L’uomo che non poteva
morire
di Timothy
Findley
Beat
Edizione
originale Neri Pozza
|
Londra,
mercoledì 17 aprile 1912. Al n. 18 di Cheyne Walk un uomo si impicca ad un albero nel proprio giardino utilizzando il
cordone di seta della sua veste da camera.
A
ritrovare il cadavere dell’uomo è il suo cameriere-maggiordomo, il signor
Forster, che taglia il cordone e adagia il corpo sull’erba.
Non
è la prima volta che il signor Pilgrim,
questo è il nome del defunto gentiluomo, prova a togliersi la vita.
Il
signor Forster avverte il dottor Greene il quale, prima di certificare il
decesso, preferisce chiedere ad un collega, il dottor Hammond, di confermare
quanto da lui constatato.
Il certificato di morte
viene quindi redatto e
firmato da entrambi i dottori.
Dopo sei, sette ore al
massimo però il Signor Pilgrim torna in vita così come era accaduto dopo i precedenti
tentativi di suicidio.
Lady Sybil Quartermaine accompagna l’amico Pilgrim in una
clinica psichiatrica in Svizzera, la
clinica Burgholzli, un famoso centro di ricerca di studi psichiatrici che vanta
un’eccellente fama internazionale.
Pilgrim viene affidato
alle cure del dottor Carl Gustav Jung,
un celebre medico e psichiatra che cura i propri pazienti con metodi innovativi
e non coercitivi.
Egli
preferisce infatti ascoltare e, per quanto possibile, assecondare il malato nel
tentativo di ricondurlo alla ragione senza imporgli un brusco ritorno alla
realtà.
Quello
che Lady Quartermaine chiede al dottor Jung non è la guarigione dell’amico poiché
lei, come Pilgrim, è fermamente convinta che egli sia incapace di morire e che
viva da sempre.
L’unico aiuto che chiede
al dottor Jung è che questi riesca a dare a Pilgrim una qualche ragione per
vivere, qualcosa che
lo aiuti a sopravvivere alla nausea della
sua vita o meglio alle condizioni in
cui è costretto a viverla.
Sibyl
chiede per l’amico Pilgrim un semplice
raggio di speranza.
Ma chi è veramente Pilgrim? È davvero un uomo che non può morire?
Un essere imprigionato nella condizione umana? Oppure è semplicemente un pazzo
schizofrenico?
“L’uomo che non poteva
morire” è un romanzo dove si intrecciano mistero, religione, filosofia e
psicologia. E’ un romanzo mistico e visionario.

Egli insiste nel sostenere
di aver vissuto ogni epoca storica:
la guerra di Troia, l’ellenismo, la lussuria di Roma antica, il medioevo così via
fino ai primi del Novecento.
Scrive
nei suoi diari di aver conosciuto eroi classici come Achille ed Ettore, un
genio come Leonardo Da Vinci, di
essere stato soggiogato da Santa Tersa
d’Avila, di aver cenato con Henry
James e di essere stato amico di Oscar
Wilde…
Sembra
tutto talmente reale che alla fine pare impossibile che Pilgrim stia mentendo o
meglio che ogni cosa sia solamente frutto di una mente malata.
Timothy
Findley pone il lettore davanti ad un interrogativo
pirandelliano: che cos’è davvero la pazzia? Non siamo forse tutti un po’
folli? Non cerchiamo forse tutti nella nostra vita di evadere dalla realtà?
“L’uomo
che non poteva morire” è un libro
intenso e commovente.
Un
romanzo che fa riflettere, che indaga gli abissi dell’identità umana e che pone
interessanti domande sull’esistenza di Dio e degli dei, sul valore salvifico
della cultura e dell’arte e sul diritto alla libertà di ogni uomo.
Avrei voluto anch'io cenare con Henry James. In vero, la mia cena ideale sarebbe con Henry James e E. M. Forster. Viste le loro personalità, probabilmente scambierebbero poche parole, ma io sarei lì pronta a catturarle.
RispondiEliminaAltro libro che mi ispira... Purtroppo usare la rete per accedere a informazioni libresche può rendere la vita dei lettori forti estremamente complicata.
Hai ragione un sacco di libri e pochissimo tempo per leggere! Per fortuna siamo in estate...
EliminaIo con Oscar WIlde ma so che starei sulle spine tutta la cena....