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martedì 24 giugno 2014

“La sposa silenziosa” di A.S.A. Harrison

LA SPOSA SILENZIOSA
di A.S.A. Harrison
LONGANESI

Il post di oggi è dedicato ad un libro che in pochi mesi ha scalato le classifiche dei libri più venduti negli Stati Uniti e in Europa.
Primo romanzo di A.S.A. Harrison, “La sposa silenziosa” rimarrà purtroppo anche la sua unica opera di narrativa, l’autrice infatti è prematuramente scomparsa a seguito di una malattia che non le ha lasciato scampo e le ha impedito di conoscere l’enorme successo conseguito dal suo romanzo che è stato venduto in 25 paesi.

Il libro alternando capitoli intitolati “Lui” e “Lei” ci racconta la storia del disfacimento di un rapporto di coppia affrontandolo dal punto di vista di entrambi i coniugi.

Jodi eTodd vivono insieme da più di vent’anni. All’inizio della loro storia Todd ha chiesto più volte a Jodi di sposarlo, ma lei non ha mai voluto affrontare il grande passo, non perché non amasse abbastanza il compagno ma semplicemente perché riteneva che il matrimonio non avrebbe aggiunto nulla al loro rapporto.
Jodi è sempre stata sicura dei suoi sentimenti per Todd così come di quelli di lui per lei e, influenzata negativamente dal matrimonio dei genitori di cui ha sempre serbato un pessimo ricordo, non ha mai voluto che il loro rapporto subisse la stessa sorte riducendosi ad un continuo alternarsi di lunghi silenzi e pesanti scontri.
Jodi nel corso degli anni si è impegnata a costruire per Todd un vero e proprio nido, prendendosi cura di lui e rendendo la sua vita ordinata e semplice.
Todd da parte sua, grazie alle sue ottime capacità in campo imprenditoriale, le ha regalato una vita agiata: una bella casa, vacanze in luoghi esotici, shopping nelle migliori boutique…
Non è necessario però scavare molto a fondo per scoprire fin dalle prime pagine del libro che l’unione tra Jodi e Todd non è l’idillio che sembra.
Jodi è bravissima a non vedere ciò che non vuole vedere come i continui tradimenti del compagno, avventure di uno o due notti, scappatelle senza alcun coinvolgimento sentimentale, sulle quali la donna sorvola convinta che basti non parlare di una cosa perchè questa non sia mai accaduta.
Il fragile castello di carte è però destinato a crollare miseramente.
Un giorno Todd, preda forse della classica crisi di mezz’età, si invaghisce della figlia di un suo vecchio compagno di scuola.
Natasha ha più di vent’anni meno di lui, è una ragazza piena di vita e quando rimane incinta, Todd intravede la possibilità di ricominciare tutto dall’inizio come se bastasse avere una giovane compagna, nuovi vestiti e un nuovo look per tornare anch’egli un ventenne pieno di sogni e di belle speranze.
Jodi improvvisamente è costretta a fare i conti con le sue scelte di vita e con la sua solitudine, lei che credeva di avere tutto sotto controllo, si ritrova senza alcun preavviso privata di tutto persino della possibilità divorziare visto che non ha mai voluto sposare Todd. Non solo ha perso il suo compagno ma con lui ha perduto anche la stabilità economica e la casa oltre alla sua dignità e alla fiducia in se stessa.

Quali atrocità può commettere una persona così profondamente ferita? Potrebbe arrivare a commettere un gesto estremo quale un omicidio?

Il ritratto di Todd è quello di un uomo che non è mai cresciuto, che ha bisogno di vivere delle relazioni extraconiugali per affermare la propria virilità. Un uomo che non ha il coraggio di prendere decisioni né di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Tanto è scaltro e capace in ambito lavorativo, tanto è debole e vile in campo sentimentale ed affettivo.

Jodi da parte sua ha commesso l’errore di essere troppo sicura di sé e di aver alienato se stessa per vivere all’ombra del marito.
Ha rinunciato ad essere se stessa in funzione di un’altra persona anteponendo il bene dell’altro al proprio e ricadendo così, pur non avendo accettato l’istituzione del matrimonio, nello stesso errore della madre.

