sabato 25 novembre 2023

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli

Siamo sul finire del Seicento, in una Venezia in declino dal punto di vista politico ma ancora largamente attiva sul piano culturale e musicale, due bambini vengono alla luce a distanza di un anno l’uno dall’altro.

Nel 1677 la neonata Lucietta viene abbandonata e affidata all’Ospedale della Pietà, Antonio Vivaldi nasce appena un anno dopo, nel 1678. 

Due vite consacrate alla musica, le loro, ma mentre Lucietta è condannata a trascorre tutta la sua esistenza tristemente reclusa in un ambiente difficile e ostile, Antonio è invece destinato ad andare in giro per il mondo e ottenere una fama internazionale.

Don Antonio Vivaldi e l’organista Lucietta avranno modo di fare musica insieme, seppur per un breve periodo, ma quei pochi attimi basteranno per toccare in qualche modo le loro anime per sempre.

“Lucietta” di Federico Maria Sardelli è un libro che unisce due generi molto diversi tra loro: il romanzo e il saggio. Alternando capitoli dedicati a fatti immaginati a capitoli dedicati a fatti documentati, l’autore riesce a ricreare perfettamente le atmosfere della Venezia dell’epoca. Il racconto è incentrato sulle condizioni di vita delle piccole che venivano accolte all’Ospedale della Pietà, vite di povere segregate, come era stata quella di Lucietta; racconto di vite caratterizzate da cibo scarso e di pessima qualità, da malattie (angoscianti le pagine in cui viene descritto come si tentò di curare l’affezione agli occhi di Lucietta), da cattiverie e vessazioni perpetrate ai danni delle recluse sia dalle compagne che da chi avrebbe dovuto vegliare su di loro.

È tangibile il senso di angoscia e di claustrofobia che doveva attanagliare le figlie della Pietà. Federico Maria Sardelli è davvero abile a descrivere quei sentimenti di inquietudine, rivalsa, gelosia e tormento che si dovevano respirare tra quelle mura.

Eppure, ambienti tanto freddi e privi di empatia come gli ospedali veneziani furono formidabili centri di produzione musicale a cui si guardava con interesse non solo da parte dei cittadini, ma anche dei visitatori stranieri. Alcune esecuzioni raggiungevano tali livelli da suscitare grande ammirazione persino nei diaristi e nei cronisti più celebri dell’epoca.

Molti dei manoscritti che Vivaldi scrisse durante il suo primo mandato per l’Ospedale della Pietà sono andati purtroppo perduti. Il maestro Sardelli sottolinea però il fatto che, sulla base di quel poco che si è conservato, possiamo oggi osservare quanta formidabile cura Vivaldi mettesse nel dare a ciascuna figlia il tipo di musica adatta all’altezza della sua maturazione tecnica.

Avvalendosi delle fonti d’archivio per raccontare la verità dei fatti e facendo al tempo stesso ricorso alla fantasia per compensarne le lacune e per rendere più fluida la narrazione, Federico Maria Sardelli è riuscito nell’impresa di fare riemergere dalle ombre del passato e dare voce alla figura storica di una musicista di grande talento dimenticata dal tempo, non perché non abbastanza talentuosa, ma perché, come scritto nelle note stesse dell’autore, appartenente alla classe dei diseredati.

La Lucietta di Federico Maria Sardelli è mansueta e testarda, ha imparato presto che la rassegnazione è la miglior medicina nei momenti di avversità, ma per lei sbagliare è un’umiliazione insopportabile. Ha un carattere forte e sembra sempre molto sicura di sé, eppure, nasconde anche tante fragilità e una di queste si chiama proprio Antonio Vivaldi.

La protagonista di questo libro, così come il famoso musicista che abbiamo già avuto modo di apprezzare negli altri volumi a lui dedicati da Federico Maria Sardelli, fa parte di quei personaggi destinati ad essere irrimediabilmente amati da tutti i lettori.


Di Federico Maria Sardelli vi ricordo:

- L'affare Vivaldi

- Il volto di Vivaldi


 

domenica 12 novembre 2023

“Tana Alighieri” di Elena Petrioli

La cosa bella della Storia è la sua capacità di riuscire a meravigliarci di continuo perché ci sarà sempre qualcosa rimasto a noi celato nelle pieghe del tempo.

