venerdì 14 maggio 2021

“Florentine. La pupilla del Magnifico" di Marina Colacchi Simone

Nel 1466 Luca Pitti insieme ad Agnolo Acciaiuoli, Diotisalvi Neroni ed altri personaggi ordirono un attentato ai danni di Piero de’ Medici. L’attentato venne fortunatamente sventato, ma in quell’occasione Francesco de‘ Bardi riportò un grave ferita facendo scudo al figlio di Piero, Lorenzo de’ Medici. Una volta guarito l’uomo partì alla volta della Borgogna dove mise la sua spada al servizio di Carlo il Temerario. A Firenze Francesco de’ Bardi lasciò la moglie e i due figli piccoli.

La sedicenne Vanna de’ Bardi è rimasta sola, la madre e il fratello sono morti e del padre non sa più nulla da molto tempo. Dopo sette anni trascorsi in un convento ad Arezzo, grazie alla bontà del fratello della madre, Duccio Salimbeni, può ora tornare a Firenze. Lo zio di Vanna è una persona molto vicina a Lorenzo de’ Medici e proprio questi, per il rispetto e l’affetto che lo legano al Salimbeni, accetta di prendere la ragazza sotto la sua protezione donandole anche delle proprietà insieme al titolo di contessa.

Vanna viene condotta dalla più ammirata dama della città del Giglio, Simonetta Cattaneo Vespucci, entrando a far parte dell’elitaria cerchia delle sue dame. In casa Vespucci la ragazza incontra per la prima volta il nipote di Clarice, la moglie del Magnifico, l’affascinante e pericoloso Matteo Orsini la cui avvenenza e i modi sfrontati non lasciano Vanna indifferente seppure parecchio confusa.

Ad una festa a casa Medici però Vanna ritrova un caro amico d’infanzia, il bellissimo Guido Montefiori. Il giovane innamorato di Vanna sin da ragazzino non l’ha mai dimenticata e Vanna ricambia i suoi sentimenti.

Ovviamente, come in ogni romanzo che si rispetti, mille saranno le traversie che i due giovani dovranno affrontare per coronare il loro sogno d’amore.

Intrighi di corte e passioni si compenetrano alla perfezione in questo romanzo che a tutti gli effetti si sviluppa su due piani narrativi: a fare da contraltare alla storia romantica di Vanna de’ Bardi e Guido Montefiori abbiamo infatti la storia di Firenze e del suo signore Lorenzo de’ Medici.

La finzione letteraria si intreccia perfettamente alla verità storica; sullo sfondo delle rocambolesche vicende che vedono coinvolti i due innamorati contrastati si intravedono le prime avvisaglie della terribile congiura dei Pazzi (26 aprile 1478).

Ogni cosa è descritta in maniera minuziosa: dagli arredi, all’abbigliamento, ai gioielli nessun dettaglio viene tralasciato per ricreare in modo impeccabile i fasti della grandiosa corte medicea.

L’autrice è molto riguardosa nel descrivere la storia d’amore che lega Simonetta Cattaneo a Giuliano de’ Medici; non ci è dato sapere se il loro fosse stato realmente solo un amore platonico e Marina Colacchi Simone lascia rispettosamente il lettore nel dubbio.

L’elemento protagonista del finale del romanzo, senza anticiparvi troppo, posso dirvi che è l’agnizione, una soluzione da commedia plautina quella del riconoscimento che si rivela nell’insieme indovinata.

Moltissimi sono i personaggi e tutti molto ben caratterizzati. Non si può non provare empatia per la giovane Vanna, rimanere affascinati dalla figura carismatica di Lorenzo de’ Medici o incuriositi da quella di Agnolo Poliziano, detestare Girolamo Riario e Matteo Orsini, ma un personaggio in modo particolare mi ha davvero colpita ed è quello di Duccio Salimbeni uomo colto, intelligente e d’animo nobile che al momento giusto sa dimostrare una forza e una determinazione che non ti aspetti.

Il libro di Marina Colacchi Simone è un ottimo romanzo storico, il perfetto compromesso tra verità e finzione.

