Juana andò in sposa a Philippe
di Borgogna, conosciuto
anche come Philippe detto il Bello, da non confondersi con l’altro Filippo il
Bello, il re di Francia che regnò dal 1285 al 1314.
Il
bel fiammingo, figlio di Massimiliano I
d’Asburgo, era all’epoca il principe più ammirato e desiderato da tutte
le corti europee, ma per la principessa spagnola quello che ad un primo momento
era sembrata la sua più grande fortuna, si rivelò ben presto per lei una terribile
sciagura.
Philippe era un
seduttore impenitente, un giovane scaltro e insolente che ben presto perse
interesse per la giovane moglie e, nonostante i numerosi figli nati dal loro
matrimonio, Juana si ritrovò fin da
subito a dover fare i conti con le numerose amanti del marito che questi
non si faceva alcuno scrupolo di esibire a corte.
Sfinita
dai continui tradimenti e con il cuore a pezzi, Juana trascorse tutta la sua vita matrimoniale tra ripicche e scenate,
nell’inutile tentativo di conquistare l’amore del consorte.
I
suoi continui colpi di testa e gli sbalzi d’umore non fecero altro che favorire
coloro che, non vedendo l’ora di appropriarsi del suo trono, non si fecero alcuno
scrupolo nel dichiararla pazza per raggiungere i propri scopi.
Juana passerà alla storia come
Giovanna la Pazza, la regina che non regnò neppure un giorno.
Per
un triste gioco del destino infatti fu lei, terza in linea di successione, ad ereditare il regno di Castiglia e d’Aragona
alla morte della madre Isabel, ma questo fatto invece di riabilitarla agli
occhi del consorte non fece che far precipitare definitivamente la sua già
triste e precaria situazione.
Suo padre Fernando e suo
marito Philippe non persero tempo a dichiarare Juana una povera inferma per poterle
strappare la corona, salvo poi battersi tra loro così spietatamente per
il potere che ancor oggi resta il sospetto che Philippe morì avvelenato proprio
per mano del suocero.
Quella di Juana fu vera
pazzia oppure i suoi comportamenti furono dettati solo dalla frustrazione e
dalle umiliazioni a cui fu continuamente sottoposta?
Juana
venne ingannata e tradita da tutti coloro che amava di più e che per primi
avrebbero dovuto proteggerla: suo padre, suo marito e persino il suo stesso
figlio che non alzò un dito in sua difesa quando salì su quel trono che di
fatto apparteneva alla madre.
Giovanna morì prigioniera
tra le mura di quel castello dove suo padre l’aveva segregata tanti anni prima, morì sola e dimenticata da tutti, l’unica che rimase al suo fianco fino alla
fine dei suoi giorni fu proprio Nura, la sua schiava.
Non
è la prima volta che Adriana Assini dà voce nei suoi romanzi a straordinarie
figure femminili del passato, vorrei qui ricordare un romanzo che ho amato
moltissimo intitolato “Agnese, una Visconti”.
Ne
“Le rose di Cordova” due sono le figure
femminili protagoniste del romanzo, due donne di nobile stirpe la cui
condizione è molto diversa, ma solo in apparenza.
Nura figlia di Aziz, primo
ministro del sultano Boabdil il Piccolo, è solo una schiava mentre Juana sembra destinata a un fulgido destino, eppure, anche lei a
suo modo è una schiava al pari della sua ancella. Usata da chi dovrebbe proteggerla, tradita e continuamente umiliata, non
può dirsi più libera di Nura tanto che anche lei stessa finirà i suoi
giorni rinchiusa in un castello-prigione.
Il rapporto che lega Nura
alla sua padrona è un rapporto conflittuale, un rapporto fatto di amore e odio, come lei stessa non
stenta a definirlo; più indecifrabile è
invece il sentimento che lega Juana alla sua ancella.
Juana è una donna
indisciplinata, ribelle e fiera
che, per quanto spesso possa avere atteggiamenti indisponenti e spesso
esasperanti, non si può non amare e provare empatia nei suoi confronti.
Adriana
Assini ci regala in questo romanzo il ritratto di due
figure femminili molto diverse tra loro, entrambe forti e determinate,
innamorate dello stesso uomo, unite da un patto non scritto; due donne legate da sentimenti spesso conflittuali ma destinate a condividere per la vita la loro
solitudine, a godere insieme dei raggi del sole e insieme a sfuggire la
pioggia.
“Le
rose di Cordova” è un racconto breve,
sono appena duecento pagine, ma molto intenso;
una storia tormentata quella di
Juana I di Castiglia che Adriana Assini ha saputo raccontarci ancora una volta con
la grazia e la sensibilità che da sempre contraddistinguono la sua scrittura.