sabato 18 gennaio 2020

“I Medici” di Stefano e Vincenzo Giannetti


I MEDICI
di Stefano e Vincenzo Giannetti
Angelo Pontecorboli Editore
La storia della famiglia Medici è così affascinante e varia da sembrare quasi un romanzo.

I Medici hanno dominato la storia di Firenze e non solo per quasi quattro secoli e la loro influenza sull’arte è stata davvero vasta.

Grandi mecenati, amanti della letteratura, della pittura e della scienza, appassionati collezionisti, i Medici misero a disposizione le loro immense ricchezze a favore del sapere e delle arti.

Il libro di Stefano e Vincenzo Giannetti non vuole certamente essere, per stessa ammissione degli autori, un esaustivo saggio sui Medici poiché sarebbe ovviamente impossibile condensare la loro storia in così poche pagine, ma piuttosto l'opera deve intendersi come un omaggio a questa potente e gloriosa famiglia.

Ecco proprio in quest’ottica deve essere affrontato questo volume. Ho letto diversi libri sull’argomento e chi segue il mio blog, sa che ultimamente mi sono molto appassionata alla storia di questa dinastia.

Il libro dei Giannetti è un un’opera molto valida per chi desidera avvicinarsi per la prima volta alla materia e magari, partendo proprio da queste pagine, dedicarsi a letture più specifiche per approfondire alcuni argomenti o le vicende della vita di uno o più esponenti della famiglia.

Inoltre può essere un libro utile per fare il punto su quanto si è appreso precedentemente e trovare spunti per verificare alcune teorie e perché no, vagliare anche tesi diverse.

Nel corso dei secoli la famiglia Medici ha sempre diviso molto l’opinione pubblica tanto che spesso i fatti storici che li riguardano sono a noi giunti molto distorti a seconda che questi venissero raccontati ed elaborati da loro detrattori oppure da persone a loro favorevoli.

Un esempio su tutti è la vicenda di Isabella de’ Medici, la figlia di Cosimo I che si dice fosse stata uccisa, per la precisione strangolata, dal marito Paolo Orsini.
Il libro di Stefano e Vincenzo Giannetti sostiene apertamente questa tesi, ma recentemente ho letto un altro libro  intitolato “L’onore perduto di Isabella de’ Medici” dove l'autrice, Elisabetta Mori, si dichiara di tutt'altro avviso sulla vicenda.

Se vogliamo trovare difetti al libro direi senza dubbio l’assenza di una bibliografia, un elenco di opere consultate dagli autori potrebbe infatti essere molto utile ad un lettore interessato ad eventuali approfondimenti, e inoltre una certa approssimazione nelle didascalie delle opere riportate (dipinti, stampe, vedute ecc.) in quanto per la maggior parte mancanti di indicazioni sulla loro collocazione.

Nell’insieme però “I Medici” è davvero un libro gradevole, ben scritto e dalla veste grafica piacevole ed elegante.

Un’opera utile a chiunque voglia conoscere le vicende degli esponenti della famiglia, uomini e donne che, innamorati della propria città e grazie alla potenza conferita loro dalla ricchezza e dall’amore per l’arte, fecero di Firenze quella grande città di cui noi tutti abbiamo letto, studiato e di cui ancora oggi riecheggiano i fasti nelle opere d’arte giunte fino a noi. 



mercoledì 1 gennaio 2020

“L’ombra di Caterina” di Marina Marazza

L’OMBRA DI CATERINA
di Marina Marazza
SOLFERINO
Lei è Caterina, una bella popolana.
Lui, Ser Piero, un giovane ed ambizioso notaio appartenente ad una delle famiglia più in vista di Vinci.

Caterina, per stessa ammissione di Ser Piero, è bella da sposare, ma Ser Piero non potrà mai prenderla in moglie vista la differenza di classe sociale.

La storia di Caterina, se vogliamo, è una storia come tante altre se non fosse che il figlio che lei darà alla luce risponderà niente meno che al nome di Leonardo da Vinci.

