giovedì 26 agosto 2021

“Una Medici a Bolzano” di Alberto Pasquali

Paul, giovane esponente della famiglia Botsch, è cresciuto a Firenze dove, grazie alla cospicua fortuna della sua famiglia, ha potuto studiare all’Università.

Qui ancora giovanissimo viene scelto dal Granduca di Toscana come precettore per la bella e intelligente Claudia de’ Medici.

Un giorno, complice anche una dissertazione sul V canto della Divina Commedia, tra i due giovani divampa la passione. Un amore proibito come quello di Paolo e Francesca ai quali entrambi non sono in grado di resistere.

Presto Claudia però è costretta a lasciare Firenze. Per lei, infatti, è giunto il momento di adempiere ai suoi doveri e sposare Federico Ubaldo della Rovere, un matrimonio combinato anni prima dalle rispettive famiglie.

Claudia non riuscirà mai a dimenticare il suo primo amore, ma poco importa perché le loro vite saranno destinate ad incrociarsi ancora.

Io narrante di questo breve romanzo, o forse sarebbe meglio chiamarlo lungo racconto trattandosi di appena una cinquantina di pagine, è proprio Paul Botsch, personaggio immaginario ma piuttosto verosimile in quanto appartenente ad una famiglia realmente esistita il cui nome Botsch è una germanizzazione del cognome originario de’ Rossi. I de’ Rossi, uomini d'affari e banchieri, si trasferirono nel XIII secolo a Bolzano per fare fortuna in Tirolo.

Claudia de’ Medici, personaggio storico meno conosciuto rispetto ad altri esponenti della sua famiglia, fu una figura di spicco per la città di Bolzano, città natale dell’autore del romanzo.

Claudia de’ Medici (1604-1648), figlia di Ferdinando I e Cristina di Lorena, fu duchessa di Urbino per aver sposato, appena diciassettenne, in prime nozze (1621) Federico Ubaldo della Rovere e arciduchessa d’Austria e contessa del Tirolo a seguito delle seconde nozze contratte nel 1626 con l’Arciduca Leopoldo V d’Austria.

Il primo matrimonio con il duca di Urbino fu un matrimonio infelice, lo sposo si rivelò da subito un uomo vizioso, violento e scavezzacollo. Dalla loro unione nacque una bambina Vittoria della Rovere, futura Granduchessa di Toscana e moglie di Ferdinando II.

Fortunatamente per Claudia il duca di Urbino morì appena due anni dopo le loro nozze, nel romanzo si dice a seguito di un colpo apoplettico, ma alcuna storiografia non esclude un veleno inviato da Firenze e forse destinato più che a lui alla sua amante (vedi Giuseppe Conti, “Firenze. Dai Medici ai Lorena).

Claudia ebbe maggior fortuna con il secondo matrimonio, ma purtroppo anche l’arciduca morì presto. Dopo solo sei anni (1632) la Medici si ritrovò nuovamente vedova e assunse quindi la reggenza del Tirolo in vece del figlio Ferdinando Carlo d’Austria fino al 1646. Un periodo non facile quello in cui si trovò al potere, proprio allora infuriavano le guerre tra cattolici e protestanti e per lei, una straniera proveniente da una famiglia cattolicissima, non fu semplice riuscire a mantenere salde le redini dello Stato.

Claudia de’ Medici fu figura rilevante per la città di Bolzano. Sotto il suo governo vennero incrementati gli scambi commerciali e, proprio a tale scopo, venne istituito anche il Magistrato Mercantile con l’intento di accrescere l’importanza internazionale della città.

Il racconto di Pasquali non si addentra nei particolari storici e tende a non approfondire più di tanto neppure i sentimenti e la psicologia dei vari personaggi ma, pur rimanendo in superficie, il racconto non risulta mai banale sebbene talvolta l’uso del “tu” tra Paul e Claudia strida un poco.

Il vero protagonista del libro diventa quindi la delicata storia d’amore, un amore che si trasforma seguendo le fasi della vita, un legame talmente forte da piegarsi dinnanzi alle avversità senza mai spezzarsi.

Sullo sfondo troviamo le vicende dell’epoca: le guerre di religione, la ragion di stato e quella figura di Claudia de’ Medici che ha segnato profondamente lo sviluppo economico di una città che ancora la ricorda con gratitudine e affetto come testimonia proprio questo libro.

