Nel 1466 Luca Pitti
insieme ad Agnolo Acciaiuoli, Diotisalvi Neroni ed altri personaggi ordirono un
attentato ai danni di Piero de’ Medici. L’attentato venne fortunatamente
sventato, ma in quell’occasione Francesco
de‘ Bardi riportò un grave ferita facendo scudo al figlio di Piero, Lorenzo
de’ Medici. Una volta guarito l’uomo partì alla volta della Borgogna dove mise la sua spada al servizio di Carlo il
Temerario. A Firenze Francesco de’ Bardi lasciò la moglie e i due figli
piccoli.
La sedicenne Vanna de’ Bardi è rimasta sola, la
madre e il fratello sono morti e del padre non sa più nulla da molto tempo. Dopo sette anni trascorsi in un convento ad
Arezzo, grazie alla bontà del fratello della madre, Duccio Salimbeni, può ora
tornare a Firenze. Lo zio di Vanna è una persona molto vicina a Lorenzo de’
Medici e proprio questi, per il rispetto e l’affetto che lo legano al
Salimbeni, accetta di prendere la ragazza sotto la sua protezione donandole anche
delle proprietà insieme al titolo di contessa.
Vanna viene condotta
dalla più ammirata dama della città del Giglio, Simonetta Cattaneo Vespucci, entrando a far parte dell’elitaria cerchia
delle sue dame. In casa Vespucci la ragazza incontra per la prima volta il
nipote di Clarice, la moglie del Magnifico, l’affascinante e pericoloso Matteo Orsini la cui avvenenza e i modi
sfrontati non lasciano Vanna indifferente seppure parecchio confusa.
Ad una festa a casa
Medici però Vanna ritrova un caro amico d’infanzia,
il bellissimo Guido Montefiori. Il giovane innamorato di Vanna sin da ragazzino
non l’ha mai dimenticata e Vanna ricambia i suoi sentimenti.
Ovviamente, come in
ogni romanzo che si rispetti, mille
saranno le traversie che i due giovani dovranno affrontare per coronare il loro
sogno d’amore.
Intrighi di corte e
passioni si compenetrano alla perfezione in questo romanzo che a tutti gli
effetti si sviluppa su due piani
narrativi: a fare da contraltare alla storia romantica di Vanna de’ Bardi e
Guido Montefiori abbiamo infatti la storia di Firenze e del suo signore Lorenzo
de’ Medici.
La finzione letteraria
si intreccia perfettamente alla verità storica; sullo sfondo delle rocambolesche vicende che vedono coinvolti i due
innamorati contrastati si intravedono le prime avvisaglie della terribile
congiura dei Pazzi (26 aprile 1478).
Ogni cosa è descritta
in maniera minuziosa: dagli arredi,
all’abbigliamento, ai gioielli nessun dettaglio viene tralasciato per ricreare in
modo impeccabile i fasti della grandiosa corte medicea.
L’autrice è molto riguardosa
nel descrivere la storia d’amore che lega Simonetta Cattaneo a Giuliano de’
Medici; non ci è dato sapere se il loro fosse stato realmente solo un amore platonico e Marina Colacchi Simone lascia rispettosamente il lettore nel dubbio.
L’elemento protagonista
del finale del romanzo, senza anticiparvi troppo, posso dirvi che è l’agnizione, una soluzione da commedia
plautina quella del riconoscimento che si rivela nell’insieme indovinata.
Moltissimi sono i
personaggi e tutti molto ben caratterizzati. Non si può non provare empatia per
la giovane Vanna, rimanere affascinati dalla figura carismatica di Lorenzo de’
Medici o incuriositi da quella di Agnolo Poliziano, detestare Girolamo Riario e
Matteo Orsini, ma un personaggio in modo particolare mi ha davvero colpita ed è
quello di Duccio Salimbeni uomo colto,
intelligente e d’animo nobile che al momento giusto sa dimostrare una forza e
una determinazione che non ti aspetti.
Il libro di Marina
Colacchi Simone è un ottimo romanzo storico, il perfetto compromesso tra verità e finzione.
Un’ultima precisazione sul
titolo. Perché Florentine? Florentine
è il nome del diamante che Francesco de’ Bardi riceve dal duca di Borgogna per
i servizi resi e che invia ai suoi figli prima di morire. Nel libro al grande diamante giallo paglierino viene
dato il nome di “Florentine” da Matteo Orsini in onore di Vanna. In realtà,
come si legge nelle note dell’autrice al termine del volume, il diamante entrò in possesso dei Medici solo
con Ferdinando I e la sua storia prima di allora è molto lacunosa, tante sono
le versioni. Gli Asburgo-Lorena ne entrarono in possesso alla morte di Gian Gastone,
ultimo granduca di Toscana. Resta avvolto nel mistero cosa sia accaduto a
questa preziosa gemma dopo il 1919.