sabato 2 febbraio 2019

“La stanza della tessitrice” di Cristina Caboni


LA STANZA DELLA TESSITRICE
di Cristina Caboni
GARZANTI
Camilla Sampietro lavora nella sartoria “Gioielli di stoffa”, la sartoria per signora di Sandra Finot a Bellagio, sul lago di Como.
Da un anno si è lasciata alle spalle la sua agiata vita milanese e le persone a lei care per inseguire il suo sogno.

La moda per Camilla non è solo ed esclusivamente una questione di glamour, lusso ed eleganza, ma è qualcosa di più profondo ed intimo; la moda per Camilla deve rappresentare la storia di una persona ed i suoi legami.

Proprio per questo motivo la giovane donna disegna vestiti creati sui sogni delle sue clienti; lei ne ascolta attentamente i racconti ed i desideri per poi poter realizzare abiti perfetti per loro.
Gli abiti che lei crea sono cuciti sulle loro speranze, le loro aspirazioni; non sono gli abiti a valorizzare la persona, ma è la persona stessa che valorizza l’abito perché in quell’abito c’è tutta la sua anima.

Camilla ama soprattutto ridare vita ai vecchi vestiti, adora ricavare da un vecchio abito appartenuto ad una persona cara un nuovo abito che crei un legame tra la persona che lo indosserà e chi ormai non c’è più.

Camilla è affascinata dalla storia di Maribelle, una sarta della quale sono giunte ai giorni nostri pochissime e frammentarie notizie.

La leggenda racconta che Maribelle fosse in grado di tessere stoffe bellissime e che gli abiti da lei creati fossero in grado di infondere protezione, coraggio e sicurezza in chi li indossava.
Tutto questo era possibile grazie a dei sacchetti che Maribelle cuciva all’interno degli abiti; in questi speciali sacchetti venivano nascosti dei messaggi oltre a spighe di lavanda, fiori di elicriso e ad ogni altro tipo di fiore o di erba a seconda delle necessità.

Proprio come Maribelle, Camilla spera di poter, attraverso le sue creazioni, infondere forza, coraggio e fiducia in se stesse nelle donne che li indosseranno.

“La stanza della tessitrice” non è solo la storia di Camilla Sampietro, ma anche la storia di Caterina Frau.
La madre di Caterina aveva anche due figli maschi per i quali stravedeva, di Caterina invece, per ragioni misteriose, non voleva saperne.
Così per anni la bambina aveva vissuto lontano dalla madre, cresciuta da un’amorevole balia, Rosa la tessitrice, che le aveva trasmesso l’amore per quest’arte antica. 
La vita di Caterina non fu una vita facile e nel corse degli anni furono  molte le prove che dovette affrontare, ma a sostenerla ci fu sempre la passione per il ricamo, per i tessuti ed il ricordo dell’amore di Rosa.

“La stanza della tessitrice” è un romanzo in cui coesistono due linee di narrazione; da una parte abbiamo la storia di Camilla che vive nel presente e dall’altra la storia di Caterina che prende avvio all’inizio degli anni Venti.

Un romanzo che preveda un doppio piano narrativo non è un tipo romanzo il cui intreccio sia di facile gestione, eppure, Cristina Caboni riesce a rendere la narrazione fluida e scorrevole come se mantenere un doppio intreccio narrativo fosse la cosa più semplice e naturale di questo mondo.

La sua bravura di narratrice mi aveva già favorevolmente impressionata leggendo “La rilegatrice di storie perdute” e ora, con questo nuovo romanzo, ne ho avuto ulteriore conferma se mai ce ne fosse stato bisogno.

Così come ho avuto conferma della sua grande capacità di saper creare personaggi indimenticabili e storie affascinati capaci di coinvolgere ed affascinare il lettore fin dalle prime pagine.

“La stanza della tessitrice” ci racconta la storia di due donne che, pur vivendo in due epoche differenti, hanno molto in comune tra loro.
Entrambe non sono state cresciute dalla propria madre, entrambe si sono sentite estranee alle loro famiglie adottive ed entrambe hanno trovato consolazione e conforto nella creazione di bellissimi abiti.

Caterina e Camilla sono due donne, che malgrado le loro fragilità, riescono ad affermare se stesse e decidere della loro vita nonostante ci sia sempre qualcuno che tenti di spegnere i loro sogni.

