L’ULTIMO RESPIRO DEL
CORVO
di Silvia
Brena e Lucio Salvini
SKIRA |
Michelangelo Merisi, detto il
Caravaggio, morì in circostanze ambigue così come avvolte nel mistero sono
ancor oggi tutte le vicende che riguardarono la sua vita.
Pittore di immensa fama, conteso dalle
più grandi famiglie della nobiltà dell’epoca che facevano a gara per assicurarsi
le sue opere, Caravaggio si procurò
anche una pletora di nemici a causa del suo carattere collerico e violento.
Della sua vita sono giunti a noi
racconti più o meno veritieri, leggende e mezze verità, la sola certezza che abbiamo è che fu un personaggio molto discusso.
Michelangelo Merisi amava frequentare prostitute, aggirarsi armato per le vie di Roma e frequentare
le peggiori taverne; rimase spesso coinvolto in litigi e violenti scontri e
nella sua vita si macchiò di ogni nefandezza possibile tanto che, nella lista
nei crimini da lui commessi, figura persino l’omicidio.
Ma
come morì Caravaggio? In
seguito alle complicanze dovute ad una ferita procuratasi in una delle tante
risse? Oppure fu avvelenato da uno dei suoi tanti nemici?
Il
mistero sta per essere svelato perché Caravaggio
stesso ci ha lasciato la chiave per risolvere l’enigma e lo ha fatto attraverso
la sua pittura.
La soluzione si troverebbe, infatti, nell’opera
che gli venne commissionata da Marcantonio Doria o meglio si troverebbe nella
copia di quel quadro che lo stesso Caravaggio dipinse proprio per denunciare i
suoi assassini.
La
copia del dipinto che raffigurava il Martirio di Sant’Orsola recherebbe sul
retro una scritta che accuserebbe proprio il mandante del suo omicidio.
Dante
Hoffman, un critico
d’arte omosessuale, irascibile, ipocondriaco, tormentato e ossessionato dal
genio di Michelangelo Merisi, proverà a risolvere questo intricato cold case e
lo farà con l’aiuto della sua amica di infanzia oltre che collega Daphne Cherner.
Un’eventuale soluzione del caso potrebbe però avere diverse ripercussioni sul
presente e potrebbe compromettere la reputazione di qualche personaggio di
spicco in Vaticano.
Il
cardinale Giulio Bargero,
discendente di uno dei più probabili mandanti del presunto omicidio
dell’artista, ha tutto l’interesse che il mistero non venga svelato essendo egli
prossimo a ricevere una promozione che potrebbe essere pregiudicata dalla
scoperta del crimine commesso dal suo antenato, il cardinale Scipione Borghese.
Sul caso, però, indagano anche il capitano Stefano Dragone ed il
suo vice Alessandro Militello, carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale.
Dragone e Militello sono due personaggi
davvero particolari: il primo vedovo e visitatore appassionato di cimiteri
monumentali, il secondo appassionato di filosofia e capace di citare a
memoria Spinoza, Nietzsche e tutti quelli che vi possono venire in mente.
I due carabinieri sono sulle tracce da
parecchio tempo di un famoso mercante d’arte di nome Yann Boucher, uomo avido e senza scrupoli che con Bargero ha
concluso in passato parecchi affari, ma con il quale ha anche un conto in sospeso
per una una triste ed delicata vicenda famigliare.
All’inizio il romanzo risulta piuttosto
lento e si fa un po’ fatica a seguirne l’intreccio, complice senza dubbio il
fatto che vengano introdotti molti personaggi contemporaneamente, ma superata la
lettura della prima trentina di pagine il racconto decolla ed è davvero
difficile, se non impossibile, riuscire a posare il libro.
Il
romanzo è ricco di colpi di scena, intrigante, appassionante e coinvolgente; il doppio piano narrativo scorre
veloce e non ci sono difficoltà nel passare dal racconto dei fatti
contemporanei a quelli del passato che riguardano la vita di Caravaggio così
come Dante Hoffman la racconta al cardinale Bargero.
La narrazione delle due differenti
storie si intreccia e si completa alla perfezione in un intricato e misterioso
gioco di incastri che lascia al lettore il piacere di scoprire analogie e
differenze tra la vicenda Caravaggio/Borghese
e la vicenda Hoffman/Bargero.
Le storie sembrano all’apparenza molto
diverse tra loro, ma pagina dopo pagina e a mano a mano che i pezzi del puzzle
iniziano a mettersi a posto, ci si rende conto che, a causa dell’ossessione di Hoffman verso il suo
artista preferito e della malsana continua ricerca di identificazione del
cardinale Bargero con il suo antenato Scipione Borghese, le due storie sono
più affini di quello era apparso in un primo momento.
I personaggi pur essendo molto numerosi
sono tutti caratterizzati in modo minuzioso e preciso ed ognuno di loro ha un
ruolo ben definito all’interno dell’economia del romanzo.
Non si può provare simpatia ovviamente
per il cardinale Bargero, posseduto dal
demone dell’arte, amante della bellezza come valore di per sé, un uomo subdolo, arrogante e ambiguo
sempre attento ai dettagli anche più insignificanti.
Dal’altra parte abbiamo il critico
d’arte Dante Hoffmann che a sua
volta stenta a conquistarsi la simpatia
del lettore, troppo raffinato e
snob, tanto da lasciarsi tentare dalla raffinatezza dei modi del cardinale,
dai suoi completi dal taglio sartoriale e dai suoi vini pregiati.
Eppure, forse proprio grazie alle sue imperfezione ed alle sue
debolezze, l’antieroe Hoffman, alla fine riesce a trascinare il lettore
dalla sua parte.
“L’ultimo respiro del corvo” è un romanzo davvero ben scritto in grado di
conquistare sia i lettori amanti del genere thriller, con particolare
riferimento agli estimatori di Dan Brown, sia gli appassionati del romanzo
storico.
Ho letto tutti i romanzi di Dan Brown,
ma se escludiamo "Il codice Da Vinci”, credo che il romanzo di Silvia Brena e
Lucio Salvini non abbia davvero nulla da invidiare ai romanzi scritti dal loro più
famoso collega statunitense.