domenica 12 settembre 2021

L’Albergaccio (Casa di Machiavelli)

Quest’estate sono riuscita a realizzare un sogno: visitare l’Albergaccio! Sì, lo so che Niccolò Machiavelli è un personaggio che ai più non è molto simpatico, ma io sin da ragazzina ho sempre nutrito per lui una vera passione.

Ringrazio soprattutto Villa Machiavelli che, nonostante fossero occupatissimi nell’allestimento per un matrimonio, mi hanno permesso lo stesso di visitare la casa museo di cui loro sono custodi e proprietari.






Non ci provo neppure a descrivervi l’emozione di poter camminare per quelle stanze e visitare lo studio dove venne scritta la sua opera più famosa: Il Principe. 







Da Sant’Andrea in Percussina si scorge in lontananza Firenze con la sua meravigliosa cupola. Chissà cosa avrà provato Niccolò ogni volta che guardava in quella direzione, lui esiliato in campagna, lontano dalla sua amata attività politica… Sto diventando troppo sentimentale, vero?



Al rientro dei Medici a Firenze nel 1512, Niccolò Machiavelli dopo essere stato incarcerato e torturato, perché accusato di aver preso parte alla congiura antimedicea, venne esiliato a San Casciano Val di Pesa. San’Andrea in Percussina dove si trova l’Albergaccio, è appunto una frazione di San Casciano.


Di come trascorresse i suoi giorni è rimasta traccia soprattutto in una lettera che Machiavelli scrisse all’amico Vettori, datata 10 dicembre 1513, nella quale egli racconta di come passasse il tempo del giorno ad occuparsi dei suoi poderi, a giocare a tric-trac all’osteria e di come alla sera invece “rivestito condecentemente” entrasse “nelle antique corti degli antiqui uomini” per discorrere e ragionar con loro.





La famiglia Machiavelli era suddivisa in più rami. Il ramo in cui nacque Niccolò si estinse nel XVII secolo e i suoi successori furono i Conti Serristori di Firenze che detennero il possesso di queste terre fino al passaggio all’attuale proprietà che ha provveduto a restaurare Casa Machiavelli in modo accurato facendone un museo molto suggestivo.




Un consiglio: fate una sosta e fermatevi a mangiare a Villa Machiavelli non ve ne pentirete! La coppa Machiavelli, una variante di tiramisù con cantucci e vin santo, è qualcosa di divino…





sabato 11 settembre 2021

Il Chianti - Panzano - Montefioralle

Non c’è modo migliore di assaporare le l’atmosfera del Chianti se non quello di percorrere la famosa SR222 la strada che corre sulle colline da Siena a Firenze.

Dalla Chiantigiana si dipartono strade secondarie che attraversano le zone più belle della campagna Toscana e lungo le quali si incontrano bellissimi borghi come Volpaia che visitai qualche anno fa e della quale mi innamorai perdutamente.


Quest’anno la scelta è ricaduta però su altri paesi come Panzano che si affaccia sulla “conca d’oro” ovvero su quella parte di colline soleggiate che degradano fino al torrente Pesa.



Nelle foto vedete la chiesa di Santa Maria che purtroppo non ho potuto visitare perché c’era la funzione domenicale. 

Sulla facciata sopra il portone si trova la “Madonna contornata dagli Angeli” opera di Umberto Bartoli (1965).



Del castello di Panzano inoltre sono ancora conservate parte delle mura e la torre del Cassero.

L’altro borgo visitato sulla via del ritorno è Motefioralle, classificato come uno dei borghi più belli d’Italia, definizione ampiamente meritata.

Si tratta di una piccola frazione di Greve in Chianti nella provincia di Firenze.



Il borgo conserva ancora parte della cinta muraria originaria risalente alla fine del XII secolo circa e alcune torri che sono stata adattata ad uso abitativo.





Il borgo è un vero gioiellino che offre scorci davvero suggestivi. Assolutamente da visitare.



In realtà questa giornata era principalmente dedicata ad un altro luogo che era da tanto tempo che volevo visitare e che merita un post a parte. Stay tuned...




venerdì 10 settembre 2021

Certaldo – San Gimignano – Monteriggioni – Siena

Dopo la visita della vila medicea di Poggio a Caiano la serata è stata dedicata a Certaldo.

Il borgo è famoso soprattutto perché diede i natali a Giovanni Boccaccio che qui trascorse anche gli ultimi anni della sua vita e venne sepolto nella chiesa di SS. Jacopo e Filippo

Certaldo è però conosciuto anche per Mercantia il festival internazionale del quarto teatro che ogni anno nel mese di luglio anima le sue vie e le sue piazze.


