BORDERLIFE
di Dorit Rabinyan
LONGANESI
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Liat e Hilmi
si incontrano all’ombra dei grattacieli di New York.
Liat, 29 anni, una laurea in letteratura inglese e
glottologia,
resterà negli Stati Uniti per sei mesi grazie ad una borsa di studio.
Hilmi ha
27 anni, è un artista, per la precisione un pittore e vive a New York già da
quattro anni.
Nei suoi
dipinti c’è sempre un bimbo che dorme e sogna il mare.
Tra loro
scocca immediatamente la fatidica scintilla, il loro è amore a prima vista,
un amore travolgente e passionale.
Non ci
sarebbe nulla di strano se non fosse che Liam Benyamini è israeliana e
vive a Tel Aviv mentre Hilmi Nasser è un ragazzo palestinese di Ramallah.
Appartengono
a due popoli diversi, due popoli in perenne conflitto e proprio per questo,
nonostante l’attrazione fortissima, nonostante le numerose cose in comune, la
musica, il cinema, la nostalgia di casa, del caldo e del sole, il loro amore
è destinato ad essere semplicemente un amore a tempo, un amore segreto e
provvisorio.
Il tempo
scorre inesorabile: 20 maggio 2003, la data scritta sul biglietto di
ritorno di Liat, è inevitabilmente la data che decreterà la fine del sogno,
il capolinea di una storia d’amore impossibile.
Dorit Rabinyan, l’autrice del libro, è nata vicino a Tel Aviv
in una famiglia di ebrei emigrati dall’Iran così come la protagonista del
libro.
“Borderlife” è un bestseller, un romanzo che è volato in
testa alle classifiche ed è conteso dagli editori stranieri per i diritti di
pubblicazione.
Uscito nel 2014 è stato bandito dalle
letture liceali dello stato di Israele, ritenuto pericoloso, in quanto la sua
lettura avrebbe potuto influenzare gli adolescenti spingendoli a contrarre
matrimoni con non ebrei.
“Borderlife”
viene definito da tutti come una grande storia d’amore.
Amos Oz la
definisce “una magnifica storia d’amore che la tragedia di due popoli non
riesce a sopraffare”.
La critica
è uniformemente concorde con questa
descrizione.
La storia di
Liat e Hilmi è indubbiamente una storia appassionante e romantica, non sarò di
certo io a negare l’evidenza dei fatti, pur tuttavia la diffidenza ed il
pregiudizio, la paura e l’incertezza di Liat mi hanno fatto dubitare più di una
volta sulla profondità dei suoi sentimenti nei confronti di Hilmi.
Hilmi
sembra non vacillare mai, è come se lui al di là delle difficoltà, delle differenze
avesse la certezza che l’amore trionferà sempre. Hilmi è un sognatore, un
idealista.
Liat
invece è sicura sin dall’inizio che la storia terminerà il giorno stesso in cui
salirà su quell’aereo che la riporterà a casa, dalla sua famiglia, da quei genitori che
sarebbero distrutti dal dolore se sapessero del suo amore per un ragazzo
palestinese.
Liat vive costantemente
nell’ansia di incontrare per la strada qualcuno che la riconosca, in fin
dei conti lei per prima sembra vergognarsi del “suo amore arabo segreto”.
Liat è molto attratta
fisicamente da Hilmi, ma la paura di deludere amici e parenti, la diffidenza
ed il pregiudizio non le permettono di vivere pienamente i suoi sentimenti per
lui.
E allora
viene spontaneo chiedersi, l’amore che Liat prova per Hilmi, pur con tutte le
attenuanti del caso, può davvero essere considerato un grande amore? Non
dovrebbe l’amore con la “A” maiuscola riuscire a guardare oltre, non vedere gli
ostacoli o quanto meno cercare di superarli?
Hilmi non
ha paura di presentarla alla famiglia, di parlare di lei ad amici e parenti; di prendersi cura di
lei durante la malattia. Possiamo dire altrettanto di Liat?
E’ vero,
Hilmi e Liat sono due persone molto diverse, non solo perché appartengono
a due popoli in conflitto tra loro: lei è precisa e perbenista, lui il tipico
bohemien.
Questo loro
diverso modo di affrontare la vita, lo riscontriamo anche nel loro approccio alla
questione palestinese: lui illuminato e universalista, amante della pace;
lei pragmatica e interessata solo ai dettagli pratici.
Sembra quasi
che le differenze caratteriali pesino su di loro quanto, se non di più, delle
loro differenze culturali e di nascita.
Tutto ciò non
toglie nulla alla storia d’amore dei due giovani, ma anzi aiuta a far
riflettere su quanto la nostra cultura, l’appartenenza ad una etnia piuttosto
che ad un’altra, influenzi radicalmente e profondamente il nostro modo di
approcciare la vita.
La storia tra
Liat e Hilmi è nata perché entrambi si trovavano a New York, lontano da casa;
eppure ho avuto la netta sensazione che forse Hilmi, se avesse avuto
l’occasione, avrebbe avuto il coraggio di vivere questa storia d’amore anche se
avesse incontrato Liat a Tel Aviv, non altrettanto credo avrebbe avuto il
coraggio di fare lei.
Quella tra
Liat e Hilmi è una storia d’amore moderna, pragmatica, forse lontana da quelle
grandi storie d’amore che la letteratura ci ha regalato in passato, ma senza
dubbio più vera e concreta.
Nonostante mi
aspettassi un approccio alla storia completamente diverso da parte
dell’autrice, “Borderlife” si è rivelato un ottimo romanzo che racconta una
storia forte, travolgente, ricca di passione e soprattutto capace di fare
riflettere il lettore.
Il ritmo lento
segue il flusso dei ricordi e la scrittura è a tratti pura poesia.
Il senso
di ineluttabilità del destino incalza il lettore, così come la tensione che
si insinua sempre più, pagina dopo pagina, all’avvicinarsi della fatidica data
della partenza di Liat, mentre incombe su tutto un senso di perdita, di angoscia
e di imminente tragedia.
L’autrice è
davvero brava ad accompagnare il lettore in questo viaggio, perchè di un
viaggio si può parlare, un viaggio nella mente umana e nei suoi mille modi
di agire nel tentativo di proteggersi dalla paura, dalla sofferenza e dal
dolore.
Ci racconta del
timore di lasciarsi andare, del dubbio se sia meglio donarsi completamente o
tirarsi indietro, se sia preferibile combattere per affermare se stessi,
magari deludendo chi ci ama, o se sia meglio lasciarsi vivere e, assecondando
quelle idee che ci sono state inculcate fin da piccoli, lasciare che le nostre
ansie ed i nostri pregiudizi decidano della nostra esistenza.
Credo che non
ci sia in questo caso miglior invito alla lettura che chiudere con due frasi
tratte da romanzo stesso:
“Ma poi
tutto passa, stavo per dirle, la vita va avanti: non si può star sempre a
ricordare che la fine si avvicina, una mattina ti alzi e in un modo o
nell’altro hai dimenticato”.
“E chissà
se ogni tanto anche tu - a casa, nella strada dove sei tornato, nella tua città
– chissà se anche tu senti, vagamente, una specie di tenue ombra sull’anima,
chissà se la senti che ti accompagna e fa capolino di tanto in tanto”.