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domenica 1 gennaio 2023

“Ritratto di un matrimonio” di Maggie O’Farrell

La storia non può essere riscritta, ciò che è accaduto non può mutare, ma la letteratura può ridisegnare il passato, addirittura modificarne il finale.

La storia di Lucrezia de’ Medici, la minore delle figlie di Cosimo I ed Eleonora di Toledo, andata in sposa ad Alfonso II d’Este è una di quelle storie poco conosciute che, forse proprio per questo motivo, più di altre si prestano ad essere reinterpretate dalla letteratura. 

Maggie O’Farrell ci racconta la storia di una donna del Rinascimento la cui esistenza è avvolta nel mistero. Lucrezia morì di tisi a neppure un anno dal suo ingresso a Ferrara come duchessa consorte. Sulla sua morte circolarono all’epoca molte voci di un possibile avvelenamento. Proprio da queste dicerie l’autrice trae spunto per il suo romanzo.

Corre l’anno 1561, Lucrezia è stata condotta dal marito nella fortezza vicino a Bondeno. La giovane sa con certezza che il marito ha intenzione di assassinarla. Non si spiegherebbe diversamente la scelta di portarla lì, senza la compagnia delle sue cameriere, scortati solo da alcune guardie.

In un rincorrersi di continui flashback, Maggie O’Farrell tratteggia la figura di Lucrezia a partire dal suo concepimento avvenuto in una delle stanze di Palazzo Vecchio, la Sala delle Carte geografiche.

Lucrè, come veniva chiamata dai familiari, era una bambina particolare, una ribelle fin dalla nascita. Intelligente e appassionata, minuta per la sua età, veniva trascurata da tutti i famigliari, ignorata e sbeffeggiata dai fratelli, spesso derisa dalle sorelle maggiori Isabella e Maria.

Insofferente al cerimoniale spagnolo che vigeva alla corte fiorentina, lo sarà altrettanto nei confronti di quello della corte ferrarese. La giovane Medici mal sopportava dover posare per farsi ritrarre, ma amava in modo viscerale dipingere. La pittura e il disegno le donavano quella pace e quell’equilibrio interiore di cui aveva bisogno; attraverso l’arte riusciva ad esorcizzare le sue paure e a ritrovare se stessa.

Per un perverso gioco del destino Lucrezia dovette prendere il posto della sorella. Doveva essere, infatti, la primogenita di Cosimo ed Eleonora a diventare un giorno duchessa consorte a fianco del futuro Alfonso II d’Este. Purtroppo, però, Maria sì ammalò gravemente e morì durante il fidanzamento. Lucrezia dovette accettare il suo destino e piegarsi alla fredda ragion di stato.

Quando neppure sedicenne venne consegnata al marito, per un momento volle credere che il suo matrimonio potesse rivelarsi un’unione felice come quella dei suoi genitori. Ben presto, però, dovette ricredersi poiché Alfonso era un uomo spietato che governava con il pungo di ferro. Lei, figlia della fecondissima Eleonora di Toledo, non era altro che un mero strumento per dare un erede al ducato, nulla di più.

Il ritmo del romanzo è piuttosto lento e una sensazione di angoscia pervade tutta la narrazione. L'atmosfera è pervasa fin dalla prima pagina da un senso di incombente ed ineluttabile tragedia. Le figure che ruotano attorno a Lucrezia sono caratterizzate nei minimi dettagli e si stagliano vivide nel racconto delle corti rinascimentali descritte magistralmente dalla penna di Maggie O’Farrell. In particolare, il personaggio della sorella di Alfonso Nunciata, che sembra quasi uscita da un quadro di Botero, riesce a suscitare un sentimento di antipatia tale nel lettore che sarebbe difficile da raggiungere se l’autrice non fosse tanto capace a delineare la psicologia dei personaggi.

Moltissime sono le licenze storiche che Maggie O’Farrell si è concessa per scrivere il suo romanzo, ma come è giusto che sia, sebbene piuttosto spesso questo non accada, il lettore troverà al termine della lettura una valida nota dell’autrice in cui viene fatta chiarezza su tutte le modifiche fatte in favore della coerenza narrativa.

In fin dei conti un romanzo storico è un’opera di fantasia ed è giusto che la creatività del suo autore venga lasciata libera di correre senza freni né intralci. 




domenica 25 dicembre 2022

“Bella Poldark” di Winston Graham

Il libro si apre con una nota dell’autore che riassume in breve, a beneficio dei nuovi lettori, i fatti avvenuti in precedenza unitamente a qualche nota sui personaggi principali. Siamo, infatti, giunti al dodicesimo volume della saga dei Poldark, il volume conclusivo.

Cornovaglia, 1818. Dopo la morte di Jeremy Poldark, avvenuta nella battaglia di Waterloo, Ross e Demelza stanno ritrovando la serenità perduta. 

La figlia maggiore Clowance, dopo la morte del marito Stephen Carrington, ha scelto di restare a vivere a Penryn e di occuparsi in prima persona della piccola attività navale che questi aveva avviato.

A Nampara con i genitori vivono i due figli più piccoli: Henry che ha da poco compiuto sei anni e Isabella-Rose ormai sedicenne. La ragazza è ancora sentimentalmente legata a Christopher Havergal, il giovane ufficiale conosciuto quando era poco più che una bambina.

Isabelle-Rose ha un grande talento musicale e i genitori, superati i dubbi iniziali, acconsentiranno a lasciarla andare a Londra per perfezionare la sua arte.

In quest’ultimo romanzo, come per gli episodi precedenti, assistiamo all’ingresso sulla scena, di tanti nuovi personaggi. Tra questi in particolare facciamo la conoscenza di Philip Prideaux, un ex capitano congedato dall’esercito, e Maurice Valéry un affascinante produttore teatrale.

