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sabato 26 agosto 2023

“Democrazia machiavelliana” di John P. McCormick

Niccolò Machiavelli, secondo il pensiero di John P. McCormick, non fu né un consigliere di tiranni né un teorico repubblicano, ma un acuto studioso delle repubbliche del passato preoccupato di trovare degli strumenti di potere atti a contenere le élites.

Analizzando “Il Principe” e altri scritti, ma soprattutto prendendo in esame quanto scritto nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, il professor McCormick mette in risalto come, per il politico fiorentino, la libertà dipenda da istituzioni che incoraggino la diffidenza popolare nei confronti dei membri più ricchi e influenti della società e del governo. Machiavelli auspica un conflitto di classe in quanto ritiene che questo, se istituzionalizzato, possa favorire la libertà. 

Le élites tendono a scegliere un principe che appartenga alla loro stessa classe sociale perché pensano di poterlo in qualche modo manipolare in virtù degli interessi comuni. Esse desiderano il potere illimitato mentre il popolo chiede giustizia e uguaglianza, in quest’ottica quindi la partecipazione del popolo è costruttiva e positiva.

“Democrazia machiavelliana” è un articolato e corposo saggio in cui non si analizza solo il pensiero di Machiavelli, ma si prende in esame anche come questo sia stato, nel corso dei secoli, interpretato e talvolta applicato da statisti, filosofi e politici di correnti e paesi diversi.

John P. McCormick ritiene fondamentale, per una giusta interpretazione del corpus delle opere machiavelliane, considerare i destinatari delle opere stesse. In particolare, si occupa di esaminare da vicino i dedicatari dei Discorsi ovvero Cosimo Rucellai e Zanobi Buondelmonti.

Il professore McCormick, inoltre, vuole dimostrare come l’intento di Machiavelli scrivendo il Principe non fosse quello di istruire i regnanti a manipolare il popolo, ma piuttosto come la gente comune potesse controllate le élites. Desidera dimostrare come si siano spesso sottovalutati i tentativi fatti dal politico fiorentino di stabilire dei mezzi e delle istituzioni capaci di dotare i comuni cittadini del potere per resistere alla dominazione dei ricchi e scoraggiare la corruzione dei funzionari.

Indubbiamente “Democrazia machiavelliana” è un saggio molto completo, ben documentato in cui il professore McCormick ha saputo argomentare acutamente il proprio pensiero, dimostrandosi esperto conoscitore sia degli scritti di Niccolò Machiavelli che della politica sia contemporanea che di quella del passato più o meno prossimo.

Sinceramente questo libro non mi ha entusiasmato per diversi motivi, tra cui il fatto che troppo spazio è stato riservato a prefazioni e introduzioni, circa un terzo del testo. Inoltre, probabilmente perché non addentro alla materia politica e ancora legata alle più classiche, e se vogliamo anche obsolete, interpretazioni del pensiero machiavelliano, ho trovato alcune parti piuttosto forzate.

L’impressione da non addetta ai lavori, ci tengo a ribadirlo, è quello che in queste pagine si analizzino i testi di Machiavelli con l’intento di attualizzarli troppo e quasi piegarli al proprio scopo, arrivando così ad una reinterpretazione del pensiero del politico fiorentino che, a mio avviso, risulta un po’  esasperata.

La cosa certa è che, dopo aver letto questo lavoro, viene senza dubbio voglia di leggere, o rileggere, tutte le opere di Machiavelli per un interessante confronto con quanto sostenuto da John P. McCormick.

 

  

martedì 22 agosto 2023

“Memorie della Grande Mademoiselle” De Montpensier

Anne Marie Louise De Montpensier (1627-1693) era figlia di Gaston d’Orléans, unico fratello di Luigi XIII, e della prima moglie Maria di Borbone, duchessa di Montpensier.

Alla morte di Monsieur, in mancanza di eredi maschi, il ducato d’Orléans fu assegnato al fratello di Luigi XIV, e Anne Marie Louise divenne la Grande Mademoiselle per distinguerla dalla nuova Mademoiselle, figlia del principe Philippe.

Le memorie della Montpensier sono composte da ben 95 quaderni. I manoscritti sono piuttosto difficili da decifrare perché, per sua stessa ammissione, aveva una calligrafia pessima tanto che anche il padre le suggerì di far scrivere al segretario la corrispondenza a lui destinata.

Buona parte di queste memorie furono scritte negli anni 50 del XVII secolo durante l’esilio di Anne Marie Louise e la scrittura riprese successivamente nel decennio dal 1670 al 1680 per combattere la depressione sopraggiunta a seguito di un momento difficile.

Il libro, edito da Luni Editrice, ripropone ovviamente solo una piccola parte degli scritti della Grande Mademoiselle. Il volume è suddiviso in tre parti, ognuna di esse è dedicata ad un particolare evento significativo della sua vita.

Fanciulle a corte. La madre di Anne Marie Louise morì poco dopo la sua nascita e lei venne affidata ad una governante. Erano gli anni del cardinale Richelieu.

Eroina della Fronda. Racconta degli anni burrascosi in cui la De Montpensier non si risparmiò per la causa e, al contrario del padre sempre indeciso e opportunista, non esitò a mantenere le proprie posizioni pagando in prima persona per le proprie idee.

L’amore. Fin da adolescente erano state prese in considerazione per lei le più importanti teste coronate, un elenco infinito di pretendenti, tra cui figuravano il futuro re d’Inghilterra, il delfino di Francia e l’imperatore d’Austria. Non se ne fece mai nulla. All’età di 43 anni, però, Anne Marie Louise si innamorò come una ragazzina del duca di Lauzun, un partito talmente al di sotto del suo rango da scandalizzare l’intera Corte. Il re prima diede il suo consenso, ma pochi giorni dopo lo ritirò. Lauzun venne incarcerato a Pinerolo dove restò imprigionato per ben dieci anni.

Anne Marie Louise De Montpensier, il miglior partito d’Europa, morì senza essersi mai sposata e senza eredi.