L’analisi fredda, distaccata e impersonale del racconto fa de “La sposa silenziosa” un romanzo carico di suspense.

Un romanzo capace di indagare i rapporti di coppia attraverso una perfetta analisi psicologica dei protagonisti, un romanzo che sulle prime sembra una vicenda troppo assurda per essere vera ma che mano a mano che ci si addentra nella storia ci si rende conto di quanto questa sia purtroppo reale.
Se ci guardiamo attorno non possiamo che constatare quanti rapporti di questo genere ci siano, quante persone pur di mantenere una sicurezza economica o uno certo status sociale o anche solo per la paura di rimanere sole accettino di vivere rapporti sbilanciati.

Da questo romanzo emerge poi un’altra grande verità ovvero la consapevolezza di quanto poco conosciamo noi stessi e quanto poco comprendiamo e possiamo affermare di conoscere chi ci sta vicino anche se si vive insieme a noi da una vita.

“La sposa silenziosa” per la sua glaciale descrizione e la sua fredda razionalità nell’analizzare situazioni e stati emotivi ricorda a tratti i thriller psicologici di un altro autore contemporaneo di cui vi ho spesso parlato, mi riferisco a Herman Koch autore di “La cena”, “Villetta con piscina” e “Odessa Star”.

Come nei romanzi di Koch anche ne “La sposa silenziosa” la suspense cresce pagina dopo pagina lasciandoci senza parole quando arriva il colpo di scena finale.
Sia nel romanzo della Harrison sia in quelli di Koch c’è la stessa lucida e fredda capacità di raccontare situazioni estreme e perverse senza che gli autori manifestino un loro coinvolgimento, dando l’impressione al lettore di non voler esprimere giudizi per non influenzarlo così che la narrazione assume il carattere di un cronaca spietata.

“La sposa silenziosa” è un romanzo che si presterebbe benissimo ad una trasposizione cinematografica e magari presto potremmo davvero vederlo sul grande schermo dal momento che sembra che Nicole Kidman abbia già comprato i diritti per farne un film.



lunedì 17 marzo 2014

“Odessa Star” di Herman Koch

ODESSA STAR
di Herman Koch
NERI POZZA
Fred Moorman ha 47 anni, una moglie e un figlio, un lavoro comune e una casa in un quartiere tranquillo e dignitoso, viaggia in utilitaria e frequenta gente banale.

Un giorno incontra al cinema un vecchio compagno di scuola, un tipo che fin dall’epoca si distingueva per essere un personaggio poco raccomandabile.

Max G. ha una bellissima moglie, possiede una Mercedes e vive ad Amsterdam Sud, il quartiere più alla moda ed elegante della città.

Fred è sempre stato un uomo pronto a lagnarsi per ogni cosa: dalla puzza proveniente dal primo piano, alla signora che non raccoglie gli escrementi del cane nelle aiuole.
Fred non sopporta nulla e nessuno: detesta il cognato che ritiene un nullafacente fallito, la cognata perché è solo una povera attrice priva di talento, non sopporta neppure il vicino di casa, Erik Mencken, conduttore televisivo, lo disprezza per la sua finta abbronzatura e ancor più perché lo trova eccessivo nel suo voler piacere a tutti.

Dopo l’incontro con Max G. però scatta qualcosa in Fred che improvvisamente deve fare anche i conti con se stesso e ammettere che la sua vita è un completo fallimento.
Lui non è nessuno, non ha raggiunto nessun obiettivo ed è disgustato dalla mediocrità della sua esistenza.
Decide che è giunto il momento di cambiare e che Max G. è proprio la persona giusta per aiutarlo a fare il salto di qualità, poco importa che il vecchio compagno di studi sia un boss della malavita e che certe persone chiedano prima o poi il conto perchè “in quegli ambienti niente è gratis”.

Il romanzo in realtà inizia dal finale e si apre con Fred Moorman impegnato a trovare un aneddoto da inserire nel discorso che dovrà fare al funerale dell’amico.
Max G. è morto, è stato assassinato, freddato con un colpo di pistola nella sua auto. Proprio da questo delitto trasmesso in tutti i telegiornali, Fred Moorman, io narrante, riavvolge il nastro raccontando come è accaduto che si sia ritrovato a dover scrivere il discorso in memoria del vecchio compagno di scuola.