Tra i personaggi storici della saga, invece, un ruolo di primo piano è riservato a Valentine Warleggan. Nonostante la recente paternità, Valentine continua ad essere sempre lo stesso giovane arrogante ed insolente che abbiamo avuto occasione di conoscere precedentemente. Il suo comportamento da impenitente libertino sarà causa non solo della rottura definitiva del suo matrimonio con Selina, ma anche di molti altri avvenimenti piuttosto inquietanti.

I romanzi di Winston Graham non sono mai ripetitivi e anche questa volta il lettore non rimarrà deluso.

Di particolare fascino in questa occasione è l’introduzione da parte dell’autore dell’elemento noir, una storia che ricorda vagamente le atmosfere della vicenda di Jack lo squartatore. Per le strade della Cornovaglia si aggira infatti un pericoloso assassino che aggredisce e uccide giovani donne. Uno dei principali sospettati sarà proprio il già citato Valentine Warleggan, ma nulla è mai come sembra e niente può essere dato per scontato. Graham ci ha abituati a grandi colpi di scena fin dal primo volume.

“Bella Poldark” è un romanzo di commiato, la conclusione di una lunga e avvincete saga che ci ha tenuto compagnia per tanto tempo. Non poteva quindi mancare una resa dei conti, seppur simbolica, tra i due antagonisti di sempre: Ross Poldark e George Warleggan. I due si scontreranno ancora, ma ormai sessantenni, il loro sarà uno scontro molto diverso da quelli irruenti tipici della gioventù.

Negli anni i vari personaggi sono maturati e il loro cambiamento non è stato solo anagrafico, ma dovuto anche a quegli eventi della vita che li hanno segnati per sempre. Ogni esperienza ne ha modificato e formato il carattere. I personaggi di Winston Graham, con tutte le loro sfaccettature, sono sempre apparsi veri fin dal primo romanzo e questo ha contribuito fortemente a renderli tanto cari al lettore.

La saga dei Poldark è una delle saghe più affascinanti che abbia mai incontrato nella letteratura, sarà davvero difficile trovarne un’altra che possa eguagliarla.



 

giovedì 8 dicembre 2022

“Tutto in un minuto” di Nicolò Maniscalco e Diego Piccardo

Catherine Bechs vive in un villaggio di poche anime circondato da pascoli, lontano dal caos della città. Figlia unica, convive con una situazione famigliare piuttosto borderline. La ragazza è molto legata alla madre, sebbene il rapporto sia a tratti conflittuale al pari di quello di qualunque altro adolescente con i propri genitori. Il rapporto con il padre invece è praticamente inesistente. L’uomo, spesso via per lunghi viaggi di lavoro, preferisce una vita solitaria nella metropoli dove poter approfittare impunemente di qualunque opportunità questa gli possa offrire lontano dalla famiglia.

Tom, il ragazzino conosciuto sui banchi di scuola, figlio del veterinario del paese, trasferitosi con la famiglia nel villaggio dopo un grave lutto, è il migliore amico di Cathy. Tom è insostituibile, lui è il solo a cui Cathy sa di poter ricorrere per trovare conforto e sostegno qualunque cosa accada. 

Un giorno però i due amici faranno un incontro che cambierà la vita di Cathy per sempre. Billy, un cucciolo di Border Collie, irromperà sulla scena e nulla sarà più come prima.

Piccolo spoiler: perché “Tutto in un minuto” ? È il nome della scuola di agility dog dove Cathy e Billy muoveranno i loro primi passi in questo sport. Non vi svelerò nulla di più perché il loro percorso, i loro successi, le loro battute d’arresto dovranno essere scoperte e gustate dal lettore pagina dopo pagina.

Difficile definire il genere di questo romanzo. Sulle prime verrebbe da inserirlo nel filone Young Adults ma, man mano che si prosegue la lettura, ci si rende conto che sarebbe riduttivo, così come lo sarebbe inserirlo nel genere Romance o Chick Lit. La verità è che questo romanzo non si può incasellare, è una storia piacevole, leggera ed emotiva in grado di avvincere e convincere qualunque lettore senza distinzione di età o di sesso.

“Tutto in un minuto” è ambientato in un villaggio al confine tra la collina e la pianura, in un luogo non precisato del vasto mondo che lascia al lettore libero spazio alla fantasia. Vuoi per l’origine anglofona dei nomi dei personaggi, vuoi per l’aria che vi si respira, però, l’immaginazione ci conduce più facilmente verso gli Stati Uniti.  

Per certi versi questo romanzo ricorda molto le atmosfere di “L’uomo che sussurrava ai cavalli” di Nicholas Evans da cui era stato tratto anche un celebre film.

La storia di Cathy e di Billy, scritta a quattro mani da Nicolò Maniscalco e Diego Piccardo, si presterebbe altrettanto bene per una trasposizione cinematografica. Il libro si legge veramente tutto d’un fiato perché la scrittura è scorrevole, ma soprattutto perché segue proprio il ritmo della cinepresa. Leggendo, le immagini scorrono vivide davanti al lettore facendolo sentire parte della storia e creando un’empatia straordinaria tra lui e i protagonisti.

Le vicende e i colpi di scena, tanti e mai banali o scontati, si susseguono incalzando il lettore e invogliandolo a proseguire nell’avventura.

Tanti i punti di forza del romanzo, primo tra tutti, è un libro davvero ben scritto. L’italiano è fluente e gli autori sono stati bravi a non cedere alla tentazione di utilizzare tecnicismi, a loro ben noti, ma che avrebbero potuto scoraggiare il lettore digiuno di tutto ciò che riguarda l’agility dog. La loro scelta presenta questo sport senza forzare la mano al lettore inducendolo, invece, a voler approfondire l’argomento incuriosito dalla storia appena letta e dalla descrizione di un mondo sconosciuto ai più.