A causa della pandemia lo scorso anno il festival non ebbe luogo, ma quest’anno, seppur in forma ridotta e con ingressi contingentati, è stato possibile tornare… a rivedere le stelle.

Proprio a Dante, infatti, nei 700 anni dalla sua morte, e a Fellini (ricorrono i cento anni dalla nascita della sua compagna di vita Giulietta Masina) è stata dedicata l’edizione 2021 del festival.



Se dovessi scegliere lo spettacolo che mi ha emozionato di più direi senza dubbio “Le dantesche” interpretato da Benedetta Giuntini, di grande effetto anche la location ossia i sottosuoli del convento degli agostiniani.



Quanto mi era mancato il teatro in questi ultimi mesi!


La giornata successiva è stata dedicata a San Gimignano, Monteriggioni e Siena.


Iniziamo con San Gimignano altrimenti conosciuta anche come “la città delle cento torri” non ha bisogno di presentazioni. Ricca di storia e di monumenti è immersa in una delle zone più belle della campagna toscana.

Durante la precedente visita mi ero dedicata soprattutto ai musei, alle chiese e ai palazzi, ma non avevo avuto il tempo di salire alla Rocca di Montesfaffoli, l’antica fortezza situata nel punto più alto borgo dal quale si gode una splendida vista delle torri viste dall’alto.



La Rocca fu costruita nel 1353, anno in cui venne sancito l’atto di sottomissione alla città di Firenze, su ordine di quest’ultima e a spese di San Gimignano. Venne poi disarmata nel 1555 su ordine di Cosimo I de' Medici avendo ormai adempiuto al suo scopo. Oggi le mura racchiudono un giardino pubblico ricco di ulivi.


La Rocca è facilmente raggiungibile distando meno di dieci minuti a piedi da Piazza del Duomo.




Da San Gimignano mi sono poi diretta a Monteriggioni.


Non si può non innamorarsi di Monteriggioni con la sua cinta muraria completamente intatta orlata da 14 torri. Ogni volta che ci torno mi emoziona come la prima volta.

Al borgo si accede attraverso una via immersa tra coltivazioni di profumatissima lavanda e ulivi.




Ogni anno qui si svolgeva una bellissima festa medievale “Monteriggioni di torri si corona” (citazione dantesca), purtroppo sempre a causa della pandemia le ultime due edizioni sono state cancellate.

Speriamo di potervi partecipare di nuovo perché è davvero un’esperienza unica.


Quest’anno ho visitato la chiesetta dedicata a Santa Maria Assunta, il museo delle armature e finalmente sono riuscita a percorrere il camminamento delle mura dalle quali si gode di una vista spettacolare.










La serata è stata dedicata a Siena, la città del Palio. 





Non si può resistere dal simpatizzare almeno un pochino per l’una o per l’altra contrada e vista la mia passione per gufi e civette è naturale che la mia simpatia sia indirizzata verso la contrata della civetta.


Nonostante abbia visitato diverse volte la città, non sono mai riuscita a visitare il museo della mia contrada preferita. Purtroppo, anche questa volta sono arrivata all’ora della chiusura, ma ho fatto in tempo a dare una sbirciatina agli interni della chiesetta…









giovedì 9 settembre 2021

Villa medicea di Poggio a Caiano

Ho deciso di inaugurare la serie di post dedicati ai miei giorni in Toscana partendo dalla prima tappa: Villa Medici di Poggio a Caiano.



La villa fu commissionata da Lorenzo il Magnifico a Giuliano da Sangallo negli anni Ottanta del XIV secolo. Con la morte di Lorenzo e con la cacciata dei Medici da Firenze i lavori vennero interrotti per poi essere ripresi in seguito grazie all’intervento del figlio del Magnifico, papa Leone X.  



Grazie ad un modello conservato in una delle sale della villa è possibile capire quale fosse l’aspetto originario prima che venissero erette nei primi anni dell’Ottocento le scale a tenaglia così come appaiono oggi.




Al piano inferiore troviamo il teatro privato tanto caro alla sposa di Cosimo III, Marguerite Louise d’Orleans, che ne commissionò la realizzazione; molto apprezzato anche dal figlio il Gran Principe Ferdinando appassionato di musica (si può ammirare anche un piccolo organo).