Ser Piero si farà carico delle sue responsabilità ed il piccolo verrà allevato nella casa dei da Vinci, protetto dalla famiglia paterna ed in particolare dallo zio Francesco, fratello di Ser Piero, che stravede per il nipote.

Leonardo, seppur illegittimo, rimarrà per lungo tempo l’unico figlio di Ser Piero prima che nascano numerosi fratelli e sorelle frutto dei diversi matrimoni contratti dal padre.

La storia della vita di Leonardo è conosciuta da tutti, oscura è invece la storia della madre del grande genio, la storia di quella donna che egli credeva essere semplicemente la sua balia e che fu costretta ad abbandonarlo perché, come si diceva all’epoca, i figli appartengono ai padri.

Caterina affidò quindi il piccolo alla famiglia di Ser Piero che senza dubbio sarebbe stata in grado di garantirgli una vita migliore di quanto mai lei avrebbe potuto fare.
La donna, però, non dimenticò mai davvero il suo Leonardo e negli anni a venire lo seguì di nascosto ogni volta che le fu possibile, gioendo per i suoi successi e dolendosi per le sue pene.

Caterina, io narrante del romanzo, ci racconta in prima persona la sua storia, ma L’ombra di Caterina è anche un romanzo corale e come tale vuole prima di tutto essere, quanto più possibile, una ricostruzione fedele di un’epoca.

I fatti storici raccontati nel libro sono fatti realmente accaduti: la vita dei Da Vinci, la storia di Ludovico il Moro, la congiura dei Pazzi, la morte di Lorenzo de’ Medici, Girolamo Savonarola ed il falò delle vanità, ma da buona romanziera Marina Marazza riempie magistralmente i vuoti documentali con la fantasia sua propria stando sempre attenta ad offrire al lettore un racconto il più verosimile possibile.

Il romanzo della vita di Caterina ci regala un autentico affresco di quella che doveva essere la vita dell’epoca.
Grazie alla storia della protagonista e dei suoi congiunti, della sorella Lisa, dei suoi fratelli Pantaleo e Cambio, del marito Tonio, delle figlie e del figlio Cesco, e ancor più attraverso le loro attività e mestieri, il soldato, il fornaciaio, il contadino, la levatrice, l’autrice riesce a riportarci indietro nel tempo.
                                                                                                             
L’ombra di Caterina è un romanzo emozionante e coinvolgente, una storia che si lascia leggere tutta d’un fiato, capace di far commuovere ed appassionare il lettore come solo le grandi storie sanno fare.
Il libro di Marina Marazza, seppur creato su solide basi storiche, è un’opera di fantasia.
Un romanzo storico che ci racconta una storia originale e che ci regala l’immagine di un Leonardo diverso da quello conosciuto, un Leonardo più umano e più vicino a noi.
Una lettura decisamente consigliata.




venerdì 13 dicembre 2019

“The Mist in the Mirror” di Susan Hill


THE MIST IN THE MIRROR
di Susan Hill
VINTAGE
Sir James Monmouth è un anziano signore che frequenta un esclusivo circola di Londra. 
Un giorno, durante la conversazione con un giovane socio, decide di affidare a questi il racconto della sua vita, un racconto decisamente fuori da comune e, a dir la verità, piuttosto inquietante.

Sir James Monmouth era stato allontanato dall’Inghilterra all’età di cinque anni. Dopo la morte dei suoi genitori, non essendoci alcun parente che potesse prendersi cura di lui, il piccolo James era stato mandato a vivere in Africa dove era stato affidato alla cure di un tutore.

L’adolescente James, durante i numerosi viaggi intrapresi in compagnia del suo tutore, era rimasto affascinato dalla figura di un esploratore.
Conrad Vane, questo era il nome dell’esploratore, era diventato per lui una specie di eroe e una figura a cui ispirarsi.

Alla morte del suo tutore Sir James Monmouth aveva deciso che era giunto finalmente il momento per lui di rivedere la propria patria.
Egli, infatti, aveva compiuto numerosissime esplorazioni nel corso degli anni, ma mai aveva avuto occasione di ritornare in Inghilterra.