“Tutto in minuto” si presta ad una lettura a livelli diversi: da quello, se vogliamo più semplice, di trascorrere qualche ora in compagnia di una piacevole lettura, a quello di voler leggere un racconto incentrato sullo stretto rapporto che si instaura tra un umano e il suo amico a quattrozampe, al desiderio di trovare una storia il cui filo conduttore si snodi attraverso campi prova e campi di gara di uno sport a cui ad oggi, credo, siano stati dedicati davvero pochissimo romanzi.

Amore, amicizia, rancore, vendetta, colpi di scena, non manca proprio nulla in questo coinvolgente romanzo la cui trama è animata da tanti sorprendenti personaggi, di finzione ma allo stesso tempo così reali, che mette al centro l’indissolubile rapporto che si crea in un binomio umano-cane.

Chiunque dica “è solo un cane” non ha mai avuto la fortuna e il piacere di condividere una parte della propria esistenza con un amico a quattrozampe. Mi spiace per lui, non sa davvero cosa si stia perdendo.

Non vi nascondo che a volte durante la lettura sarà il caso che teniate un fazzoletto a portata di mano, ma sono solo attimi e poi non si piange mica solo per le cose tristi, no?

Visto che siamo sotto Natale, “Tutto in un minuto” potrebbe rivelarsi la strenna natalizia perfetta per amici e parenti che stavate cercando.




 

sabato 3 dicembre 2022

“Abbandonata” di Anny Romand

Anny non ha mai conosciuto il padre. Trentacinquenne, scapolo, benestante, l’uomo l’aveva rifiutata ancora prima che nascesse perché non si sentiva pronto a farsi carico di una famiglia. Sua madre, Rosy, l’aveva cresciuta da sola nonostante in un primo momento anche lei non ne volesse sapere di quel bambino in arrivo. Non avrebbe mai abortito, ma darlo in adozione, quello sì. Poi, però, qualcosa dentro di lei era cambiato ed Anny era cresciuta circondata dall’affetto della famiglia materna.

La storia di Anny bambina la troviamo in un altro romanzo della Romand. In “Mia nonna d’Armenia”, questo il titolo, oltre al racconto straziante del genocidio armeno e della fuga per mettersi in salvo della madre di Rosy, c’è anche il racconto del legame speciale che Anny aveva con la nonna materna. Rosy si infuriava sempre quando, tornando a casa, le trovava abbracciate e in lacrime per il racconto dei terribili ricordi rievocati dall’anziana. 

Rosy era stata forse una madre un po’ troppo dura, ma non aveva mai fatto mancare nulla alla figlia. Forse per questo, per voler proteggere la madre, Anny non aveva mai cercato quel genitore che l’aveva rifiutata. In verità, anche il solo desiderio di volerlo incontrare la faceva sentire in colpa, quasi peccasse di ingratitudine, nei confronti di Rosy.

Oggi però Anny ha quarant’anni, sua madre è morta ed è giunto il tempo per lei di fare i conti con il passato: incontrare quel padre che in tanti anni non l’ha mai cercata. Come verrà accolta?

Un padre presente può essere buono o cattivo. Un padre presente lo si può amare, detestare, compatire o qualsiasi altra cosa. Un padre assente, invece, crea un vuoto enorme, inaccettabile, impossibile da superare. Non si può mai davvero fare a meno delle proprie radici, non si può convivere serenamente con una mancanza del genere.

La quarta di copertina pone una domanda per nulla facile: daresti una seconda possibilità ad un padre che ti ha rifiutato? Ognuno reagisce in modo diverso dinnanzi ai casi della vita, ma soprattutto nessuno è davvero in grado di calarsi nei panni di qualcun altro, tanto più se quelle stesse esperienze non le ha mai vissute sulla propria pelle.

Credo che tutti noi abbiamo delle storie che meritino di essere raccontate, ma per farlo bisognerebbe trovare il coraggio e la pazienza di ascoltare di più coloro che ci sono vicino e cercare di sforzarsi di comprendere anche di più noi stessi.

La differenza tra le persone comuni e gli scrittori veri è proprio questa: uno scrittore sa ascoltarsi e sa ascoltare, sa comprendere cosa si nasconda tra le pieghe dell’esistenza, sa guardare oltre l’apparenza. Anny Romand è bravissima a cogliere l’essenza delle cose, a comprendere le situazioni e a descrivere i suoi personaggi di cui delinea alla perfezione, con brevi ed efficaci pennellate, carattere e psicologia.

Il ritmo serrato del racconto ci conduce in un vortice di sentimenti: rabbia, senso di impotenza, rimorso, tenerezza, gioia… Tutto è in continuo mutamento perché nulla resta uguale per sempre e le prospettive dalle quali si guardano le cose fanno sempre la differenza.

“Abbandonata” è un romanzo a tratti malinconico ma che non manca di ironia, proprio come la vita.




martedì 22 novembre 2022

“Tre insoliti delitti” di Matteo Strukul

Marco ha ventisette anni e studia all’Università di Marburg. Ha solo pochi giorni per consegnare un lavoro sulla figura di San Nicolò al suo esigente professore.

Fortunatamente la sua fidanzata Gundola viene in suo soccorso lasciandogli in biblioteca un libro che risolverà tutti i suoi problemi.

Il vecchio volume dalla copertina in cuoio riporta in lettere dorate il titolo “Le avventure di Kaspar Trevi, cavaliere”. Sebbene dubbioso, Marco inizia la lettura.

Il libro racconta la storia di Kaspar Trevi appartenente a quel ristretto gruppo di cavalieri dell’Ordine dei Templari esperti di demonologia.

Kaspar si trova a Bari pochi giorni prima che si festeggi il Natale e viene convocato inaspettatamente dal reggente Marcovaldo di Annweiler. Questi, nonostante si comporti come se fosse il sovrano del Regno di Sicilia, in verità, è solo il tutore del re infante Federico II di Hohenstaufen.