Ecco quindi che non stupisce se la maggior parte di noi fino ad oggi ha ignorato che Dante Alighieri avesse una sorella di nome Gaetana (o Tana). 

La vita talvolta riserva delle sorprese come è accaduto all’autrice di questo saggio. Mai, Elena Petrioli avrebbe immaginato che, per una concatenazione di eventi inaspettati, si sarebbe ritrovata un giorno addirittura ad impersonare Tana Alighieri facendo visite guidate teatralizzate.

Ognuno durante la pandemia ha reagito a suo modo ed Elena Petrioli, affermata guida turistica da oltre venticinque anni nonché appassionata di storia locale, ha rivolto in quei giorni il suo sguardo verso il Sommo.

Senza rendersene conto si è trovata a seguire le tracce della sorella di Dante, immedesimandosi così tanto nella sua storia da riuscire persino, a distanza di secoli, a riportarla in vita per le vie di Firenze.

Come nasce l’idea di questo breve saggio? Poiché risultava ovviamente impossibile trasmettere tutte le informazioni su Tana Alighieri, per quanto  purtroppo alquanto esigue, durante una visita guidata, Elena Petrioli ha avvertito la necessità di mettere per iscritto, in maniera ordinata e puntuale, una summa di quanto già pubblicato e dibattuto su questa figura quasi sconosciuta, ma alquanto importante nella vita di Dante.

Elena Petrioli, però, non si è limitata ad una mera ricerca bibliografica, ma ha confrontato tra loro le ipotesi e le argomentazioni a sostegno delle stesse dei vari storici che si sono succeduti nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Ha esaminato gli stessi testi danteschi e gli scritti degli autori a lui contemporanei e, infine, ha verificato in prima persona ed esaminato documenti d’archivio in maniera minuziosa e capillare così che non venisse tralasciato alcun dettaglio utile alla ricerca. Si è dedicata anche ad un attento studio topografico con l'intento di identificare, quanto più possibile, i luoghi dove si svolsero gli eventi trattati.

In questo saggio, non solo troverete la storia di Tana Alighieri, sorella maggiore di Dante e moglie del ricco mercante Lapo Riccomanni, ma anche una breve sintesi di come si presentasse la Firenze dell’epoca dal punto di vista politico, economico, sociale e topografico.

Le contraddizioni, ad un occhio moderno, potrebbero sembrare molte, per questo l’autrice ha ritenuto necessario fornire qualche breve indicazione al lettore affinché questi avesse le giuste coordinate per meglio addentrarsi nella storia. Era indispensabile per prima cosa, poi, fare chiarezza sull’annosa questione relativa alle differenze tra magnati e popolani.

“Tana Alighieri” è una lettura piacevole e interessante che riesce a far convivere nelle sue pagine due storie parallele: quella contemporanea, dell’autrice, con le sue passioni, le sue aspirazioni e le sua esperienze, e quella medievale, prettamente storica, legata al personaggio di cui si narra e di cui viene tracciato un profilo, se vogliamo, anche romantico di sorella premurosa e di moglie discreta ma capace, se necessario, anche di affiancare il marito negli affari.





domenica 15 ottobre 2023

“Quando le stelle torneranno a prenderci” di Valentina Aldeghi

Emerenziana porta il nome della protagonista di una delle leggende di Toblach, ma nonostante un nome tanto particolare Emmi, come la chiamano tutti, ignora completamente la storia di quella terra, il Sudtirolo.

A raccontare la leggenda di Emerenziana ad Angela, la mamma di Emmi, era stata la loro vicina di casa Irmgard. La leggenda aveva affascinato talmente Angela da indurla a chiamare la figlia come la principessa della fiaba.

Il legame di Emmi ed Irmgard è un legame davvero speciale; I’anziana donna è a tutti a tutti gli effetti per Emmi una nonna, alle sue cure infatti la madre l’ha sempre affidata fin da piccola quando andava al lavoro o aveva qualche impegno fuori casa.

Sarà una vacanza, all’apparenza banale e spensierata, che Emmi farà a Innichen con le amiche a sconvolgere completamente le loro vite.

