Thackeray diede inizio alla stesura di “Barry Lyndon”, pubblicato
a puntate nel 1844 sul Fraser’s Magazine, quattro anni prima della
pubblicazione del romanzo che gli diede la fama “La fiera della vanità”.
Nell’edizione BUR che ho acquistato c’è una breve
descrizione del libro a cura di Flavio Santi che riporto di seguito:
“Ecco la dimostrazione lampante che il Settecento contiene
già l’intera modernità. Tutta questa adrenalina fatta di fughe, duelli, amori,
peripezie non è cinema puro? Non sono i fotogrammi di una pellicola in anticipo
di due secoli sui Lumiere? Una volta tanto non dovrete incollarvi allo schermo:
lasciatevi trascinare dalle avventure di Redmond Barry. Il romanzo è uno
strepitoso technicolor di parole ed emozioni”.
Confesso che, nonostante l’evidente errore di attribuzione
errata del romanzo al Settecento, questa descrizione ha attirato la mia
curiosità e ha contribuito a far sì che leggessi il libro. Dopo averlo letto però
mi è venuto spontaneo chiedermi se le parole di Santi siano davvero una
descrizione del romanzo o non siano state piuttosto ispirate dalla visione del
film che Stanley Kubrick ha liberamente tratto dal romanzo stesso. Ammetto di
non aver ancora avuto occasione di
vedere il film, ma spero di colmare presto questa lacuna, sono infatti
piuttosto curiosa di conoscere che taglio il regista abbia dato alla storia e di
sapere come risulti la vicenda riportata sul grande schermo.
Tornando al libro, devo ammettere che l’ho trovato
terribilmente noioso e lento, un monotono susseguirsi di aneddoti e racconti
monotematici (gioco d’azzardo, donne sedotte, corti europee e campagne
militari) relativi alla vita del protagonista. Scritto come un’autobiografia,
il romanzo narra in prima persona le vicende di Barry Lyndon, un personaggio
d’invenzione, ispirato alla figura dell’irlandese Andrew Robinson Bowes, la cui
pessima reputazione e la cui cattiva condotta si adattano perfettamente al
protagonista del romanzo di Thackeray. Le vicende di Andrew Robinson Bowes
forniscono all’autore solamente gli elementi essenziali del romanzo, entrambi i
personaggi infatti, sia quello reale che quello di pura finzione letteraria,
appartengono alla piccola borghesia irlandese ed entrambi attraverso il matrimonio
vengono elevati al rango nobiliare oltre ad ottenere un consistente patrimonio
sposando delle ereditiere che alla fine si riveleranno più scaltre dei mariti
riuscendo a metterli fuori gioco. Entrambi dilapideranno la fortuna delle
consorti e saranno oppressi dai debiti di gioco, ma nelle pagine del romanzo,
Barry Lyndon sarà anche un giocatore d’azzardo di professione oltre ad essere
il protagonista di una discutibile carriera militare.
Forse, nel corso delle
mie molteplici avventure non mi sono mai imbattuto nella donna adatta per me, e
ho dimenticato, poco dopo, tutte le creature che avevo adorato; ma credo che,
se mi fossi imbattuto in quella giusta, l’avrei amata per sempre.
Acquistare qualche
migliaio di sterline l’anno a costo di una moglie odiosa è un pessimo
investimento per un giovane di spirito e di talento.
Barry Lyndon è un personaggio irritante e senza scrupoli, è
un antieroe. In un periodo storico in cui gli autori scrivono romanzi di
formazione quello di Thackerey è tutto l’opposto.
Il lettore fin dalle prime pagine, ben guidato in tal senso
da Thackeray, prova una sorta di diffidenza nei confronti del protagonista che
si rivela da subito un personaggio antipatico e irriverente. Nel racconto della
sua storia, dall’ascesa sino al suo declino, Barry Lyndon, distorce
continuamente i fatti, non provando alcuna vergogna. Non cerca mai scuse per il
suo comportamento scorretto e se, in rari casi, è costretto dagli eventi a
cercare una sorta di giustificazione, lo fa con una naturalezza al limite
dell’imbarazzante: la colpa è sempre degli altri.
Scrive le sue presunte memorie dalla prigione di Fleet ma
non guarda al suo passato con tristezza, né con rimorso, la sua persona è tutto
ciò che conta, l’attenzione è sempre puntata su sé stesso e il suo declino non
è altro che la prova delle sue conquiste del passato.