Ogni sezione del libro è corredata da alcune interessanti pagine introduttive (note del curatore) in cui si inquadra minuziosamente il periodo storico a cui si riferiscono i fatti narrati dalla Grande Mademoiselle e, allo stesso tempo, si traccia un profilo dettagliato dei personaggi che vi presero parte.

A leggere frasi del tipo “Soffrirei a vedervi ballare e divertirvi, invece di andare dove vi spacchino la testa oppure ci rimettano sopra la corona” non si può non sorridere e non pensare alla sorellastra Marguerite Louise d’Orléans e alle sue amorevoli lettere indirizzate al consorte Cosimo III de’ Medici.

Anne Marie Louise De Montpensier fu una donna del suo tempo, più vicina alla moda della Corte di Luigi XIII che a quella del Re Sole. Estremamente calata nella parte che il suo rango le imponeva, teneva in massimo conto lo stile di vita che poteva mettere in risalto la sua posizione. Per lei i balli, lo sport, le feste e la possibilità di convolare a nozze con una testa coronata erano una priorità.

Eppure, a differenza del padre che con i suoi comportamenti ipocriti, voltagabbana e opportunisti la mise spesso a disagio, Anne Marie Louise fu una donna a suo modo fedele ai propri principi, per quanto talvolta discutibili, e un’amica leale.

Può far sorridere quel suo amore nato in tarda età che la portò a coprirsi di ridicolo e le costò letteralmente una fortuna, ma anche questo in fin dei conti non fa che confermare che la passione e la determinazione che seppe dimostrare in battaglia erano un qualcosa che le apparteneva sia nel pubblico che nel privato.

Forse la grazia e la misura non furono proprio le sue principali doti, ma sinceramente e, non l’avrei mai pensato prima di leggere questo libro, alla fine questa Grande Mademoiselle che si descrive come una donna dall’aria altera, ma non supponente, gentile e alla mano, ma che sa farsi rispettare, che sa parlare in pubblico, ma anche tacere se non conosce l’argomento trattato, che non è schiava dell’abbigliamento, ma è lontana dall’apparire sciatta, forse un po’ collerica, ma giusta e con un gran senso dell’onore, insomma alla fine a me è risultata particolarmente simpatica. L’ho trovata a suo modo una figura femminile forte, volitiva e di grande fascino.

Ho scoperto questo volume per caso al Salone del Libro. Un’edizione davvero molto bella e ben curata; una casa editrice che merita un occhio di riguardo per le sue pubblicazioni. L’unico appunto, proprio a voler essere pignoli, non ho compreso la scelta di mettere sulla copertina un ritratto di Maria Antonietta anziché quello di Anne Marie Louise De Montpensier.

 

domenica 20 agosto 2023

“Il Barone. Corso Donati nella Firenze di Dante” di Silvia Diacciati

Nipote di Gualdrada Donati, colei che secondo la leggenda provocò la nascita delle più famose fazioni della storia, quelle dei Guelfi e dei Ghibellini, Corso Donati nacque intorno alla metà del Duecento.

Le ricchezze della famiglia Donati provenivano dai loro possedimenti fondiari sparsi nel contado fiorentino, dal prestito ad usura, dal finanziamento di imprese commerciali, mercantili e bancarie e infine dai proventi della guerra. 


I maschi della famiglia, infatti, così come quelli delle famiglie loro pari, eccellevano nell’arte delle armi e Corso non era ovviamente da meno.


Le cronache lo ricordano come un cavaliere di grande valore, suo fu il merito della vittoria nella battaglia di Campaldino (1289), un uomo bellissimo, oratore raffinato, impavido ma anche irrequieto, violento, collerico, dispotico e troppo ambizioso.

Corso Donati si macchiò della pena più infamante ovvero quella di aver anteposto il proprio interesse a quello di Firenze.


Fu seguito da molti e maledetto da altrettanti, ma di certo chi più di tutti odiò Bonaccorso di messer Simone dei Donati, detto il Barone, fu Dante Alighieri che, per vendicarsi, lo condanno alla damnatio memoriae. Corso, infatti, non viene mai nominato nell’opera più famosa del Sommo Poeta, la Commedia.


Il libro di Silvia Diacciati è molto particolare. Si legge velocemente come un romanzo, essendo scritto con una prosa estremamente piacevole e scorrevole, ma si tratta in verità di un saggio molto ben articolato e dettagliato. Nulla di ciò che viene riportato è frutto di fantasia anche se a volte si potrebbe stentare a crederlo.


Si tratta di un testo senza dubbio di carattere divulgativo, ma risulta comunque insolita la scelta dell’autrice di non aver inserito delle note che riportino quanto meno i riferimenti dei documenti d’archivio consultati e una ampia bibliografia a termine del volume.


In merito a questo saggio avevo letto qualche critica sul fatto che non aggiungesse nulla di nuovo a quanto conosciuto dai più. Non sono assolutamente d’accordo perché si tratta di un lavoro capillare e molto ben documentato. Tantissimi sono i riferimenti alle fonti letterarie, alla cronachistica e alla documentazione d’archivio.


Il testo riesce ad inquadrare perfettamente il personaggio nel periodo storico in cui visse senza limitarsi, come spesso accade, a prendere in esame solo la fase in cui si svolsero le lotte tra Bianchi e Neri. Numerosi sono anche gli interessanti aneddoti che riguardano la vita di Corso e dei suoi amici, famigliari e avversari.


Dalle pagine di questo saggio emerge la figura di un personaggio che, se pur con mille difetti, fu a suo modo una figura eroica ed estremamente affascinante, pertanto, più che degna di essere ricordata tra le più importanti figure della storia fiorentina.

 




domenica 13 agosto 2023

“1345. La bancarotta di Firenze” di Lorenzo Tanzini

Nel marzo del 1345 avvenne, secondo i calcoli degli studiosi del tempo, la congiunzione di Saturno e di Giove, una congiunzione astrale che, anche in passato, sembrava aver portato sempre con sé eventi rovinosi, quali la discesa di Carlo d’Angiò o l’inizio delle Crociate.