Nonostante le prime pagine del romanzo mi siano sembrate un po’ più lente del solito, è indubbio che anche con questo libro Herman Koch sia riuscito a scrivere un altro straordinario successo.
Ancora una volta Koch riesce a tenere incollato il lettore al romanzo fino all’ultima pagina, grazie ad un ritmo della narrazione che cresce di intensità e suspense di capitolo in capitolo fino a quello conclusivo adrenalinico e ricco di colpi di scena.

Nei mesi scorsi vi avevo già parlato di altri due romanzi dello stesso autore intitolati “La cena” (Neri Pozza 2010 / BEAT 2011) e “Villetta con piscina” (Neri Pozza 2011 / BEAT2013).

Rispetto a questi due precedenti romanzi si ha l’impressione che in “Odessa Star” vi siano da parte di Koch un desiderio maggiore di insistere su descrizioni nauseanti e disgustose, una più intensa ricerca dell’eccesso a tutti i costi, una volontà di superare il limite che ricorda lo stile pulp dei film di Tarantino.

Nel corso dei tre romanzi inoltre l’immagine della “bella famiglia unita” va disgregandosi: ne “La cena” la famiglia del protagonista è unita qualunque cosa accada, marito e moglie sono disposti a tutto pur di difendere l’unità familiare;  in "Villetta con piscina” si intravede già una crepa nel nucleo familiare quando il protagonista ha una relazione extra-coniugale mettendo a repentaglio l’incolumità della famiglia stessa, infine in “Odessa Star” i legami familiari sono completamente allentati.
Il matrimonio di Fred e Christine è un’unione ormai al capolinea, il loro è uno stare insieme per abitudine, non c’è alcuna complicità e il riavvicinamento finale risulta poco credibile e comunque molto precario.
Gli unici rapporti veri e duraturi in tutti e tre i romanzi sono quelli tra genitori e i figli, nonostante i frequenti alti e bassi dovuti anche all’età adolescenziale di questi ultimi. 

“Odessa Star” è un thriller psicologico in cui ancora una volta Herman Koch descrive un mondo cinico, violento e superficiale, dove il desiderio di essere qualcuno e di ottenere ciò che si desidera autorizza chiunque a prenderselo senza scrupoli, arrivando anche ad uccidere il prossimo per affermare se stessi e la propria volontà.


domenica 29 dicembre 2013

“Dopo” di Koethi Zan

DOPO
di Koethi Zan
LONGANESI
Il professor Jack Derber sta per essere rilasciato. A distanza di dieci anni dalla loro liberazione, Sarah, Tracy e Christine devono incontrarsi nuovamente per impedire che il loro aguzzino torni in libertà.
Lo psicopatico professore, stimato accademico, aveva rapito le tre ragazze tenendole segregate per anni nella cantina della sua casa in montagna sottoponendole, durante il periodo di prigionia, ad ogni genere di violenza fisica e psicologica.
Sono passati dieci anni dalla fuga di Sarah e dalla liberazione delle sue compagne di prigionia, ma l’incubo non è ancora finito, troppe domande sono rimaste senza risposta, troppi misteri irrisolti: che fine ha fatto il corpo di Jennifer, la quarta vittima? Quale significato hanno quelle strane lettere che Jack Derber invia dal carcere alle tre donne? In che modo Sarah era riuscita ad eludere la sorveglianza del suo carceriere?
Le tre donne hanno cercato con ogni mezzo di lasciarsi alle spalle la terribile esperienza, ognuna in un modo differente.
Sarah si è trasferita nell’affollata città di New York, esce molto raramente e soffre di crisi di panico. 
Tracy si è gettata a capofitto nel lavoro e nello studio.
Christine sembra sia riuscita meglio delle altre a superare la crisi: è una donna sicura di sé, sposata e madre di due bambine.
Tutto però verrà inevitabilmente rimesso in discussione e le tre donne dovranno fare i conti con le loro emozioni e le loro paure, dovranno prendere coscienza che nessuna di loro, in verità, è riuscita a rielaborare e a superare la tragedia vissuta.

