sabato 21 novembre 2020

“Anja, la segretaria di Dostoevskij” di Giuseppe Manfridi

Pietroburgo 1866, il maestro Dostoevskij, il più grande scrittore russo vivente, firma con il suo editore Stellovskij un contratto capestro.

Dostoevskij ha urgente bisogno di denaro per pagare dei debiti e, per quanto il contratto sia un vero e proprio patto col diavolo, lo scrittore è costretto a scendere a patti con il suo mefistofelico editore.

Il contratto lo impegna a consegnare a Stellovskij un nuovo romanzo entro un mese dalla data della firma; se i termini dell’accordo non dovessero essere rispettati, tutti i diritti delle opere già pubblicate dall’autore diventerebbero di proprietà dell’editore così come tutti i diritti di quelle opere prodotte nei nove anni successivi.

Il nuovo romanzo dovrà essere di 500 pagine scritte a mano corrispondenti a 50 fogli a stampa, il compenso tremila rubli.

Su consiglio degli amici Dostoevskij si rivolge ad una scuola di stenografia perché gli fornisca il nominativo di qualcuno che possa affiancarlo in questa titanica impresa a cui suo malgrado è costretto a sottoporsi.

La scelta della scuola ricade sulla loro migliore allieva; Anja, studentessa del primo anno, è una ragazza timida e molto preparata nonché grande appassionata di letteratura, passione trasmessale dal padre.

Anja vive da sola con la madre, il padre è morto ormai da molto tempo e la sorella, alla quale è molto legata, si è trasferita da anni in un'altra città con il marito e i figli.

Non sarà facile per Anja adattarsi al carattere burbero di Dostoevskij così come non sarà semplice per il famoso scrittore stravolgere completamente il proprio processo creativo, ma il loro rapporto crescerà e si rinforzerà giorno dopo giorno, sfociando in qualcosa di imprevisto e imprevedibile.

La storia d’amore nata in appena un mese tra la giovane Anna Grigor'evna Snitkina e il quasi cinquantenne Fëdor Michajlovič Dostoevskij  sarà destinata a fare molto scalpore a causa della scandalosa differenza d’età dei due protagonisti.

Il romanzo intitolato “Il giocatore” verrà pubblicato nel 1866.

I personaggi del romanzo sono molto numerosi, ma ognuno di loro è caratterizzato fin nei minimi particolari sia fisici che psicologici.

L’autore dimostra di essere un profondo conoscitore dell’animo umano regalandoci pagina dopo pagina un racconto dettagliato dei sentimenti, delle debolezze, delle paure e delle insicurezze che pervadono gli animi dei protagonisti della storia.

I dubbi e il senso di frustrazione che tormentano Fëdor Michajlovič sull’esito del romanzo e sui sentimenti di Anja così come il senso di smarrimento che coglie la giovane nel doversi confrontare con situazioni e sentimenti per lei mai affrontati prima sono delineati da Manfridi in modo coinvolgente e appassionante.

Tra i due è proprio Anja quella più determinata e tenace; è lei che, nonostante la giovane età, riesce a infondere coraggio a Fëdor Michajlovič, un uomo che, per sua stessa ammissione, è affetto da ipocondria spirituale e segnato profondamente dall’esperienza dei lavori forzati.

Nel romanzo viene evidenziata anche la profonda fede cristiana del maestro Dostoevskij che, membro devoto e praticante, ha permeato di questo suo amore per il Cristo tutta la sua opera.

Manfridi riesce ad evocare tutto ciò non solo attraverso le parole, ma anche attraverso l’immagine di quel Vangelo che il maestro consegna ad Anja non come un regalo bensì come un’epistola in continuo viaggio tra loro.

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare però il racconto non manca di pagine carice di suspense, a quelle dedicate all’introspezione psicologica dei personaggi e alle schermaglie amorose tra i protagonisti, infatti, si alternano pagine in cui lo stato di attesa e di apprensione del lettore viene continuamente sollecito ad interrogarsi sull’evolversi delle situazioni e sull’esito delle stesse.