Datare il crack finanziario dei banchieri fiorentini in questo annus horribilis si potrebbe considerare un po’ una sorta di escamotage, una data che si presta meglio di altre a riassumere le dimensioni della catastrofe. Infatti, se è vero che nel 1345 i maggiori operatori commerciali si trovarono incapaci di restituire i prestiti, è altrettanto vero che le prime avvisaglie della crisi erano già apparse negli anni precedenti.

Lorenzo Tanzini indaga non solo le cause e gli eventi che caratterizzarono l’insieme di fallimenti e bancarotte, ma anche in quale modo il sistema cercò il modo di uscire dalla crisi.

Una delle più gravi conseguenze a cui si dovette fare fronte fu ripristinare quell’inestimabile tesoro del credito, inteso come fiducia, di cui il sistema commerciale-bancario fiorentino aveva goduto universalmente fino a quel momento. In verità, tale credito riuscì ad essere ripristinato in un arco di tempo relativamente breve se si pensa, ad esempio, all’importanza raggiunta dal banco Medici negli anni successivi.

Oltre alle pagine riservate alla storia delle grandi banche nel primo Trecento, altrettanto spazio viene dedicato da Tanzini a quello che accadde al sistema dopo il crack finanziario del 1345. È oltremodo interessante quindi vedere anche quali siano stati gli sviluppi e i cambiamenti del sistema stesso nel corso degli anni e il suo adattarsi agli eventi storico-economico-finanziari.

Certamente cambiarono gli attori, ovvero le famiglie a capo delle attività economico-finanziarie, e anche il sistema si adattò di conseguenza, ma tutto questo contribuì a dare vita alla Firenze del Rinascimento.

Tra i vari eventi analizzati spicca senza dubbio lo scoppio della peste che raggiunse Firenze nel 1348. Paradossalmente la pestilenza, dopo l’impatto traumatico avuto sul tessuto urbano, soprattutto per la fortissima riduzione della popolazione che ne conseguì, ebbe successivamente un effetto positivo sulla vita della popolazione più povera in quanto, essendosi ridotta la possibilità di trovare manodopera per cantieri e botteghe, i datori di lavoro furono costretti ad offrire condizioni salariali decisamente migliori.

Altro importante argomento trattato da Tanzini è quello della nascita del Monte ossia un particolare e articolato sistema di debito pubblico nato per il finanziamento della Repubblica.

Nel 1345 diversi furono i provvedimenti introdotti per cercare di rassicurare i creditori cercando sempre, però, di salvaguardare l’imprenditoria cittadina.

Il libro di Lorenzo Tanzini è un saggio davvero ben documentato ed articolato, la prosa è impeccabile e la lettura scorre in maniera molto fluida

L’argomento esposto, è vero, non è semplicissimo e la comprensione oggettivamente a tratti necessita quantomeno di una minima conoscenza di base della società e dei dati storici nell’epoca in cui avvennero gli avvenimenti trattati, nell’insieme, però, se davvero interessati alla materia, il testo, grazie alla sempre ottima capacità divulgativa del suo autore, risulta senza dubbio accessibile.

 

 

mercoledì 9 agosto 2023

“Cantami o diva degli eroi le ombre” di Isabella Bignozzi

Sparta. Elena e Clitennestra bambine giocano sotto lo sguardo vigile della nutrice. Le due sorelle sono molto simili, potrebbero essere gemelle, ma la bellezza di Elena è qualcosa che trascende il semplice aspetto fisico. Clitennestra ama sua sorella, ma la gelosia è una belva insidiosa.

Micene. Agamennone e Menelao due fratelli. Il primo, il maggiore, è prepotente e irascibile, l’altro, il minore, sempre tiranneggiato dal fratello, è un bambino sensibile e pauroso. 

Ftia. Achille bambino trascorre lunghe ore sugli scogli in cerca della madre. Teti, creatura misteriosa, figlia di Nereo, costretta a sposare Peleo, lo sposo mortale che non ha mai amato, ha uno strano rapporto con questo suo figlio dal carattere buio e impenetrabile.

Itaca. Un giovane Odisseo rinnegato dal padre Laerte si mette alla ricerca del nonno materno. Autolico è un ladro? Forse, ma anche un uomo estremamente scaltro, dote che il figlio di Anticlea ha ereditato interamente.

“Cantami o diva degli eroi le ombre” come si evince dal titolo, già di per sé evocativo, racconta la guerra di Troia. Bellezza, invidia, vendetta, destino, astuzia non manca proprio nessun ingrediente proprio dei racconti omerici.

Isabella Bignozzi, però, ha scelto di dare un taglio particolare a questo suo romanzo, il racconto inizia infatti narrando la storia dei protagonisti fin dalla loro fanciullezza.

La Bignozzi riporta inoltre in superficie tutti quei miti che nelle pagine di Omero vengono solo accennati, dando così più ampio respiro possibile alla trama e alla narrazione.

Una prosa poetica, un ritmo lento che incanta, tanto che sembra quasi di udire un suono di cetra in sottofondo mentre si procede nella lettura.

Come un novello aedo, Isabella Bignozzi plasma la materia omerica, la riordina, la rende fruibile al lettore moderno pur restando fedele al ritmo di un tempo antico.

Dona contemporaneità al mito, perché, contrariamento a quanto si sia portati a pensare nella frenesia della vita di tuti i giorni, il mito non è qualcosa di arcaico ma appartiene a tutti noi poiché i sentimenti, le fragilità e le asperità degli eroi omerici sono gli stessi dell’uomo moderno.

Qualche anno fa vi avevo parlato di un altro romanzo scritto dalla stessa autrice intitolato “Il segreto di Ippocrate”, una storia che avevo amato tantissimo.

Ebbene, con questo nuovo libro direi che l’autrice ha superato ogni mia più alta aspettativa.