Irmgard comprenderà che è arrivato il momento per lei di fare i conti con quel passato che, ora più che mai, bussa prepotente alla sua porta per essere raccontato.

Il Sudtirolo ha letteralmente travolto Emmi che, una volta tornata, si accorge di non riuscire a dimenticare Konrad, il bel tenebroso che ha fatto breccia nel suo cuore e di cui al momento ignora persino il nome. Inoltre quella terra, fino a poco tempo a lei completamente sconosciuta, sembra essere diventata per Emmi il centro dei suoi pensieri, vorrebbe comprenderne la storia, conoscere le sue leggende e afferrare il carattere della sua gente.

Il libro di Valentina Aldeghi è un racconto emozionante. Una storia d’amore tra due giovani protagonisti, Emmi e Konrad, che non può non appassionare il lettore. Entrambi insicuri e sensibili, così diversi eppure così simili. Emmi, nonostante le ferite infertele dalla vita, accetta di rischiare fin da subito il proprio cuore. Konrad, al contrario, fa fatica a lasciarsi andare, ma allo stesso tempo non riesce a restarle lontano.

Invero, la storia d’amore è anche un pretesto per raccontare la storia del Sudtirolo, una storia fatta di sofferenza, di tradimenti e di contraddizioni. Una storia che spesso il turista, che tanto dice di amare questa terra, ignora e non è neppure interessato ad approfondire.

L’autrice però non è una turista qualunque. Valentina Aldeghi, come Emmi, ha riconosciuto in Innichen la sua Heimat. Non esiste una parola italiana che possa tradurre questo termine: casa o patria non rendono la vera essenza di questa parola. Heimat è quel luogo del cuore che senti essere casa tua, un luogo a cui senti di appartenere anche se non ci sei nato. Lo scrittore Fabio Genovesi sostiene che essere nato nella propria casa, come è accaduto a lui con la Toscana, è una fortuna, ma casa è per ciascuno di noi ogni qualsivoglia luogo nel mondo a cui si senta di appartenere davvero.

Emmi si chiede se meriterà mai di appartenere a Innichen, se gli abitanti un giorno la accetteranno. È sempre difficile farsi accettare, se la propria Heimat non è il luogo dove si è nati. Si finisce sempre per sentirsi un po’ dei traditori verso il luogo di nascita e degli intrusi laddove invece vorremmo essere di casa. Ma forse ha ragione Konrad, o almeno mi piace pensarlo, quando dice che i luoghi appartengono a chi li ama e non a chi li abita.

La storia del Sudtirolo è una storia che merita di essere conosciuta. Dimentichiamo troppo spesso che la stessa Italia è una nazione giovane. Se pensiamo che ancora oggi sopravvivono campanilismi all’interno di una stessa regione e fazioni all’interno di una stessa città, dovremmo comprendere quando più possa essere ancora dolorosa la situazione in una terra in cui vicende tanto laceranti risalgono ad un passato così recente.

“Quando le stelle torneranno a prenderci” è un romanzo davvero particolate in grado di affascinare il lettore con le sue magiche atmosfere che fanno da sfondo a due storie d’amore che si rincorrono e si alternano per tutta la narrazione, quella di Irmgarg e Alois e quella di Emmi e Konrad, entrambe a modo loro intense e struggenti.

Al pari dei personaggi sono però altrettanto protagoniste del romanzo la Storia e l’importanza della salvaguardia delle tradizioni e dell’identità di un popolo.

A chi consiglierei questo libro? A chi ama le storie d’amore, a chi ama il Sudtirolo, a chi ama la storia in generale, a chi crede nel destino… insomma a tutti coloro in cerca di una bella storia e che abbiamo voglia di tornare a sognare.



martedì 10 ottobre 2023

“La figlia più amata” di Carla Maria Russo

I duchi passano. Firenze resta. Il romanzo di Carla Maria Russo si apre con il racconto di un incontro segreto. In una piccola stanza ricavata nelle segrete della Torre Volognana due personaggi stringono un patto di ferro. L’uno è un giovane freddo e razionale, l’altro un uomo potente e vigoroso sebbene non più nel fiore dell’età. È l’uomo anziano che ha scelto di legarsi alla causa del giovane.