Nel doppio intreccio della storia, però, non ci sono solo Caterina e Camilla a presentare similitudini, ma anche altri personaggi trovano una specie di alter-ego, così se da una parte abbiamo Luisa, la cugina di Caterina dall’altra troviamo Daniela, la cugina acquisita di Camilla, e poi ci sono zia Amelia e Rosa che rappresentato per Caterina quello che Marianne rappresenta per Camilla.

“La stanza della tessitrice” racconta di dolori antichi e di sofferenza, di rancori e di vendetta, ma anche di amore e di rinascita, di accettazione e di perdono.

Il romanzo di Cristina Caboni è un romanzo che parla direttamente al cuore del lettore, un libro che sa commuovere e sorprendere; la lettura ideale per chi ama le belle storie e per chi ancora crede nel potere dei sogni.




sabato 26 gennaio 2019

“Il giorno che sono nato c’era sciopero delle cicogne” di Fulvio Fiori


IL GIORNO CHE SONO NATO
C’ERA SCIOPERO DELLE CICOGNE
di Fulvio Fiori
I LIBRI DI FULVIO FIORI
E’ lo stesso protagonista del romanzo a raccontarci in prima persona la storia della sua vita che ebbe inizio quando, ancora un feto nel grembo materno, fu costretto a combattere ogni giorno per ottenere un po’ di tranquillità senza tuttavia mai riuscirvi.
Il battito assordante del cuore della madre sempre agitata gli impediva infatti di riposare e, quando il padre, nel tentativo di tranquillizzarla, si metteva a cantare allora era la sua voce a non permettere al nascituro di rilassarsi e trovare un po’ di pace.

Venuto al mondo a metà degli anni ’50 in una tipica famiglia del dopoguerra dove la paura era il potente controcanto dell’amore, il protagonista cresce a suon di carezze e baci alternati a sonori schiaffoni, tra sensi di colpa e goffi tentativi di affermare la propria identità.

Per questo timido ragazzino fragile e insicuro, schiacciato dal peso di una famiglia ingombrante e soffocante, non sarà per nulla facile riuscire ad affrancarsi dai parenti.

Come ogni adolescente egli cercherà, purtroppo con scarsi risultati, la sua strada nell’arte, nella letteratura e nella musica, fino ad approdare alla tenera età di vent’anni alla arti marziali, croce e delizia della sua nuova vita.

Ma chi sono questi genitori dai quali è cosi difficile emanciparsi? Questa madre e questo padre che vorrebbero restasse per sempre un bambino/adolescente?

La madre del protagonista è una donna avara di energie, di tempo e di denaro, ma soprattutto avara di affetto, forse proprio per esserne stata privata lei stessa durante l’infanzia.
L’unica persona di cui le importi veramente è il padre del quale cerca costantemente  l’approvazione, mentre con la madre è sempre in aperto conflitto, un continuo braccio di ferro soprattutto per l’amore del suo stesso figlio che invece vede nella sua dolce e affettuosa nonna  la sua vera mamma.
Cosa ha trasmesso al figlio questa madre che ha brillato per la sua assenza nonostante la sua opprimente presenza? Un bagaglio di paure e di insicurezze emotive oltre alla terribile consapevolezza che nella vita alla fine si resta sempre soli dal momento che tutto è transitorio.

Il padre del protagonista è un uomo dalla duplice personalità: l’uomo prepotente e autoritario lascia infatti il posto all’uomo simpatico ed espansivo che si cela dentro di lui appena varcata la soglia di casa.
Il rapporto del protagonista con il proprio padre è un rapporto fatto di incomunicabilità, ma allo stesso tempo, nonostante i sensi di colpa che il padre è capace di instillare in lui fin dalla nascita, è un rapporto fatto anche di stima e rispetto.
Un rapporto che il protagonista paragona ad un tiro alla fune in cui entrambi cercano di dimostrare la propria forza e la propria ragione.
Con il tempo il protagonista arriverà a comprendere che il padre non è quell’uomo senza cuore che talvolta gli è apparso nel corso degli anni, ma piuttosto un uomo di altri tempi che ha semplicemente paura di mostrare i propri sentimenti.

Nella quarta di copertina si legge che La Feltrinelli ha paragonato il protagonista del romanzo di Fulvio Fiori ad un novello Tristram Shandy: come il protagonista del romanzo di Laurence Sterne infatti egli  ricorda perfettamente la propria nascita.