È un’aria insolita quella che si respira tra le pagine di questo romanzo; anche laddove si parla di Firenze si percepisce che il racconto è filtrato attraverso una cultura e una sensibilità differente da quella toscana; nelle licenze letterarie così come nelle atmosfere è forte il richiamo alla storia dell’Austria e del Tirolo anche quando il racconto ci narra di realtà fiorentine.

Ho scoperto questo volume per caso durante una visita in Alto Adige, direi una sorpresa gradita quanto inaspettata per un’appassionata di storia medicea come me.

“Una Medici a Bolzano” è un romanzo che invoglia senza dubbio ad approfondire la storia del Tirolo e chissà che magari non nasca in me una nuova passione.






mercoledì 25 agosto 2021

“Giovanni dalle Bande Nere” di Carlo Maria Lomartire

Giovanni dalle Bande Nere, conosciuto anche come il Grande Diavolo, era figlio di Caterina Sforza, la Tygre di Forlì, e di Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, detto il Popolano.

Nato il 6 aprile 1498 fu chiamato dalla madre Ludovico in onore del Moro, lo zio per il quale Caterina nutriva una stima profonda.

Giovanni il Popolano era un uomo intelligente, elegante, colto e raffinato, ma anche con questo suo terzo marito Caterina non ebbe molta fortuna perché Giovanni morì quando il piccolo Ludovico aveva appena cinque mesi e otto giorni. In ricordo del padre il nome del bambino fu mutato quindi da Ludovico in Giovanni.

Quando Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, conquistò la rocca di Ravaldino facendo prigioniera la Sforza, Giovanni era già stato messo in salvo dalla madre a Firenze presso i parenti del padre.

Una volta riottenuta la libertà Caterina dovette intraprendere una dura battaglia legale per evitare che lo zio paterno di Giovanni ottenesse per sé la custodia del piccolo. Lo zio, in verità, non era mosso da affetto fraterno quanto piuttosto dal desiderio di impossessarsi dell’eredità.

Alla morte di Caterina, per suo volere, la tutela di Giovanni fu affidata a Jacopo Salviati, marito della primogenita del Magnifico Lucrezia, e a Francesco Fortunato l’unico precettore che fosse stato in grado di rimanere al fianco dell’irrequieto e indisponente ragazzino.

Quando Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, salì al soglio pontificio con il nome di Leone X, grazie alla lungimiranza del Salviati, Giovanni venne iscritto nelle milizie pontificie. Ebbe così inizio quella brillante carriera di condottiero per la quale Giovanni dalle Bande Nere verrà ricordato come l’ultimo grande capitano di ventura.

Siamo giunti ad un punto di svolta nell’arte della guerra. Gli esiti delle battaglie da questo momento in poi, più che dall’abilità dei condottieri, dipenderanno infatti dal potere di fuoco degli eserciti.

Dal carattere arrogante, aggressivo e spietato, il destino di Giovanni de’ Medici non poteva essere altro che la milizia; se infatti dai Medici aveva ereditato il patronimico, degli Sforza aveva ereditato senza dubbio il sangue

Il fascino invece lo aveva ricevuto in dote dai genitori, ambedue grandemente provvisti di questa qualità sebbene espressa in forme diverse. Tralasciando le numerose conquiste femminili, il suo fascino faceva presa anche sulle truppe al suo comando, i suoi uomini lo seguivano anche nelle imprese più disperate raggiungendo spesso successi insperati.

Giovanni sposò Maria, figlia di Jacopo Salviati e Lucrezia de’ Medici; dalla loro unione, unione tra l’altro dei due rami della famiglia Medici, nacque Cosimo futuro primo Granduca di Toscana. Il loro non fu un matrimonio felice, infatti, mentre Maria era innamorata di Giovanni fin da bambina, lui aveva accettato le nozze più che altro per un sentimento di riconoscenza verso la famiglia che lo aveva amorevolmente accolto.

Giovanni de’ Medici teneva in massima considerazione onore, lealtà e coraggio e proprio per questo motivo aveva notevoli difficoltà a conformarsi alla logica degli intrighi di corte e ai continui ribaltamenti delle alleanze politiche; al suo fianco a sostenerlo c’era però sempre l’Aretino, amico e confidente che spesso si adoperava per lui anche come segretario e diplomatico.

Giovanni era molto legato ai suoi uomini, il suo onore e i loro diritti erano qualcosa su cui non si poteva trattare. A differenza delle consuetudini secondo le quali almeno 1/3 del bottino spettava al capitano, egli lasciava che il bottino venisse interamente spartito tra i suoi.