Marcovaldo di Annweiler chiede a Kaspar Trevi di ritrovare e riportare a Bari Filomena Monforte. La donna è accusata di stregoneria per aver indotto al suicidio Giuseppe Filangieri, un tempo consigliere della regina Costanza di Altavilla morta pochi mesi prima. L’uomo è stato trovato impiccato ai merli della torre del castello con il ventre squarciato.

Kaspar Trevi accetta l’incarico, ma fin da subito si rende conto che qualcosa non torna nelle accuse che vengono mosse a Filomena Monforte, un tempo dama della regina.

Inizia così una corsa contro il tempo alla ricerca della donna e della verità, un percorso irto di pericoli e insidie che porterà il cavaliere templare prima a Roma e poi a Venezia.

Stupisce sempre l’apparente semplicità con cui Matteo Strukul sembra riuscire a tessere nuove storie capaci di coinvolgere il lettore.

Il personaggio di Kaspar Trevi, l’irreprensibile e leale monaco guerriero, esperto di demonologia sebbene egli stesso scettico sull’esistenza delle streghe, ottima lama e abile politico e oratore, non può che entrare anch’egli fin da subito nel cuore del lettore.

Altra grande dote di Strukul è quella di saper descrivere ogni particolare ricreando perfettamente l’atmosfera dei luoghi in cui si muovono i personaggi senza permettere mai che questa sua minuziosa ricerca descrittiva comprometta la scorrevolezza del testo o diminuisca la suspense della narrazione.

“Tre insoliti delitti” è un racconto natalizio insolito. La vicenda prende avvio proprio nei giorni precedenti il Natale per vedere il suo epilogo in questo stesso giorno. Un racconto gotico, medievale e mistico che narra la leggenda di San Nicola o San Nicolò o Santa Claus  a seconda del luogo in cui ci troviamo. La storia inizia a Bari e finisce a Venezia, le due città dove sono custodite le ossa del Santo che si narra vennero trafugate da Myra da un marinaio.

Questo breve romanzo o, se preferite, lungo racconto è un viaggio nelle tradizioni popolari. Un’opera di fantasia indubbiamente ma che, come sempre quando si tratta di questo autore, si fonda su valide ricerche storiche.

La storia è autoconclusiva, ma potrebbe essere solo la prima di una serie di avventure di questo intrepido cavaliere.




 

lunedì 14 novembre 2022

“L’eredità medicea” di Patrizia Debicke van der Noot

Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio del 1537 il Duca di Firenze Alessandro de’ Medici viene assassinato dal cugino Lorenzino de’ Medici che da quel momento diventa per tutti Lorenzaccio.

Con la morte del Duca Alessandro, ultimo discendente diretto del ramo di Cafaggiolo della famiglia Medici, il vuoto di potere che viene a crearsi nella Città del Giglio è oltremodo pericoloso. 

Firenze fa gola a molti, non solo all’imperatore Carlo V, ed è quindi di vitale importanza nominare in fretta un successore.

Mettendo a tacere coloro che auspicherebbero un ritorno alla repubblica, con l’appoggio di Alessandro Vitelli, comandante dell’esercito imperiale, e con quello del primo ministro, il cardinale Innocenzo Cybo, la scelta ricade sul diciasettenne Cosimo de’ Medici.

Il giovane, figlio di Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, che riunisce in sé i due rami della famiglia Medici, quello Popolano per parte di padre e quello di Cafaggiolo per parte di madre, grazie al basso profilo che ha sempre mantenuto sembra proprio il candidato ideale. Cosimo ha sempre mostrato più interesse per la caccia che per la politica e, almeno sulla carta, questo fa di lui una pedina facile da manipolare.

Cosimo però è figlio di suo padre e, anche grazie all’istruzione fattagli impartire nel corso degli anni dalla madre, si rivela tutt’altro che docile. Fin da subito scalpita per imporsi e affermare il ruolo che gli spetta.

Molti tramano nell’ombra e Ombra è proprio il nome con cui si fa chiamare colui che con ogni mezzo cerca di assassinare il nuovo Duca. Tra congiure ed eserciti che si radunano per spodestarlo, non sarà facile per Cosimo de’ Medici riuscire a distinguere quali siano i veri amici di cui potersi fidare e quali invece si fingano tali solo per poterlo eliminare.

“L’eredità medicea” è un libro carico di suspense in cui, sebbene si possa intuire chi si celi dietro la maschera indossata dall’Ombra, il colpo di scena rimane sempre dietro l’angolo. Non esiste una netta distinzione tra bene e male; anche il personaggio più positivo, in verità, nasconde nel suo animo più profondo delle zone d’ombra.

Cosimo de’ Medici e Alessandro Vitelli sono entrambi protagonisti. Cosimo è coraggioso e intelligente, ma anche testardo, ombroso e troppo impulsivo. Vitelli però lo conosce da sempre, sa come prenderlo e grazie ai suoi sottili insegnamenti riuscirà a farne un uomo di comando capace e scaltro.  

I personaggi sono tutti ben caratterizzati. L’autrice ne dà una dettagliata descrizione sia psicologica che fisica. I due fratelli Vitelli, nipoti del comandante dell’esercito imperiale, la vedova di Alessandro de’ Medici, la giovane Margarita d’Austria, Angela, la moglie di Alessandro Vitelli, il luogotenente Montauto sono solo alcune delle numerose figure che animano questo romanzo.

Ci sono poi i personaggi più oscuri, Paolo III e il figlio Pier Luigi Farnese, che non possono non richiamare alla mente altre due celebri figure ovvero quella di Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e quella di suo figlio Cesare detto il Valentino.