Nella storia raccontata da Giuseppe Manfridi ci sono alcune licenze che l’autore si è concesso, come egli stesso scrive nell’appendice posta al termine del volume, inesattezze e omissioni necessarie all’economia del romanzo, piccoli peccati veniali che il lettore è ben felice di perdonare visto il risultato.

“Anja, la segretaria di Dostoevskij” è un romanzo davvero interessante per trama e per stile di scrittura, uno di quei romanzi che non è facile trovare nello sconfinato panorama di pubblicazioni dei nostri giorni.

Il romanzo di Manfridi è un volume corposo (600 pagine), ma non dovete lasciarvi spaventare dalla mole perché la lettura è oltremodo scorrevole e fluida.

Sin dalle prime pagine ci si rende conto di avere tra le mani un’opera di straordinaria qualità e questa impressione resterà  inalterata fino all’ultima riga del romanzo.

Con un linguaggio forbito e raffinato, ma allo stesso tempo semplice e immediato, l’opera di Manfridi è letteratura con L maiuscola; un romanzo che ben figurerebbe tra i romanzi che hanno fatto la storia della letteratura e che oggi è così difficile incontrare sugli scaffali delle librerie dedicate al romanzo contemporaneo.

Grazie alla penna di Manfridi si torna finalmente a respirare l’aria dei grandi classici, quei meravigliosi romanzi che hanno saputo negli anni e nei secoli mantenere immutato il loro fascino.

 

 


sabato 14 novembre 2020

“Le rose di Cordova” di Adriana Assini

Nura, la schiava moresca di Juana I di Castiglia (1479-1555), terzogenita di Isabel e di Fernando, è l’io narrante di questo romanzo in cui racconta la propria vita e quella della sua padrona, due esistenze legate indissolubilmente dal loro destino.

Juana andò in sposa a Philippe di Borgogna, conosciuto anche come Philippe detto il Bello, da non confondersi con l’altro Filippo il Bello, il re di Francia che regnò dal 1285 al 1314.

Il bel fiammingo, figlio di Massimiliano I d’Asburgo, era all’epoca il principe più ammirato e desiderato da tutte le corti europee, ma per la principessa spagnola quello che ad un primo momento era sembrata la sua più grande fortuna, si rivelò ben presto per lei una terribile sciagura.

Philippe era un seduttore impenitente, un giovane scaltro e insolente che ben presto perse interesse per la giovane moglie e, nonostante i numerosi figli nati dal loro matrimonio, Juana si ritrovò fin da subito a dover fare i conti con le numerose amanti del marito che questi non si faceva alcuno scrupolo di esibire a corte.

Sfinita dai continui tradimenti e con il cuore a pezzi, Juana trascorse tutta la sua vita matrimoniale tra ripicche e scenate, nell’inutile tentativo di conquistare l’amore del consorte.

I suoi continui colpi di testa e gli sbalzi d’umore non fecero altro che favorire coloro che, non vedendo l’ora di appropriarsi del suo trono, non si fecero alcuno scrupolo nel dichiararla pazza per raggiungere i propri scopi.

Juana passerà alla storia come Giovanna la Pazza, la regina che non regnò neppure un giorno.

Per un triste gioco del destino infatti fu lei, terza in linea di successione, ad ereditare il regno di Castiglia e d’Aragona alla morte della madre Isabel, ma questo fatto invece di riabilitarla agli occhi del consorte non fece che far precipitare definitivamente la sua già triste e precaria situazione.

Suo padre Fernando e suo marito Philippe non persero tempo a dichiarare Juana una povera inferma per poterle strappare la corona, salvo poi battersi tra loro così spietatamente per il potere che ancor oggi resta il sospetto che Philippe morì avvelenato proprio per mano del suocero.

Quella di Juana fu vera pazzia oppure i suoi comportamenti furono dettati solo dalla frustrazione e dalle umiliazioni a cui fu continuamente sottoposta?