Fu sinceramente addolorato per la morte di Leone X per il quale nutriva una grande riconoscenza. Alla sua morte annerì le sue uniformi e i suoi stendardi che da bianchi e viola divennero da quel momento neri in segno di lutto perenne per quel papa che aveva dato fiducia a quel giovane violento e scavezzacollo, scorgendo in lui quell’abile e coraggioso condottiero che sarebbe un giorno diventato.

Non ebbe lo stesso rapporto con i suoi successori papa Adriano VI e l’altro papa Medici, Clemente VII, con il quale ebbe sempre un rapporto piuttosto conflittuale e burrascoso vuoi perché questi non si fidava pienamente di Giovanni, vuoi perché voleva salvaguardare gli interessi di Alessandro de’ Medici che si vociferava fosse suo figlio illegittimo e di Ippolito de’ Medici, figlio di Giuliano di Lorenzo de’ Medici duca di Nemour.

Il libro di Carlo Maria Lomartire è un’opera che intreccia sapientemente verità storica e finzione letteraria. Le lunghe digressioni sulle alleanze e sulle guerre che si succedettero incessantemente in quel turbolento periodo nella nostra penisola sono intramezzate da dialoghi che vivacizzando il racconto rendono la lettura oltremodo scorrevole.

Purtroppo al termine del volume non c’è nessuna bibliografia che invece sarebbe stata utile per conoscere le fonti consultate dall'autore e per trarre validi spunti nel caso si volesse approfondire la figura di Giovanni dalle Bande Nere.

Il libro sebbene sia di sole 200 pagine è comunque esaustivo e ben argomentato. Oltre ai fatti storici l’autore ha dedicato ampio spazio all’introspezione psicologica dei personaggi innanzitutto di Giovanni, come è giusto che sia, ma anche di Caterina Sforza alla quale sono dedicate più di 50 pagine.

Un libro interessante sulla figura di uno dei personaggi più leggendari della nostra storia la cui immagine è giunta a noi in forma quasi mitizzata e per il quale anche Niccolò Machiavelli, già estimatore del Valentino, nutriva un’ottima opinione.

Un condottiero che, pur vivendo in un mondo in trasformazione, con la sua veloce cavalleria, le armi leggere, gli attacchi fulminei e l’uso dell’archibugio riuscì a lasciare comunque il segno prima di doversi anch’egli arrendere alla modernità e alla potenza delle armi da fuoco.




domenica 1 agosto 2021

“Nuvole al tramonto” di Domenico Corna

Sin da bambina Martina era stata piuttosto complicata tanto che i suoi genitori avevano incontrato numerose difficoltà nel gestire quel suo essere diverso.

Non interagiva con gli altri bambini perché non comprendeva come loro potessero essere appagati di usare la loro fantasia per riprodurre per gioco la vita reale degli adulti. 

La fantasia di Martina aveva ali più grandi, era capace di creare nuovi mondi. Martina era dotata di una sensibilità fuori dal comune, soffriva quando d’autunno le foglie cadevano dagli alberi e amava parlare non solo con i cani, ma con tutti gli esseri viventi.

Martina, costretta tanto tempo prima dai genitori e dalla vita a dimenticare quell’universo di bambina fatto di fantasia, si trova un giorno all’improvviso nuovamente avvolta da quel suo mondo immaginario.

Lei però non è più la Martina di un tempo, ne è spaventata e non lo riconosce; da adulta non comprende come possa esserci un mondo dove coesistano montagne innevate accanto ad aridi deserti, dove dal fitto dei boschi di abeti ci siano scoiattoli burloni che si divertono a tirare ghiande ai passanti.

La giovane si sente perduta così divisa tra due mondi, quello della fantasia e quello della realtà. Non sarà facile per lei ricomporre il puzzle, affrontare quella che ha tutto l’aspetto di essere una malattia; ci vorrà davvero una grande forza di volontà per superare la paura che l’attanaglia e la diffidenza di chi le sta accanto.

Il libro di Domenico Corna è un libro molto particolare e di non facile classificazione: fantasy, drammatico, contemplativo, filosofico.

È un libro evocativo in cui il lettore viene indotto a perdersi nel flusso di riflessioni e ricordi della protagonista. Spesso il lettore si trova egli stesso a fluttuare tra quelle nuvole rosse che portano con sé storie e pensieri.

