cosa può
trasmettere ai nostri giovani?
Sono proprio questi gli
interrogativi a cui l’autore vuole dare una risposta e per farlo ci racconta di
un Dante diverso da quello
che viene celebrato e incensato per la sua poetica sui banchi di scuola.
Marco
Martinelli ci racconta di un Dante bambino, un Dante ragazzino e poi di un
Dante poeta, ma anche uomo politico.
Sarà
proprio la politica infatti che farà di Dante l’esule che noi tutti oggi conosciamo.
Il
libro presenta un doppio piano narrativo:
ai capitoli dedicati al racconto della
vita e delle opere di Dante, si alternano altri capitoli incentrati sulla vita
dell’autore, vita raccontata soprattutto attraverso il ricordo del padre e del
ruolo fondamentale da lui svolto nell’istruzione del figlio.
Vincenzo Martinelli era un personaggio particolare; unico
figlio maschio di una famiglia contadina, ebbe la fortuna di avere un padre generoso
e di buon senso che, riconoscendo le capacità intellettive del figlio, decise
di dare ascolto ai consigli degli insegnanti e gli permise così di proseguire
gli studi.
Proprio
quegli studi in seguito consentirono a Vincenzo di intraprendere una carriera
politica nell’immediato dopoguerra, nei cosiddetti anni della ricostruzione, e
la sua scelta ricadde sulla Democrazia Cristiana.
Marco
Martinelli tiene molto a precisare che il ruolo ricoperto dal padre, quale
addetto alla segreteria tecnica, fu ruolo esclusivamente di tipo tecnico appunto
e non politico.
L’autore
gioca molto sul confronto tra ciò che ai giorni nostri è rimasto uguale o è
totalmente cambiato rispetto ai tempi di Dante; in particolar modo è attratto dalla lotta politica tra Guelfi e
Ghibellini e dalla successiva scissione del partito Guelfo in Guelfi Bianchi e Guelfi
Neri.
La
storia della Democrazia Cristiana che Martinelli applica, seguendo
l’insegnamento di suo padre, alla politica del tempo di Dante ne è un chiaro
esempio.
I Guelfi erano i
democristiani e i Ghibellini i comunisti. E nella DC c’erano i Bianchi, come
Moro e Zaccagnini, e i Neri, come Andreotti.
Una
spiegazione un po’ troppo semplicistica? Forse sì ma, ma indubbiamente molto
efficace.
Il
libro infatti non vuole assolutamente essere un saggio, l’intento dell’autore non è scrivere per gli specialisti, ma piuttosto
rivolgersi ai ragazzini e alle ragazzine di oggi.
Non
è certo mia intenzione generalizzare e lungi da me voler offendere i ragazzi
del giorno d’oggi, ma mi sembra un po’ utopistico da parte dell’autore sperare
che molti di loro possano scegliere di leggere spontaneamente questo libro.
Credo
però che se qualcuno di loro riuscisse a mettere da parte la propria diffidenza
ed i propri pregiudizi, indubbiamente resterebbe affascinato all’argomento e con
molta probabilità vi si appassionerebbe pure molto.
Forse la visione della Democrazia
Cristina contrapposta al Partito Comunista risulterebbe ai giovanissimi di oggi una lettura un po’
ostica quasi quanto quella tra Guelfi e Ghibellini, ma senza dubbio, nessuno di
loro resterebbe estraneo al paragone delle
lotte della Firenze di Dante con la guerra per bande
tra i Di Lauro e gli “spagnoli”, gli “scissionisti”, raccontata da Roberto
Saviano in Gomorra, oggi resa ancora più famosa grazie alla serie
televisiva.
Non
vi nascondo che questo paragone sulle prime mi ha parecchio infastidito e mi ha
fatto storcere non poco il naso, ma poi ho dovuto ammettere che tale raffronto
non è poi così sconsiderato, certo una volta superati gli inevitabili
pregiudizi.
Troppo
spesso infatti Dante intimidisce lo studente proprio
perché a scuola la Divina Commedia viene spiegata parlando del poeta Dante,
facendo sì riferimento alla politica del tempo, ma tralasciando di parlare
dell’uomo Dante con le sue debolezze, le sue esperienze, i suoi dubbi e le sue
paure.
Poco
tempo fa ho letto un libro che ho molto apprezzato proprio sulla vita di Dante
e su quanto l’esilio abbia segnato la sua vita, è un saggio di Chiara Mercuri intitolato “Dante. Una vita in esilio”
(2018, Editori Laterza).
Questo
volume tra l’altro viene citato proprio dallo stesso Marco Martinelli che, nelle
note del suo libro, dichiara di averlo trovato particolarmente interessante,
cosa che non stento a credere perché, leggendo alcune pagine di “Nel nome di
Dante”, se ne sente fortemente l’influenza.
Ognuno
di noi, come Dante, si è trovato nella sua vita in quella selva oscura ché la diritta via era smarrita, ed è meraviglioso poter pensare, come suggerisce
Marco Martinelli, che Dante volesse con i suoi versi parlare a ciascuno di noi ed
ancora più affascinante è poter credere che il sommo poeta lo riesca a fare
ancora oggi a distanza di secoli.
In
“Nel nome di Dante” Marco Martinelli è riuscito a far dialogare il Due-Trecento
con il Novecento regalandoci una singolare rilettura della Divina Commedia oltre
ad averci restituito l’immagine perduta di un Dante in carne ed ossa.
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