Juana venne ingannata e tradita da tutti coloro che amava di più e che per primi avrebbero dovuto proteggerla: suo padre, suo marito e persino il suo stesso figlio che non alzò un dito in sua difesa quando salì su quel trono che di fatto apparteneva alla madre.

Giovanna morì prigioniera tra le mura di quel castello dove suo padre l’aveva segregata tanti anni prima, morì sola e dimenticata da tutti, l’unica che rimase al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni fu proprio Nura, la sua schiava.

Non è la prima volta che Adriana Assini dà voce nei suoi romanzi a straordinarie figure femminili del passato, vorrei qui ricordare un romanzo che ho amato moltissimo intitolato “Agnese, una Visconti”.

Ne “Le rose di Cordova” due sono le figure femminili protagoniste del romanzo, due donne di nobile stirpe la cui condizione è molto diversa, ma solo in apparenza.

Nura figlia di Aziz, primo ministro del sultano Boabdil il Piccolo, è solo una schiava mentre Juana sembra destinata a un fulgido destino, eppure, anche lei a suo modo è una schiava al pari della sua ancella. Usata da chi dovrebbe proteggerla, tradita e continuamente umiliata, non può dirsi più libera di Nura tanto che anche lei stessa finirà i suoi giorni rinchiusa in un castello-prigione.

Il rapporto che lega Nura alla sua padrona è un rapporto conflittuale, un rapporto fatto di amore e odio, come lei stessa non stenta a definirlo; più indecifrabile è invece il sentimento che lega Juana alla sua ancella.

Juana è una donna indisciplinata, ribelle e fiera che, per quanto spesso possa avere atteggiamenti indisponenti e spesso esasperanti, non si può non amare e provare empatia nei suoi confronti.

Adriana Assini ci regala in questo romanzo il ritratto di due figure femminili molto diverse tra loro, entrambe forti e determinate, innamorate dello stesso uomo, unite da un patto non scritto; due donne legate da sentimenti spesso conflittuali ma destinate a condividere per la vita la loro solitudine, a godere insieme dei raggi del sole e insieme a sfuggire la pioggia.

“Le rose di Cordova” è un racconto breve, sono appena duecento pagine, ma molto intenso; una storia tormentata quella di Juana I di Castiglia che Adriana Assini ha saputo raccontarci ancora una volta con la grazia e la sensibilità che da sempre contraddistinguono la sua scrittura.




 

lunedì 9 novembre 2020

“La danza del mulino” di Winston Graham

La guerra contro Napoleone continua ad infuriare sul continente, mentre a casa Poldark Ross e Demelza sono in attesa del loro quinto figlio.

La nuova miniera sembra destinata a non dare risultati in tempi brevi ma, trattandosi di una speculazione, c’è bisogno di tempo per avere certezze.

Jeremy, il figlio maggiore, sembra proprio non riuscire a dimenticare l’affascinante Cuby Trevanion, ma il fratello della giovane è sempre più intenzionato a trovarle un marito ricco in grado si saldare i debiti da lui contratti per la costruzione della pretenziosa dimora di famiglia oltre che ai numerosi debiti di gioco.

Mentre la piccola di casa Isabella-Rose cresce sempre più ribelle, Clowance accetta di sposare l’attraente e tenebroso Stephen Carrington.

La passione tra loro divampa ad ogni sguardo, ma sarà sufficiente la sola attrazione fisica per far fronte a tutte quelle differenze che sembrano ogni giorno scavare una voragine sempre più profonda tra loro?

George Warleggan, sempre più ai ferri corti con il figlio maggiore Valentine, un damerino vanesio e libertino, compie il grande passo convolando a nozze con Lady Harriet.

L’esser riuscito a sposare la figlia di un duca rende George, se possibile, ancora più altezzoso e determinato a consolidare la propria ascesa sociale, ma sul suo cammino ancora una volta incocerà il nome dei Poldark.