“Dopo” è una storia di fantasia che affonda le radici in fatti di cronaca nera purtroppo terribilmente reali, basti pensare al mostro di Cleveland o al caso di Natascha Kampusch, solo per citarne alcuni.
Il romanzo di Koethi Zan, suo romanzo d’esordio, è un thriller psicologico inquietante e ricco di colpi di scena.
L’autrice riesce a coinvolgere a tal punto il lettore che questi si ritrova letteralmente incatenato alle pagine, emotivamente partecipe della vicenda ed egli stesso impegnato ad indagare e a ricercare la verità. Koethi Zan è bravissima inoltre a far sì che il lettore sviluppi una forte empatia verso alcuni personaggi della storia.

Uno dei punti di forza di questo romanzo è la capacità dell’autrice di riuscire a raccontare una storia perversa e crudele, senza mai descrivere nulla, lasciando sempre all’immaginazione del lettore quanto infami e sadiche possano essere le violenze subite dalle vittime.
Questo libro è stato tradotto in oltre 20 Paesi, un successo del tutto meritato. La storia però diventerà presto una serie televisiva e in questo caso il mio timore è che, come troppo spesso accade, si perda la qualità del romanzo in funzione di una morbosa ed eccessivamente dettagliata trasposizione cinematografica.

Chi legge il mio blog sa che non sono proprio un’appassionata del genere, per cui un thriller per convincermi deve essere un ottimo romanzo.
“Dopo” di Koethi Zan rientra decisamente in questa categoria: ritmo incalzante, storia ben costruita, personaggi credibili e caratterizzati psicologicamente in modo perfetto, un thriller mozzafiato di cui consiglio assolutamente la lettura.



domenica 1 dicembre 2013

“Acquanera” di Valentina D’Urbano

ACQUANERA
di Valentina D’Urbano
LONGANESI
"Dieci anni senza mai tornare.
Quando arrivo è quasi mattina e piove, una pioggia di traverso, gelida, che ti taglia la faccia.
A Roccachiara è sempre così. Fa freddo e piove, oppure l’umidità è talmente densa che fa lo stesso, è come se piovesse.
Mi incammino per la via principale del paese e tutto è uguale a come mi ricordavo, sembra una fotografia, non cambia mai. Le case costruite una addosso all’altra, le inferriate dei negozi ancora chiusi, le stesse insegne di trent’anni fa. Le strade strette e desolate, i vicoli con le fioriere appese accanto alle porte.
Non c’è nessuno, solo la pioggia.
Tutto il resto è il silenzio.
Dicono che tutto questo silenzio provenga dal lago. Si solleva come nebbia, si spande per il paese, soffoca tutti i rumori."

Inizia così “Acquanera” il secondo romanzo di Valentina D’Urbano pubblicato nel 2013 da Longanesi ad un solo anno dall’uscita del suo libro d’esordio “Il rumore dei tuoi passi”.

“Acquanera” è la storia di tre donne: Elsa (la nonna), Onda (la madre) e Fortuna (la figlia).
Tre generazioni di donne straordinarie e dotate di particolari capacità, legate tra loro non solo da vincoli di parentela ma anche da segreti inconfessati.
Il romanzo si apre con il ritorno in paese dopo dieci anni di assenza di Fortuna.
Roccachiara è un luogo totalmente nato dalla fantasia dell’autrice, un paese chiuso tra la montagna alle sue spalle ed il lago più in basso, uno specchio d’acqua scura e minacciosa circondato da fitti boschi. Unica indicazione geografica è la vicinanza con il confine austriaco.
A richiamare al paese natio Fortuna è il ritrovamento dei resti di una donna, molto probabilmente quello che resta del corpo della sua amica Luce, scomparsa proprio dieci anni prima.
Il passato si riaffaccia prepotentemente nella vita di Fortuna che, nonostante abbia provato nel corso degli ultimi anni a lasciarsi tutto alle spalle, deve inevitabilmente affrontarlo facendo i conti con  ricordi e sentimenti sepolti ma mai completamente sopiti.