Al piano superiore invece tutta l’attenzione è catturata dal salone di Leone X. Gli affreschi cinquecenteschi sono opera di Andrea del Sarto, Franciabigio e Pontormo. Il ciclo di affreschi fu poi portato a termine da Alessandro Allori.








Tante le leggende legate a questa villa. Qui trovarono la morte Francesco I e la moglie Bianca Cappello si dice per mano del fratello di lui Ferdinando I.







I Lorena non furono particolarmente legati a questa proprietà così come alle altre ville in generale. La villa di Poggio a Caiano tornò ai fasti di un tempo grazie a Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e granduchessa di Toscana, e successivamente con Vittorio Emanuele II che qui condusse la “bella Rosina”, prima amante e in seguito sua moglie morganatica.















lunedì 30 agosto 2021

“Firenze dai Medici ai Lorena” di Giuseppe Conti

Forse il modo migliore per introdurre questo libro è lasciare la parola proprio all’autore:

Alla mia Firenze
con cuore d’italiano
dedico questo libro
perché essa sempre ricordi
le sciagurate vicende
che dal corrotto principato concittadino
la condussero
a quell’aborrita servitù straniera
che in centoventidue anni
fece spesso sentire
al popolo toscano
la dura verità dell’antico dettato
dove pasce caval tedesco
non nasce più erba

Con questa dedica si apre il volume edito da Giunti Marzocco (1993), una ristampa anastatica, ossia una riproduzione inalterata, dell’edizione Bemporad & Figlio Editori del 1909 dell’opera di Giuseppe Conti.

Il libro racconta le vicende della storia toscana durante il regno degli ultimi due granduchi della dinastia Medici: Cosimo III (1642-1723) che regnò dal 1670 al 1723 e Gian Gastone (1671-1737) in carica dal 1723 al 1737.

Un periodo oscuro quello del regno di questi due granduchi per la Toscana e per l’Italia intera, un periodo in cui le grandi potenze straniere Francia, Spagna e Impero si contendevano i territori della penisola che di fatto erano ormai considerati dei semplici stati vassalli da tassare e sfruttare.

Quello di Conti è un quadro impietoso degli ultimi Medici. Il tono usato è moralistico e ironico; non stupisce quindi il suo apprezzamento per Giovan Battista Fagiuoli, poeta e commediografo fiorentino, vissuto all’epoca degli eventi raccontati i cui scritti erano acuti e taglienti ma mai volgari. Stralci di diario, di lettere e di opere sono riportati dal Conti e pertanto il lettore può farsi direttamente un’idea dello stile del Fagiuoli.

Il libro non vuole essere un libro di storia, ma piuttosto il racconto cronachistico degli avvenimenti storico-culturali che caratterizzarono gli anni del Granducato di Toscana dal 1671 al 1737.  

Attraverso le fonti letterarie, i bandi, i motuproprio e gli epistolari prende vita un affresco della società dell’epoca dove intrighi politici e amorosi fanno da padroni in una società ormai lontana dagli antichi fasti rinascimentali e delle prime corti granducali.

Attraverso il racconto di coloriti aneddoti e dei costumi del tempo Giuseppe Conti ci presenta da vicino gli ultimi esponenti della famiglia Medici con i loro quasi inesistenti pregi e i loro tanti difetti, introducendo sulla scena anche quei loschi figuri che popolarono la corte spadroneggiando spesso sui loro stessi signori.

Cosimo III ne esce come un uomo tirchio, bigotto e incapace, ossessionato dalla religione e succube dei Gesuiti, tormentato dalla mancanza di eredi, sempre preoccupato di poter entrare in contrasto con qualche sovrano, afflitto da insicurezza cronica, ma sempre pronto ad imporre nuove tasse ai propri sudditi persino sull’uso delle parrucche pur di rimpinguare le casse dello Stato.

Perennemente in lite con la moglie, Margherita Luisa d’Orleans, cugina del Re Sole, Cosimo III ebbe pessimi rapporti anche con i figli maschi il Gran Principe Ferdinando, troppo simile alla madre, e Gian Gastone troppo melanconico e solitario. L’unica con cui ebbe un ottimo rapporto fu la figlia Anna Maria Luisa che cercò in ogni modo senza successo, dopo la morte del primogenito, di designare come erede del Granducato.

Per quanto riguarda le lettere di famiglia di cui il Conti riporta alcuni estratti non potrete non sorridere leggendo alcune righe che la granduchessa inviava al consorte dopo essere finalmente riuscita a fare ritorno in Francia:

Mi mettete in stato di disperazione a tal segno, che non ci è ora alla giornata che io non vi desideri la morte e che io non volessi che voi fussi impiccato

Insomma, come avrete capito, quella che traspare da queste pagine è l’immagine di una dinastia da operetta la cui Corte era un luogo di beghe più private che politiche.