Non aveva alcuna memoria della sua terra d’origine, della quale nel frattempo aveva letto moltissimo rimanendone molto affascinato, ed ora era giunto per lui il momento di ritornare a casa.

Sir James Monmouth nonostante l’età adulta, era ancora ossessionato dalla figura di Conrad Vane tanto che, una volta giunto in Inghilterra, era sua ferma intenzione provare a far luce sulla lacunosa storia della vita dell’esploratore inglese e magari scrivere egli stesso un libro su di lui.

Sebbene tutti provassero a dissuaderlo dalle sue indagini, Sir Monmouth non era minimamente intenzionato a lasciarsi scoraggiare e, nonostante il verificarsi di diversi sinistri avvenimenti che avrebbero indotto chiunque a desistere dai proprio intenti, Sir James proseguiva senza sosta nel suo proposito.

Sir James iniziava, però, ad avvertire strani malesseri, ad avere angoscianti visioni, a soffrire di disturbi del sonno e a sentire nel buio misteriosi pianti e lamenti.

Come se non bastasse fin dal suo arrivo sul suolo inglese avvertiva spesso una strana presenza accanto a sé, come se qualcuno lo stesse pedinando.

C’era poi la figura di un ragazzino triste e pallido che sembrava seguirlo ovunque osservandolo in silenzio da lontano, senza lasciarsi mai avvicinare.

Chi era quel ragazzino? Cosa c’era di vero nelle insistenti e ambigue voci sulla dissolutezza di Conrad Vane? E perché tutti avevano così paura di parlare della vita di un uomo ormai morto da tanti anni?

Come potete intuire dal titolo del post, ho letto questo romanzo in lingua originale. Era da un po’ di tempo che non leggevo qualcosa in inglese e questo libro si è rivelato un’ottima scelta.
Il romanzo è molto descrittivo e quindi un ottimo esercizio per imparare nuove parole, inoltre il ritmo incalzante della storia sprona il lettore ad avanzare velocemente nella lettura per scoprire cosa accadrà nelle pagine successive.  

Il racconto è molto scorrevole e la storia è davvero coinvolgente grazie ad una trama dai risvolti inquietanti e misteriosi in un crescendo di episodi carichi di adrenalina e di suspense che affascinano il lettore fin dalle prime pagine.

“The mist in the mirror” è un romanzo popolato da fantasmi, da oscure presenze e da spiriti inquieti, come potevano esserlo i romanzi gotici, i racconti di Edgar Allan Poe o le opere di Wilkie Collins.

Il romanzo di Susan Hill è il libro perfetto per gli appassionati del genere che non potranno che restare affascinati da questa intrigante e oscura storia di fantasmi vecchio stile.





domenica 8 dicembre 2019

“La furia della marea” di Winston Graham


LA FURIA DELLA MAREA
di Winston Graham
SONZOGNO
Il Diciottesimo secolo sta volgendo al termine e i protagonisti della storia hanno l’angosciante sensazione che non solo il secolo sia prossimo  alla fine, ma anche la vita così come l’anno conosciuta fino ad allora.

Ross è ancora scosso dal tradimento di Demelza, i sentimenti che prova sono contradditori e fatica a ritrovare con lei l’armonia di un tempo nonostante sia la cosa che desideri più ardentemente.
Dopo aver vinto la sfida con il suo rivale di sempre, George Warleggan, Ross Poldark ora è un membro del parlamento e questa nuova carica lo costringe a dividere il suo tempo tra Londra e la Cornovaglia.

Durante l’assenza di Ross a Nampara è la moglie ad occuparsi degli affari di famiglia.
Demelza, da donna forte e determinata qual è, nonostante le difficoltà riesce sempre ad affrontare saggiamente ogni cosa sia per quanto concerne la miniera e la fattoria sia per quanto riguarda le problematiche familiari.

Il matrimonio di Morwenna con il reverendo Osborne è sempre più in crisi e l’uomo sembra essere disposto a  qualunque cosa pur di liberarsi della moglie.
Drake, pungolato in tale direzione da Demelza e da Sam, è finalmente sul punto di rifarsi una vita con una brava giovane del villaggio, nonostante non abbia però mai dimenticato Morwenna.
L’amore di Drake e Morwenna sembra ormai un amore impossibile, eppure la vita si sa è beffarda e riserva sempre delle sorprese.