Non è facile affrontare la materia omerica, e tanto meno deve esserlo mettendosi in gioco come ha fatto Isabella Bignozzi, eppure, è riuscita a creare qualcosa di davvero unico e speciale, facendo rivivere tra le sue pagine gli eroi e i miti di un tempo e restituendoci insieme anche la loro attualità.

 

 


sabato 5 agosto 2023

“Il cielo di pietra” di Antonio Forcellino

Corre l’anno 1565, Tiziano ha superato la sessantina mentre Michelangelo è rimasto forse l’unico testimone delle scelleratezze compiute, in quegli stessi ultimi sessant’anni, dai papi che si sono succeduti sul soglio di Pietro e dai loro ministri.

Michelangelo ha assistito ai delitti dei Borgia, alle guerre dei Della Rovere, ai tentennamenti e ai fallimenti dei Medici, all’astuzia dei Farnese; nulla lo può più turbare neppure i costumi dissoluti del cardinale Innocenzo Del Monte, il giovane amante del defunto Giulio III, o gli omicidi e le nefandezze dei nipoti dell’attuale papa. 

Morone è ancora rinchiuso a Castel Sant’Angelo, accusato di eresia, mentre Paolo IV sembra sempre più intenzionato a vendicarsi dei suoi nemici, coloro che erano stati indicati con il nome di spirituali.

Solimano ad Oriente, nonostante la malattia, non è assolutamente intenzionato a designare un successore e ancor meno a cedergli il potere.  Tutto questo non fa che peggiorare i rapporti tra i suoi figli, Selim e Bayezid, che si affrontano senza esclusione di colpi in previsione di quel momento tanto atteso.

Con “Il cielo di pietra” quinto volume della serie “Il secolo dei giganti”, si conclude il racconto del Cinquecento nato dalla penna di Antonio Forcellino.

Un racconto affascinante e coinvolgente di un secolo costellato da un susseguirsi ininterrotto di guerre, amori, alleanze, tradimenti, scelleratezze di ogni sorta compiute da regnanti, principi della Chiesa e papi, ma anche un secolo che vide all’opera artisti dal talento straordinario quali Leonardo Da Vinci, Raffaello, Michelangelo e Tiziano.

Michelangelo è il filo conduttore di tutti i volumi della serie. Una figura carismatica quella descritta da Antonio Forcellino che libro dopo libro si fa sempre più strada nel cuore del lettore.

Il Michelangelo che emerge dalle pagine dei romanzi è un uomo scontroso e geloso della sua arte che col passare degli anni, in un certo qual modo, si addolcisce pur restando sempre fedele ai propri ideali, ma anche a quel suo carattere burbero. Un uomo che non ama le vendette, ma le sfide quelle sì, sempre pronto ad accettarle fino alla fine dei suoi giorni. Un artista divino in grado di creare qualcosa di straordinario come un cielo di pietra per San Pietro nonostante l’età ormai avanzata.

Tre i papi protagonisti di questo ultimo romanzo: Paolo IV, Pio IV e Pio V. 

Sulla scena si affaccia, poi, un nuovo protagonista che, sebbene resti per il momento sullo sfondo, sarà destinato a diventare il principe italiano più importante. Il suo nome? Cosimo I de’ Medici colui che nel conclave in cui venne eletto Pio IV si dimostrò essere l’attore più intelligente.

Poche serie riescono a tenere incollato il lettore dall’inizio alla fine, questa di Forcellino è indubbiamente una di quelle.

Dispiace moltissimo dover lasciare andare per sempre personaggi come Marcantonio Colonna, Giulia Gonzaga e Vittoria Farnese, ma questo purtroppo è il triste destino di ogni lettore che incontri, tra le pagine dei libri, protagonisti tanto affascinanti e si imbatta in un racconto tanto avvincente nel quale personaggi reali e storia romanzata si fondano alla perfezione come accade magistralmente nei romanzi di Forcellino.

 

domenica 30 luglio 2023

“La cupola di Brunelleschi” di Ross King

La prima pietra della nuova cattedrale fu posata nel 1296 su progetto di Arnolfo di Cambio.

Nel 1367 si decise di adottare il progetto di Neri di Fioravanti per la cupola di Santa Maria del Fiore. Mai nessuna cupola di quelle dimensioni era stata progettata prima di allora.

Il progetto rimase tale fino a quando nel 1418 venne indetto un nuovo concorso per la sua realizzazione. Il modello di Neri di Fioravanti rimaneva indiscusso, ma doveva essere risolta la sua esecuzione. Diversi erano i dubbi da sciogliere come l’utilizzo di strutture provvisorie in legno, capaci di sostenere l’opera muraria durante la sua costruzione, e il sistema con cui trasportare i pesanti blocchi di marmo e di arenaria alla notevole altezza richiesta.

Due furono i progetti finalisti quello del Filippo Brunelleschi e quello di Lorenzo Ghiberti. Dopo quasi vent’anni dall’assegnazione della commessa per le porte del Battistero, la storia si ripeteva. Brunelleschi e Ghiberti erano nuovamente uno di fronte all’altro. Questa volta però Brunelleschi non avrebbe fatto un passo indietro e avrebbe trovato col tempo il modo di estromettere di fatto il suo storico rivale.

In questo volume si analizzano nel dettaglio gli elementi architettonici e le problematiche affrontate da Brunelleschi, ma non ci si limita alla sola esposizione tecnica del progetto e della sua esecuzione.

Punto di forza di questo valido saggio è, a mio avviso, il fatto che la costruzione della cupola sia posta al centro di un racconto più ampio che non tralascia nessun particolare che la riguardi.

Il lettore è affascinato dalle soluzioni trovate dal Brunelleschi per innalzare la cupola, ma resta altrettanto coinvolto e conquistato dagli elementi biografici che riguardano il suo architetto e dalla storia di Firenze, all’epoca uno dei centri più prosperi d’Europa.