Attori principali ne erano i figli di Cosimo III: il Gran Principe Ferdinando il cui solo interesse erano musica, feste e divertimenti da condividere con il suo amato De Castris e l’amante veneziana mentre la moglie Violante Beatrice di Baviera, perdutamente innamorata di lui, cercava di giustificare ogni suo più equivoco comportamento; Anna Maria Luisa che avrebbe voluto fin da subito sottrarre il titolo al fratello minore e infine Gian Gastone che, schiavo dell’alcol e del suo scaltro e mefistofelico aiutante di camera Giuliano Dami, era solito terminare le sue giornate in mezzo a un numero spropositato di aitanti giovani di dubbia fama, i cosiddetti Ruspanti.

Giuseppe Conti rimarca quanto differente fosse stato lo spessore di Cosimo III, inetto e dubbioso sovrano, rispetto a quello di Vittorio Amedeo II valoroso guerriero e accorto politico in grado di tenere testa alla potentissima Francia e farsi stimare dalle altre potenze europee.  

Dobbiamo a questo punto necessariamente considerare alcune circostanze molto significative. Per prima cosa il Conti scriveva nel 1908, pochi decenni dopo i moti risorgimentali, non risulta quindi strano il suo trasporto nel voler rimarcare quanto fosse un’aborrita servitù quella del popolo toscano assoggettato ad una dinastia straniera come quella degli Asburgo-Lorena. Secondo cosa sempre non da sottovalutare: il Conti è un suddito del Regno d’Italia ragion per cui è abbastanza scontata la poco celata adulazione che egli dimostra nei confronti di Vittorio Amedeo II da lui definito il vero capostipite della dinastia sabauda.

Il Conti afferma che la fonte principale della sua opera consiste nel manoscritto di un certo Luigi di Lorenzo Gualtieri.

Lorenzo Gualtieri fu in gioventù lo staffiere e poi il dispensiere di Cosimo III. Il figlio Luigi ne ereditò l’incarico, ma ben presto venne cacciato trovando però più tardi occupazione presso la corte lorenese. Non sarebbe quindi così strano  leggervi un qualche intento vendicativo nel narrare certi fatti con così tanto livore e insensibilità.

Come abbiamo già detto in altre occasioni, grazie ad un certo revisionismo storico, negli ultimi anni è stato in parte rivalutato l’operato degli ultimi esponenti della dinastia medicea. Al di là del grande merito di Anna Maria Luisa per la sottoscrizione del Patto di famiglia, il Gran Principe Ferdinando fu ad esempio un ragguardevole mecenate musicale e Gian Gastone, seppur finirà i suoi giorni nel peggiore dei modi, fu in gioventù un principe illuminato e filosofo che purtroppo ebbe la sfortuna di dover sottostare ad un matrimonio per lui disastroso tanto da rovinargli per sempre il carattere.

Mi rendo perfettamente conto che non sia possibile in alcun modo rendere giustizia a una opera di tanto spessore e così corposa, sono più di novecento pagine, in così poche righe.

Il volume è senza dubbio una pietra miliare della storiografica medicea e la bellezza della veste grafica di questa edizione, trattandosi di una ristampa anastatica, è senza dubbio un valore aggiunto.

Detto questo, mi sento in dovere di mettere in guardia un eventuale lettore dall’affrontarne la lettura senza una forte motivazione e una qualche conoscenza della materia poiché va detto che l'opera di Conti, per quanto scritta in modo ironico e sagace, non è scevra da pagine scritte in un linguaggio terribilmente aulico soprattutto laddove vengono riportati i testi originali dei documenti dell’epoca.  




domenica 29 agosto 2021

“I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia” di Claudia Tripodi

La dinastia medicea raccontata attraverso quasi quattro secoli di storia, dal Rinascimento fino all’età moderna, durante i quali questa famiglia fu protagonista dapprima della storia italiana e poi, grazie a due importanti papi (Leone X e Clemente VII) e due regine di Francia (Caterina e Maria) anche di quella europea.

Il libro di Claudia Tripodi non è solo il racconto dell’ascesa di una grande dinastia, ma è inevitabilmente anche la storia di Firenze perché le loro vicende sono così affini che difficilmente si potrebbero scindere l’una dall’altra.

