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IL BAMBINO DI BUDRIO
di Angela Nanetti
NERI POZZA
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Il
libro prende spunto da un fatto realmente accaduto in quanto esistette davvero
a Budrio, antico castello della città di
Bologna, un bambino, figlio di un povero garzaiolo, dotato di un’intelligenza
superiore alla media e di una memoria prodigiosa che venne accolto sotto l’ala
protettrice del predicatore del paese il quale ne scoprì le doti eccezionali e
lo istruì nelle varie discipline.
Io narrante di buona parte del romanzo
di Angela Nanetti è il medico di Budrio, Alberto Carradori che, in quanto amico e confidente di padre Giovanni
Battista Mezzetti, fu testimone delle vicende che si accinge a raccontare.
Dentro
il castello di Budrio c’era la chiesa di San Lorenzo con annesso il relativo
convento abitato dai frati appartenenti all’Ordine
dei Servi di Maria di cui faceva parte padre Mezzetti.
Un
giorno il frate notò un bimbo che chiedeva l’elemosina davanti alla chiesa e si
accorse che questo bimbo di soli quattro
anni, che rispondeva al nome di Giacomo Modanesi, era in verità dotato di
capacità intellettuali straordinarie.
Convinse
così i suoi superiori ed il padre del bambino a farsi affidare il fanciullo per
istruirlo come si conveniva.
Ottenuto
l’affidamento di Giacomo intraprese con esso un difficile e faticoso percorso
scolastico che gli permise di condurlo
nel giro di tre anni a Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso per sostenere,
alla sola età di sette anni, pubbliche delucidazioni nelle quali esibire la
sua intelligenza e dare prova di quanto appreso nel corso degli studi condotti.
La sapienza dimostrata dal “dotto
fanciullo” e le notevoli capacità di insegnamento dimostrate da padre Giovanni Battista
scatenarono però le invidie di molti
nell’ambiente ecclesiastico e non solo, sia a Roma che a Budrio.
Furono
soprattutto proprio l’astio e la gelosia
che condussero allievo e maestro ad una tragica fine.
Grandiose sono le descrizioni dei
monumenti, delle vie, delle chiese, dei palazzi che ci fanno rivivere i fasti
di un’epoca caratterizzata dall’arte;
tra gli aneddoti dell’epoca l’autrice ricorda la caduta in disgrazia del
Bernini perché legato alla famiglia Barberini e l’ascesa del Borromini legato
alla famiglia Pamphilj a cui apparteneva il nuovo papa.
E’
un’interessante galleria di personaggi della Roma seicentesca quella proposta
dalla Nanetti e tra essi, solo per citarne alcuni, ritroviamo personaggi quali papa
Innocenzo X e sua cognata, l’avida Olimpia Maidalchini.
“Il
bambino di Budrio” è senza dubbio un
romanzo storico ma allo stesso tempo è anche un romanzo estremamente
contemporaneo come più volte ha voluto sottolineare la sua autrice nel
corso di diverse interviste sul suo libro, che ricordo è stato finalista alla prima edizione del premio
letterario Neri Pozza nel 2013.
La
modernità della vicenda sta tutta in quel conflitto
tra un maestro troppo ambizioso e un allievo dotato di un talento straordinario.
Il
romanzo ci pone vari e profondi interrogativi: per esempio quanto sia giusto che i genitori proiettino le loro ambizioni e
aspirazioni sui figli senza tenere conto delle loro attitudini e delle loro
naturali inclinazioni.

Nel
caso specifico poi del bambino di Budrio viene spontaneo chiedersi se sia stato giusto, se pur con le migliori
intenzioni, rubare l’infanzia ad un bimbo di soli quattro anni, per quanto
straordinariamente dotato, per farne uno strumento della grandezza divina e
regalargli sì un futuro migliore di quello che avrebbe avuto crescendo con il
padre naturale, ma pur sempre un futuro scelto da altri per lui senza tenere
conto dei suoi desideri.
Dinnanzi
alle numerose crisi del bambino, ai suoi sogni ad occhi aperti alla vista del
mare e delle vele, davanti alle sue aspirazioni continuamente frustrate non era forse prevedibile si giungesse ad un
tragico epilogo?
Ma
siamo obbligati a guardare anche il rovescio della medaglia, quale vita avrebbe
condotto Giacomo se padre Mezzetti non si fosse accorto di lui? Costretto a
lavorare già all’età di quattro o cinque anni?
Nonostante
tutto devo confessare che, per quanto mi sia sforzata durante la lettura del
romanzo, padre Giovanni Battista Mezzetti,
così orgoglioso e concentrato sui suoi obiettivi, non è riuscito a conquistarsi la
mia simpatia, anche se devo concedergli il proverbiale beneficio del dubbio sul
fatto che egli davvero non si rendesse conto fino in fondo dei suoi errori e
delle sue mancanze.
Le
simpatie tendono ad essere indirizzate piuttosto nei confronti del dottor Carradori perché, nonostante
assecondi l’insegnante, non smette mai di dubitare dei suoi metodi opprimenti e
di intercedere per quanto possibile presso di lui in favore del bambino per
cercare di alleviarne le sofferenze psicologiche.
Inutile
infine sottolineare che il libro è
scritto in modo magistrale. Angela Nanetti riesce, infatti, a creare fin dall’inizio
un senso di attesa, una suspense che tiene il lettore letteralmente incollato al
romanzo fino all’ultima pagina.
è un libro molto bello, scritto magistralmente
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