Cosimo I de’ Medici, uomo potente e autoritario, figlio di Giovanni dalle Bande Nere e nipote di Caterina Sforza, domina Firenze con il pugno di ferro, nessuno osa contraddire l’orgoglioso e dispotico duca, eppure anch’egli ha le sue debolezze: la moglie Eleonora di Toledo, che ama profondamente, e le sue figlie, in particolare Bia e Isabella. Ebbene sì, contrariamente ad ogni logica di potere, Cosimo non cerca neppure di mascherare la sua preferenza per le figlie femmine e questo suo sentire fuori dal comune non fa che alimentare rancori e gelosie tra i suoi eredi.

Dopo la morte di Bia, la bimba avuta prima del matrimonio, Cosimo sembra non riuscire a riprendersi dalla grave perdita. Quando Eleonora gli annuncia di aspettare un altro figlio, egli le fa promettere che sarà una bambina. Isabella non sostituirà mai Bia nel cuore di Cosimo, ma diventerà per lui altrettanto preziosa. Purtroppo per Isabella, però, il troppo amore di Cosimo si rivelerà per lei anche una terribile condanna.

Il romanzo è un’opera di fantasia, ma si comprende che l’autrice ha svolto ampie ricerche per scrivere questa storia. Infatti, per quanto i fatti vengano reinterpretati e romanzati liberamente, essi conservano una solida base di verità storica e una verosimile rispondenza allo svolgersi dei fatti.

La storia di Cosimo I de’ Medici e della sua numerosa famiglia sì presta perfettamente ad essere trasformata in un romanzo. Tanti eventi furono oggetto di illazioni, chiacchiere, maldicenze già all’epoca in cui tali fatti avvennero. Non entro ovviamente nello specifico per non spoilerare e rovinare così l’effetto sorpresa al lettore digiuno di storia medicea per il quale certi avvenimenti storici risulteranno certamente sconosciuti.

Carla Maria Russo ha la straordinaria capacità di saper riportare in vita i personaggi del passato, farli interagire e dialogare tra di loro, ricreare la perfetta atmosfera dei luoghi attraverso i quali farli agire e muovere.

La narrazione si volge su tre piani: quello legato al complotto e alle lettere che si scambiano i due personaggi che hanno stretto il patto segreto, alcuni frammenti di racconto estrapolati da ciò che si è salvato di un diario scritto da Isabella de’ Medici e giunto nella mani del figlio Virginio e infine il racconto vero e proprio, quello in cui si narra la storia di Cosimo I e della sua famiglia.

Uno degli aspetti più singolari della famiglia di Cosimo I de’ Medici fu che nonostante l’amore fuori dal comune che legò questi alla moglie e alla figlie, nonostante alcuni particolari comportamenti che, almeno  all’apparenza, avrebbero dovuto cementare lo spirito familiare, come il desiderio del capofamiglia di riunirsi ogni giorno per pranzare tutti insieme, in verità, mai nucleo familiare fu più disunito e mai dei congiunti svilupparono tanta ostilità gli uni nei confronti degli altri come i figli del primo Granduca di Toscana.

Ogni personaggio è caratterizzato in maniera magistrale dalla penna di Carla Maria Russo sia sotto il profilo fisico che sotto il profilo psicologico.

La debolezza di Cosimo nei confronti delle sue donne e la sua intransigenza quando si trattava di imporre la propria volontà senza guardare in faccia nessuno, la rigidità della duchessa Eleonora che si scioglieva al cospetto del marito, i sogni di Maria per sfuggire alla realtà, le pene di Lucrezia per il suo sentirsi perennemente inadeguata, la follia di Pietro, la fredda intelligenza di Ferdinando e l’incontrollata smania di esercitare il potere di Francesco, sono solo alcuni dei molteplici aspetti che caratterizzano i numerosi personaggi che animano le pagine del romanzo.

E poi c’è lei, Isabella de’ Medici, viziata e ribella. Una bambina a cui la madre non si riesce e il padre non vuole mettere un freno, che si comporta come un maschiaccio, che adora cavalcare e andare a caccia ma che, una volta divenuta adulta, si trasforma in una splendida donna colta e raffinata, appassionata di poesia e di musica, il fiore della Corte di Cosimo I de’ Medici, colei a cui tutti guardano come alla vera duchessa di Firenze.