Un’ultima precisazione sul titolo. Perché Florentine? Florentine è il nome del diamante che Francesco de’ Bardi riceve dal duca di Borgogna per i servizi resi e che invia ai suoi figli prima di morire. Nel libro al grande diamante giallo paglierino viene dato il nome di “Florentine” da Matteo Orsini in onore di Vanna. In realtà, come si legge nelle note dell’autrice al termine del volume,  il diamante entrò in possesso dei Medici solo con Ferdinando I e la sua storia prima di allora è molto lacunosa, tante sono le versioni. Gli Asburgo-Lorena ne entrarono in possesso alla morte di Gian Gastone, ultimo granduca di Toscana. Resta avvolto nel mistero cosa sia accaduto a questa preziosa gemma dopo il 1919.

 



venerdì 7 maggio 2021

“The Witcher - Il battesimo del fuoco" di Andrzej Sapkowski

Geralt, ferito gravemente durante la rivolta scoppiata sull’isola di Thanedd, viene curato dalle driadi nei boschi di Brokilon. Qui conosce Milva, una giovane spia al servizio della regina delle driadi, che si adopera a mettere in salvo gli Scoiattoli in difficoltà.

Grazie a lei Geralt viene a conoscenza che la sua “bambina sorpresa” è sopravvissuta e si trova a Nilfgaard prigioniera dall’Imperatore Emyr var Emreis.

Nonostante non sia ancora del tutto guarito lo strigo decide di rimettersi in cammino per raggiungere il palazzo imperiale nilfgaardiano e liberare la sua Ciri.

L’impresa ovviamente si rivelerà più complicata del previsto perché la guerra infuria ovunque e tutte le strade sono pattugliate da ronde di soldati.

Ad accompagnare Geralt nel suo viaggio troviamo oltre a Milva anche una vecchia conoscenza, il simpatico poeta Ranuncolo; la compagnia è però destinata ad allargarsi grazie agli imprevedibili incontri fatti lungo la strada.

Tra questi l’incontro più affascinante è quello con il barbiere Regis, una figura molto interessante e misteriosa che nasconde un arcano segreto.

Geralt incrocerà anche un’altra vecchia conoscenza del lettore, il pericoloso Cavaliere Nero, il peggiore incubo della fiamma di Cintra; il cavaliere però si rivelerà un personaggio molto diverso da quello conosciuto nei libri precedenti.

Sappiamo, dalla fine dello scorso volume, che colei che a Nilfgaard viene fatta passare per la principessa Cirilla è in realtà solo una sosia; la vera leoncina di Cintra  scorazza infatti libera in compagnia dei Ratti, una pericolosa brigata di banditi.

Geralt troverà Cirilla? Che fine ha fatto Yennefer? La maga aveva davvero tradito? È sopravvissuta? E qual è il futuro della magia? Tante le domande a cui rispondere in questo terzo volume della saga (quinto in ordine di lettura).

Di tutti il libri “Il battesimo del fuoco” è forse quello che parte più lentamente; per il primo centinaio di pagine non accade molto, ma poi il racconto riprende il consueto ritmo e l’avventura ritorna il tema dominante. Potremmo considerarlo un volume di passaggio, dopo i fatti di Thannedd questo terzo libro prepara il lettore al futuro sviluppo della storia.

Ovviamente per non svelare qualcosa che possa guastare il piacere della lettura non posso dire molto di più, ma sia Regis che il Cavaliere Nero sono due personaggi che mi hanno davvero colpita. Anche Milva è indubbiamente una figura ben caratterizzata e non priva di fascino, ma è un personaggio più scontato mentre gli altri due sorprendono davvero il lettore pur se in modi diversi tra loro.

Sorprese e colpi di scena, come sempre, non mancano mai nei libri di Andrzej Sapkowski.  Prossimo appuntamento: “La torre della Rondine”.





giovedì 6 maggio 2021

“Dante enigma” di Matteo Strukul

Dopo la disfatta delle truppe senesi alle Giostre del Toppo il 26 giugno 1288, Corso Donati brama sempre più la guerra e cerca in ogni modo di spingere Firenze a scendere in campo contro Arezzo e Pisa.

A Pisa Ugolino della Gherardesca, schierato con i guelfi, è stato imprigionato nella Torre della Muda dove verrà lasciato morire di fame insieme ai figli e ai nipoti.

Dante è un uomo giovane e innamorato di Beatrice, la donna alla quale non potrà mai dichiarare il proprio amore. Demoralizzato per non poter vivere apertamente i propri sentimenti sceglie di rifugiarsi nelle lettere e nella poesia.