La storia della cupola è fatta anche di rivalità, di intrighi e gelosie tra artisti, di maestranze i cui nomi non sono a noi giunti, di guerre e di pestilenze.

Singolare fu la capacità di Brunelleschi nel creare e costruire macchinari straordinari, frutto del suo ingegno. Spesso si pensa a Brunelleschi solo come all’architetto della cupola, pochi conoscono questo suo aspetto, passatemi il termine, leonardesco di inventore di macchinari.

La realizzazione della cupola della cattedrale, che mai fu eguagliarla per larghezza e altezza fino al XX secolo, grazie alla possibilità di utilizzare più moderni materiali, dovette moltissimo all’orgoglio di Brunelleschi ma anche a quello dei suoi concittadini. 

La costruzione di una cattedrale che doveva essere eretta con la più grande magnificenza, che doveva essere il tempio più bello di tutta la Toscana fu infatti dettata fin dall’inizio più dall’orgoglio cittadino che dalla fede religiosa.

La cupola di Brunelleschi con il suo profilo ogivale, prodigioso frutto della mente di un uomo straordinario, domina Firenze, una vista miracolosa da qualunque punto la si osservi, orgoglio e vanto dei fiorentini di oggi come lo fu di quelli del passato.  

 



 

martedì 25 luglio 2023

“Il papa venuto dall’inferno” di Antonio Forcellino

Con questo quarto volume della serie “Il secolo dei giganti”, Forcellino riprende il racconto laddove lo aveva interrotto ne “Il fermaglio di perla”.

L’Italia seguita ad essere oggetto di contesa fra Spagna e Francia. Mentre in Occidente il conflitto continua ad infuriare, in Oriente Solimano, infiacchito dagli anni e afflitto dai dispiaceri, trova sempre più difficoltà ad arginare le manovre della concubina Roxanne.

Al soglio pontificio, nel frattempo, è salito Giulio III, un papa che almeno sulla carta sembra poter garantire una certa neutralità nei confronti dei baroni romani. Purtroppo, anch’egli, come i suoi predecessori, non tarderà a manifestare le proprie debolezze che, nel suo caso, avranno le sembianze di un attraente giovane, un figlio del popolo corrotto ed impudente, di nome Innocenzo.

Assediato dai conflitti religiosi che imperversano per mezza Europa (i calvinisti in Svizzera, i luterani in Germania e gli anglicani in Inghilterra), Giulio III scivolerà sempre più nel vizio.

Alla decadenza dei costumi e della politica fa da contraltare l’arte. Mentre l’anziano Michelangelo si assume il gravoso impegno di portare a termine la fabbrica di San Pietro con la sua cupola, sulla scena brilla sempre di più la stella del grande Tiziano Vecellio.

Le cose, però, sono destinate a peggiorare ulteriormente ed ecco, allora, che nel 1555 succede a Giulio III papa Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa. Uno dei conclavi più celeri della storia, ma anche uno dei conclavi dalle conseguenze più disastrose per Roma e il Vaticano. Il Carafa accecato dall’odio verso i nemici di sempre, tra cui lo stesso Michelangelo, farà di tutto per cercare di vendicarsi di loro.

Come sempre, Antonio Forcellino riesce a ricreare sulla carta un affresco magistrale del periodo storico preso in esame. I tanti particolati e i numerosi personaggi ben caratterizzati fanno dei suoi libri dei romanzi storici ben riusciti.

Particolarmente avvincenti le pagine dedicate alla pittura di Tiziano e ai confronti che emergono con gli artisti a lui contemporanei o di poco precedenti.

Nulla è lasciato al caso così che sullo sfondo troviamo anche la figura di Vasari e della sua avversione nei confronti di Tiziano. Il Vasari è una figura legata al nuovo Duca di Firenze Cosimo I, astro nascente della politica toscana e non solo.

Amori, alleanze, tradimenti e conflitti, non manca davvero nessun ingrediente a questa storia affascinante quanto lo sono i suoi numerosi protagonisti. 

Grande curiosità per la lettura del quinto e conclusivo volume della serie di cui spero vi parlerò a breve.




lunedì 24 luglio 2023

“Liberi in questa vita” a cura di Genevienne e Tea Pecunia

Obiettivo del volume è quello di proporre le parole del Buddha come aiuto per superare il dolore e la sofferenza a cui nessuno di noi può sfuggire nel corso della propria esistenza.

Le curatrici del libro, Genevienne e Tea Pecunia, nelle pagine introduttive accennano brevemente alla vita del Buddha e ai suoi insegnamenti.

Il Dharma predicato dal Buddha non è una dottrina, ma piuttosto una proposta, l’indicazione di un sentiero che conduce all’affrancamento dal dolore.

Il Buddha stesso invita i suoi discepoli a non accettare le sue parole se non dopo averle verificate ed esaminate attentamente. Non basta, infatti, avere fede per raggiungere l’illuminazione. Essere devoti non comporta la certezza di conseguire la liberazione finale.

Saggezza, pace, vacuità, illuminazione sono i titoli delle quattro sezioni in cui è suddiviso il libro.

Saggio è colui che comprende che quello che provoca dolore e sofferenza è l’attaccamento a ciò che effimero e impermanente. L’origine del dolore è la sete del piacere e del desiderio. Prendere le distanze da questa sete, l’abbandono e la rinuncia portano alla liberazione dalla sofferenza.

Il Buddha però è molto chiaro anche quando afferma che bisogna stare attenti a non cadere nell’errore opposto, ovvero la totale privazione dei piaceri. Non è infatti attraverso la mortificazione del corpo che si raggiungerà l’illuminazione.

È fondamentale imparare ad accettare, ad accogliere quello che la vita ci mette dinanzi e trasformare tutto questo in qualcosa di positivo. Dobbiamo essere come la terra che accetta qualunque cosa, acqua o letame che sia, restituendo fiori e frutti.