Una trama affascinante, personaggi seducenti e un ritmo narrativo estremamente scorrevole rendono la lettura di questo libro davvero piacevole. Carla Maria Russo si conferma ancora una volta un’ottima autrice di romanzi storici.



lunedì 18 settembre 2023

“Dante” di Marco Santagata

Dante si sentiva un predestinato, lo si evince dalle sue opere e da come condusse la sua vita. Uno degli aspetti più rilevanti della sua personalità fu il suo sentirsi diverso. In ogni evento della sua esistenza, in ogni cosa detta e fatta, che si trattasse della morte della donna amata, della sua attività politica o della condanna all’esilio, egli vi intravide sempre la mano del destino.

Santagata si interroga su come potesse venire percepita dagli altri la personalità di un uomo tanto particolare e come potesse essere giudicato dai suoi contemporanei. L’immagine che noi abbiamo di Dante oggi è spesso quella di un uomo egocentrico e persuaso della propria eccezionalità. Un uomo che non proveniva da una famiglia magnatizia, ma che, come tale, aveva scelto di vivere. Aveva amicizie altolocate, aveva sposato una Donati e lo studio, la letteratura, la filosofia erano le uniche occupazione che riteneva adatte a lui, sebbene questo gli procurasse delle difficoltà economiche talvolta anche piuttosto rilevanti come si evince dalle fonti archivistiche.

Il libro di Marco Santagata è, come recita il sottotitolo, il romanzo della vita del Sommo Poeta. Un’esistenza che indubbiamente fu ricca di avvenimenti e consumata in un’epoca assai movimentata dal punto di vista sociopolitico. In verità, il libro è un saggio molto ben documentato e articolato, la cui lettura  si presenta scorrevole come quella di un’opera romanzata.

Il racconto della vita di Dante Alighieri non può prescindere dal racconto della storia di Firenze. Santagata ci riporta dettagliatamente gli eventi di quel tempo e ci racconta dei vari personaggi che vi presero parte regalandoci un quadro vivissimo di quell’epoca.

Dante non visse però sempre a Firenze ed ecco, allora, che Santagata ci narra anche delle diverse realtà al di fuori di Firenze e delle varie corti nelle quali l’esule trovò asilo. Lo storico indaga quindi anche i rapporti, famigliari e politici, che legavano tra loro i vari personaggi, gli appoggi sui quali Dante poté contare e quali furono i pericoli che corse.

Tra le pagine del libro non troviamo solo il racconto di Guelfi e Ghibellini, magnati e popolani, battaglie e scontri tra fazioni, ma Santagata va alla ricerca anche dei dettagli, se vogliamo, più intimi della vita di Dante.  Tenta di fare emergere ad esempio la figura del Dante bambino di cui è rimasta solo un’impercettibile traccia. All’epoca, infatti, si pensava che non fosse di alcuna utilità riportare i fatti privati dell’infanzia e della giovinezza di un individuo in quanto privi di valore morale esemplare. Cerca inoltre di comprendere quale fu il rapporto tra Dante e la moglie Gemma, che tipo di padre egli fu e che rapporto ebbe con le sorelle, in particolare con Tana, e con l fratello Francesco.

Il libro di Santagata prende in esame ogni aspetto della vita di Dante Alighieri riuscendo ad intrecciare gli eventi pubblici e privati della sua vita con le sue opere.  Marco Santagata rilegge i vari passi degli scritti mettendoli in relazione con i fatti occorsi nella vita del poeta in quegli stessi anni in cui le varie parti delle opere vennero elaborate riuscendo così a darcene un'interpretazione più completa e, anche se talvolta non proprio condivisibile, senza dubbio sempre interessante e affascinante.

Un saggio dettagliato, ben documentato, scorrevole. Una lettura estremamente piacevole che conferma l’ottimo giudizio su Santagata che avevo avuto leggendo il suo “Le donne di Dante”.





sabato 26 agosto 2023

“Democrazia machiavelliana” di John P. McCormick

Niccolò Machiavelli, secondo il pensiero di John P. McCormick, non fu né un consigliere di tiranni né un teorico repubblicano, ma un acuto studioso delle repubbliche del passato preoccupato di trovare degli strumenti di potere atti a contenere le élites.