Gemma, sua moglie, non riesce a darsi pace della freddezza che Dante le riserva e giorno dopo giorno cerca in ogni modo di abbattere i muri innalzati dal marito. Non sarà facile per lei convincerlo a scegliere di accogliere anche la parte più reale della vita, ma Gemma è una donna determina e coraggiosa, nulla la spaventa tranne l’idea di perdere in battaglia l’uomo che ama.

Dante si arruolerà infatti come feditore tra le fila di Vieri de’ Cerchi, l’antagonista di Corso Donati, e parteciperà all’epocale battaglia di Campaldino dove l’11 giugno 1289 le truppe alleate di Firenze, Pistoia, Lucca, Siena, Volterra con l’appoggio del re di Francia affronteranno e sconfiggeranno i ghibellini aretini.

Chi è il Dante di Matteo Strukul? È un uomo di lettere, un poeta, un innamorato, un amico, un visionario, un marito, un soldato, ma sopratutto è un uomo che deve fare i conti con un mondo nel quale stenta a riconoscersi, un mondo violento ed estremista, dove non è contemplata alcuna neutralità, o si è guelfi o si è ghibellini, o sì è seguaci della fazione dei Donati o di quella dei Cerchi.

Tra verità storica e finzione letteraria il romanzo racconta la vita di Dante fino alla vittoria dei guelfi nella battaglia di Campaldino; evento che, per la sua sanguinosa ed efferata violenza, segnò profondamente l’immaginario dantesco.

Il Dante nel romanzo soffre di epilessia, la storiografia non conferma né smentisce tale ipotesi, ma queste crisi si prestano ottimamente allo sviluppo narrativo anticipando sia le infernali visioni presenti nella prima cantica della Divina Commedia sia proprio quegli svenimenti a cui Dante andrà soggetto nel corso del viaggio ultraterreno da lui narrato “e caddi come corpo morto cade”.

Come sempre nei romanzi di Strukul molti sono i personaggi che si muovono intorno al protagonista e che entrano immediatamente nel cuore del lettore.

In questo caso abbiamo la figura dell’artista Giotto, amico e confidente di Dante, sempre pronto a venire in suo soccorso. Non ci sono certezze del fatto che i due si conoscessero e che tanto più si frequentassero, ma essendo entrambi vissuti a Firenze in quello stesso periodo, quanto narrato nel romanzo seppur non reale resta quanto mai verosimile.

Inoltre molto appassionante è la storia della moglie di Ugolino della Gherardesca Capuana da Panico che, insieme al Lancia braccio destro del marito, vuole vendicarne la morte.

In generale non amo molto le pagine dedicate al racconto delle battaglie, ma Matteo Strukul è un vero maestro nel saperle narrare, riesce davvero a far appassionare anche i lettori più distaccati. Strukul ha, infatti, il dono prezioso di saper condurre il lettore al centro della mischia rendendolo partecipe non solo dello scontro armato ma anche delle emozioni e dei pensieri propri di coloro che lo stanno combattendo.

"Dante enigma" è un racconto affascinante come il suo protagonista, il “poeta guerriero” come viene definito da Omero nelle pagine del romanzo. 

Ci sarà un seguito? L’autore non l’ha escluso, staremo a vedere…








domenica 25 aprile 2021

“Il testamento di Anna Maria Luisa de’ Medici” di Anita Valentini

Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima della sua famiglia, è una figura di primo piano per Firenze perché fu proprio grazie alla sua lungimiranza e alla sua intelligenza se la città del Giglio è oggi il luogo al mondo dove si trova concentrato il maggior numero di opere d’arte.

Anna Maria Luisa de’ Medici (1667 – 1743) figlia di Cosimo III e della chiacchierata Marguerite Louise d’Orleans, sposò nel 1691 l’Elettore Palatino Johann Wilhelm, un matrimonio felice dal quale però non nacquero figli.

L’Elettore e Anna Maria Luisa condividevano la passione per l’arte e durante la permanenza della principessa a Düsseldorf grande fu l’impegno da questa profuso a sostegno della cultura e della musica tanto che nel 1694 nella città renana venne inaugurato per sua volontà anche un nuovo teatro.

Poco più di un anno dopo la morte del marito, avvenuta nel 1716, l’Elettrice Palatina fece ritorno a Firenze portando con sé tutte le sue proprietà personali che consistevano per la maggior parte in dipinti e “galanterie gioiellate”, per quest’ultime Anna Maria nutriva una vera passione.