Il romanzo dal tono intimo e personale di Fulvio Fiori è un romanzo ironico e divertente, che, grazie ad uno stile arguto e sagace e ad una efficace scrittura umoristica, riesce a raccontare con ironia e comicità i paradossi e le stranezze che si annidano in seno alla famiglia e le difficoltà che tutti inevitabilmente incontriamo, chi più chi meno, per tagliare il proverbiale cordone ombelicale.

Se abbiamo ricordato Laurence Sterne, però, parlando di questo romanzo non possiamo non citare anche un altro grande della letteratura inglese, Oscar Wilde, i cui aforismi caratterizzati da ironia, cinismo e sarcasmo ci riaffiorano alla mente leggendo passi come:
                                        
Volete sapere cosa penso di me? Se ho scoperto di essere un genio? Beh, decisamente no! Sono troppo intelligente per credermi un genio!

Una curiosità: questa edizione di “Il giorno che sono nato c’era sciopero delle cicogne” è una riedizione rinnovata del testo edita per festeggiare i primi 15 anni di questo romanzo che nel 2003 ha vinto il Premio Massimo Troisi per la Scrittura comica.

Se volete saperne di più sulle opere di questo autore qui potete leggere la mia recensione di “Il matrimonio è una fiaba a lieto inizio”, romanzo pubblicato da TEA nel 2018 .





domenica 20 gennaio 2019

“Sette giorni perfetti” di Rosie Walsh


SETTE GIORNI PERFETTI
di Rosie Walsh
LONGANESI
Sarah, trentasettenne separata e prossima al divorzio dopo un matrimonio durato 17 anni, è una donna che ha girato il mondo e che, dopo essere sopravvissuta ad una tragedia, ha trovato il coraggio di rifarsi una vita lontano da casa, dall’altra parte del mondo ed ora gestisce un ente no-profit insieme a colui che presto diventerà il suo ex-marito.

Di quella ragazzina che era stata descritta dai professori come un’adolescente esitante e non del tutto sicura di sé, non c’è più alcuna traccia nella donna forte, capace e competente che Sarah Harrington sembra essere diventata oggi.

Come ogni anno, da diciannove anni, nel mese di giugno Sarah torna in Inghilterra a trovare i genitori, ma questa volta i suoi non sono a casa ad accoglierla al suo arrivo perché il nonno materno è stato ricoverato d’urgenza ed ha bisogno di assistenza.

Sarah si ritrova sola in quella casa così piena di dolorosi ricordi e, proprio il giorno della ricorrenza della tragedia, mentre ripercorre la strada dell’incidente, il destino le farà incontrare l’uomo che cambierà per sempre la sua vita.

Tra Sarah ed Eddie è amore a prima vista; i due trascorrono sette giorni perfetti ed indimenticabili.

Quando si separano, perché lui deve partire per una vacanza in Spagna programmata da tempo con un amico e lei deve ottemperare a degli obblighi di lavoro concordati precedentemente, si ripromettono che, al loro rientro dai rispettivi impegni di lì ad una settimana, studieranno una soluzione per poter trascorrere insieme il resto delle loro vite.
                
Eddie David è sembrato a Sarah un uomo solido, razionale, impermeabile alle fluttuazioni e quando sparisce nel nulla, non rispondendo più neppure ai suoi messaggi, la donna teme possa essergli accaduto qualcosa di grave.

Nonostante gli amici di Sarah cerchino di farle comprendere che certe cose fanno parte della vita, succedono continuamente e che l’unica cosa sensata sarebbe quella di vedere quei sette splendidi giorni per quello che sono stati, cioè una semplice avventura, la donna non riesce a darsi pace e, a costo di sembrare e diventare pazza, cerca con ogni mezzo di rintracciare Eddie per capire cosa possa essere realmente accaduto.

“Sette giorni perfetti” è un thriller psicologico intenso e coinvolgente dove ogni personaggio gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della storia.

Ognuno di loro infatti ha qualcosa da raccontare e qualcosa da nascondere, ognuno di loro conosce elementi fondamentali per la soluzione del mistero, piccoli pezzi di un puzzle che pagina dopo pagina si incastrano per rivelarci una verità insospettata.

La narrazione è condotta in modo magistrale dall’autrice e, per quanto il lettore stia attento ai dettagli, ai dialoghi, agli indizi ed a grandi a linee da alcuni accenni riesca ad intravedere una possibile soluzione del mistero, difficilmente sarà preparato al colpo di scena finale.