Mai lasciarsi guidare dalle consuetudini e dalle tradizioni. È importante comprendere ciò che davvero ci fa stare bene e conformarci a questo nostro sentire. Bisogna imparare a lasciare andare senza preoccuparci di allontanarci da quello che non fa più per noi.

Domare corpo e mente significa diventare padroni di noi stessi. Essere imperturbabili vuol dire non farsi più condizionare dalle parole di altri che siano queste parole di elogio o di rimprovero.

Vero, potrebbero sembrare una banalità, ma se ci soffermiamo un attimo a pensare comprendiamo quanto invece sia difficile ogni giorno mettere in pratica questi insegnamenti.

Pace. La meta non è qualcosa che si raggiunge dopo la morte, ma qualcosa che si raggiunge in vita grazie alla saggezza. Tutti possiamo farlo perché ognuno di noi possiede il necessario potenziale. Il Nirvana è una condizione che trascende la felicità e il dolore. La felicità mondana è impermanente e pertanto provoca insoddisfazione e quasi sofferenza.

La pace non viene dall’esterno, ma deve essere cercata dentro noi stessi. Per pacificare la mente dobbiamo all’inizio del percorso scacciare un pensiero nocivo con uno più salutare.

Quante volte cerchiamo il cambiamento attraverso la frequentazione di nuovi luoghi o persone? Ma non si può sfuggire a noi stessi. Il cambiamento e la pace devo essere ricercati dentro di noi. Non ci sarà alcuna pace se non si impara a lasciare andare il desiderio e a non soccombere sotto il peso nel nostro orgoglio.

La vacuità è forse uno dei concetti più difficili da comprendere perché ci spiazza e ci turba. Poiché nella realtà ogni fenomeno è dipendente da un altro, nella dimensione fenomenica si è costretti a ragionare per coppie di opposti (bello/brutto, tanto/poco ecc.). In verità, poiché i fenomeni si puntellano a vicenda, ogni cosa è priva di un vero essere e pertanto vuota.

Proprio perché ogni cosa è impermanente dobbiamo imparare a vivere nel qui e ora. Dobbiamo essere imperturbabili e distaccati qualunque cosa accada. Non dobbiamo inseguire il passato né nutrire speranze per il futuro, l’uno non è più e l’altro non è ancora giunto. Nulla è permanente tranne il cambiamento.

L’ultima parte è dedicata all’illuminazione. È importante tenere a mente che questa non si ottiene, ma accade e perché possa accadere è fondamentale non rimpiangere il passato, non segue il futuro, ma vivere il momento presente.

È sempre un piacere per me leggere i libri dell’amica Tea. Gli argomenti vengono sempre trattati in modo chiaro, dettagliato e comprensibile anche per i neofiti. Un valido aiuto nella vita di tutti i giorni perché, come non mi stancherò mai di ripetere, nonostante sembri a volte che questi argomenti restino sulle pagine del libro, in verità, ritorneranno nella vita del lettore fornendo un reale supporto quando questi meno se lo aspetta.


 


giovedì 13 luglio 2023

“Il trono” di Franco Bernini

Un incipit rocambolesco quello di questo romanzo che ci presenta un Machiavelli alquanto diverso dal personaggio che tutti noi abbiamo incontrato sui banchi di scuola.

Svegliato di soprassalto nella notte, Niccolò Machiavelli, convinto che si tratti degli scagnozzi inviati dallo strozzino a cui deve parecchi soldi, cerca di scappare, ma viene acciuffato subito dai due sgherri che si rivelano essere invece le guardie del gonfaloniere Pier Soderini.

Machiavelli è ormai da quattro anni segretario della Repubblica. Molti dei debiti da lui contratti sono dovuti proprio ai servizi resi alla Città del Giglio mai saldati nei termini e nei tempi convenuti.

La Repubblica ha ora un nuovo incarico da affidare a Machiavelli. Egli dovrà recarsi in qualità di mandatario alla corte di Cesare Borgia per capire quali siano le intenzioni di questi nei confronti di Firenze. Ufficialmente un rappresentante della Repubblica senza alcun potere di sottoscrivere patti, di fatto una spia.

Machiavelli non può permettersi di rifiutare l’incarico, ha bisogno di denaro e soprattutto di allontanarsi da Firenze per la propria incolumità. Ma c’è anche un altro motivo che induce Niccolò ad accettare: egli è oltremodo intrigato dall’idea di potersi trovare faccia a faccia con Cesare Borgia.

Tra il segretario e il Valentino si crea uno strano rapporto. Cesare Borgia chiede a Machiavelli di scrivere la sua storia. Lui metterà le sue confidenze e all’altro spetterà mettere a disposizione la propria penna.

Il fiorentino è lusingato e preoccupato allo stesso tempo dalla proposta del figlio del papa ma è anche ben conscio di non poter declinare l’offerta. Un’offerta che gli permetterebbe, non solo di scoprire le arti e i segreti del Valentino per conto della Repubblica, ma anche di ripianare buona parte dei propri debiti.

A complicare ulteriormente le cose è la presenza di Dianora Mambelli. La giovane, costretta dal Borgia, contro la propria volontà, a restargli accanto non vede l’ora di potersi vendicare del suo aguzzino.

Non sarà facile per Niccolò, incapace di resistere al fascino femminile, districarsi in una situazione tanto complicata e pericolosa.

“Il trono” è un romanzo storico e, come tale, la storia che narra è frutto di fantasia sebbene, ovviamente, molti personaggi siano esistiti realmente.

Il pretesto di un Cesare Borgia che incarica Machiavelli di scrivere la propria biografia è decisamente molto ben congeniato perché permette di sviscerare molte tesi e teorie che possiamo ritrovare nel Principe, l’opera più celebre del politico fiorentino.

I tre personaggi principali della storia sono molto ben caratterizzati e la trama che li lega è indubbiamente avvincente. Nella narrazione non manca mai una certa tensione emotiva che contribuisce a creare la giusta empatia del lettore nei confronti dei protagonisti.