Dal 1717 al 1743, anno della sua morte, la Gran Principessa si dedicò alla promozione delle arti con particolare riguardo anche allo sviluppo della cultura musicale.

Spettò a lei il gravoso compito di traghettare il Granducato alla morte del fratello Gian Gastone, ultimo Granduca Medici, nelle mani di Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria.

Comprese fin da subito quanto fosse fondamentale riuscire a garantire allo Stato la propria indipendenza e allo stesso tempo non permettere agli Asburgo-Lorena di trasportare le collezioni medicee nelle loro altre residenze o ancora peggio utilizzarle per pagare i loro debiti.

Prioritario era scongiurare il pericolo che l’immenso patrimonio artistico culturale che la famiglia Medici aveva raccolto con tanto impegno nel corso dei secoli e così gelosamente custodito venisse irrimediabilmente disperso.

L’Elettrice Palatina comprese che il Diritto era l’unica arma che potesse venire in suo soccorso e, dopo estenuanti trattative, il 31 ottobre 1737 a Vienna venne siglato il famoso Patto di Famiglia con il quale si vincolavano per sempre alla città di Firenze le opere frutto del collezionismo e del mecenatismo mediceo.

Nel libro tra le varie tavole ritroviamo anche la copia della traduzione in italiano della Convenzione il cui originale era stato redatto in lingua francese e nel quale all’articolo terzo viene espressa la volontà dell’Elettrice che non potessero essere  trasportare fuori da Firenze e dalla Toscana “Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose” che dovevano rimanere al loro posto per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri”.

Il volume presenta una prima parte introduttiva nella quale viene esplicitata l’importanza che Anna Maria Luisa de’ Medici ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi per Firenze e non solo. Il libro inoltre è corredato di una serie di tavole molto interessanti per lo più riguardanti alcune opere d’arte, il Patto di Famiglia e il testamento dell’Elettrice Palatina.

È riportata inoltre la trascrizione integrale, ad opera di Anita Valentini e Veronica Vestri, del testamento di Anna Maria Luisa de’ Medici redatto il 5 aprile 1739 unitamente a tutti i successivi codicilli e alle cedole fino all’ultimo codicillo datato 18 febbraio 1743, giorno della sua morte. Le varie integrazioni sono dovute non solo a ripensamenti, ma anche a precisazioni e forzose sostituzioni laddove il beneficiario del testamento era nel frattempo deceduto.

Dalle pagine testamentarie veniamo a conoscenza di quali oggetti o somme di denaro Anna Maria Luisa avesse destinato a ciascun beneficiario: parenti, dame di camera, poveri, istituzioni religiose, agnati ecc. oltre alle disposizioni per il suo funerale.

La Gran Principessa ribadiva inoltre quanto stabilito nella Convenzione e dichiarava la sua ferma volontà affinché venisse portato a termine il mausoleo di famiglia ossia la Cappella dei Principi con la chiara intenzione di garantire perpetua memoria alla dinastia Medici.

La pubblicazione di questo volume risale al 2006 in occasione della prima mostra monografica dedicata ad Anna Maria Luisa de’ Medici nella cornice della Galleria Palatina di Palazzo Pitti (22 dicembre 2006 – 15 aprile 2007).

Non vi posso dire che sia un libro scorrevole soprattutto per quanto riguarda la lettura della trascrizione del testamento, ma credo che per gli appassionati di storia medicea sia una lettura imprescindibile.

Un volume interessante e fondamentale per comprendere meglio una personalità tanto complessa ed eccezionale quale fu quella dell’Elettrice Palatina,Ultima della stirpe reale dei Medici” come leggiamo sulla sua tomba.




domenica 18 aprile 2021

“Il Signore delle Furie Danzanti” di Luigi De Pascalis

La vicenda si svolge nell’autunno dell’anno 366 d.C. Alle prime luci dell’alba, come ogni mattina, al porto Fluviale di Roma gli equipaggi delle navi che hanno appena attraccato sono intenti a scaricare le merci.

La mattina del 2 settembre però accade qualcosa di inaspettato: le acque del  Tevere restituiscono il cadavere di una bellissima donna. La giovane porta all’anulare destro uno strano anello: una fascia d’oro su cui è incastonata un’ametista, sulla pietra è incisa la figura di una menade danzante

Sarà compito del primicerius Caio Celso, affiancato dal tresvir Alipio, occuparsi delle indagini.

