GLI ULTIMI GIORNI
DI P.B. SHELLEY
di Guido Biagi
|
“Spirito di titano,
entro virginee forme” così il Carducci definì Percy Bysshe Shelley, ma del
celebre poeta inglese abbiamo innumerevoli definizioni “un uomo impazzito, un
uomo distrutto” per De Quincey, “un angelo mancato che batte le luminose ali
nel vuoto” per Arnold, “cieco per ideali al calor bianco” per Browning mentre
per la moglie Mary Shelley semplicemente “non uno di noi”.
Percy Bysshe Shelley era un
sognatore, un uomo che si autodefiniva ateo e che metteva al centro del suo
universo l’uomo e il suo piacere.
Shelley era un uomo che bramava la libertà
per il genere umano e proprio al raggiungimento di questa piena e totale
libertà di pensiero e di sentimenti dedicò tutta la sua esistenza.
Egli era un idealista e un
anticonformista che visse seguendo i suoi ideali di libertà in ogni sua forma
anche in campo sentimentale e sessuale.
Poeta dalla formazione classica,
proprio dalla sua passione per lo studio dei classici greci e latini sviluppò
il suo amore per la mitologia.
Guido Biagi in “Gli ultimi giorni
di P.B Shelley” cerca di fare chiarezza, analizzando i documenti dell’epoca
raccolti negli archivi di Firenze, Lucca e Livorno, sul naufragio nel quale il
poeta perse la vita il giorno 8 luglio del 1822.
L’ultima residenza di Shelley fu
Villa Magni a San Terenzo, nel comune di Lerici (La Spezia ), una villa con
l’accesso diretto sulla spiaggia.
Durante il soggiorno in Liguria Shelley si
fece costruire nei cantieri di Genova una goletta. L’imbarcazione in un primo
momento doveva essere battezzata con il nome di “Don Juan” in onore di Byron ma
in seguito, essendo sorte alcune divergenze con quest’ultimo, Shelley decise di
cambiarle nome in “Ariel”.
Durante il viaggio di ritorno da
Livorno, a causa di una violenta tempesta e delle condizioni proibitive del
mare, la Ariel
affondò senza neppure rovesciarsi. Il corpo di Shelley fu ritrovato dopo 10
giorni sulla spiaggia di Viareggio.
Qui secondo le
leggi dell’epoca venne sepolto sulla spiaggia e solo dopo svariate richieste fu
possibile disseppellirlo e cremarlo sulla medesima spiaggia.
Il funerale di P.B. Shelley
(dipinto di Louis Édouard Fournier)
|
Tra i presenti
alla cerimonia l’amico Trelawny e Lord Byron. Assente Mary Shelley che, in
quanto vedova del defunto secondo le regole vigenti in Inghilterra, non poteva
presenziare alle esequie del marito.
Guido Biagi
oltre a riportare parte dei documenti scovati negli archivi, riporta anche
quanto appreso in prima persona dai suoi interrogatori effettuati agli anziani
ancora in vita che avevano assistito al funerale sulla spiaggia e al recupero
del relitto.
Ci
riporta inoltre numerosi dettagli su come la moglie venne a conoscenza della disgrazia
e non ultimo cerca di dirimere la questione del cuore incombusto del poeta.
Si narra
infatti che il cuore di Shelley fosse stato estratto intatto dal rogo e dopo
essere stato ridotto in cenere fosse stato posto in un sacchettino di seta e
consegnato da Hunt a Mary Shelley che lo conservò fino alla propria morte in un
cassetto della scrivania del defunto marito insieme ad una copia del poema
Adonais, poema che P.B. Shelley scrisse in onore di John Keats.
I resti di
P.B. Shelley, ad eccezione probabilmente del teschio, della mandibola e di
qualche frammento osseo che si ritiene siano stati accolti nella piccola chiesa
di Boscombe a Bournemouth, furono inumati a Roma nel cimitero acattolico,
quello stesso cimitero che aveva già accolto i resti dell’amico John Keats.
Diverse furono
le ipotesi relative al naufragio: qualcuno parlò di suicidio, qualcuno ipotizzò
pure un attacco da parte di pirati.
Certo è che
come ricorda Giulio Cesare Maggi nella postfazione del libro “erano tempi
calamitosi nel Regno Unito per chi fosse portatore di messaggi libertari e
progressisti, e questo rischio lo correva anche Shelley, le cui opinioni erano
esse pure avversate, perchè ritenute rivoluzionarie” pertanto oggi non possiamo
totalmente escludere che qualcuno lo avesse speronato volontariamente per
eliminarlo magari su commissione di oppositori politici, così come non possiamo
ignorare che qualcuno potesse ritenere che a bordo ci fosse magari Lord Byron e
che proprio questi fosse il vero bersaglio.
L’ipotesi più
attendibile resta comunque quella del naufragio dovuto alle avverse condizioni
del mare, ma se l’Ariel sia affondata da sola o sia stata speronata da un’altra
imbarcazione, resterà sempre un mistero.
la luce delle notti di luna veglia lo spirito della tua grande poesia
RispondiElimina