Ambientato nella Cornovaglia del 1812, il nono capitolo della saga dei Poldark consacra definitivamente le nuove generazioni, già protagoniste dell’ottavo romanzo, come principali personaggi della storia.

Valentine, il figlio di Ross ed Elizabeth, che tutti credono essere figlio di George, sembra aver ereditato il carattere licenzioso e lo spirito depravato del nonno paterno, inoltre, per uno strano gioco del destino, il suo cammino sembra ormai indirizzato a scontrarsi con quello del fratellastro/cugino Jeremy, quasi a voler replicare lo scontro che in passato aveva opposto suo padre Ross al cugino Francis per la conquista del cuore di sua madre Elizabeth.

Cuby Trevanion ricorda molto Elizabeth, come lei è bella e di nobile nascita; anche Elizabeth aveva seguito il volere della famiglia, aveva accettato di sposare Francis per il decoro e per il denaro invece di seguire il suo cuore e sposare Ross. Cuby sembra intenzionata a fare la stessa scelta, ma riuscirà a rimanere ferma nei suoi propositi fino alla fine?

Per ora non è dato saperlo, dovremo attendere i prossimi romanzi così come dovremo aspettare le prossime uscite per conoscere quali saranno le scelte definitive di Clowance, l’adorata figlia di Ross.

“La danza del mulino” è un romanzo scorrevole come tutti i romanzi nati dalla penna di Winston Graham, anch’esso si legge tutto d’un fiato e non risulta mai noioso tranne forse nelle poche pagine in cui l’autore si perde nei dettagliati tecnicismi relativi ai motori e alle caldaie, ma fa tutto parte dell’economia del racconto.

La differenza con gli altri romanzi nasce dal fatto che questo libro lo si potrebbe considerare un volume di passaggio, nella prima parte infatti non ci sono grandi sviluppi nella storia e il finale resta più aperto del solito presentando uno spiazzante colpo di scena.

“La danza del mulino” è più improntato alla descrizione dei personaggi, all’indagine della loro psicologia così da preparare il lettore a quello che accadrà dei prossimi libri. È forse il romanzo che più di tutti lascia il lettore con il fiato sospeso in attesa di conoscere gli eventi futuri.

Ancora una volta Winston Graham riesce a turbare il lettore regalandogli emozioni e coinvolgendolo nella storia, creando aspettative e mantenendo alta la tensione del racconto, rendendolo sempre partecipe della vita dei suoi personaggi siano essi vecchie o nuove conoscenze.

“La danza del mulino” è un romanzo che conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, la grande capacità narrativa del suo autore e ci lascia, ancora una volta, in trepidante attesa dell’uscita del prossimo romanzo.

Qui potete trovare i post dedicati agli atri volumi della saga di Poldark




sabato 7 novembre 2020

“Il profumo sa chi sei” di Cristina Caboni

Elena Rossini sembra essere finalmente una donna realizzata. Con la sua amica e socia Monique ha aperto una profumeria di tendenza a Parigi e le sue creazioni personalizzate sono richiestissime. Il suo rapporto con Cail, il suo compagno, è solido e anche se Bea, la bimba di Elena non è la figlia naturale di Cail, tra i due si è sviluppato un legame fortissimo.

Tutto sembrerebbe procedere per il meglio fino a  quando un giorno all’improvviso il profumo abbandona Elena.

Creare profumi era ciò che sin da bambina la rendeva felice e in pace con se stessa, perdere questa capacità la getta inevitabilmente nel panico.

A venire in suo soccorso sarà sua madre Susanna con la quale ha da poco recuperato il rapporto, ma con la quale ci sono purtroppo ancora troppe cose taciute del passato.

Ci sarà modo di fare chiarezza durante un viaggio che Elena accetterà di compiere con la madre, un viaggio che dal palazzo di famiglia a Firenze condurrà le due donne in Giappone, in India e in Arabia Saudita.