La bravura dell’autrice consiste proprio nel riuscire a far emergere la verità lentamente attraverso non solo i piccoli indizi lasciati qua a là tra le righe, ma anche attraverso una precisa e dettagliata caratterizzazione psicologica dei personaggi che, proprio grazie al loro vissuto ed alla loro esperienza personale provano a dare interpretazioni più o meno plausibili dell’accaduto.

E proprio perché sono così importanti la psicologia ed il vissuto di ogni personaggio che preferisco non svelarvi nulla di loro per non rovinarvi il piacere della lettura.

Vi posso assicurare però che tutti loro, non solo i protagonisti principali, sapranno catturare la vostra attenzione e coinvolgervi emotivamente con le loro intense storie intrise di passione, amore, rancore, perdono, rabbia, risentimento, paura, sospetto, dolore e rinascita.

A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura nel caso decidiate di leggere questo libro che, dimenticavo di dirvi, è il romanzo d’esordio dell’autrice.




domenica 13 gennaio 2019

“Cuore di riccio” di Massimo Vacchetta


CUORE DI RICCIO
di Massimo Vacchetta
SPERLING & KUPFER

Dopo “25 grammi di felicità”, diventato un bestseller tradotto in moltissimi paesi, in cui Massimo Vacchetta ci raccontava di come avesse ritrovato se stesso grazie alla all’incontro fortuito con un cucciolino di riccio, la famosa Ninna, in “Cuore di riccio” il veterinario torna a parlarci dei suoi piccoli pazienti e del suo centro aperto nel 2014 a Novello nella splendida cornice delle Langhe.

Il Centro recupero ricci “La Ninna” è diventato in pochi anni un punto di riferimento a livello nazionale, ma come ogni realtà che si regge sul volontariato, sulle donazioni e sulla dedizione assoluta del suo fondatore, deve affrontare ogni giorno problemi non solo di tipo economico, ma anche dovuti alla carenza di personale specie in periodi particolari dell’anno.
Per fare qualche esempio: quando escono dal letargo i ricci in difficoltà sono davvero molto numerosi e ognuno di loro necessita di cure personalizzate e poi c’è il periodo delle cucciolate quando i piccoli, devono essere nutriti ad intervalli regolari e frequenti, necessitando così di un’assistenza costante e molto impegnativa da parte dei volontari.

Stress, fatica, ore di sonno perdute non sono nulla per Massimo Vacchetta rispetto all’affetto, alla riconoscenza che queste piccole creature riescono a trasmettere a chi si prende cura di loro e la soddisfazione nell’aiutarle non ha eguali.

In questo secondo libro il dottore dei ricci si confida ancora una volta, aprendo il suo cuore al lettore al quale racconta non solo dei suoi piccoli pazienti, ma anche di se stesso, delle sue paure e di come queste creature, con la loro semplicità ed il loro coraggio, siano state e siano tuttora per lui maestre di vita.

L’empatia che Massimo Vacchetta ha sviluppato nei confronti dei ricci e gli insegnamenti tratti da loro sulla pazienza, sul coraggio, sulla dedizione sono stati fondamentali per lui quando si è trovato a dover affrontare la grave malattia della madre, la sua Franchina.

La vita dà e la vita toglie, così proprio nel momento in cui la malattia della mamma di Massimo peggiora, egli incontra un’amica vera e sincera che subito riconosce come la sorella che non ha mai avuto.

Accettare la sconfitta e la perdita non è mai semplice per il dottore, ogni volta che un riccio ormai guarito viene liberato oppure quando purtroppo non ce la fa,  malinconia e tristezza si impadroniscono inevitabilmente di lui, ma quasi sempre c’è subito qualcun altro che bussa alla sua porta per chiedere aiuto e questo qualcuno non deve avere necessariamente le “spine”, ma ha magari il muso di un’impaurita e smarrita volpina colta di sorpresa da uno spaventoso temporale.

Il veterinario si è ritrovato spesso ad interrogarsi se sia giusto ostinarsi a tenere in vita alcuni disabili come Lisa colpita da un’emiparesi, Musetta sfigurata da un tosaerba o Ditina nata senza le zampine posteriori; ma la risposta per Massimo è sempre la stessa, sì, perché l’attaccamento alla vita che i suoi piccoli pazienti dimostrano deve essere preservato e la loro ostinazione premiata, sempre.

Proprio Lisa, la riccetta disabile a cui un trauma cranico ha provocato un’emiparesi, è la protagonista di questo secondo commovente e coinvolgente libro; trovata boccheggiante in un giardino, dopo essere stata probabilmente investita da un’auto, questa dolce riccia avrà molto da insegnarvi e raccontarvi attraverso le toccanti pagine di “Cuore di riccio”.