Sin da subito però il caso si rivelerà di non facile soluzione viste le personalità coinvolte e a causa della complessa situazione politica-religiosa che si va sempre più delineando in città.

Il culto dei vecchi dèi sta sbiadendo sempre di più dinnanzi alla forza del credo cristiano. Nonostante i cristiani siano meno numerosi sono dotati di una risolutezza e di una fierezza che li pone sempre più in primo piano.

Questa nuova religione con i suoi intransigenti accoliti è destinata a trasformare definitivamente il volto di quello stato romano che per secoli proprio sulla libertà e sulla tolleranza religiosa aveva tracciato le sue fondamenta.

Sullo sfondo delle vicende del romanzo non ci sono solo i contrasti tra la nuova rigida religione monoteista e quella dei vecchi dèi perché anche in seno alla stessa chiesa cristiana è in corso un’aspra disputa: il vescovo Ursino, un tempo seguace di Dionisio, e Dàmaso, un tempo seguace di Apollo, si contendono infatti il papato.   

“Il signore delle Furie Danzanti” è il primo giallo storico di una trilogia intitolata Ludus Magnus i cui prossimi volumi in uscita saranno “La dodicesima Sibilla” e “Il sangue di Dìocle”.

Il protagonista di tutti e tre i romanzi è l’investigatore Caio Celso, un personaggio molto affascinante e capace di conquistare immediatamente il lettore.

Seguace del filosofo Seneca e del culto di Mithra di cui ha raggiunto il quinto dei sette gradi di iniziazione (corax, nymphos, miles, leo, perses, heliodroms, pater), il primicerius è ossessionato dalla ricerca della verità e determinato a fare in modo che la giustizia trionfi ad ogni costo. Vive con disincanto questo particolare momento storico, sa che la sua Roma di un tempo è ormai destinata a scomparire, soffre inevitabilmente di questa situazione ma ben comprende anche quanto questo processo sia ormai inarrestabile.

Moltissimi i personaggi del romanzo, tra questi: la giovane e avventata Livilla innamorata di Caio Celso, il tresvir Alipio molto legato al primicerius il quale vede in lui quanto di più vicino al figlio che non ha mai avuto e la figura enigmatica e ingannevole di Dionisio.

Il personaggio di Dionisio che appare sulla scena in modo tanto misterioso e inquietante costringe il lettore ad interrogarsi a lungo se questi sia un semplice impostore o invece davvero un’epifania del figlio di Semele.   

In queste pagine Luigi De Pascalis riesce a ricostruire perfettamente l’atmosfera di quella inquieta epoca di transizione dal paganesimo al cristianesimo, un’epoca che decretò la fine dell’Impero Romano, un impero che sembrava invincibile e destinato a durare per sempre ma che invece portava proprio dentro di sé quegli stessi germi che ne avrebbero sancito la fine.

“Il Signore della Furie Danzanti” è un thriller storico avvincente e appassionante dalla trama molto articolata e complessa.

L’ambientazione poi è davvero singolare, abituati infatti a conoscere la grande Roma Imperiale o quella della corti papali rinascimentali, siamo qui invece proiettati sulla scena di mondo in disfacimento, la fine di un mondo antico del quale, grazie all’autore, possiamo cogliere gli ultimi bagliori.

Un plauso va fatto inoltre alla casa editrice per la scelta della meravigliosa veste grafica del volume. La Lepre Edizioni è sempre molto attenta alla scelta dell’abito dei propri libri, ma in questo caso la decisione di corredare di bellissime illustrazioni la narrazione è stata davvero indovinata. Queste straordinarie immagini rendono di fatto la lettura del romanzo un percorso molto, molto speciale.

 



 

lunedì 12 aprile 2021

“La coppa dell’amore” di Winston Graham

Decimo volume della Saga di Poldark, “La coppa dell’amore” prende il titolo da una piccola coppa d’argento recante la scritta amor gignit amorem. L’oggetto faceva parte del bottino frutto della rocambolesca rapina compiuta da Jeremy Poldark, Stephen Carrington e Paul Kellow ai danni della banca Warleggan il cui racconto occupava buona parte del precedente romanzo.

La rapina è per certi versi anche il leitmotiv di questo decimo libro. Infatti, non è solo l’amore a dominare la scena come suggerirebbe il titolo, ma anche la continua tensione giocata sulle tante circostanze per i colpevoli di essere smascherati con conseguenze devastanti per tutti. 