Un lungo percorso fatto di ricordi e di segreti svelati, un percorso alla ricerca di se stessa e alla ricerca di quella complicità con la madre persa quando Elena era appena una bambina e Susanna aveva scelto di affidarla a sua madre anziché tenerla con sé, convinta che questa sarebbe stata la soluzione migliore per sua figlia.

“Il profumo sa chi sei” è il seguito di “Il sentiero dei profumi”. In realtà questo secondo romanzo si potrebbe leggere tranquillamente senza aver letto il primo, ma il mio consiglio è quello di recuperare il primo volume, non tanto perché ne risentirebbe la lettura, quanto piuttosto perché è davvero una storia emozionante che merita di essere letta nella sua completezza.

Per chi come me ha amato molto “Il sentiero dei profumi” è stato oltremodo piacevole scoprire che Cristina Caboni abbia deciso di regalare un seguito ai suoi lettori; è stato emozionante poter ritrovare i protagonisti di quel suo primo romanzo le cui storie tanto ci avevano appassionati.

Questo secondo libro consacra definitivamente l’amore che lega Elena e Cail, cancellando tra i due ogni tipo di incomprensione.

Elena però per vivere serenamente il suo rapporto con Cail ha bisogno di fare prima chiarezza in se stessa e recuperare totalmente anche il rapporto con la madre.

Solo se siamo in pace con noi stessi possiamo aprirci agli altri e vivere pienamente la nostra vita dando voce ai nostri sentimenti senza nasconderci.

Troppo spesso, infatti, ciò che desideriamo non è quello che vogliamo veramente, ma semplicemente la proiezione di un’ipotetica soluzione ideale. Troppo spesso riteniamo che siano state le azioni degli altri a pregiudicare le nostre scelte quando in realtà siamo stati noi stessi a costruire le nostre prigioni.

“Il profumo sa chi sei” è il romanzo di Elena, ma anche il romanzo di Susanna, anche lei come la figlia dovrà fare i conti con il suo passato, perdonarsi e perdonare, per poter lasciarsi tutti gli errori e i rimorsi alle spalle e guardare finalmente con serenità e speranza al futuro.

Cristina Caboni ci conduce con questo suo nuovo romanzo in un emozionate viaggio fatto di magia e sentimenti attraverso luoghi affascinanti e misteriosi, dal centro di Firenze partiamo per luoghi magici ed esotici, la fioritura degli Iris sulle colline di Firenze lascia il posto nella nostra immaginazione alla fioritura dei ciliegi in Giappone, agli incensi indiani, alle coltivazioni di rose di Ta’if in Arabia, sembra di poterli vedere quei luoghi e quei colori, sembra di riuscire a sentirli quei profumi.

Segreti di famiglia e luoghi colmi di fascino sono gli ingredienti di questo nuovo romanzo di Cristina Caboni che, ancora una volta, riesce ad affascinarci con le sue storie uniche e intense come unici e intensi sono i sentimenti e le emozioni che emergono come sempre da ogni sua pagina.

 




domenica 1 novembre 2020

“Il destino di una regina” di Allison Pataki

È il 1860, l’ottantatreenne regina vedova, la regina madre di Oscar I di Svezia, può concedersi finalmente di essere se stessa, guardarsi indietro e ripensare ormai con assoluta serenità agli anni burrascosi della sua lunga e movimentata vita.

La regina madre Desideria può lasciarsi andare ai ricordi, rivivere con la mente quei giorni in cui la bellissima sedicenne Désirée Clary fece innamorare quel piccolo corso che, qualche anno più tardi, sarebbe diventato imperatore di Francia e avrebbe fatto tremare tutta l’Europa, Napoleone Bonaparte.

Erano gli anni del Terrore in Francia quando Désirée, terzogenita di una famiglia borghese molto agiata, conobbe Napoleone di Bonaparte.

Quello che tutti conoscevano come il generale ragazzino era solo all’inizio della sua carriera, ma già più che determinato a lasciare traccia di sé nella storia della Francia e non solo.