L’amore che Massimo nutre per gli animali è lo stesso che molti di noi provano e anche lui, come molti di noi, spesso si sente rivolgere le solite, scontate frasi come “aiutare le persone è un conto, ma i ricci” che possono essere poi cani, gatti, lucertole…
Ma chi ha stabilito che la loro vita valga meno della nostra? Senza contare che spesso  quelle stesse persone non fanno nulla neppure per aiutare i loro simili.

La sofferenza merita sempre conforto, che si tratti di una persona o di un riccio. Ci metto il cuore in entrambi i casi, gli animali, forse, mi sembrano più indifesi, o forse so meglio come aiutarli, ecco perché preferisco occuparmi di loro.

Questo è Massimo Vacchetta, un uomo che ha scelto di dedicare la sua vita a queste creature e che crede sia un  dovere rispettare la nostra Terra, animali compresi.

I ricci, ai quali spesso causiamo dolore e sofferenza senza neppure accorgercene, sono creature deboli ed indifese a rischio di estinzione.
Senza rendercene conto siamo proprio noi  la causa principale dei loro guai; i ricci infatti vengono investiti dalle auto mentre attraversano la strada oppure cadono vittime dei nostri lavori di giardinaggio, spesso venendo bruciati vivi insieme alle sterpaglie o avvelenati dall’uso di diserbanti, pesticidi e quant’altro; senza contare che a volte vengono attaccati dai nostri animali domestici che scorazzano in giardino.

Proprio per questo motivo alla fine del volume è stata inserita un’appendice molto utile e pratica che ci indica le dieci cose da fare e da non fare quando si incontra un riccio.

E’ vero, come Massimo Vacchetta afferma, i ricci sono maestri di vita in grado, grazie alla loro naturale semplicità, di aiutarci a riscoprirne la vera essenza, ma lui stesso è, grazie alla  la sua autenticità ed alla la sua dedizione, attraverso la passione che mette nel suo progetto, attraverso l’amore che dimostra ogni giorno verso queste piccole creature indifese, con il suo coraggio nell’accettare ogni giorno la possibilità della sconfitta e dell’’abbandono, perché l’amore purtroppo è fatto anche di lontananza e di perdita, è egli stesso un grande maestro per tutti noi.

Non è facile rimettersi in gioco, andare controcorrente per aiutare chi è indifeso e farlo ogni giorno senza mai risparmiarsi.
Non possiamo quindi che provare ammirazione per un uomo capace di tanto amore e dedizione, per il suo coraggio e ringraziarlo per tutto quanto sta facendo per queste creature speciali, ma ancora di più per l’esempio che riesce a darci ogni giorno con il suo lavoro.

Credo che abbiate capito che credo molto in questa causa, per cui spero di avervi un po’ incuriosito e avervi fatto venire voglia di leggere il libro con l’acquisto del quale, non solo contribuirete ad aiutare il centro, ma anche alla diffusione della sua attività.




Questi i link per poter approfondire la conoscenza del centro o trovare i contatti in caso di necessità:


   


Qui potete trovare la mia recensione di “25 grammi di felicità”

        


lunedì 31 dicembre 2018

“Viking - La regina del mare” di Linnea Hartsuyker


VIKING
LA REGINA DEL MARE
di Linnea Hartsuyker
GIUNTI
“La regina del mare” è il secondo volume della trilogia "Viking” nata dalla penna di Linnea Hartsuyker.

L’autrice si è ispirata per scrivere questi romanzi alle storie narrate nell’Heimskringla, opera del XIII secolo di Snorri Sturluson, storico, poeta e uomo politico islandese vissuto ben quattro secoli dopo gli eventi storici da lui raccontati.

Sono trascorsi sette anni dalla battaglia di Vestofold, episodio col quale si chiude il primo volume della saga, “Le ossa di Ardal”.

La realizzazione del sogno di Harald di una Norvegia unita sotto il suo regno è ancora lontano.
Molti sono coloro che sono fuggiti in Islanda e da qui progettano, grazia ad un’alleanza con il re di Svezia, di riprendersi i propri regni.
Re Harald nel frattempo è sempre più in aperto contrasto con il suo alleato Re Hakon e la loro unione diviene ogni giorno più incerta ed inaffidabile.