Martina è una novella Alice nel paese delle meraviglie, ma anche un piccolo principe che incontra la volpe. Ginetta ed Edi accompagnano Martina nel suo difficile percorso alla ricerca di se stessa come fantasmi del Natale dickensiano.

“Nuvole al tramonto” è anche un romanzo che racconta il disagio giovanile e lo fa attraverso le storie dei ragazzi della piazza che Martina frequenta per un periodo della sua vita. Sono le storie di Daniele con la sua chitarra, di Laura con la passione per la politica, di Giulio il ragazzo sensibile che cade vittima dell’eroina, di Luisa in perenne fuga dalla madre prostituta, del piccolo Giovanni che grazie all’intervento di Martina riesce a salvarsi in tempo e a ricostruire il rapporto con la madre.

“Nuvole al tramonto” ci parla dei difficili rapporti genitori-figli, dell’incomunicabilità e della difficoltà di riuscire a fare le scelte giuste, ci parla delle fragilità di ciascuno di noi e della paura di crescere, ma  soprattutto ci spiega quanto siano importanti la fantasia e l’immaginazione nelle nostre vite perché

Due sono le vite: una da vivere, un’altra da inventare. La prima si è spesso costretti a viverla come viene. Talvolta si riesce a cambiarla e allora sembra che tutto funzioni bene, talvolta invece non funziona per niente. Ma c’è un’altra vita, ti può condurre dove non esiste l’angoscia, lontano dagli incubi. Non nasce quando nasce il corpo e non termina quando bisogna lasciarlo. Esiste da sempre, lì ad attenderti.




sabato 31 luglio 2021

“La profezia delle pagine perdute” di Marcello Simoni

Il mercante Ignazio da Toledo è morto, o almeno così pensano tutti, dopo aver sottratto all’astrologus personale dell’Imperatore Federico II di Svevia Il Merlino, una raccolta di profezie attribuite al leggendario personaggio.

Michele Scoto, magister della Corte di Sicilia, vuole recuperare il manoscritto che gli è stato rubato e per farlo è disposto a tutto. L’unico in grado di potergli garantire un valido aiuto è però il figlio del mercante, Uberto Alvarez. Così, pur di assicurarsi la sua collaborazione, non esita a farne rapire la moglie e la figlia.

In realtà Moira e la piccola Sancha sono all’oscuro di quel che sta accadendo intorno a loro anche perché vengono trattate da Michele Scoto più come due gradite ospiti che come due prigioniere.

Uberto, nel frattempo, si rende conto che non solo lo Scoto è interessato a quel libro. Sulle tracce del prezioso manoscritto ci sono infatti in gioco numerose forze ben più pericolose del magister tra cui la terribile Saint-Vehme ossia il tribunale segreto, la loggia dei sicari che nascondono i loro volti dietro a delle maschere.

A questo punto è evidente che la protezione che Michele Scoto è in grado di offrire alla famiglia di Uberto è ormai di vitale importanza.

“La profezia delle pagine perdute” è il quinto libro della saga dedicata alla figura di Ignazio da Toledo nata dalla penna di Marcello Simoni.

Non esistono difficoltà oggettive nel leggere questo romanzo senza aver letto i precedenti volumi, ma credo che leggerli in ordine cronologico renderebbe senza dubbio più agevole la comprensione della storia nel suo insieme.

Infatti, se è vero che non ci sono problemi a seguire lo svolgersi della trama, resta un po’ più difficile mettere a fuoco i rapporti che legano tra loro i vari personaggi.

Un esempio su tutti è il rapporto tra il padre Ignazio e il figlio Uberto. Leggendo il racconto si percepisce che nel passato tra i due ci sono state divergenze e incomprensioni, ma non si hanno sufficienti elementi per comprenderne né la ragione né l’entità.

I personaggi sono molto numerosi e ben cateterizzati, ma tra loro affiorano spesso figure del passato per le quali vale lo stesso discorso di cui sopra.

La trama corre su due binari paralleli: da una parte abbiamo la storia di Uberto e della ricerca del manoscritto, dall’altra quella di Ignazio che, lungi dall’essere veramente morto, in compagnia del pirata Antar che lo ha fatto prigioniero rincorre il sogno di ritrovare l’Arca dell’Alleanza trafugata dalla Regina di Saba a Re Salomone.