Elizabeth e il marito sembrano aver ritrovato finalmente un po’ di serenità in quanto George sembra essere riuscito a superare il terribile dubbio sulla vera paternità di Valentine. Ma quanto durerà questa tregua?

Nel frattempo un nuovo personaggio appare sulla scena, un libertino senza scrupoli che ha messo gli occhi su Demelza e Ross non esiterà a sfidarlo a duello rischiando non solo di compromettere la sua posizione in parlamento, ma anche la sua completa riconciliazione con la moglie.

Il matrimonio di Caroline e Dwight scricchiola a seguito di un duro colpo che la sorte ha loro riservato.
Il loro legame è profondo, ma i loro caratteri sono molto diversi così come completamente diverso è il loro modo di affrontare le crisi.
Riusciranno a ritrovarsi anche questa volta?

Siamo arrivati così al settimo libro della saga e, come sempre, gli avvenimenti si susseguono senza tregua.

Nuovi personaggi si affacciano sulla scena, altri acquistano importanza con le loro vicissitudini e le vecchie storie si intrecciano con le nuove dando vita ad un nuovo ed avvincente romanzo.

Il punto di forza di questa saga, non mi stancherò mai di sottolinearlo, è proprio la grande capacità di Winston Graham di riuscire a tenere viva l’attenzione del lettore arricchendo la storia, romanzo dopo romanzo, con l’introduzione di nuovi personaggi, con l’evoluzione e la crescita di quelli conosciuti e con nuovi interessanti sviluppi della trama.

Ancora una volta ci ritroviamo a sperare in una riconciliazione completa tra Ross e Demelza e tra Dwight e Caroline e, ancora una volta, non possiamo non sperare che accada qualcosa per cui possa finalmente esserci un lieto fine anche per Drake e Morwenna.

Il racconto scorre veloce e il romanzo si legge tutto d’un fiato, ma anche questo aspetto non è una novità per i lettori della saga.
Ci si ritrova sempre troppo presto all’ultima pagina con la speranza che la casa editrice pubblichi quanto prima il volume successivo.

Da venerdì 3 gennaio andrà in onda su Sky la quinta ed ultima stagione della serie TV dedicata ai Poldark.
Non sarà facile accettare la conclusione di una serie TV che tanto ci ha affascinato, ma la buona notizia è che il racconto si fermerà prima della fine della storia scritta da Winston Graham per cui, una volta terminata la visione televisiva, le vincente della famiglia Poldark ci potranno tenere compagnia attraverso le pagine dei libri ancora per un po’.


I post relativi ai precedenti romanzi potere trovarli qui

domenica 3 novembre 2019

“L’abito di piume” di Banana Yoshimoto


L’ABITO DI PIUME
     di Banana Yoshimoto    
 FELTRINELLI 
Hotaru, dopo una cocente delusione d’amore, torna al suo villaggio natale, un piccolo paese attraversato da un fiume.
Il suo compagno, un uomo sposato, dopo otto anni d’amore l’ha lasciata di punto in bianco preferendole definitivamente la moglie e la famiglia.

Ad attenderla al paese c’è la nonna con la sua caffetteria pronta a confortarla e a darle un lavoro, una piccola occupazione, ma pur sempre qualcosa che possa farla sentire utile.
Anche se il padre è sempre in viaggio e la madre è morta quando lei era ancora piccola, Hotaru decide di non tornare a vivere nella casa dei genitori, ma di sistemarsi nel magazzino della caffetteria per poter avere i propri spazi e ripartire dal nulla o meglio da quella piccola valigia con i pochi abiti che ha portato con sé da Tokyo.

Nel paese natale Hotaru avrà modo di fare i conti con il suo passato e ritrovare se stessa.
Riallaccerà i contatti con l’amica Rumi, una ragazza dal carattere particolare alla quale era molto legata in passato, ritrovando con lei immediatamente la complicità di un tempo.
Sarà proprio Rumi in seguito ad aiutarla a risolvere un mistero al limite del paranormale.