Mentre la sorella di Désirée sposa Giuseppe, il fratello di Napoleone, Désirée si fidanza con quest’ultimo divenendone l’amante.

Partito per Parigi però Napoleone dimentica ben presto questo suo amore giovanile in favore di colei che diventerà la sua prima moglie, la bellissima e affascinante Giuseppina Beauharnais.

A Désirée non resterà quindi che adattarsi alla nuova situazione per non soccombere sotto il peso dell’umiliazione e dell’amore tradito, tentando di volgere a proprio favore quanto più possibile la situazione e piegare gli eventi nella direzione a lei più vantaggiosa.

Napoleone resterà una presenza costante nella sua vita, cercherà sempre di influenzare le sue scelte, ma lei saprà giocare le sue carte e, rivelando spesso un’astuzia non comune, riuscirà a ritagliarsi il suo posto nel mondo, a sposarsi per amore e diventare regina di Svezia, lei, una semplice esponente della haute bourgeoisie, riuscirà un giorno a sedere su uno dei troni più antichi d’Europa.

La figura di Désirée Clary è una figura non molto nota della storia; eppure, la sua vita si è svolta accanto a quella di celebri figure quali quelle di Napoleone, di Giuseppina Beauharnais  e del maresciallo di Francia Jean-Baptiste Jules Bernadotte senza dimenticare inoltre che i suoi stessi discendenti siedono ancora oggi sul trono di Svezia oltre che su quelli di molti altri paesi.

Il libro di Allison Pataki ci regala l’immagine di una donna straordinaria che seppe sopravvive con grazia e con fermezza durante quei pericolosi anni che, dal periodo del Terrore fino alla morte di Napoleone Bonaparte, resero la Francia un ambiente infido e rischioso nel quale muoversi.

“Il destino di una regina” non è solo il romanzo di Désirée Clary, Désirée Bernadotte o Desideria, regina di Svezia, ma è anche il romanzo di un’epoca e dei suoi protagonisti, è il romanzo dell’amore di Giuseppina e di Napoleone, il romanzo della gloria di Napoleone, il romanzo della Francia napoleonica.

Estremamente ben caratterizzato è il personaggio di Giuseppina Beauharnais che, donna forte e resiliente, riesce a tenere legato a sé Napoleone nonostante i tradimenti e le numerose amanti, nonostante le guerre e le battaglie e nonostante l’avversione della famiglia Bonaparte nei suoi confronti.

Giuseppina è completamente diversa da Désirée, tanto sensuale e ammaliatrice l’una, quanto controllata e misurata l’altra, ma entrambe accumunate dalla risolutezza e dalla determinazione a non lasciarsi sopraffare dagli eventi, sempre pronte ad ingoiare la propria infelicità pur di non compromettere ulteriormente le situazioni a loro sfavorevoli.

In questo mondo di donne coraggiose e ferme nei loro intenti è proprio la figura di Napoleone quella ad uscirne più sminuita.

Lui così temerario, egocentrico e insensibile, amante della teatralità e incurante di ferire i sentimenti altrui, lui dotato di un talento tanto smisurato da poter gareggiare solo con la sua altrettanto immensa ambizione, non è uomo in grado di provare alcuna empatia, che sia per i suoi soldati abbandonati nel gelo della Russia oppure per le sue donne abbandonate per soddisfare le proprie passioni o per smania di grandezza.

Napoleone morirà solo e sconfitto, forse soffocato dai rimpianti, ma certamente non sopraffatto dai rimorsi.

“Il destino di una regina” di Allison Pataki è un romanzo storico scorrevole, minuzioso nel descrivere i dettagli dei costumi dell’epoca, un romanzo affascinante come la sua protagonista e travagliato come gli anni in cui visse.




 

sabato 24 ottobre 2020

“Le sette dinastie” – “La corona del potere” di Matteo Strukul

12 ottobre 1427, battaglia di MaclodioL’esercito visconteo capitanato da Carlo Malatesta viene sconfitto dall’esercito della lega anti-viscontea capitanato dal Carmagnola, al soldo della Repubblica di Venezia.