Il personaggio che mi ha affascinata di più è senza dubbio quello di Michele Scoto. Una figura misteriosa capace di incutere rispetto e timore, ma che nasconde allo stesso tempo anche quel lato umano che non ti aspetteresti. Senza dubbio un personaggio presente anche nei romanzi precedenti e del quale mi sarebbe piaciuto poter avere qualche riferimento in più soprattutto riguardo ai suoi legami con il mondo della negromanzia e dei culti druidici.

Il romanzo di Marcello Simoni è un giallo molto ben costruito, ricco di colpi di scena; la scrittura scorrevole rende la lettura molto piacevole.

Esiste un finale anche se piuttosto aperto per cui non ci resta che attendere la prossima uscita e magari nel frattempo sfruttare il tempo per recuperare i quattro volumi precedenti.




lunedì 12 luglio 2021

“The Witcher – La Signora del Lago” di Andrzej Sapkowski

Con “La Signora del Lago” siamo giunti al capitolo finale della saga di The Witcher.

Geralt di Rivia e la sua compagnia si sono fermati a Toussaint per rimettersi in forze prima di riprendere il loro viaggio alla ricerca di Ciri.

In questo regno di incomparabile bellezza Ranuncolo, con sua somma soddisfazione e gioia, diviene oggetto delle attenzioni della duchessa Anna Henrietta, sua vecchia fiamma, mentre la maga Fringilla Vigo, su istruzioni della Loggia, si impegna a sedurre Geralt per cercare di estorcergli utili informazioni.

Mentre Yennefer si trova sempre prigioniera del pericoloso mago Vigefortz, Ciri, dopo essere riuscita a sfuggire ai suoi inseguitori usando il portale magico all’interno della Torre della Rondine, è ora ospite degli Elfi. In realtà la principessa di Cintra si accorgerà ben presto che l’interesse degli Elfi nei suoi confronti non è per nulla disinteressato e lei non è affatto loro ospite, ma piuttosto loro prigioniera.

Se nulla nel precedente volume poteva fare presagire un qualche legame con le leggende del ciclo arturiano, tranne forse per una bambina di nome Nimue, qui il titolo stesso del libro non può che richiamare alla memoria la celebre Dama del lago e con lei tutta una serie di personaggi di cui in effetti viene fatta in parte menzione in questo capitolo finale.

Senza dire niente che possa compromettere il piacere della lettura, posso anticiparvi che Ciri in quest’ultimo libro prenderà finalmente piena coscienza di cosa davvero significhi essere il Sangue Antico, la Signora dei Mondi in grado di esercitare il potere sul tempo e sullo spazio.

Ho trovato quest’ultimo romanzo un po’ diverso dai precedenti e non vi nascondo che all’inizio ho fatto un po’ di fatica a metter a fuoco la storia. In particolare, ho trovato un po’ dispersiva l’idea di introdurre dei personaggi che nulla hanno a che fare con la storia principale e contribuiscono invece a rendere piuttosto confuso e disomogeneo il racconto.

La seconda parte del romanzo invece acquista l'abituale ritmo incalzante dei precedenti libri e la storia riprende slancio. I personaggi principali tornano con tutta la loro forza per arrivare con la loro consueta dinamicità all’atto conclusivo della storia. 

Ci sono alcuni passaggi del racconto che hanno suscitato in me alcune perplessità come, ad esempio, lo strano comportamento di Emhyr var Emreis che non sembra avere una logica spiegazione o l’uscita di scena improvvisa di alcuni personaggi; a difesa dell’autore va detto però che ci sono anche diversi colpi di scena inaspettati e di grande effetto.

Come sempre non è facile accomiatarsi da dei protagonisti che così a lungo ci hanno fatto compagnia, soprattutto se con essi abbiamo stretto un profondo legamene empatico.

Non posso dirvi che abbia amato il finale che l’autore ha scelto per questa saga, avrei preferito senza dubbio un epilogo più lieto e meno indefinito, ma non sarebbe stato giusto. Credo che la conclusione scelta da Sapkowski sia quella più coerente con il mondo da lui creato e senza dubbio più corrispondente al carattere e alla storia dei suoi protagonisti.

L'ultima pagina del romanzo non è un vero addio a Geralt di Rivia, ma solo un arrivederci. Ad attendere il lettore, infatti, c’è ancora una raccolta di racconti intitolata “La Stagione delle Tempeste” e per gli appassionati delle serie Tv è stato già annunciato, proprio in questi giorni, che dal 17 dicembre 2021 sarà disponibile su Netflix la seconda stagione di The Withcher.