Durante una passeggiata lungo il fiume Hotaru incontra un ragazzo; la vista di Mitsuru lascia in Hotaru una strana sensazione di déjà vu.
Grazie alla sensibilità ed alla capacità di Rumi nel comprendere cosa si cela nell’animo delle persone, Hotaru sarà in grado, al momento opportuno, di fare chiarezza sulla vicenda e capire cosa la lega a quel giovane con il quale nel frattempo ha stretto amicizia.

Il titolo originale del libro “Hagoromo” (letteralmente “abito di piume”) indica un particolare tipo di kimono leggerissimo che le tennyo, figure mitologiche femminili dalle sembianze di donne angelo, indossavano per volare tra il mondo terreno e l’aldilà.

Hotaru ha solo ventisei anni, anagraficamente la si potrebbe definire una giovane donna.
Nella realtà Hotaru è ancora un’adolescente alla ricerca della propria strada ed allo stesso tempo una donna invecchiata precocemente per il dolore provocatole all’abbandono dell’uomo che amava. 
Grazie alla tranquillità del piccolo borgo natio e grazie all’affetto delle persone care, Hotaru riuscirà a guarire dal dolore e ritornare alla vita, indossando quell’abito di piume che le permetterà di nuovo di volare e vivere finalmente quella spensieratezza giovanile che fino a quel momento le è stata negata.

“L’abito di piume” è il primo libro che leggo di questa autrice dalla quale ammetto di essere stata conquistata fin dalle prime pagine.

La prosa di Banana Yoshimoto è una prosa elegante e rilassante come il lento scorrere  dell’acqua di un fiume.

L’autrice riesce a raccontare con leggerezza anche le vicende più malinconiche grazie alla sua capacità di saper sempre infondere nel lettore un senso di speranza.
Banana Yoshimoto dimostra di saper comprendere a fondo le fragilità, le debolezze e le paure dell’animo umano, ispirata ed influenzata da quella saggezza orientale il cui eco emerge spesso tra le righe del suo romanzo.

Tutti quei sentimenti e stati d’animo che proviamo, ma che non siamo in grado di mettere a fuoco, ebbene, tutto questo sentire lei riesce a metterlo, con apparente facilità e tanta grazia, nero su bianco facendoci sentire compresi e meno soli.
Le paure, i sensi di colpa, i dolori che i personaggi provano sono le nostre stesse paure, i nostri stessi sensi di colpa, i nostri stessi dolori.

Nel postscriptum del libro l’autrice tiene a precisare che questo libro è un romanzo adolescenziale e che da anni non ne scriveva più uno.
Inoltre, evidenzia il fatto che lei ha sempre vissuto a Tokyo e pertanto il personaggio di Hotaru è molto distante da lei tanto che le viene quasi spontaneo parlare di questo libro come se fosse stato scritto addirittura da un’altra persona.

Come ho già detto, “L’abito di piume” è il primo romanzo che leggo di Banana Yoshimoto e non posso quindi sapere quanto questo possa essere diverso dagli altri suoi romanzi, ma so per certo che ho amato ogni passaggio di questo libro la cui lettura mi ha appassionata fin dalla prime righe.
Ho amato tutti i suoi personaggi indistintamente, anche quelli più bizzarri come la “Dea della stazione degli autobus”, ho apprezzato gli insegnamenti delle dottrine orientali di cui è intriso e sono stata affascinata da quegli sviluppi fiabeschi e surreali che pervadono il racconto.

Se non l’avete ancora letto, consiglio assolutamente di aggiungerlo alla vostra whislist.



sabato 19 ottobre 2019

“La casa degli specchi” di Cristina Caboni


LA CASA DEGLI SPECCHI
di Cristina Caboni
GARZANTI
Milena è appena arrivata a Positano, qui c’è la villa del nonno, conosciuta da tutti come la casa degli specchi, una splendida villa circondata da un giardino di limoni, caratterizzata da un atrio unico nel suo genere e dal quale la villa prende il nome.