Pier Luigi Farnese è un soldato, un mercenario, audace e risoluto, ma anche un uomo privo di scrupoli e immorale, capace di efferatezze inaudite. Il papa, suo padre, però stravede per questo suo figlio sempre vestito di nero come nera è la sua anima.

Il libro di Patrizia Debicke van der Noot è un romanzo dal ritmo incalzante e avvincente. Un thriller storico convincente e intrigante come i suoi personaggi.




mercoledì 21 settembre 2022

“La congiura del doppio inganno” di Tiziana Silvestrin

Mantova, 1597. Il capitano di giustizia Biagio dell’Orso si reca da Vincenzo Gonzaga per rassegnare le proprie dimissioni.

La scelta di lasciare Mantova e trasferirsi a Venezia è stata presa a malincuore, ma la preoccupazione per l’incolumità della sua compagna alla fine ha prevalso su tutto. Dopo aver assicurato alla giustizia gli assassini di Alfonso Gonzaga, Biagio teme infatti che qualcuno dei loro complici possa volersi vendicare di lui colpendo la sua fidanzata. 

Il Duca chiede qualche giorno per trovare un valido sostituto, mentre Biagio indaga su un duplice omicidio. I corpi delle due donne uccise riportano i segni di un’aggressione brutale e ci sono pochissimi indizi.


A Mantova, nel frattempo, ha fatto ritorno il Crotta, l’ex podestà, un uomo violento che ha un conto in sospeso con Biagio dell’Orso e che diventa inevitabilmente il sospettato numero uno. Anni prima il capitano di giustizia era riuscito a farlo allontanare dalla città portando le prove della sua colpevolezza al Duca.


A Venezia il Signore della Notte al Criminal Antonio Mocenigo è invece alle prese con un assassino seriale che lascia accanto ad ogni cadavere una berretta gialla con la chiara intenzione di far ricadere la colpa dei delitti sugli ebrei della città. Inutile dirlo, l’esperienza di Biagio dell’Orso sarà fondamentale per le indagini nella città lagunare.


“La congiura del doppio inganno” è il sesto episodio della saga dei Gonzaga nata dalla penna di Tiziana Silvestrin. So che avevo detto che avrei seguito l’ordine cronologico nella lettura dei volumi ma, essendomi trovata tra le mani quest’ultima uscita e trattandosi di romanzi autoconclusivi, non sono riuscita a proprio ad aspettare.


Come i precedenti volumi anche questo nuovo episodio è avvincente ed affascinante come il suo protagonista, l’onesto e saldo Biagio dell’Orso.

La storia è coinvolgente e stupisce come ogni volta Tiziana Silvestrin riesca a tessere una trama più coinvolgente della precedente Il ritmo serrato e i personaggi magistralmente caratterizzati coinvolgono il lettore fin dalla prima pagina.


Le storie, sempre perfettamente inquadrate nel periodo storico in cui sono calate, regalano un vivido affresco dell’epoca preciso e autentico.


In questo ultimo romanzo facciamo la conoscenza degli Uscocchi, pericolosi pirati che imperversavano sulle coste adriatiche, e di una figura storica di particolare fascino, la dogaressa Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani.


La Morosini fu una donna di primo piano nella Venezia dell’epoca. Venne insignita della Rosa d’Oro da papa Clemente VIII e si ricorda ancora oggi con meraviglia il fasto delle celebrazioni per la sua incoronazione avvenuta il 4 maggio 1597. Una femminista ante litteram che si adoperò per l’emancipazione delle donne. Fondò a sue spese una scuola di merlettaie dando nuovo impulso alla produzione del merletto che in seguito si spostò sull’isola di Burano.


Ogni storia della saga è suggestiva, ricca di fascino e fantasia, mai ripetitiva. Non è certo facile riuscire a mantenere la stessa intensità per tutti gli episodi di una saga, ma la Silvestrin ha dimostrato ancora una volta di saper tessere trame sempre diverse e avvincenti dosando sapientemente fantasia e fatti storici.


Gli ingredienti di questo successo sono amore, amicizia, suspense, onore, vendetta... Ingredienti che sarebbero perfetti per farne un’avvincente serie tv di successo. Si accettano suggerimenti per l’attore che vorreste vedere nel ruolo dell’affascinante Biagio dell’Orso.





domenica 4 settembre 2022

“L’affare Vivaldi” di Federico Maria Sardelli

Venezia, 27 maggio 1740. A casa Vivaldi Zanetta e Margarita sono di nuovo alle prese con il messo del tribunale. Il reverendo Don Antonio Vivaldi ha lasciato la Serenissima per cercare fortuna presso la corte dell’Imperatore abbandonando le sorelle all’ingrato compito di far fronte ai suoi numerosi debitori. La stella del Prete Rosso è ormai tramontata, nuovi autori e nuova musica lo hanno scalzato dalle altre vette raggiunte. Investimenti sbagliati e lavori sospesi lo hanno ridotto sul lastrico. Solo la scaltrezza e l’intraprendenza del fratello Francesco può giungere in soccorso delle due povere donne.

Occimiano nel Monferrato, autunno 1922. Nella villa portata in dote dalla moglie e nella quale si era rifugiato anni prima per lasciarsi alle spalle Genova e i dispiaceri famigliari, Don Marcello Durazzo sta per giungere al termine della sua vita terrena. La sua più grande preoccupazione è quella di trovare a chi affidare il suo tesoro: la sua biblioteca. 

Libri e manoscritti appartenuti un tempo alla biblioteca di famiglia che il padre volle dividere, compiendo una scelta scellerata, tra i suoi due figli. Don Marcello, nonostante la marchesa Francesca, sua moglie, molto più lungimirante di lui, lo abbia più volte sconsigliato in tal senso, decide comunque di affidare tutti i suoi preziosi volumi ai salesiani.