Non si può non provare simpatia per Machiavelli con tutti i suoi vizi e le sue virtù. Lui, così arguto e capace di leggere l’animo umano, ma anche incapace di resistere dinnanzi al gentil sesso. Diventa quasi impossibile non farsi coinvolgere dalle debolezze di quest’uomo affetto dal vizio di poetare, avvilito e amareggiato perché nessuno sembra mai tenerlo nella giusta considerazione.

Eppure, anche così romanzato, Bernini trova il modo di rendere oltremodo credibile il personaggio non mancando di porre l’accento su alcune peculiarità del Machiavelli anche fisiche come quel suo immancabile mezzo sorriso, espressione forse del suo prendere le distanze dalla realtà.

A fare da contraltare al segretario fiorentino troviamo il diabolico, ma sempre affascinante Cesare Borgia. Scaltro, sadico e spregiudicato, eppure, dal momento che le cose non sono mai solamente o bianche o nere, anche la spietatezza del Valentino porta con sé talvolta qualche seme di bontà. Egli è senza dubbio un assassino nato, tuttavia non va dimenticato che pure la crudeltà può essere usata bene o male. 

Sinceramente ero molto scettica su questo libro e piuttosto prevenuta, ma devo ammettere che la lettura si è rivelata invece alquanto piacevole.

“Il trono” di Franco Bernini è un romanzo storico coinvolgente e ben costruito. Un buon compromesso tra fantasia e realtà che presenta una gran cura da parte dell’autore nel dettagliare la psicologia dei personaggi e la scena sulla quale si muovono.

 



lunedì 10 luglio 2023

‘Le donne di Dante” di Marco Santagata

Il libro inizia analizzando l’origine del nome Alighieri. Gli Alighieri presero il nome da una donna che andò in sposa al capostipite della famiglia di nome Cacciaguida, il trisavolo di Dante, che questi incontra nel Paradiso. Il nome Alighiero inizia ad imporsi per il casato proprio dal nome uno dei figli di Cacciaguida.

Nella prima parte del libro Marco Santagata si focalizza sulle donne di casa Alighieri facendo riferimento anche a quel poco che conosciamo dell’infanzia di Dante. Ci racconta della madre Bella, del padre, delle due sorelle, in particolare di Tana (Gaetana), e del fratello minore Francesco, nato dal secondo matrimonio contratto dal padre con Lapa.

In questa prima parte l’autore si concentra in particolare sulla storia di Firenze, confrontando la vita ai tempi di Cacciaguida con quella dell’’epoca di Dante.

Passa poi ad esaminare dettagliatamente quali furono i rapporti di Dante con la politica del suo tempo. Racconta dei Donati, dei Cavalcanti, dei Cerchi e, ovviamente, delle donne della vita del Sommo Poeta. Oltre alla sorella Tana, vengono presentate Beatrice, la moglie Gemma e Piccarda, sorella di Corso Donati.

Nella seconda parte Marco Santagata analizza più dettagliatamente gli scritti di Dante, non limitandosi alla sola Commedia. Passa quindi in rassegna le donne menzionate dal poeta, cercando di individuare ogni possibile corrispondenza tra figure femminili presenti nelle opere e personaggi realmente esistiti.

L’ultima parte del libro è infine dedicata al racconto delle nobildonne, di cui si parlava a Firenze e di cui Dante aveva sentito parlare prima di essere esiliato, e dei feudatari dell’Appennino con cui invece il Dante esule entrò poi in contatto.

Il libro di Marco Santagata è un saggio ben costruito, minuzioso e ben argomentato.

Bellissima la veste grafica del volume corredata di tantissime illustrazioni che contribuiscono a renderlo ancora più prezioso.

La scrittura è oltremodo scorrevole e, anche nei passaggi più difficili, l’autore riesce sempre a coinvolgere il lettore facendogli mantenere alta l’attenzione sull’argomento  affrontato.

Un testo chiaro, semplice ma allo stesso tempo mai banale o noioso. Davvero un ottimo libro che invoglia fin dalle prime pagine a riprendere in mano le opere di Dante. 

Assolutamente da leggere.


 

martedì 4 luglio 2023

“Una finestra affacciata sull’Arno” di Barbara Chiarini

Il titolo richiama subito alla mente quello di un celebre romanzo, opera di Edward Morgan Forster, “Camera con vista”, portato sul grande schermo nel 1985 dal regista James Ivory.

Firenze, la città d’arte che diede i natali a tantissimi poeti, pittori, scultori, letterati, pensatori e non solo, in verità, fu spesso la meta preferita di altrettanti artisti e personaggi non comuni che, affascinati dalla sua bellezza, non vollero più lasciarla.

Tra coloro che si stabilirono nella città del Giglio troviamo Elizabeth Barrett Browning, poetessa inglese, moglie del poeta Robert Browning. Le loro nozze furono molto contrastate dal padre di lei e i due scelsero Firenze come città dove trovare rifugio. La loro casa è oggi un piccolo museo e la Browning riposa al Cimitero degli Inglesi a cui è dedicato un capitolo del libro.

I fiorentini coniarono addirittura un termine piuttosto buffo con cui appellare i numerosi esponenti della comunità inglese, gli Anglobeceri, per il loro strano modo di parlare fiorentino o toscano. Del resto, i fiorentini hanno sempre avuto un soprannome per tutti, basti ricordare come chiamavano i politici e diplomatici piemontesi ovvero Buzzurri oppure Nuvoloni, per via di quel loro francese Nous Voulons pronunciato ad ogni inizio di frase.

La città fu spesso fonte di ispirazione per passioni travolgenti e per spregiudicati amori clandestini. Ecco, allora, che tra le storie narrate da Barbara Chiarini, troviamo quella a lieto fine di Rosa Vercellana, conosciuta da tutti come la bella Rosin, prima amante e poi moglie morganatica di Vittorio Emanuele II, e quella, purtroppo, destinata ad un ben più triste epilogo, che vide come protagonisti  Livia Malfatti Raimondi e il  futuro imperatore d’Austria, Leopoldo II.