Questa stanza che, fin da bambina ha sempre affascinato e meravigliato Milena, è un magnifico atrio con dodici grandi ed antichi specchi appesi alle pareti, specchi che riflettono l’immagine di colui che vi si avvicina rendendolo protagonista e spettatore allo stesso tempo.

Milena era cresciuta con il nonno, da bambina viveva con lui tutto l’anno, poi, quando la madre era mancata, si era dovuta trasferire a Roma a casa del padre, ma non perdeva occasione appena libera dalla scuola di ritornare in quella casa che l’aveva sempre vista felice.

Milena adora suo nonno ed ora che Michele si è ammalato di Alzheimer le risulta davvero difficile lasciarlo da solo tanto più che, proprio durante la sua permanenza in costiera, è accaduto qualcosa di imprevedibile che presto costringerà tutti a fare i conti con i segreti del passato.

Un giorno, infatti, durante dei  lavori di manutenzione di un vecchio muro viene rinvenuto un cadavere nella proprietà di Michele.
Michele appare sconvolto da questo ritrovamento e questa preoccupazione non fa che accelerare il decorso della sua malattia.

In paese si inizia a mormorare sulla possibilità che quel cadavere appartenga all’Americana che altri non era, come Milena scoprirà presto, sua nonna.
Michele non le aveva mai parlato di quella moglie che lo aveva abbandonato di punto in bianco lasciandolo con una figlia piccola, Marina, sua madre.

Giorno dopo giorno Milena cercherà di ricomporre il puzzle e scoprire la verità su quella nonna la cui identità le era stata nascosta per così tanto tempo e che sembra avere in comune con lei, prima tra tutte proprio la passione per il teatro e per quella camera degli specchi.

Eva Anderson era stata un’attrice piuttosto famosa nella Roma della Dolce Vita. Era arrivata giovanissima dagli Stati Uniti con due amiche che, come lei, sognavano di entrare nel mondo del cinema.

A Venezia aveva conosciuto Michele, un giovane orafo artigiano che tra i suoi clienti vantava importanti registi che gli commissionavano quei gioielli che gli attori avrebbero indossato nei film girati negli studi di Cinecittà.

Tra Eva e Michele fu amore a prima vista, si sposarono quasi subito ed ebbero una bimba, ma Eva aveva troppi scheletri nell’armadio ed il passato presto venne a bussare alla sua porta.

Eva aveva sempre saputo che quel senso di protezione e quella felicità che aveva trovato accanto a Michele non erano purtroppo destinati a durare per sempre.

Cristina Caboni ancora una volta ci regala un romanzo capace di trascinarci all’interno della storia facendoci vivere emozioni e tormenti quasi fossimo noi stessi i protagonisti del libro.
Le descrizioni accurate ed intense dei luoghi ci permettono quasi di riuscire a vedere il blu intenso del cielo di Positano e di sentire il profumo che si sprigiona dalla limonaia della casa degli specchi.

Ancora una volta l’autrice di regala personaggi femminili che non si possono non amare fin dalle prime pagine: Milena è una ragazza dolce, ma a suo modo anche molto determinata ed Eva fin da subito dimostra una grande forza di carattere e una determinazione non da poco nel cercare di affermarsi in un mondo, come quello del cinema della fine anni Cinquanta, inizio anni Sessanta, dominato principalmente dagli uomini.

Il racconto presenta due linee di narrazione: da una parte abbiamo il racconto della storia di Milena e dall’altra il racconto della storia di Eva.

La  tecnica del doppio piano narrativo è una tecnica molto cara a Cristina Caboni infatti la ritroviamo in tutti i suoi ultimi romanzi nei quali l’autrice ha dimostrando di essere davvero brava nel saper gestire il racconto di due storie che si svolgono a distanza di anni l’una dall’altra, ma che hanno un elemento comune che le lega indissolubilmente.

Nel caso di questo ultimo romanzo, più che nei precedenti, i due piani narrativi sono destinati a convergere essendo le due protagoniste destinate ad incontrarsi e soprattutto a confrontarsi.