“L’affare Vivaldi” è la storia della riscoperta dei manoscritti di Antonio Vivaldi. Una storia che inizia a Venezia a metà del Settecento e termina nel 1938. Questo almeno per quanto riguarda la trama del libro perché la riscoperta dei manoscritti vivaldiani è tutt’oggi in corso e lo sa bene l’autore del romanzo che si occupa proprio del catalogo vivaldiano ormai da anni. Ogni anno spuntano nuove pagine, ma anche tante false attribuzioni spesso dovute a copisti senza scrupoli.

Sulla vita di Antonio Vivaldi ci sono ancora molte lacune. Sappiamo per certo che egli finì i suoi giorni in povertà e in solitudine. Ad un certo punto la sua musica passò di moda e le sue opere teatrali non incontrarono più il gusto del pubblico. Fu l’inizio di quell’oblio che durò quasi due secoli.

La storia narrata in “L’affare Vivaldi” può sembrare frutto di fantasia, ma in verità, come lo stesso Federico Maria Sardelli specifica nelle note al termine del volume, questo è uno di quei casi in cui la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. All’inizio del libro troviamo un elenco dei principali personaggi. Questi sono quasi tutti personaggi reali tranne qualche raro caso in cui l’autore ha dovuto ricorrere alla fantasia per sopperire alle lacune documentali. Né è un esempio l’anarchico e tipografo Arnaldo Bruschi personaggio interamente nato dalla penna del maestro Sardelli.

I veri eroi di questa storia sono il compositore e musicologo Luigi Torri, direttore della Biblioteca Nazionale di Torino nonché soprintendente bibliografico per il Piemonte e la Liguria e il musicologo, direttore d’orchestra e compositore Alberto Gentili, professore di storia della musica all’Università degli Studi di Torino. Queste due figure con il loro impegno e la loro dedizione furono indispensabili per assicurare allo Stato l’acquisizione dei volumi vivaldiani delle collezioni Foà e Giordano.

Il racconto non segue una linearità temporale narrativa, ma ricorre a continui flashback che trovano tutti un loro epilogo nel capitolo conclusivo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la scelta dell’autore di fare ricorso a questi salti spazio-temporali non spezza assolutamente il ritmo del racconto che risulta invece coinvolgente e incalzante. I personaggi sono tutti ben delineati e caratterizzati. La narrazione, sempre scorrevole, non manca di una vena ironica. Essenziale, infatti, è riuscire a far sorridere il lettore e stemperare la tensione laddove si presentano eventi particolarmente irritanti o personaggi oltremodo indisponenti e superficiali. Un sarcasmo che fa sorridere, ma che allo stesso tempo sottolinea l’incapacità, la superficialità e gli errori commessi nel corso degli anni.

“L’affare Vivaldi” è il racconto di un’indagine che ha il sapore di un giallo, ma alla cui base c’è un gran lavoro di ricerca e consultazione documentaristica.


martedì 30 agosto 2022

“L’uomo di vetro” di Giuseppe Manfridi

Un uomo siede su un pontile con una vecchia Colt Navy, una modello antiquato di pistola ma perfettamente funzionante. Come ogni giorno egli introduce ripetutamente la canna della pistola in bocca. È il suo gioco d’azzardo con la morte. Il suo discorrere a fior di labbra egli lo definisce il suo esercizio spirituale.

Gianni Cravero, ex Primo Ministro della Repubblica Italiana, dopo un essere stato assolto, grazie alla testimonianza di un’amante, da un processo che lo vedeva accusato di collusione con la mafia, è di nuovo in pista. Certo, il suo matrimonio ne ha risentito parecchio, per non dire che è proprio divenuto un inferno, ma ci sono ottime possibilità di essere rieletto e questo è la cosa che più conta.

La storia di svolge nell’arco di una notte, dal tramonto all’alba, nella casa bunker del protagonista. Una residenza costruita appositamente per lui, una casa avveniristica, fredda e raggelante come i suoi abitanti. Pochi i personaggi sulla scena: i coniugi Cravero ovvero Gianni e la moglie Gaia, la loro figlia Martina, il factotum del politico Traglia e una coppia di amici.

Maurizio e sua moglie Federica sono stati invitati a trascorrere una notte nella casa presidenziale. Attesi per la cena, fin dal loro arrivo percepiscono una forte tensione nell’aria e non possono smettere di interrogarsi sul perché sia stato fatto loro questo invito. Gianni e Maurizio sono amici fin dai tempi della scuola, ma il Dominus non fa mai nulla senza uno scopo preciso. Insomma, se loro si trovano lì la ragione può essere una soltanto: lui vuole qualcosa da loro. La richiesta o meglio l’ordine mascherato da favore non tarda ad arrivare.

“L’uomo di vetro” è un romanzo particolare. L’incipit è forse un po’ lento e artificioso, ma con l’avanzare della lettura, addentrandosi nella storia, diventa chiara la sua funzione introduttiva. 

Un romanzo piscologico che analizza le relazioni sociali e le dinamiche della coppia. Al centro della storia ci sono i rapporti interpersonali che si manifestano nell’incontro-scontro tra uomo e donna, la sudditanza psicologica nei confronti dell’uomo di potere o nei confronti del compagno o della compagna e il conflitto genitori-figli. A fare da padroni del racconto sono i sentimenti che caratterizzano l’essere umano: amore, desiderio, amicizia, sete di potere, riconoscenza, disprezzo, rancore, gelosia e ingratitudine.

Non si può provare alcuna empatia per i personaggi neppure per quella figlia borderline che, sebbene per non per sua colpa, diviene inevitabilmente parte del perverso ingranaggio.