Ci sono poi anche altre storie d’amore e di passione come quelle di Emilio Pucci ed Edda Ciano o quella del premio Nobel per la letteratura, Eugenio Montale, ed Irma Brandais, colei che nella poesia delle Occasioni sarà appellata con il nome di Clizia.

Tante anche le storie curiose come quella del Marajah Rajaram Chuttraputti che, arrivato in visita a Firenze, vi trovò la morte a seguito di un malore improvviso. Nel Parco delle Cascine si trova il monumento che venne eretto in sua memoria.

Non posso, però, non accennare alla storia di Violante di Baviera, moglie del Gran Principe Ferdinando de' Medici. Il loro fu un matrimonio mal assortito. Per lei fu amore a prima vista, ma lui non ricambiò mai i suoi sentimenti. Ferdinando contrasse la sifilide durante una delle sue gaudenti notti veneziane e, nonostante tutto, la moglie gli rimase accanto fino alla fine assistendolo amorevolmente. Quando Violante morì, espresse la volontà di essere sepolta nella cripta di Santa Teresa ma. nonostante fossero passati diciotto anni dalla dipartita dell’amato, volle che il proprio cuore, seguendo la tradizione della propria famiglia d’origine, venisse posto accanto al marito.

“Una finestra sull’Arno” è un libro dal titolo evocativo, ricco di storie dal fascino incredibile come i suoi protagonisti e come Firenze, una città che i secoli hanno lasciata immutata nel suo splendore.

Infinito è l’elenco dei personaggi famosi che nel passato restarono  stregati dalla magnificenza della città del Giglio e ne furono ispirati. Tra i tanti possiamo menzionare Shelley, Lawrence, Montale, Dostoevskij, Tchaikovsky, D’Annunzio.

Impossibile restare indifferenti di fronte a tanta bellezza e non perché lo dica io che, si sa, sono perdutamente innamorata di Firenze, ma perché è la sua stessa storia a raccontarlo attraverso l’arte, i monumenti e le tradizioni secolari che ancora oggi fanno parte della sua singolare quotidianità.



giovedì 22 giugno 2023

“Il fermaglio di perla” di Antonio Forcellino

Terzo volume della serie “Il secolo dei giganti”, il romanzo racconta gli eventi accaduti a partire da qualche anno dopo l’elezione al soglio pontificio di Leone X fino alla morte di papa Paolo III. Anni di guerre e violenze che raggiunsero l’acme più cruenta con il sacco di Roma.

Il 6 maggio 1527 le truppe imperiali di Carlo V, composte principalmente dai famigerati Lanzichenecchi, portarono guerra e distruzione nella Città Eterna sotto il pontificato di Clemente VII.

Come per i due precedenti volumi, il succedersi degli eventi è scandito dalla cronologia dei papi. Ogni papa ebbe aspirazioni e personalità molto diverse ma tutti, nessuno escluso, antepose sempre gli interessi della propria famiglia al bene della Chiesa.

Non ci si allontana quindi molto dalla verità affermando che la vera e unica protagonista di questo romanzo sia in fin dei conti l’ambizione.

Ambizione che, in queste pagine, viene declinata in ogni sua forma sia che si tratti di sete di potere sia che si tratti di voler lasciare dopo di sé il segno come miglior pittore e scultore del tempo e oltre.

Gli artisti di spicco del romanzo sono Raffaello e Michelangelo, ma in questo volume fa il suo ingresso sulla scena anche un nuovo protagonista, Tiziano Vecellio, che in quanto ad avidità ed ambizione, come si è soliti dire, se la gioca alla pari con il più anziano Michelangelo.

Raffaello impersonò l’armonia, la gioia di vivere e la convivialità. Come tutti anche lui fu chiamato a combattere l’impossibile guerra della politica ma lo fece sempre con una tale grazia, da rendersi gradito a chiunque gli stesse accanto. Alla sua morte furono in molti a pensare che insieme a lui se ne stava andando anche la grazia di Roma. Invero, dopo la sua morte avvenuta all’età di 33 anni un Venerdì Santo, stesso giorno della sua nascita, di lì a qualche anno Roma si sarebbe trovata al centro di una terribile spirale di violenza e devastazione.

Molto diverso da Raffaello fu Michelangelo. Artista ombroso e geloso della sua arte tanto da volerla celare ai colleghi per timore che qualcuno potesse carpire i suoi segreti. Eppure, Michelangelo, divino artista, fu pure capace di grandi slanci e di grandi passioni. Sebbene sempre in fuga da sé e dal dover scegliere, non si tirò mai indietro dinnanzi alle cose in cui credeva davvero che si trattasse di sostenere la Repubblica fiorentina o di dare il suo appoggio agli Spirituali, un gruppo il cui intento era quello di riformare il clero e per questo vennero perseguitati come eretici.

Codesto volume più dei precedenti si addentra in una dettagliata analisi politica dell’epoca oltre che nel racconto della storia dell’arte e dei suoi protagonisti.

Tantissimi i personaggi, figure di spicco e figure minori, che insieme si muovono sulla scena dando vita ad una narrazione ricca di colpi di scena, frutto di una continua alternanza di alleanze e tradimenti.

Personaggi terribili come Pier Luigi Farnese, figlio di Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, elemento più scellerato e disumano di Cesare Borgia, si aggirano tra le pagine di questo romanzo, dove incontriamo anche tante positive figure femminili, come quelle di Vittoria Colonna, Isabella d’Este, Giulia Gonzaga, donne coraggiose che osarono sfidare gli uomini con la loro intelligenza. Infine, non si può non ricordare Roxane, schiava e regina, che detenne a lungo  il potere nell’Impero Ottomano poiché a lei sola apparteneva il cuore di Solimano.

Tante verità storiche che si legano splendidamente all’interno di una trama romanzata ordita alla perfezione, capace di regalare al lettore un racconto avvincente e affascinante di quello che giustamente l’autore definisce Il secolo dei giganti.