C’è poi un’altra sostanziale differenza dai precedenti romanzi dell’autrice ovvero l’introduzione dell’elemento giallistico che si inserisce in modo discreto all’interno del romanzo conferendogli un’atmosfera piuttosto misteriosa.

L’elemento giallo non si esaurisce semplicemente con l’indagine che Federico Marra conduce per cercare di scoprire l’identità del cadavere o nel cercare di comprendere la vera identità dell’uomo che perseguita Eva, ma anche ad esempio nell’apparizione del giovane Gabriel.

Ancora due parole devono essere necessariamente spese proprio sui due giovani personaggi maschili che ruotano intorno alla protagonista.

Federico Marra è un personaggio affascinante, introverso e a tratti alquanto indisponente. Nasconde un segreto, qualcosa nel suo passato gli nega la possibilità di riuscire ad aprirsi alla vita; il suo lavoro poi non facilita certamente la sua espansività o la sua capacità di lasciarsi andare. 

A fare da contraltare al bel tenebroso abbiamo Gabriel, giovane e simpatico, un avvocato che si sta specializzando in investigazioni digitali così da poter un giorno difendere chi non può farlo da sé. All’apparenza un uomo bello e solare, ma in realtà anche lui nasconde un segreto.

E’ ovvio che uno dei due uomini conquisterà il cuore di Milena, non vi svelerò di certo quale dei due riuscirà nell’impresa.
Vi confesso però che la sua scelta mi ha lasciato piuttosto stupita e, forse, anche non troppo d’accordo, ma devo riconoscere che la decisione della protagonista è senza dubbio quella più coerente con il suo personaggio.

Ecco, se siete curiosi di scoprire qualcosa di più, non vi resta che leggere “La casa degli specchi” il nuovo romanzo di Cristina Caboni, una delle autrici italiane più amate sia dai lettori che dalla stampa.

Mi piacciono le dediche all’inizio dei libri perché rivelano sempre qualcosa del loro autore e così ho deciso di salutarvi proprio con la dedica che si trova all’inizio del romanzo:
                
A tutti coloro che hanno il coraggio di cambiare.
Ai pazzi e ai sognatori, che spesso è lo stesso.
A chi parla con i fiori, gli animali
e confida il proprio amore alle stelle.
Questo libro è dedicato a voi.


Se siete interessati, qui potete trovare altri post che parlano dei suoi romanzi





sabato 12 ottobre 2019

“Castelli di sabbia” di Alice e Claude Askew

CASTELLI DI SABBIA
di Alice e Claude Askew
Scrittura & Scritture

Maggie Carvel ha ventitré anni e fin da piccolissima, quando i suoi genitori morirono in un terribile incidente stradale, vive con l’anziana zia Anna a Sandstone, un piccolo villaggio in Inghilterra, dove tutti si conoscono e  la vita scorre lentamente.

L’esistenza monotona di Maggie viene però sconvolta di punto in bianco quando il suo amico del cuore Howard Burton, il ragazzo che conosce da sempre e che ha sempre pensato sarebbe un giorno diventato suo marito, le comunica invece che ha deciso di lasciare il paese per cercare fortuna in Rhodesia.

Col cuore spezzato e umiliata Maggie non vede l’ora di poter sfuggire alla compassione della gente del villaggio dove la sua triste vicenda è ormai sulla bocca di tutti.

L’occasione non tarda molto a presentarsi e ha le fattezze di un bel giovane irlandese che risponde al nome di Pierce Maloney.
Pierce con modi molto galanti conquista subito la fiducia e l’affetto della giovane Maggie tanto che la ragazza accetta immediatamente di sposarlo.

Dopo appena tre mesi dal loro primo incontro i coniugi Maloney sono in viaggio verso il bellissimo Castello di Glenn, l’antica proprietà di famiglia.

Purtroppo si sa che gli irlandesi sono gente abile con le parole e bravissima ad infiorettare la realtà e così la povera e giovane Maggie si ritroverà a fare i conti con verità scomode e cocenti delusioni.

L’amore che prova per Pierce sarà sufficiente a darle la forza di affrontare tutte le avversità e le dure prove che la vita metterà sul suo cammino?