Ragnvald, nonostante creda sempre fermamente alla sua visione e continui a sostenere con tutte le sue forze il progetto del suo re, inizia ad essere stanco di combattere e vorrebbe avere un po’ di tempo per potersi dedicare a Sogn, la sua terra, ma anche ai suoi figli che stanno crescendo senza di lui.

Svanhild in questi anni a fianco del marito Solvi ha viaggiato raggiungendo terre lontane, ha assaporato la libertà, ma anche lei, come il fratello Ragnvald, vorrebbe ora trovare un luogo dove fermarsi e fare crescere il piccolo Eystein.

Eystein è un bimbo gracile che non solo non ha ereditato la forza e la determinazione dei genitori, ma purtroppo neppure la passione per il mare al quale invece preferisce le verdi distese d’erba.   

Svanhild dovrà mettere in campo tutto il suo coraggio se vorrà sopravvivere ai colpi avversi della sorte e si ritroverà a dover compiere ancora una volta scelte molto difficili per poter rimanere padrona del proprio destino.

In questo secondo libro ritroviamo i protagonisti che tanto abbiamo amato nel primo volume della saga: Ragnvald, Solvi, Savnhild,

Ognuno di loro è rimasto se stesso, pur cambiando e maturando; gli eventi li hanno trasformati in uomini e donne diversi eppure ancora fedeli a stessi.

L’impulsivo e avventato Ragnvald, anche se ancora fiero e indomito, è diventato un uomo più riflessivo che ha imparato a giocare d’astuzia.
Lo sconfinato attaccamento per il suo re metterà a repentaglio non solo la sua vita, ma anche i suoi rapporti con parenti ed amici; Ragnvald, però, saprà restare saldo nelle sue convinzioni e fedele alla sua visione del lupo dorato che regnerà un giorno su tutta la Norvegia unita.

Sotto il peso dei dolori e delle avversità, Svanhild, la ragazzina testarda e ribelle, è diventata una donna forte e coraggiosa che ha saputo conquistare per se stessa l’appellativo di regina del mare.
Svanhild però dovrà sfoderare tutta la sua energia e la sua determinazione se vorrà rimanere fedele al suo insaziabile desiderio di libertà.

Il cambiamento non si avverte solo nei protagonisti della storia, ma in tutti i personaggi: mentre Heming prende coscienza di quanto per lui sia negativa l’influenza del padre Hakon, suo fratello Oddi inizia a guardare con nuovi occhi Ragnvald, il suo migliore amico; Harald mano a mano che acquista maggiore fiducia in se stesso, sempre più si allontana dallo zio e consigliere Guthorm; mentre Vigdis acquista un po’ di umanità rispetto alla donna fredda e calcolatrice del primo libro, Hilda si rivela essere invece una buona madre, ma una moglie distante e scostante.

Nonostante un avvio piuttosto lento, questo secondo romanzo si rivela essere assolutamente all’altezza del primo volume della trilogia.

“La regina del mare” è un libro coinvolgente e appassionante dove azione, intrighi, passione, tradimento, violenza e politica si susseguono senza esclusione di colpi.

I personaggi conservano immutato il fascino del primo volume riuscendo a mantenere intatti l’incanto e le emozioni suscitate nel lettore con “Le ossa di Ardal”.

Non ci resta quindi che restare in trepidante attesa dell’uscita del terzo e conclusivo libro della saga, The Golden Wolf.






lunedì 24 dicembre 2018

“La dama dei Medici” di Jeanne Kalogridis


LA DAMA DEI MEDICI
di Jeanne Kalogridis
NEWTON COMPTON EDITORI
“La dama dei Medici” è ambientato nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, ma la protagonista non è un’esponente della splendente corte rinascimentale medicea, come ci suggerirebbe il titolo, bensì una ragazza del popolo.

Firenze è stata scomunicata da papa Sisto IV in aperto contrasto con Lorenzo de’ Medici; la guerra è alle porte e, come sempre in questi frangenti, sono proprio i più indigenti ad essere maggiormente colpiti trovandosi a dover subire un aggravamento delle già pessime condizioni di vita in cui versano.

Giuliana era stata abbandonata in fasce dinnanzi all’Ospedale degli Innocenti e qui era rimasta fino a quando, ormai cresciuta, aveva dovuto lasciare la struttura per raggiunti limiti di età.
Dopo essersi rifiutata di sposare il pretendente propostogli dalle suore, un anziano conciatore due volte vedevo e padre di diversi figli, Giuliana, completamente abbandonata a se stessa, tira ora avanti campando di espedienti e di piccoli furti.

