SONO ANCORA UN BAMBINO
(ma nessuno può sgridarmi)
di Giancarlo
Giannini
LONGANESI
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Giancarlo
Giannini nasce a La Spezia nel 1942. Nella città ligure trascorre la sua infanzia fino all’età
di otto anni quando il padre viene trasferito a Napoli per lavoro.
Il
padre di Giannini è un padre piuttosto assente e così egli trascorre le sue ore
soprattutto con il nonno, il suo primo
maestro di vita.
Un
ruolo fondamentale nella sua infanzia lo hanno anche la nonna e le zie, le
sorelle della madre; proprio nella
cucina della nonna nasce la passione di Giannini per il cibo.
L’attore
ama quei profumi e quei sapori che lo fanno sentire a casa in qualunque posto
si trovi e forse proprio per questo motivo ha scelto di iniziare la sua biografia parlandoci della ricetta del pesto.
Non
ha mai avuto comportamenti da star e
non ha mai avanzato assurde pretese;
l’unica sua richiesta durante le riprese in giro per il mondo è stata quella di
avere una stanza con un angolo cottura dove, finito il lavoro sul set,
potersi rifugiare a cucinare, un
valido espediente per riuscire a rimanere fedeli a stessi ed alle proprie
origini.
Quando a otto anni si
trasferisce a Napoli con i genitori e la sorella, incontra un mondo completamente
nuovo.
Quello ligure è un popolo
tenace e testardo, i napoletani sono solari e fantasiosi; Giannini fa sue tutte queste
caratteristiche.
Leggendo
la sua biografia, incontriamo un perfezionista, un uomo che ama lo studio e la preparazione, ma che allo stesso tempo si scopre essere
un uomo aperto all’innovazione, alla ricerca dell’escamotage per superare gli
intoppi che possono nascere durante le riprese, un uomo per cui la recitazione
è finzione e soprattutto gioco.
A
Napoli frequenta un istituto tecnico
elettronico; quelle per la fisica, l’elettronica e la scienza sono per lui
delle vere passioni tanto che ancora oggi egli si considera un elettronico
mancato.
Giannini
approda al teatro in maniera piuttosto
casuale, ha già conseguito il diploma in elettronica, quando viene invitato
a salire sul palco per sostituire un attore assente ad uno spettacolo messo in
scena dagli amici di un amico, spettacolo al quale egli era solito assistere e
del quale conosceva ormai tutte le battute.
Il
regista dello spettacolo riconosce subito il suo potenziale e lo incoraggia ad
iscriversi all’accademia.
Giannini
decide di darsi una possibilità come attore e si iscrive alle selezioni per entrare all’accademia di arte drammatica
Silvio D’Amico dove non solo viene preso, ma ottiene anche una borsa di studio.
Due
soli anni di accademia a Roma e la sua carriera inizia a decollare, fin da
subito si esibisce infatti per grandi platee e condivide la scena con attori
già affermati.
Giancarlo
Giannini ci parla molto della sua infanzia, ma ci racconta pochissimo della sua
vita privata; una scelta, quella di difendere
la sua privacy, che egli ha mantenuto rigorosamente sin dagli esordi.
Non
manca invece di raccontarci numerosi episodi ed aneddoti legati alle persone
che ha incontrato durante la sua lunga ed
intensa carriera che lo ha visto lavorare in teatro, recitare per il cinema
sotto la direzione dei più grandi registri italiani e stranieri, essere regista
lui stesso oltre che doppiatore di famosissimi attori hollywoodiani tra cui
Jack Nicholson, Mel Gibson, Al Pacino, Dustin Hoffman, Michael Douglas.
La sua è una vita fatta
di incontri con i grandi del teatro, ma soprattutto del cinema. Ha conosciuto e recitato con
straordinarie attrici e importanti attori: Anna Magnani, Monica Vitti,
Mariangela Melato, Stefania Sandrelli, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni,
Alain Delon, Keanu Reeves, solo per citarne alcuni, ma sono davvero tantissimi.
Così
come sono tantissimi gli straordinari registi con i quali ha avuto l’onore e il
privilegio di lavorare e dei quali in queste pagine ci racconta particolarità e
curiosi episodi: da Luchino Visconti a Lina Wertmuller, da Fassbinder, a
Monicelli, da Pupi Avati a Franco Zeffirelli… e volendo citare qualche americano
possiamo ricordare Ridley Scott, Spielberg….
Giancarlo
Giannini si definisce “ancora un bambino”, ma leggendo queste pagine ne esce un personaggio piuttosto contraddittorio.
Un
uomo estroverso ed introverso allo stesso tempo, un bambino per la sua voglia
di recitare e giocare, di costruire oggetti con le proprie mani, di scoprire il
mondo, ma anche un uomo che ama i suoi momenti soli, un uomo che desidera la solitudine e non la teme, così come non ha
paura della morte perché per lui la morte è il mistero più grande, è il
raggiungimento della conoscenza.