Inizia qui il racconto del Rinascimento italiano nato dalla penna di Matteo Strukul, una trilogia che si concluderà con il racconto del sacco di Roma avvenuto nel 1527.

“Le sette dinastie”, primo volume della saga, ci racconta delle città (Milano, Venezia, Roma, Firenze, Ferrara, Napoli) che dominano la scena italiana partendo dal 1427 fino a pochi anni prima della morte di Lorenzo il Magnifico e della scoperta dell’America.

Le figure che occupano la scena in questo primo romanzo sono soprattutto la potente famiglia Condulmer di Venezia che ha stretti legami con Roma, avendo avuto un papa in famiglia e muovendosi ora per poter insediare un altro famigliare sul soglio pontificio alla morte di Martino V, e i Visconti di Milano.

Filippo Maria Visconti non ha eredi maschi, non ha avuto figli né dalla prima moglie Beatrice di Toledo né dalla seconda Maria di Savoia.

Solo Agnese del Maino, la sua storica amante, è riuscita a renderlo padre di una bellissima e intelligente figlia, Bianca Maria, e a lei Filippo Maria vuole garantire il ducato.

Bianca Maria sposerà l’abile condottiero Francesco Sforza consegnando così se stessa e il ducato di Milano nelle mani della famiglia Sforza.


“La corona del potere”
inizia il racconto dal 1488, pochi anni prima della morte del Magnifico, morte della quale non viene dato alcun dettaglio.

È un volume dedicato per la maggior parte alla famiglia Borgia: papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e ai suoi figli in particolar modo all’affascinate Lucrezia e al temuto Duca Valentino, Cesare Borgia.

Come per il primo volume non sono solo le figure di condottieri e politici a dominare la scena, ma bellissime ad esempio in questo secondo volume sono le pagine dedicate alla figura di Leonardo Da Vinci, alla sua pittura e ai suoi studi.

“La corona del potere” si conclude con le morti di Cesare Borgia e di Ludovico il Moro, due figure carismatiche e importanti che avevano a lungo dominato la scena politica e non solo.

Un progetto complesso ed ambizioso questo di Strukul dedicato al Rinascimento italiano, non è facile infatti riunire un periodo tanto complesso e che vede sulla scena così tanti personaggi in pochi volumi, per quanto ognuno di questi due primi libri conti più di 500 pagine ciascuno.

Il rischio è quello già corso da Burckhard nel suo “La civiltà del Rinascimento in Italia”, saggio al quale lo stesso Strukul ha dichiarato di essersi ispirato, ovvero di tralasciare alcune cose o al contrario di soffermarsi troppo su altre.

Il Rinascimento fu un periodo ricco di arte e letteratura, filosofia e studi scientifici, ma fu anche un periodo politicamente insidioso e in perenne stato di guerra.

L’Italia era un paese fatto di tanti piccoli stati, regni, repubbliche, ducati incapaci di trovare un punto di unione, un paese dove le informazioni erano la fonte di potere più efficace, un paese di traditori e disonesti dove la parola data veniva il più delle volte disattesa.

Matteo Strukul ci narra questo mondo in modo minuzioso senza tralasciare nulla, ci racconta in modo perfetto le battaglie, tanto che sembra di partecipare agli scontri sul campo in prima persona, ci racconta dell’arte, le pagine dedicate al Cenacolo di Leonardo e ai tarocchi commissionati da Agnese del Maino per Filippo Maria  Visconti ne sono un esempio su tutti, delle città e delle loro fortificazioni, delle chiese e dei palazzi, ma soprattutto riesce a ricreare l’atmosfera di quel mondo facendoci incontrare i suoi protagonisti.