“Castelli di sabbia” potrebbe sembrare all’inizio un libro in puro stile Jane Austen, ma proseguendo nella lettura molti sono gli autori e i generi che si rincorrono tra sue le pagine.

Charles Dickens è il primo autore che mi viene in mente perché a tutti gli effetti “Castelli di sabbia” è un romanzo di formazione, Maggie Carvel cresce e diventa una donna matura nel corso degli anni trasformandosi da ragazzina impulsiva e anche un po’ viziata in una donna altruista e riflessiva.

Le tinte fosche in cui vengono descritti alcuni personaggi ed alcuni luoghi oltre a Dickens non possono non richiamare alla mente autori suoi contemporanei quali ad esempio Wilkie Collins, collaboratore e amico dello stesso Dickens, autore di romanzi gialli dal fascino misterioso.

Le descrizioni dell’Irlanda e del castello di Glenn hanno poi indubbiamente anche un che di fiabesco e così a tratti ci si aspetterebbe da un momento all’altro di veder apparire dal nulla un folletto o un leprechaun  che danzano sulle note di un'antica ballata irlandese.

Con Maggie, protagonista indiscussa del romanzo, si muovono sulla scena tre figure maschili; tre uomini che, seppur molto diversi tra loro, sono tutti innamorati di Maggie e sono da lei ricambiati anche se in modi differenti.

Quali siano questi modi e cosa Maggie apprezzi maggiormente di ciascuno di loro lascio a voi il piacere di scoprirlo attraverso la lettura di questo romanzo davvero particolare.

Howard Burton, il primo amore di Maggie, ci viene presentato all’inizio come un ragazzo piuttosto goffo ed impacciato, ma si rivelerà essere un uomo tenace e capace di costruire la propria fortuna facendo affidamento solo sulle proprie forze, incarnando così l’esempio del self-made man tipicamente dickensiano.

Pierce Maloney è invece l’eterno ragazzo, generoso e altruista, ma purtroppo anche portato a vivere in un mondo tutto suo, un mondo creato dalla sua fantasia che lo spinge il più delle volte a comportarsi da irresponsabile.
È un uomo dal carattere debole che fugge sempre dinnanzi alle proprie responsabilità ed è totalmente incapace di affrontare i più banali problemi quotidiani.

E infine c’è lui,  il terzo uomo, Lord Revelstone, colui che appena appare sulla scena con il suo modo di fare altezzoso e scontroso riporta alla mente subito il famoso Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio.
Per onestà devo anticiparvi che il suo personaggio non raggiunge certo le vette del forse più ammirato ed amato personaggio austeniano, ma nel suo piccolo vi posso assicurare che anche Lord Revelstone riuscirà a conquistare il cuore di più di una lettrice.
Il disilluso e disincantato Richard Revelstone si rivelerà, nonostante il suo carattere all’apparenza asociale e scorbutico,  un amico costante e fedele sia per l'inaffidabilr Pierce Maloney che per l’orgogliosa Maggie Carvel.

Qualche parola merita di essere spesa anche sui coniugi Askewautori del romanzo.

Alice (1874 1917) e Claude Askew (1865-1917) furono una coppia di acclamati scrittori londinesi che scrissero diversi romanzi a quattro mani.
Il successo arrivò per loro con il romanzo intitolato The shulamite che diede vita ad un film muto, prodotto dalla Paramount Pictures, dal titolo Sotto la frusta.
Ebbero una vita avventurosa durante la quale viaggiarono moltissimo.
Morirono durante la navigazione verso Corfù a causa di un siluro tedesco che colpì e affondò il piroscafo sul quale stavano viaggiando.

“Castelli di sabbia” fa parte della collana VociRiscoperte della casa editrice Scrittura & Scritture.

Con la collana VociRsicoperte questa casa editrice indipendente ha deciso di pubblicare alcuni grandi romanzi del passato ormai introvabili in Italia.

Non ci resta quindi che ringraziare Scrittura & Scritture per l’impegno profuso nel cercare di restituire a noi lettori questi romanzi dimenticati e nel regalarci la possibilità di fare la conoscenza con interessanti autori del passato spesso a noi ignoti.