Se però Stephen e Paul riescono a convivere con il loro inconfessabile segreto e mettere a frutto i loro disonesti guadagni, lo stesso non si può dire per Jeremy Poldark che, sempre più oppresso dai sensi di colpa oltre che dall’ostinato rifiuto di Cuby Trevanion, ormai prossima alle nozze con Valentine Warleggan, deciderà di arruolarsi per sfuggire alla situazione per lui ormai emotivamente insostenibile.

D’altra parte, proprio lo stesso George Warleggan non sembra per niente intenzionato a rinunciare a trovare i colpevoli e ogni giorno che passa è sempre più vicino a scoprire la verità.

Geoffrey Charles, esonerato dal servizio attivo per qualche mese a causa di una ferita ricevuta in battaglia, torna a casa conducendo con sé la sua giovane moglie spagnola. Quale migliore occasione per dare una festa a Trenwith e fare conoscere a tutti Amadora?

Grazie a questa serata il lettore avrà l’occasione di riallacciare le fila della trama e incontrare nuovamente tutti i personaggi a lui più cari e non solo quelli.

In realtà fin dalle prime pagina, mentre Geoffrey Charles e la zia Verity si aggiornano a vicenda sulle ultime novità, il lettore ha l’impressione di non aver mai lasciato veramente quei luoghi e quei personaggi a lui tanto familiari.

In questo romanzo Clowance e Stephen si riavvicineranno definitivamente convolando a nozze. Inutile dire che non ho mai nutrito molta simpatia per Carrington e questo nuovo episodio non mi ha fatto cambiare idea sul suo conto, ma staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi libri.

Il personaggio di Geoffrey Charles invece ha acquistato più fascino, più simile a Ross di quanto non si pensasse all’inizio, è a lui che il cugino Jeremy si rivolge per avere consigli non esitando a confessargli, non solo le sue pene d’amore, ma addirittura la rapina compiuta.

Valentine Warleggan rimane invece un personaggio piuttosto ambiguo, devoto al ricordo della madre, sembra non aver ereditato nulla dal padre naturale Ross e nello stesso tempo si allontana sempre più da quello che per tutti è il suo vero padre George con il quale i rapporti sono sempre più burrascosi e tesi.

Ursula Warleggan, nonostante sia una femmina, invece dimostra col passare del tempo sempre più di essere la vera erede di George. Sgraziata nella figura, ma molto astuta e attenta, la ragazzina fa davvero sorridere quando la si vede impegnata a giocare con il modellino di una miniera, fatto costruire in scala per lei da suo padre, per il quale si diverte persino a tenere dei registri e dei libri contabili!

Siamo ormai verso l’epilogo finale, mancano solo due libri alla conclusione della saga, e, a costo si essere ripetitiva, non posso che confermare ancora una volta che i romanzi di Winston Graham sorprendono per la capacità del suo autore di riuscire a mantenere sempre alta l’attenzione del lettore affascinandolo con i suoi personaggi e coinvolgendolo con le loro storie sempre allo stesso modo fin dal primo libro.

Non credo di aver mai letto una saga e per giunta così lunga che riuscisse a mantenere un così costante ritmo del racconto senza mai accennare un minimo calo di tensione narrativa come questa di Poldark scritta da Winston Graham.

Che dire? Un altro romanzo che si legge tutto d’un fiato e che ancora una volta ci lascia in trepidante attesa della prossima uscita.

                                       

Qui potete trovare i post dedicati agli altri volumi della saga di Poldark.

 


lunedì 5 aprile 2021

“Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio” di Barbara Frale

Maggio 1519, Sua Eminenza Cristoforo Numai, legato apostolico di papa Leone X, giunge al Castello di Clos Lucé dove Leonardo da Vinci ormai anziano trascorre gli ultimi anni ospite del re di Francia Francesco I.

Lo scopo della visita è farsi consegnare da Leonardo il libro di Origene, un libro condannato dalla Chiesa che si credeva andato distrutto e che invece Papa Leone X ha buone ragioni per credere che sia in mano dell’artista.

Leonardo decide di raccontare al legato apostolico una storia che tanti anni prima lo aveva visto protagonista di un viaggio da Firenze a Milano in compagnia di un certo Lisandro Dovara, inviato da Ludovico il Moro a Firenze per reclutare nella città del Giglio e in altre città gli artisti che avrebbero dovuto rendere magnifica Milano e la sua corte.