Quando
leggiamo del Giancarlo bambino che solitario medita sulla spiaggia, ci
chiediamo se egli sia mai stato davvero un bambino e allo stesso tempo quando
leggiamo del Giannini adulto che entra in un negozio e compra un robot per
montarlo e smontarlo affascinato dai suoi meccanismi, comprendiamo perché lui
si ritenga ancora tale.
Inevitabilmente
si sovrappongono davanti ai nostri occhi le immagini di un bambino già adulto e
quella di un adulto ancora bambino.
Giannini affascina il
lettore per la sua energia, la sua sete di conoscenza, per il suo desiderio di
capire come siano fatte le cose, per l’entusiasmo che prova nel costruire
oggetti con le proprie mani; stupisce il lettore con le sue passione per la
fotografia e la pittura e lo sbalordisce con i brevetti delle sue invenzioni.
Si
scopre così una persona che non perde occasione per mettersi in gioco, che non
si tira mai indietro, che accetta le sfide perché gli permettono di cercare di
raggiungere quella famosa asticella
che qualcun’altro prima di lui ha posto lassù in alto e che, se possibile, vorrebbe
egli stesso riuscire ad alzare ancora un poco per chi ci proverà dopo di lui.
Io sono sempre stato un
artigiano della recitazione. Non ho mai improvvisato, ho sempre avuto una
preparazione molto solida alle spalle.
Interessante
leggere il pensiero di un attore del suo calibro sui vari metodi di
interpretazione.
Per
Giannini recitare è un gioco, è finzione e in quanto tale il personaggio deve essere interpretato dall’attore facendo propria la
parola chiave “creatività”.
Ad
Hollywood è tutto diverso; secondo l’acclamato
metodo dell’Actors Studio, infatti, l’attore deve calarsi nella parte, deve
immedesimarsi nel personaggio stesso.
Loro
hanno gente che entra nel personaggio, stando male come stanno male nella
finzione. Ma non scherziamo, ragazzi, io mica sono per quella scuola. Io
interpreto un personaggio. Io lavoro sul personaggio. Non fatemi fare troppi
sforzi, dai, su. E ` solo un gioco.
Giannini ripete spesso che recitare è un gioco, “to play” in inglese vuole dire
sia giocare che recitare, ma è un gioco
serio perché l’attore ha comunque delle responsabilità ben precise nei
confronti del pubblico:
Noi attori abbiamo un
dovere nei confronti degli altri: siamo privilegiati, e il risarcimento verso
chi ci guarda deve essere chiaro, netto, immediato. Abbiamo il dovere di
ricordare a tutti che c’è un’alternativa alla realtà, alla logica,
all’omologazione e all’istinto.
Ci
sono poi pagine bellissime sul comprendere che tipo di regista l’attore si
trovi di fronte.
Secondo
Giannini già alla seconda scena si può
comprendere se il registra è un illuminato o un mediocre.
Nel
primo caso si può aprire un dialogo fatto di proposte e controproposte, il
tutto porterà a produrre qualcosa di eccellente e mai visto prima.
Nel
secondo caso, Giannini suggerisce, di fare quello che il regista chiede, senza
discutere tanto sarebbe solo tempo sprecato oltre a portare solo una sofferenza atroce.
Giannini
ovviamente lo applica al suo mondo, quello del set cinematografico, ma è
indubbiamente un valido suggerimento per ognuno di noi qualunque sia la nostra
occupazione.
Giancarlo
Giannini è un personaggio vulcanico
e per sua stessa ammissione sempre in continuo movimento:
Devo avere idee,
altrimenti mi spengo. Devo sperimentare, pensare, creare, altrimenti è come
entrare in letargo e buttare via qualcosa di prezioso. Non mi sono mai fermato,
in tutta la mia vita.
“Sono
ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)” è un libro un po’ disordinato, dirompente
e frenetico come il suo autore.
Fa
sorridere il fatto che un’autobiografia di un attore che usa la carta
millimetrata per disegnare assi cartesiane sulle quali riportare gli stati
d’animo del personaggio che deve interpretare e che disegna una griglia a
colori per ricordare quali personaggi si incontrino nelle varie scene, sia così
“caotica” inteso ovviamente nel senso buono del termine.
Giannini riesce a
catturare l’attenzione del lettore e a mantenerla viva pagina dopo pagina grazie anche a questi continui
“salti” del racconto che non sempre segue una linearità temporale.
Perché leggere questo
libro?
Perché
è interessante leggere di un personaggio così versatile, capace di interpretare
ruoli comici e drammatici con la stessa intensità e bravura, un uomo dotato di
grande spiritualità ed allo stesso tempo di un notevole senso pratico.
Perché
racconta la storia del cinema italiano con qualche assaggio del mondo
hollywoodiano al quale l’Italia non dovrebbe invidiare nulla.
Perché
fa venire una voglia matta di riscoprire il nostro cinema e di andare a
rivedersi tutti i vecchi film per capire, conosce e approfondire.