Matteo Strukul non dedica molto spazio alla famiglia Medici, a loro del resto aveva già dedicato i volumi di un’intera saga, ma da queste pagine si evince il suo forte interesse per il ducato di Milano, per i Visconti e per gli Sforza e tale inclinazione risulta evidente nelle bellissime caratterizzazioni di personaggi quali Filippo Maria Visconti, Ludovico il Moro e Caterina Sforza.

Altri personaggi indimenticabili del secondo volume sono Lucrezia Borgia e Cesare Borgia del quale dà una descrizione straordinaria

Cesare Borgia, l’uomo che fu tutto e fu niente, fu notte e giorno, croce e spada, ma mai, mai gli riuscì d’essere chi davvero voleva.

Non posso affermare che siano romanzi sempre scorrevoli, a volte il ritmo rallenta e ho avvertito a tratti alcune difficoltà, non dovute di certo alla scrittura quanto piuttosto dall’insieme del racconto che presenta indubbiamente una trama davvero complessa.

Matteo Strukul però ha dimostrato di saper condurre per mano il lettore anche nei passaggi più difficili e il risultato è una saga assolutamente avvincente come il periodo storico a cui si riferisce.

Non si può correre leggendo queste pagine, bisogna avere la pazienza di aspettare per capire e comprendere le implicazioni che ogni singolo evento, ogni singola parola comporta nel quadro storico, solo così è possibile riuscire ad entrare appieno in quel mondo tanto spietato e allo stesso tempo così affascinante che è stato il Rinascimento italiano.

 

domenica 11 ottobre 2020

Firenze in bianco e nero

Non è facile muoversi in questo momento tanto più se, come me, ci si deve spostare in treno. 
I contagi stanno sensibilmente aumentando e ovviamente con loro crescono anche l'ansia e la paura di viaggiare.

A volte però bisogna anche trovare il coraggio di non farsi sopraffare dalle situazioni negative e così alla fine mi sono lasciata convincere dalla mia amica a trascorrere un giorno a Firenze.


Ponte Vecchio


Inutile dire che, nonostante la pioggia pomeridiana, il continuo doversi districare tra gel igienizzanti, mascherine e distanziamento sociale, la giornata di ieri è trascorsa comunque  troppo velocemente.

Influenzata dalla particolare situazione che tutti noi stiamo vivendo ormai da mesi oltre che dalla stagione autunnale ho deciso di optare questa volta per delle foto in bianco e nero.


Basilica di San Lorenzo


Via Ricasoli 


Dopo aver fatto come sempre colazione seduta nel dehors vista Duomo del Caffè Scudieri, mai rinunciare alle sue squisite brioches! ci siamo dirette verso la Galleria dell'Accademia con la speranza di non trovare troppa coda all'ingresso.
Siamo state fortunate perché siamo riuscite a fare subito i biglietti ed entrare senza alcuna attesa.


Il David di Michelangelo

All'interno l'opera più affascinante è senza dubbio il David di Michelangelo, ma sono rimasta molto colpita anche dalla gipsoteca Bartolini.


Gipsoteca Bartolini

Purtroppo non erano accessibili la Sala degli Strumenti Musicali a causa dell'emergenza covid e la Sala del Colosso a causa di interventi di consolidamento e restauro.

C'è stato però il tempo per tornare nella Chiesa di Santa Trinita e rivedere la Cappella Sassetti, celebre opera del Ghirlandaio, dove sulla destra in alto è possibile ammirare anche l'immagine di Lorenzo il Magnifico a fianco del committente Francesco Sassetti.


Ponte Santa Trinita


Ovviamente poi non si può andare a Firenze senza fare quattro passi in Piazza della Signoria e salire nella Loggia dei Lanzi.


Loggia dei Lanzi - Ratto delle Sabine (Giambologna)



Ercole e Caco (Baccio Bandinelli)



La fontana del Nettuno (Bartolomeo Ammannati)



Con la statua del Nettuno da tutti conosciuta anche come la statua del Biancone, salutiamo Firenze sperando di poterla rivedere prestissimo!