Analizzando “Il Principe” e altri scritti, ma soprattutto prendendo in esame quanto scritto nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, il professor McCormick mette in risalto come, per il politico fiorentino, la libertà dipenda da istituzioni che incoraggino la diffidenza popolare nei confronti dei membri più ricchi e influenti della società e del governo. Machiavelli auspica un conflitto di classe in quanto ritiene che questo, se istituzionalizzato, possa favorire la libertà. 

Le élites tendono a scegliere un principe che appartenga alla loro stessa classe sociale perché pensano di poterlo in qualche modo manipolare in virtù degli interessi comuni. Esse desiderano il potere illimitato mentre il popolo chiede giustizia e uguaglianza, in quest’ottica quindi la partecipazione del popolo è costruttiva e positiva.

“Democrazia machiavelliana” è un articolato e corposo saggio in cui non si analizza solo il pensiero di Machiavelli, ma si prende in esame anche come questo sia stato, nel corso dei secoli, interpretato e talvolta applicato da statisti, filosofi e politici di correnti e paesi diversi.

John P. McCormick ritiene fondamentale, per una giusta interpretazione del corpus delle opere machiavelliane, considerare i destinatari delle opere stesse. In particolare, si occupa di esaminare da vicino i dedicatari dei Discorsi ovvero Cosimo Rucellai e Zanobi Buondelmonti.

Il professore McCormick, inoltre, vuole dimostrare come l’intento di Machiavelli scrivendo il Principe non fosse quello di istruire i regnanti a manipolare il popolo, ma piuttosto come la gente comune potesse controllate le élites. Desidera dimostrare come si siano spesso sottovalutati i tentativi fatti dal politico fiorentino di stabilire dei mezzi e delle istituzioni capaci di dotare i comuni cittadini del potere per resistere alla dominazione dei ricchi e scoraggiare la corruzione dei funzionari.

Indubbiamente “Democrazia machiavelliana” è un saggio molto completo, ben documentato in cui il professore McCormick ha saputo argomentare acutamente il proprio pensiero, dimostrandosi esperto conoscitore sia degli scritti di Niccolò Machiavelli che della politica sia contemporanea che di quella del passato più o meno prossimo.

Sinceramente questo libro non mi ha entusiasmato per diversi motivi, tra cui il fatto che troppo spazio è stato riservato a prefazioni e introduzioni, circa un terzo del testo. Inoltre, probabilmente perché non addentro alla materia politica e ancora legata alle più classiche, e se vogliamo anche obsolete, interpretazioni del pensiero machiavelliano, ho trovato alcune parti piuttosto forzate.

L’impressione da non addetta ai lavori, ci tengo a ribadirlo, è quello che in queste pagine si analizzino i testi di Machiavelli con l’intento di attualizzarli troppo e quasi piegarli al proprio scopo, arrivando così ad una reinterpretazione del pensiero del politico fiorentino che, a mio avviso, risulta un po’  esasperata.

La cosa certa è che, dopo aver letto questo lavoro, viene senza dubbio voglia di leggere, o rileggere, tutte le opere di Machiavelli per un interessante confronto con quanto sostenuto da John P. McCormick.

 

  

martedì 22 agosto 2023

“Memorie della Grande Mademoiselle” De Montpensier

Anne Marie Louise De Montpensier (1627-1693) era figlia di Gaston d’Orléans, unico fratello di Luigi XIII, e della prima moglie Maria di Borbone, duchessa di Montpensier.

Alla morte di Monsieur, in mancanza di eredi maschi, il ducato d’Orléans fu assegnato al fratello di Luigi XIV, e Anne Marie Louise divenne la Grande Mademoiselle per distinguerla dalla nuova Mademoiselle, figlia del principe Philippe.

Le memorie della Montpensier sono composte da ben 95 quaderni. I manoscritti sono piuttosto difficili da decifrare perché, per sua stessa ammissione, aveva una calligrafia pessima tanto che anche il padre le suggerì di far scrivere al segretario la corrispondenza a lui destinata.

Buona parte di queste memorie furono scritte negli anni 50 del XVII secolo durante l’esilio di Anne Marie Louise e la scrittura riprese successivamente nel decennio dal 1670 al 1680 per combattere la depressione sopraggiunta a seguito di un momento difficile.