A quel tempo Leonardo stava vivendo un momento di crisi artistica, ragion per cui Lorenzo il Magnifico che lo stimava moltissimo lo aveva spinto a trasferirsi a Milano alla corte dello Sforza per ritrovare l’ispirazione perduta dopo lo scandalo che lo aveva visto coinvolto.

Sulla strada Leonardo e il suo compagno Lisandro Dovara incontrarono molti artisti e vennero a conoscenza di segreti e verità taciute. Attraverso simboli e indizi disseminati nelle varie opere d’arte scoprirono anche l’esistenza di un circolo di intellettuali e artisti iniziati ai misteri racchiusi nel libro di Origene e alla metempsicosi.

Un viaggio affascinante quello di Leonardo, ma anche terribilmente pericoloso; tra manoscritti antichi e antichi misteri, intrighi politici e cospirazioni, Leonardo però ebbe modo di trovare anche l’amore, un amore in grado di riaccendere in lui la sacra fiamma dell’arte.

Barbara Frale è una storica archivista conosciuta oltre che per i suoi saggi anche per i suoi romanzi sui Medici.

Il Lorenzo de’ Medici che emerge dalle pagine di questo suo ultimo romanzo è una figura che non può non affascinare il lettore. Il Magnifico della Frale ha in sé qualcosa di diabolico, è astuto, sorridente e sicuro di sé, ammalia Leonardo e tutti coloro che incontra sul suo cammino, ma soprattutto ammalia il lettore che non può che rimanere stregato dalla sua forte personalità.

Quasi altrettanto affascinante è il personaggio di Lisandro Dovara, del quale non posso svelarvi molto per non rovinarvi la sorpresa della lettura, ma posso anticiparvi che resterete conquistati al pari di Leonardo dalla sua figura che ai modi bruschi da condottiero alterna una squisita raffinatezza da cortigian, lasciando il povero Leonardo spesso stordito e abbagliato per questa sua duplice personalità.

E veniamo infine al protagonista assoluto del romanzo: Leonardo da Vinci. Poco sappiamo di certo sulla sua vita per cui è facile calcare la mano romanzando alcuni episodi della sua esistenza. Siamo soliti pensare ad un Leonardo piuttosto sicuro di sé, indifferente ai sentimenti e sempre assorto nei propri studi e calcoli. Il Leonardo da Vinci nato dalla penna di Barbara Frale vuole essere un Leonardo un po’ diverso, un giovane ancora inesperto della vita e un po’ insicuro, una figura forse più vicina a quella che sta emergendo anche dalla serie tv che sta andando in onda proprio in questi giorni su Rai 1. 

In occasione della fiction ho letto molte critiche sulla scelta di voler rappresentare un Leonardo così distante da quell’immagine che ormai a forza è entrata a far parte del nostro immaginario collettivo. Esprimere un giudizio sulla questione se sia giusto o sbagliato allontanarsi dalla verità storica è sempre molto soggettivo. Credo però che trattandosi di un romanzo va da se che la trama venga assoggettata alla finzione letteraria.

Nel romanzo Barbara Frale, per sua stessa ammissione, ruba alcune scene ai concerti di David Garrett, facilmente riconoscibili per le fan, come me, di questa star del violino. Oserei dire però che non ruba non solo quelle perché, prima di arrivare al termine e leggere la sua confessione nella postfazione, avevo avuto la sensazione di riconoscere nel personaggio di Lorenzo il Magnifico qualcosa della figura di Urbani del film “Il violinista del diavolo” dove David Garrett interpreta il ruolo di Niccolò Paganini. 

Un’ultima annotazione sull’argomento dal quale prende avvio la storia del romanzo: nel 2020 è stato effettivamente ritrovato un frammento di uno sconosciuto trattato intitolato De Igne (Libro del fuoco) scritto da Leon Battista Alberti intorno al 1455 nel quale si ragionava sulla natura della luce e sull’elemento fuoco.

“Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio” è un romanzo ricco di suspense, dove niente e nessuno è mai come sembra e soprattutto dove mai fino all’ultima pagina si è certi di aver riposto correttamente la propria fiducia. Un libro che ci regala l’immagine di un Leonardo vista da una prospettiva diversa e che ci mostra anche un’inedita lettura di alcune sue opere come La Gioconda (o Monna Lisa), il giovane Bacco, la Leda col cigno…