Ma come è mutevole il
mondo! Quando consideriamo quanto grandi ci sembrano i nostri dolori e quanto
sono piccoli nella realtà; quante volte pensiamo di essere sul punto di morire
di dolore e quanto rapidamente dimentichiamo tutto, penso che dovremo
vergognarci di noi stessi e della mutevolezza del nostro cuore.
Thackeray dimostra di essere un profondo conoscitore
dell’animo umano nonché un capace scrittore di satire; Barry Lyndon è indubbiamente
un personaggio ben riuscito secondo l’intento moralistico prefissatosi
dall’autore, servendosi di sarcasmo ed ironia Thackeray crea un personaggio che
noi oggi potremmo definire uno snob. Attraverso la descrizione di quest’uomo
privo di morale inoltre Thackeray mette in guardia i lettori da una società corrotta,
dissoluta e ipocrita abitata da uomini privi di scrupoli, disonesti e
depravati.
I grandi e i ricchi
sono sempre ben accolti con grandi sorrisi sullo scalone del mondo, ma i poveri
che hanno aspirazioni debbono arrampicarsi sulle pareti, o spingersi lottando
sulle scale di servizio, o strisciare come talpe lungo le fogne della casa, non
importa se sporche o strette purché portino in alto. I pigri senza ambizioni
asseriscono che non vale la pena di arrivare in cima, abbandonando la lotta
dichiarano di essere filosofi. Io dico che sono codardi poveri di spirito. A
che cosa serve la vita se non per ottenere onori? E questi sono tanto
indispensabili che vogliamo raggiungerli ad ogni modo.
Osare e il mondo si
arrende sempre o, se qualche volta vi sconfigge, osate ancora ed esso
soccomberà.
Questo romanzo è stata una delusione rispetto alle mie
aspettative, il ritmo lento e la storia ripetitiva e monotona ne fanno un libro
terribilmente noioso; mi aspettavo molto di più dall’autore di un capolavoro
quale “Vanity Fair”. Il personaggio di Barry Lyndon è davvero troppo
indisponente, ma il romanzo lascia però intravedere la grande capacità di
Thackeray di descrivere l’animo umano, la sua visione cinica della società dove
non sono sempre il bene e la virtù a prevalere.
Se volete leggere qualcosa esclusivamente per distrarvi e
passare qualche ora lieta, vi consiglio di leggere un altro libro; da leggere
assolutamente invece se desiderate conoscere più a fondo l’autore e le sue
opere perché Barry Lyndon è un abbozzo del personaggio ben più riuscito di
Becky Sharp (La fiera delle vanità), un’arrampicatrice sociale, priva di
scrupoli e principi, che riuscirà a raggiungere il successo manipolando il
prossimo. Becky Sharp come Barry Lyndon è fredda e calcolatrice, egoista ed arrivista,
ma al contrario di Lyndon ha anche dei pregi: è una donna intelligente e colta
mentre Lyndon disprezza la cultura e deride, guardandolo dall’alto in basso,
chiunque la possieda. Becky sa riconoscere le proprie sconfitte e soffre quando
deve cedere a bassi compromessi perdendo tutto ciò che ha guadagnato; solo lei
è la causa dei suoi mali ed il lettore non può certamente giustificarla, ma è
comunque portato a volte a provare un po’ di compassione nei suoi confronti.
Non ci può essere nessun sentimento di pietà invece da parte del lettore per
Barry Lyndon che è talmente sicuro di sé da non riconoscere neppure la propria
caduta; il suo atteggiamento ed i suoi modi lo rendono un personaggio insopportabile,
odioso ed irritante dalla prima all’ultima pagina.
Per quanto «mai dire mai», penso non troverò mai il coraggio di leggere Barry Lindon. Il film lo vidi a spizzichi e bocconi, ma me lo ricordo poco... la colonna sonora, però, è meravigliosa.
RispondiEliminaLudo.
Romanzo non letto (e non credo che lo leggerò...), ma il film sì, quello è da vedere. Forse la durata può spaventare, ma la regia è spettacolare, costumi e fotografia sono mozzafiato.
RispondiEliminaInizio a sentirmi un po' in colpa verso il povero Thackeray!!! ^_^ però mi avete convinto...vedrò il film!
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