Il romanzo di Manfridi sviscera la psicologia dei suoi personaggi entrando nei più remoti recessi della loro mente. In un continuo susseguirsi di sotterfugi, di mezze verità e di frasi non dette, ogni miseria e debolezza umana viene portata in superficie a beneficio del lettore che rimane spiazzato da tanta meschinità, ma anche da tanta fragilità.

“L’uomo di vetro” è una storia che si presterebbe benissimo ad essere portata sul palcoscenico di un teatro. Un libro consigliato in particolar modo a chi ama i romanzi cerebrali.

 


lunedì 29 agosto 2022

“Domani e per sempre” di Ermal Meta

Kajan vive con il nonno Betin a Rragam, un piccolo villaggio sulle sponde del fiume Drin. Siamo nell’inverno del 1943, l’occupazione nazista è subentrata a quella fascista. L’Albania è un paese in guerra. I genitori di Kajan sono andati a combattere per la libertà.

La casa di Betim è lontana dalle altre case del villaggio. L’uomo spera così di riuscire a tenere lontana la guerra, ma la guerra non si arresta davanti a nulla e inevitabilmente un giorno bussa anche alla sua porta.

Cornelius è un disertore tedesco dal passato misterioso. Un nemico, ma anche un brav’uomo perché in guerra non esiste differenza tra vincitori e vinti, tutti sono allo stesso tempo vittime e carnefici, tutti perdono qualcosa.

Quel bambino di appena sette anni diventa per Cornelius un’ancora a cui aggrapparsi per cercare di superare gli orrori della guerra e tentare di ritrovare l’umanità perduta sui campi di battaglia. Tra i due si instaura fin da subito un rapporto fatto di amicizia e complicità. Kajan riceverà da Cornelius un dono prezioso che lo accompagnerà per tutta la vita, nei giorni felici e nei giorni bui: la musica.

Sullo sfondo della storia di Kajan, della sua evoluzione dall’infanzia fino all’età matura, c’è la storia dell’Europa del Novecento dalla Seconda guerra mondiale fino alla caduta del regime in Albania. Attraverso le pagine del romanzo ripercorriamo la storia della guerra fredda tra Paesi Occidentali e Paesi dell’Est, tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Un passato che sembra solo un lontano ricordo, ma che non lo è affatto soprattutto alla luce di quanto sta accadendo ai giorni nostri.

“Domani e per sempre” è un racconto di una potenza straordinaria. Un romanzo di formazione capace di commuovere ed emozionare il lettore, di coinvolgerlo e renderlo partecipe della storia in un modo unico. Impossibile non provare empatia nei confronti di Kajan nel corso di tutta la sua lunga e travagliata vita. Impossibile restare impassibili e indifferenti dinnanzi al comportamento della madre di Kajan o davanti alla cattiveria e alla ferocia di alcuni personaggi.

Sebbene Ermal Meta mi piaccia moltissimo come cantante, confesso che sono stata a lungo indecisa se leggere o meno il suo romanzo. Prima di tutto era una storia troppo distante dai miei generi letterari preferiti e poi, lo ammetto, ero anche un po’ prevenuta verso quello che avrebbe potuto rivelarsi il libro dell’ennesimo artista che si improvvisava scrittore.

Dopo le prime due pagine “Domani e per sempre” mi aveva già totalmente conquistata. Ho amato ogni singola pagina di questo romanzo.  Credo che sia uno dei romanzi più belli che abbia letto negli ultimi anni. Era da tempo che non mi capitava un libro che facesse sorgere in me, da una parte, la voglia di terminarlo al più presto per conoscerne l’epilogo, dall’altra, di voler trovare il coraggio di rallentarne la lettura per non dover affrontare quel senso di vuoto che inevitabilmente ti assale ogni qualvolta devi lasciar andare per sempre i personaggi che tanto hai amato.

Alcune considerazioni e parole mi hanno richiamato alla mente alcuni testi di Ermal Meta, ma volutamente preferisco non entrare nel merito dei richiami alla sua poetica perché questo post, come è giusto che sia, è dedicato solo al suo libro e non alla sua musica.

Ermal Meta ha dimostrato con questo romanzo di possedere davvero un grande talento come scrittore e, al di là che lo si possa amare o meno come cantante, autore e musicista, “Domani e per sempre” è davvero un esordio letterario straordinario. Un libro assolutamente da leggere.



mercoledì 20 luglio 2022

“Sotto il sole della Toscana” di Frances Mayes

Frances Mayes racconta in prima persona la storia dell’acquisto della sua casa nei pressi di Cortona avvenuto nel 1990. In quegli anni era piuttosto inusuale acquistare una casa in un paese straniero a ben 12.000 km di distanza dalla propria residenza. Oggi può sembrare una cosa banale, ma all’epoca la maggior parte degli amici della Mayes e del suo compagno Ed pensarono che fossero completamente impazziti. Gettare via i risparmi di una vita in un’impresa che sembrava quasi impossibile, un capriccio, eppure…  

La vera protagonista è Bramasole. Pagina dopo pagina, quella casa abbandonata da trent’anni in cima alla collina, riprende vita insieme al terreno circostante con i suoi ulivi, gli alberi da frutto e i terrazzamenti.

Tanti i problemi con cui confrontarsi dopo aver acquistato la proprietà: dagli scontri con la farraginosa burocrazia italiana per la concessione dei permessi alla difficile ricerca dell’impresa più valida a cui affidare i lavori di ristrutturazione.

Tante le piccole e grandi scoperte: da quelle più piacevoli, come il ritrovamento di un vecchio lavandino, a quelle più angoscianti come un pozzo improvvisamente asciutto.

Innumerevoli gli incontri fatti nel corso degli anni: conoscenze occasionali, ma anche tante amicizie che col tempo hanno avuto modo di consolidarsi dando luogo ad una fitta rete di rapporti con le persone del luogo e non solo.

Il romanzo non ha una trama vera e propria. Il racconto consiste piuttosto nell’evocazione di ricordi e sensazioni.