 



 

 

domenica 4 luglio 2021

“La sorella minore – volume I” di Catherine Hubback

Primo volume di una trilogia “La sorella minore” racconta la storia di Emma Watson la più piccola dei figli del reverendo John Watson.

A differenza delle tre sorelle e dei due fratelli Emma è cresciuta lontano da casa, allevata dalla sorella della madre e dallo zio, il dottor Maitland, a cui Emma era molto affezionata.

La zia però, rimasta vedova e unica erede dei beni del marito, decide inaspettatamente di risposarsi con uno uomo senza sostanze e trasferirsi in Irlanda con il nuovo consorte; ad Emma non resta quindi che tornare a casa dalla propria famiglia d’origine.

La giovane si deve confrontare di punto in bianco con una mentalità e uno stile di vita totalmente diversi da quelli a cui era abituata; fratelli e sorelle sono per lei dei perfetti estranei così come il padre che si rivela essere sin da subito un indolente invalido incline alla depressione.

Emma è una ragazza bella e gentile, ma allo stesso tempo anche forte e orgogliosa.

Proprio queste sue caratteristiche faranno sì che venga notata fin dal primo ballo a cui parteciperà non solo dai giovani del luogo, ma anche dai membri dell’alta società ed in particolare da Lord Osborne suscitando l’invidia di una delle sorelle.

Se il nome Watson vi ricorda qualcosa, sappiate che siete nel giusto. I Watson era infatti il titolo di un racconto iniziato da Jane Austen verso il 1803 e poi abbandonato a seguito della morte del padre. 

Catherine Hubback è la nipote di Jane Austen, figlia del fratello Francis. L’autrice non lesse mai il manoscritto originale, ma ne ascoltò senza dubbio più volte il racconto dall’altra sua zia Cassandra, che era invece in possesso dello stesso, e dalla quale venne anche a conoscenza di come la zia Jane avrebbe voluto proseguire la storia.

Il racconto di Catherine Hubback non riprende la storia dove terminava il racconto della più celebre scrittrice, ma la riporta integralmente dall’inizio rifacendola sua.

Il racconto degli Watson della Austen coincide quindi con i primi cinque capitoli di questo primo volume della Hubback.

L’autrice rimane comunque fedele alla trama originaria ad eccezione di alcuni piccoli particolari (ad esempio l’età del piccolo Charles Willis) e di alcune precisazioni in cui si fa chiara menzione che gli avvenimenti narrati sono ambientati non nell’Inghilterra contemporanea, ma sessant’anni prima ai tempi dei balli di campagna, prima che quadriglie, valzer e polke cambiassero l’aspetto delle sale da ballo.

È sempre rischioso mettere mano ad un racconto scritto da altri tanto più se l’autore è del calibro di Jane Austen, ma Catherine Hubback non delude assolutamente il lettore e scrive il libro che tutte noi Janeites  avremmo voluto leggere.

I Watson era un racconto davvero promettente e ognuna di noi dopo aver partecipato al ballo con Emma si è interrogata a lungo su quale sviluppo avrebbe potuto avere la storia: l’accattivante Lord Osborne si sarebbe rivelato un nuovo Mr Darcy? Oppure l’ottima impressione del più posato Mr Howard sarebbe stata confermata agli occhi della inappuntabile e orgogliosa Emma? Cosa aspettarsi poi dall’affettato e ricercato Mr Tom Musgrove? Quale futuro avrebbe atteso la mite e rassegnata Elizabeth? Cosa pensare della sventata Margaret così simile alla frivola Lydia Bennet di "Orgoglio e Pregiudizio"?

Grazie a Catherine Hubback possiamo avere il nostro finale certe che la sua penna non deluderà le nostre aspettative, dobbiamo solo avere un po’ di pazienza in quanto la Vintage Editore ha deciso di rispettare il piano di pubblicazione originale dell’opera in tre volumi.

Non ci resta quindi che attendere la seconda uscita…

 

 

 

sabato 3 luglio 2021

“Caterina de’ Medici. Una vita tra splendori e intrighi” di Mariangela Melotti

La storia di Caterina de’ Medici suscita ancora oggi sentimenti contrastanti; per alcuni figura femminile di grande saggezza politica, per altri “la regina maledetta” che non si fece scrupolo di ricorrere al veleno e alla stregoneria pur di raggiungere i propri scopi.