A farle compagnia ci sono Tommaso, un orfano di sei anni, la cui madre era morta di peste dinnanzi ai suoi occhi, e Cecilia, di pochi anni più grande di Giuliana, per lei più che un’amica quasi una sorella, conosciuta ai tempi dell’orfanotrofio.

Giuliana, travestita da ragazzo, una sera come tante altre, sta tendendo il “tranello” insieme a Tommaso a quello che in apparenza sembra essere un innocuo ed anziano signore, ma qualcosa va storto e mentre Tommaso riesce a scappare, Giuliana viene invece arrestata.

La ragazza, con il consenso del gendarme, riesce a sottrarsi alla prigione e viene portata via dall’uomo che aveva cercato di derubare.

L’anziano signore però si rivelerà essere un uomo molto diverso da quello che Giuliana aveva immaginato.

Ser Giovanni, il cui vero nome è in realtà Abramo, proporrà a Giuliana di lavorare per lui; quello che le viene richiesto di eseguire è un compito rischioso e pericoloso, ma anche molto ben retribuito.

La proposta dell’uomo è una di quelle proposte irrinunciabili, ma non sarà solo il ricco compenso che indurrà la ragazza ad accettare di collaborare con lui.
                                                                                                                           
Quando Giuliana era stata abbandonata aveva con sé un talismano d’argento, un talismano molto raro e prezioso, un talismano creato per lei dal leggendario Mago di Firenze.
Questo disco d’argento con la raffigurazione del marchio del Mago, un piccolo sole e una luna congiunti, racchiudere in sé un prezioso segreto.
Sarà proprio grazie a questo oggetto che non solo Giuliana avrà la possibilità di scoprire l’identità dei suoi genitori, ma anche di aiutare i Medici e la città di Firenze.

Giuliana è una ragazza intraprendente, fiera e determinata; è solita atteggiarsi a dura, ma in realtà la sua è solo una maschera che indossa per cercare di non soffrire.
Giuliana è spaventata dalla possibilità di perdere le persone a lei care, ha paura dell’abbandono e così cerca di chiudere il suo cuore senza però riuscirci mai completamente.

Non esita a definire se stessa una ladra, un’eretica, una peccatrice, però allo stesso tempo non perde occasione per sottolineare di essere una persona leale.

L’amore per Giuliana è qualcosa che esiste solo per spezzare il cuore, mentre la lealtà è un’altra questione, la lealtà per Giuliana è sinonimo di onore.

Giuliana si dichiara leale in particolar modo verso Lorenzo de’ Medici; come ogni povero, anche lei è furiosa con lui per le condizioni in cui versa la popolazione, ma gli resta comunque fedele perché per lei essere leale verso Lorenzo significa essere leale verso la sua città; per Giuliana Lorenzo il Magnifico e Firenze sono infatti la stessa cosa.

Il romanzo è un’opera di pura fantasia i cui personaggi per quanto affascinanti e veritieri non hanno alcuna attinenza con la realtà.
Gli unici personaggi reali sono Lorenzo de’ Medici e sua madre Lucrezia  Tornabuoni, ma nulla di reale vi è nell’intreccio narrativo che li lega alla vita della protagonista del romanzo.

Il libro di Jeanne Kalogridis è una lettura piacevole che si contraddistingue per la sua trama intrigante, per la sua minuziosa ambientazione storica e per i suoi personaggi affascinanti e ben caratterizzati.

Da sottolineare inoltre la magistrale capacità dell’autrice nell’indurre il lettore a calarsi direttamente nella storia attraverso un’accurata descrizione della topografia della città.
Grazie a questa infatti il lettore si ritrova catapultato nella Firenze medicea sulle tracce dei vari personaggi per assistere quasi in prima persona alle loro imprese; con loro si aggira dalle parti della Chiesa di San Lorenzo, si sofferma ad ammirare le bellezze del Duomo e del Battistero, percorre  Via dei Calzaiuoli e la Via Larga (oggi insieme all’antica Via San Leopoldo divenuta Via Cavour), passa davanti a Palazzo della Signoria, attraversa Ponte Vecchio per dirigersi verso Borgo San Iacopo.  

“La dama dei Medici” potrebbe rientrare come genere, se non fosse per la sua ambientazione nel Rinascimento italiano, tra i romanzi cosiddetti di “cappa e spada” di cui il bello e tenebroso maestro di spada Niccolò potrebbe essere un protagonista perfetto.

