L’ARTE DI ESSERE FRAGILI
di Alessandro
D’Avenia
MONDADORI
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“La poesia è un
messaggio in bottiglia che vive nella speranza di un dialogo differito nel
tempo”, così Leopardi diventa nelle pagine del libro di Alessandro D’Avenia
il destinatario di un immaginario epistolario che l’autore intrattiene con
il poeta.
Un
escamotage singolare ed efficace che permette a questi di aprire un simbolico
dialogo quanto mai interessante tra il poeta nato tanti anni fa e l’uomo
contemporaneo.
Attraverso
l’opera leopardiana comprendiamo che lo sconforto, il senso di straniamento, la
malinconia non sono propri di una sola epoca, ma sono insiti nell’uomo.
Egli,
poeta moderno, era stato in grado più di altri di comprendere quel senso di
noia, di indifferenza che spesso afferra gli esseri umani. Ma proprio quella
sua sensibilità nel cogliere tali sensazioni lo portava a cercare di superarle; egli non era pessimista, non si arrendeva ma piuttosto sapeva accettare la
sua fragilità di uomo.
Egli
non rinunciava mai ad essere se stesso.
Ed
è proprio questo il più grande insegnamento che possiamo trarre da Giacomo
Leopardi ovvero che, se vogliamo essere felici o quantomeno provare ad esserlo, dobbiamo sempre essere fedeli a noi stessi.
I
desideri, i dolori, le passioni, l’amore sono i catalizzatori del nostro
destino in quel caos che è la nostra fragile esistenza.
L’unico
modo per sopravvivere è non tradire il proprio rapimento di qualunque
genere esso sia. La passione e l’amore sono le uniche cose che ci possono
rendere felici.
In un mondo che corre
veloce, dove ciò che importa sono solo i risultati, dove ci viene richiesto di
essere sempre perfetti, dove la forma e l’apparenza sono le uniche qualità
che contano, troppo spesso noi ci dimentichiamo di sorridere.
Siamo talmente concentrati
nel tentativo di raggiungere gli obiettivi imposti dalla società che, nei rari
momenti in cui ci sembra di essere felici, abbiamo talmente paura che questo
stato di grazia sia semplicemente un’illusione da rovinarlo inevitabilmente con le nostre stesse mani.
Quando
ho detto ad un amico che avevo comprato questo libro ed ero davvero curiosa di
iniziarne la lettura, mi sono sentita rispondere “Leopardi? ancora? Ma sì sì, anche
a me al liceo piaceva, lo sentivo affine, ma poi si cresce”.
Mi
chiedo cosa voglia dire per le persone “crescere”? Chiudere i propri sogni in
un cassetto? Rinnegare i propri rapimenti e quindi rinunciare a
“vivere”?
Leopardi
aveva compreso che non è possibile smettere di essere fedeli a se stessi anche
se, come lo stesso D’Avenia scrive, la speranza è un’arte che ha il suo
prezzo.
Quando
le speranze sono disattese l’unico modo per sopravvivere al dolore, alla
perdita è colmare il vuoto traendo la forza dalle nostre passioni, dal nostro rapimento.
Leopardi,
come D’Avenia ci racconta, era tutt’altro che un uomo pessimista; egli era
in realtà un uomo coraggioso pur nella sua fragilità, un uomo che amava la vita
e amava gli uomini, credeva nell’amicizia, era ghiotto di dolciumi e gelato e
amava guardare il cielo stellato.
Come l’autore stesso
scrive, questo volume non è una biografia né tanto meno vuole avere la pretesa
di essere un’opera di critica letteraria, ma più semplicemente vuol essere un
libro che nasce con l’intento di regalare al lettore l’immagine di un
Leopardi diverso, più vero.
Il
senso dell’opera di D’Avenia è racchiuso in queste poche righe tratte dal libro
e che riporto fedelmente:
Caro
Giacomo vorrei che tu fossi ricordato come poeta del destino e non della
sfortuna, della malinconia e non del pessimismo. Come poeta della vita che
lotta per trovare la sua destinazione e il suo senso, e non come poeta della
gobba e della gioia negata.
Lo stile della scrittura è
colto e raffinato, ma allo stesso tempo semplice e chiaro.
“L’arte di essere fragili” è una lettura
appassionante e l’idea dell’autore di inserire aneddoti riguardanti le sue
esperienza di vita e delle persone a lui vicine (alunni,
lettori dei suoi libri, famigliari) rende il romanzo ancora più godibile e
scorrevole.
Il
sottotitolo del libro è “come Leopardi può salvarti la vita”. Non so se
il pensiero leopardiano possa davvero salvare la vita, di certo Giacomo
Leopardi è un poeta che ho sempre amato e il mio giudizio riguardo al suo
potere salvifico o meno sarebbe troppo di parte.
Come
D’Avenia scrive, però, la letteratura serve a fare interrogativi e senza
dubbio “L’arte di essere fragile” di quesiti ne pone molti.
Forse
non vi troverete le risposte di cui avete bisogno, ma in fondo anche lo stesso
Giacomo Leopardi lasciava aperti molti interrogativi nelle sue poesie.
Forse
alla fine la risposta è proprio questa: tutti ci poniamo delle domande e il
sapere di non essere i soli a porsele, sapere che insicurezze e perplessità fanno parte di tutti noi, è già un primo passo verso la
salvezza in questo nostro faticoso mestiere di vivere.
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