Il libro, edito da Luni Editrice, ripropone ovviamente solo una piccola parte degli scritti della Grande Mademoiselle. Il volume è suddiviso in tre parti, ognuna di esse è dedicata ad un particolare evento significativo della sua vita.

Fanciulle a corte. La madre di Anne Marie Louise morì poco dopo la sua nascita e lei venne affidata ad una governante. Erano gli anni del cardinale Richelieu.

Eroina della Fronda. Racconta degli anni burrascosi in cui la De Montpensier non si risparmiò per la causa e, al contrario del padre sempre indeciso e opportunista, non esitò a mantenere le proprie posizioni pagando in prima persona per le proprie idee.

L’amore. Fin da adolescente erano state prese in considerazione per lei le più importanti teste coronate, un elenco infinito di pretendenti, tra cui figuravano il futuro re d’Inghilterra, il delfino di Francia e l’imperatore d’Austria. Non se ne fece mai nulla. All’età di 43 anni, però, Anne Marie Louise si innamorò come una ragazzina del duca di Lauzun, un partito talmente al di sotto del suo rango da scandalizzare l’intera Corte. Il re prima diede il suo consenso, ma pochi giorni dopo lo ritirò. Lauzun venne incarcerato a Pinerolo dove restò imprigionato per ben dieci anni.

Anne Marie Louise De Montpensier, il miglior partito d’Europa, morì senza essersi mai sposata e senza eredi.

Ogni sezione del libro è corredata da alcune interessanti pagine introduttive (note del curatore) in cui si inquadra minuziosamente il periodo storico a cui si riferiscono i fatti narrati dalla Grande Mademoiselle e, allo stesso tempo, si traccia un profilo dettagliato dei personaggi che vi presero parte.

A leggere frasi del tipo “Soffrirei a vedervi ballare e divertirvi, invece di andare dove vi spacchino la testa oppure ci rimettano sopra la corona” non si può non sorridere e non pensare alla sorellastra Marguerite Louise d’Orléans e alle sue amorevoli lettere indirizzate al consorte Cosimo III de’ Medici.

Anne Marie Louise De Montpensier fu una donna del suo tempo, più vicina alla moda della Corte di Luigi XIII che a quella del Re Sole. Estremamente calata nella parte che il suo rango le imponeva, teneva in massimo conto lo stile di vita che poteva mettere in risalto la sua posizione. Per lei i balli, lo sport, le feste e la possibilità di convolare a nozze con una testa coronata erano una priorità.

Eppure, a differenza del padre che con i suoi comportamenti ipocriti, voltagabbana e opportunisti la mise spesso a disagio, Anne Marie Louise fu una donna a suo modo fedele ai propri principi, per quanto talvolta discutibili, e un’amica leale.

Può far sorridere quel suo amore nato in tarda età che la portò a coprirsi di ridicolo e le costò letteralmente una fortuna, ma anche questo in fin dei conti non fa che confermare che la passione e la determinazione che seppe dimostrare in battaglia erano un qualcosa che le apparteneva sia nel pubblico che nel privato.

Forse la grazia e la misura non furono proprio le sue principali doti, ma sinceramente e, non l’avrei mai pensato prima di leggere questo libro, alla fine questa Grande Mademoiselle che si descrive come una donna dall’aria altera, ma non supponente, gentile e alla mano, ma che sa farsi rispettare, che sa parlare in pubblico, ma anche tacere se non conosce l’argomento trattato, che non è schiava dell’abbigliamento, ma è lontana dall’apparire sciatta, forse un po’ collerica, ma giusta e con un gran senso dell’onore, insomma alla fine a me è risultata particolarmente simpatica. L’ho trovata a suo modo una figura femminile forte, volitiva e di grande fascino.

Ho scoperto questo volume per caso al Salone del Libro. Un’edizione davvero molto bella e ben curata; una casa editrice che merita un occhio di riguardo per le sue pubblicazioni. L’unico appunto, proprio a voler essere pignoli, non ho compreso la scelta di mettere sulla copertina un ritratto di Maria Antonietta anziché quello di Anne Marie Louise De Montpensier.