Il libro di Jeanne Kalogridis è un romanzo avvincente, suggestivo e coinvolgente; una lettura che ha confermato la buona impressione che mi ero fatta di questa autrice quando qualche tempo fa avevo letto “La sposa dell‘inquisitore” edito da Longanesi.






domenica 2 dicembre 2018

“Origin” di Dan Brown


ORIGIN
di Dan Brown
MONDADORI
Edmond Kirsch, miliardario quarantenne futurologo, guru dei computer, inventore ed imprenditore fuori dagli schemi, nonostante la sua giovane età ha già ideato un notevole numero di tecnologie avanzate che hanno rappresentato un incredibile salto in avanti in svariati campi: dalla robotica alle neuroscienze, dall’intelligenza artificiale alle nanotecnologie.

Ora Edmond Kirsch è pronto a svelare la sua ultima scoperta, qualcosa di grandioso e inimmaginabile, qualcosa che avrà un impatto profondo sui credenti di tutto il mondo qualunque religione essi professino.

Il quarantenne futurologo sostiene infatti di aver trovato la risposta ai due misteri che da sempre stanno al centro dell’esperienza umana, la creazione e il destino dell’uomo.
Kirsch in una conferenza indetta al museo Guggenheim di Bilbao risponderà alle due domande fondamentali sulle quali l’umanità si interroga da secoli: Da dove veniamo? Dove andiamo?

Edmond Kirsch vent’anni prima era stato uno tra gli studenti più promettenti di Robert Langdon all’università di Harvard dove aveva seguito il suo seminario su “Codici, cifrari e il linguaggio dei simboli”.
La passione per il computer aveva allontanato quasi subito il giovane Edmond dal mondo della semiotica, ma tra alunno e insegnate era nato un solido legame.
Proprio per questo motivo Langdon è uno degli invitati alla serata a cui prenderanno parte solo ospiti illustri, serata nella quale Edmond Kirsch divulgherà la sua preziosa scoperta.

Alla conferenza però qualcosa andrà storto e il professor Langdon si troverà in grave pericolo; costretto a fuggire, non solo dovrà lottare per la propria sopravvivenza, ma anche per difendere l’inestimabile patrimonio di conoscenza del suo ex-alunno che rischia di andare perduto per sempre.

Credo che pochi scrittori riescano a catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine di un romanzo come è in grado di fare Dan Brown.

Non sono un’appassionata del genere thriller, ma ogni volta che affronto la lettura di un libro di questo autore, nonostante magari abbia già divorato un centinaio di pagine rendendomi conto perfettamente che non è ancora accaduto nulla di concreto nella storia, la suspense che Dan Brown riesce a creare fa si che diventi per me praticamente impossibile trovare la forza di posare il volume.

“Origin” è ambientato in una cattolicissima Spagna post-franchista, dove il re in fin di vita, assistito dal suo confidente e consigliere, il rigido vescovo Antonio Valdespino, sta per lasciare il regno nelle mani del suo unico figlio.
In un paese dove ogni giorno cresce sempre di più il desiderio di laicizzazione, la gente si chiede che tipo di re sarà l’erede al trono le cui idee sono avvolte ancora nel mistero.
Di lui, in verità, si sa solamente che ha scelto di sposare una donna non nobile, forte e indipendente, Ambra Vidal, la direttrice del museo Guggenheim; questo lascerebbe presagire forse un’apertura verso un futuro più libero e indipendente.

“Origin” è un romanzo che oltre ad avvicinarci al mondo dell’arte moderna e contemporanea, cercando di darci qualche definizione e qualche parametro che ci aiuti ad orientarci in questo campo, per me devo ammettere ostico e sconosciuto quanto al professor Langdon, ci pone anche diversi interrogativi attuali e piuttosto delicati, non solo sull’annosa questione del rapporto che intercorre tra scienza e religione, ma anche su quanto le nuove tecnologie stiano cambiando il nostro modo di rapportarci con il mondo e interagire con il prossimo.

Non potendo anticiparvi molto di più, per non rovinarvi il piacere della lettura, vi posso solo dire che trama avvincente e adrenalinica, cospirazioni e teorie complottistiche, intelligenze artificiali e colpi di scena oltre alla presenza dell’immancabile Robert Langdon, l’affascinante protagonista dei migliori romanzi di Brown, sono gli ingredienti che fanno di “Origin” un altro bestseller assolutamente da leggere per gli appassionati del genere e non solo.