Quando gli esponenti della famiglia iniziarono ad ambire ad una politica di più ampio respiro guardando all’Europa, complice anche la sempre più complicata situazione politica della nostra penisola, il ruolo di Firenze andò via via riducendosi fino a divenire una piccola realtà regionale sullo sfondo di un panorama globale che vedeva le grandi potenze quali Impero, Francia e Spagna decise a spartirsi le terre italiane e con esse le loro genti.

Il racconto di Claudia Tripodi prende avvio dalle origini ovvero da quando alcuni membri della famiglia Medici, partiti dalle campagne del vicino Mugello, si inurbarono e decisero di investire alcune migliaia di fiorini d’oro per l’acquisto di un primo nucleo residenziale in via Larga, erano gli anni tra il 1335 e il 1375.

Il racconto prosegue nei secoli fino a giungere al triste epilogo che vide protagonisti il settimo e ultimo Granduca di Toscana, il tanto chiacchierato Gian Gastone, e sua sorella Anna Maria Luisa de’ Medici che consegnarono il Granducato agli Asburgo-Lorena.

L’Elettrice Palatina, grazie alla sua lungimiranza, riuscì a tutelare il patrimonio di famiglia accumulato nel corso dei secoli e a salvare tutte le ricchezze artistiche dalla dispersione vincolandole per sempre alla città di Firenze.

In verità, si può dire che i Medici non abbiano mai davvero lasciato Firenze, essi sono oggi ancora ben presenti in ogni monumento e in ogni angolo della città; vivono ancora in ogni ricordo, simbolo ed espressione. Con il celebre Patto di famiglia Anna Maria Luisa de’ Medici si è guadagnata l’eterna riconoscenza non solo dei suoi concittadini, ma di tutti noi oltre l’immortalità e la gloria imperitura per la sua famiglia.

Il libro di Claudia Tripodi vanta una vastissima bibliografia, una ricca fonte per ogni ulteriore approfondimento il lettore voglia svolgere.

Ritengo che “I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia” sia un saggio davvero valido per chiunque desideri approcciarsi alla storia medicea così da poterne trarre un quadro generale che tenga conto non solo della storiografia classica, ma anche delle ultime pubblicazioni.

Grande attenzione viene posta infatti dalla Tripodi anche a quei testi che, grazie ad un prezioso revisionismo storico, vedono quei personaggi più bistrattati nel corso dei secoli oggi a buon diritto in parte riabilitati.

Alcuni interessanti paragrafi sono dedicati a quei personaggi che spesso sono stati considerati di minore importanza e per questo spesso non ricordati oppure, se ricordati, liquidati comunque in poche righe. Qui troviamo capitoli dedicati a Don Antonio, il figlio di Francesco I e Bianca Cappello, delegittimato da Ferdinando I così che non potesse reclamare per sé il titolo di Granduca; il cardinale Leopoldo, fratello di Ferdinando II, grande studioso e mecenate che ebbe un ruolo di primo piano nell’Accademia della Crusca e contribuì a dare vita nel 1657 all’Accademia del Cimento, un’accademia scientifica sperimentale che aveva come fine quello di raccogliere l’eredità ideale di Galileo Galilei; Don Giovanni, fratellastro del Granduca Ferdinando I, estremamente portato per lo studio e di natura eclettica, fu ingegnere e architetto sebbene espletò per la famiglia anche incarichi militari e diplomatici e infine Maria Maddalena, sorella di Cosimo II, la principessa “nata malcomposta nelle membra” che venne fatta entrare nel Convento della Crocetta  e della quale si parla ampiamente nel libro di Daniela Cavini “Storia di un’altra Firenze” (Neri Pozza) in occasione del capitolo dedicato al corridoio segreto del Museo Archeologico di Firenze.

I Medici furono grandi mecenati, ma poco si conosce del loro mecenatismo in campo musicale. In modo particolare il Gran Principe Ferdinando fu un grande collezionista di strumenti e musicista egli stesso. Claudia Tripodi non tralascia neppure questo aspetto e ci ricorda ad esempio anche opere che vennero rappresentate in occasione di alcuni matrimoni.

Ottima l’idea di corredare con immagini, seppure in bianco e nero, opere che ritraggono i protagonisti più significativi della dinastia; se proprio poi si vuole trovare per forza un difetto direi che si sente la mancanza di una tavola dedicata all’albero genealogico, cosa bizzarra vista l’attenzione e la cura prestate all’edizione di questo saggio.

Libro consigliatissimo!