Profumi, colori e sapori quasi si sprigionano dalle pagine immergendo il lettore in quella meravigliosa terra che è la Toscana. Una terra moderna ed antica allo stesso tempo perché, come scrive l’autrice, “i toscani vivono nel tempo attuale, solo che hanno avuto il buon senso di portarsi dietro il proprio passato”.

Con l’acquisto di Bramasole la Mayes decise di tenere un diario in cui riportare dettagliatamente ogni cosa: aneddoti, stato di avanzamento dei lavori di ristrutturazione, scoperte, ricette, impressioni ecc.

Uno zibaldone scritto sulle pagine bianche di un quaderno con la copertina di carta fiorentina chiuso con dei nastri azzurri.

A questo quaderno di appunti negli anni ne seguirono molti altri, ma è dalle pagine di questo primo diario che nacque l’idea di pubblicare il libro, quasi una sorta di  bilancio dell’esperienza vissuta fino a quel momento.

Un bilancio totalmente positivo perché, nonostante la complessa burocrazia italiana, i politici pazzi, gli scorpioni, la negligenza della manodopera e tanti altri elementi destabilizzanti, nulla avrebbe potuto mai screditare agli occhi dell’autrice quei valori ancestrali di cui questa terra è ancora oggi fortemente permeata.  

“Sotto il sole della Toscana” nel 2003 diventa anche un film con Diane Lane nella parte della protagonista. Si tratta di una commedia leggera e divertente.

Dopo aver visto il film diverse volte e complici i miei continui viaggi in Toscana, era forte la curiosità di leggere anche il libro.

In verità, libro e film non hanno molto in comune. Il film ha una trama molto più romanzata e ci sono personaggi di pure invenzione come ad esempio l’amante della protagonista, figura alquanto discutibile, interpretato da Raoul Bova.

Possiamo dire che libro e film sono due facce della stessa medaglia, due differenti modi di raccontare la medesima storia e trasmettere l’amore per questa bellissima terra. Entrambi molto piacevoli nella loro diversità.




 

 

 

 

giovedì 30 giugno 2022

“I leoni d’Europa” di Tiziana Silvestrin

Corre l’anno 1582. A Mantova lo scozzese James Crichton e l’amico Thomas, dopo aver sottratto con l’inganno al sagrestano le chiavi della basilica di Santa Barbara, si introducono nella chiesa per trafugare un oggetto particolarmente significativo. 


Poiché tra le chiavi in loro possesso manca proprio quella che apre la cripta, Crichton e il suo sodale cercano di forzare la serratura, ma il rumore mette in allarme le guardie costringendoli a scappare. 


Nella fuga si imbattono nel principe Vincenzo Gonzaga in compagnia di Ippolito Lanzoni. Ne nasce, apparentemente senza ragione, uno scontro nel quale il Lanzoni perde la vita per mano di Crichton. Il principe Vincenzo, accecato dalla rabbia per l’uccisione dell’amico, ferisce a morte lo scozzese che cerca inutilmente soccorso presso lo speziale Geniforti. 


Il caso è spinoso: il figlio scapestrato del duca di Mantova deve rispondere di omicidio e il consigliere ducale Zibramonti incarica il capitano di giustizia Biagio dell’Orso di scoprire cosa sia realmente accaduto.


Il capitano dovrà recarsi a Venezia per indagare su chi fosse davvero Crichton. Sebbene il duca in persona si fosse legato molto a lui, il giovane aveva tutta l’aria di essere un avventuriero e proprio dalla Serenissima giungono voci alquanto contraddittorie sul suo conto.


Biagio dell’Orso si troverà davanti ad un complotto internazionale dalla complessa trama dove ad essere coinvolti, oltre a scaltre cortigiane e spietate spie prezzolate, non mancheranno importanti elementi quali il pericoloso Walsingham, diplomatico della regina Elisabetta I, i servizi segreti del Consiglio dei Dieci della Serenissima e anche alcuni religiosi appartenenti alla Compagnia di Gesù.


“I leoni d’Europa” è il primo volume della saga dei Gonzaga nata dalla penna di Tiziana Silvestrin. Avevo iniziato col leggere il secondo libro “Le righe nere della vendetta” attirata dalla trama che vedeva sulla scena anche la dinastia Medici.

Rimasi conquistata dall’abilità della Silvestrin di saper costruire una trama, passatemi il gioco di parole, avvincente e convincente, basata su verità storiche ampiamente documentate, nessuna sbavatura sia a livello storiografico che narrativo.


Da qui la voglia di leggere l’intera saga a partire ovviamente da questo primo episodio dove la famiglia Medici è un po’ defilata, ma sempre presente con le trame ordite da Bianca Cappello decisa a sferrare un duro colpo all’orgoglio dei Gonzaga.

Il principe Vincenzo sposerà Eleonora de’ Medici, figlia di Francesco I e della sua prima moglie Giovanna d’Austria, ma non senza essere costretto prima a dare pubblica prova della sua virilità.


In questo romanzo si fa la conoscenza del protagonista della saga ovvero l’affascinate Biagio dell’Orso. Questi non solo è tremendamente attraente con la sua carnagione scura e i suoi profondi occhi neri ma anche leale affidabile. Dotato di un così profondo senso di onestà e rettitudine, da essere tormentato dagli scrupoli di coscienza ogni qualvolta si trovi a dover fare rispettare una legge che non coincida con la giustizia.


La saga dei Gonzaga si compone di sei romanzi, l’ultimo uscito proprio questo mese. Sono tutte storie autoconclusive, nessun vincolo per il lettore tranne il fatto che, devo avvisarvi, sarà difficilissimo trattenersi dal volerli leggerli tutti.


A presto con il terzo episodio “Un sicario alla corte dei Gonzaga”.