Caterina de’ Medici nasce a Firenze nel 1519, figlia di Lorenzo de’ Medici duca d’Urbino (figlio di Piero il Fatuo e nipote di Lorenzo il Magnifico) e di Madeleine de La Tour d'Auvergne. Rimane orfana dopo pochi giorni dalla nascita, il padre muore di tubercolosi, o forse di sifilide, e la madre di febbre puerperale.

Sono anni difficili quelli della sua infanzia anche se lo zio papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, ne ottiene la custodia.

A Roma Caterina imparerà a conoscere come ci si debba muovere tra intrighi e complotti. La vita alla corte papale sarà per lei una vera palestra e gli insegnamenti di quegli anni le torneranno molto utili quando un giorno siederà sul trono di Francia. È una ragazzina sveglia e ha già compreso che lei altro non è che un’importante pedina sullo scacchiere politico ed in particolare su quello mediceo.

Quando papa Clemente VII concluderà per lei un prestigioso matrimonio con Enrico, figlio cadetto del re di Francia Francesco I, saprà accettare serenamente il suo destino.

Caterina riuscirà a farsi benvolere dal suocero e avrà la capacità di sapersi imporre, grazie alla sua innata eleganza, al suo buongusto e alla sua intelligenza, in una corte che fin da subito la guarderà con malanimo in quanto straniera.

La Medici non si abbatterà neppure di fronte ai continui tradimenti del consorte per il quale lei invece nutrirà sempre un affetto sincero e quando, all’improvviso morirà il cognato Francesco, lei ancora senza eredi saprà giocare bene le sue carte per mantenere saldo il suo posto a fianco del marito, nuovo Delfino di Francia.

La sua fermezza e la sua saggezza saranno ben ricompensate poiché lei siederà sul trono prima come consorte e poi come reggente.

Gli anni in cui Caterina fu al potere furono anni di guerra e di sanguinosi conflitti religiosi. A lei venne data la colpa per la strage perpetrata dai cattolici ai danni degli Ugonotti la notte di San Bartolomeo.

Caterina venne spesso accusata di tergiversare, di non prendere decisioni volontariamente così da fomentare le discordie, in realtà molto più probabilmente la penuria di mezzi economici e la debolezza del trono non le permisero di agire diversamente.

Volevo leggere un saggio su Caterina de’ Medici, un personaggio che negli ultimi tempi ha suscitato la mia curiosità, e così girando tra le librerie di Firenze mi sono imbattuta in questo libro che non avevo mai visto prima.

Si tratta di un saggio molto discorsivo e quindi di facilissima lettura, ben scritto e scorrevole; affascinanti sono le descrizioni dei luoghi e dell’ambiente di corte.

Una prima parte del libro è dedicata alle origini della famiglia Medici, una sorta di lunga introduzione per inquadrare meglio il personaggio; con la morte dei genitori di Caterina si entra poi nel pieno del racconto della vita della futura sovrana di Francia.

Il libro è piuttosto breve, neppure 200 pagine, per cui inutile dire che non può essere considerata una biografia esaustiva, ma piuttosto un invito ad approfondire l’argomento.

La scelta di questo tipo di copertina per un saggio, cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa fin dal primo momento, insieme ad una completa assenza di bibliografia avrebbero dovuto allertare fin da subito il mio sesto senso.

Il libro, infatti, non manca di imprecisioni e omissioni alcune oserei dire piuttosto imbarazzanti come il mettere in relazione i tre gigli caricati sulla palla più in alto dello stemma mediceo con la scelta di Firenze di adottare proprio il giglio come simbolo della città. Subito ho pensato di aver male interpretato le parole dell’autrice, ma purtroppo la stessa asserzione viene riportata qualche pagina più avanti sgombrando ogni dubbio sulla possibilità di malintesi.

Un’altra inesattezza, per esempio, è l’errata identificazione del committente per la Cappella dei Magi, opera di Benozzo Gozzoli. Nel libro è scritto che fu commissionata da Lorenzo il Magnifico invece che dal padre di questi Piero il Gottoso.

Troppe sviste per un saggio e mi chiedo, non conoscendo la storia di Caterina, quante inesattezza io possa aver letto senza rendermene conto.

Peccato davvero perché la prosa è stilisticamente molto raffinata e piacevole, perfetta per un romanzo e come tale l’avrei magari anche apprezzato, ma trattandosi di un saggio non mi sentirei di consigliarne la lettura.