“Acquanera” è una storia affascinante e inquietante. Un romanzo misterioso come misteriose sono le sue protagoniste.
Pur trattandosi di una storia “fantastica”, il cui filo conduttore è il paranormale: Elsa avverte la presenza degli spiriti dei trapassati, Onda è una medium che dialoga con loro e la stessa Fortuna non è del tutto priva di doti particolari delle quali non voglio anticiparvi nulla…nonostante gli eventi fuori dal comune narrati nel romanzo, i personaggi riescono ad essere dolorosamente reali.

Elsa è una donna forte, custode di una sapienza antica, una madre spaventata dalla propria figlia ma allo stesso tempo una nonna preoccupata e amorevole.
Onda, costretta da Elsa a portare a termine la gravidanza, non riuscirà mai ad amare la figlia. E’ assolutamente priva di istinto materno, è una donna che rifiuta totalmente la maternità. La sua è una personalità selvaggia, asociale e difficile.
Fortuna da bambina cerca in ogni modo di essere accettata e amata da Onda ma crescendo prende coscienza dell’impossibilità che il suo desiderio si possa avverare. E’ una ragazzina emarginata e sola fino a quando incontrerà Maria Luce, la sua amica “per sempre”, la figlia del becchino del paese, una bambina abituata a vivere nell’ombra. Luce come Fortuna è discriminata e rifiutata dalla società. Tutti hanno paura di lei e una volta cresciuta, pur diventando una bellissima ragazza, in paese continueranno a temerla e ad evitarla.

La storia mi ha ricordato a tratti un celebre film del 1999 con Bruce Willis intitolato “Il sesto senso” dove il bambino protagonista è continuamente circondato da anime vaganti che vogliono comunicare con lui. La scena in cui Cole Sear dice al Dr. Malcolm Crowe “vedo la gente morta” mi è tornata subito in mente quando Onda viene condotta dallo spirito del nonno Angelo sulle sponde del lago.
Un’altra immagine poi mi ha riportata al mondo del cinema: il momento in cui Fortuna vede per la prima volta Luce, l’apparizione della bambina “fantasma” bianca e grigia e nera che siede a gambe incrociate su una tomba sembra proprio uscita da un film di Tim Burton.

Attraverso una prosa asciutta e scorrevole, Valentina D’Urbano riesce ad incatenare il lettore alle pagine rendendogli quasi impossibile interromperne la lettura. Al lettore attento inoltre non possono sfuggire tutti gli indizi che la D’Urbano sapientemente inserisce all’interno della storia e che anticipano i colpi di scena finali.

 “Acquanera” è un romanzo affascinante e avvincente, una lettura che vi coinvolgerà emotivamente dalla prima all’ultima pagina.                                                                                       



lunedì 29 luglio 2013

“Il segreto dei porporati” di Piero Degli Antoni

IL SEGRETO DEI PORPORATI
di Piero Degli Antoni
SPERLING & KUPFER
A distanza di soli cinquant’anni dall’ultimo concilio, Youssif Marayati, assurto al soglio pontificio con il nome di Bonifacio X, papa originario di Aleppo e uomo permeato da una profonda spiritualità orientale che sconfina talvolta con l’esoterismo, ha indetto senza un apparente motivo un nuovo concilio.
Il luogo scelto da Bonifacio X per questa importante riunione, nella quale si ritiene che cardinali e vescovi saranno chiamati a discutere di questioni di vitale importanza per la sopravvivenza della Chiesa Cattolica, è l’Ospizio Hoffman, un antico monastero che domina il passo dello Chetif in Svizzera.
Mentre al di fuori dell’edificio sono assiepati i giornalisti in cerca di uno scoop ed all’interno i cardinali ed i vescovi hanno già preso posto nella sala del concilio, Tadeusz Wolinski, il segretario del pontefice nonché suo amico di vecchia data, si aggira preoccupato per i corridoi a causa dell’evidente ritardo del papa.
Wolinski non potendo più attendere oltre decide di recarsi nelle stanze del pontefice scoprendone così il cadavere in un lago di sangue sul terrazzino.
Il Papa è stato assassinato, accoltellato diverse volte dal suo aguzzino.
Sconvolto dall’accaduto e indeciso su come procedere rende partecipe della scoperta Mosignor Vespignani, presidente dell’Apsa, l’ente che gestisce il patrimonio della Chiesa. Insieme ritengono opportuno, viste le circostanze, di dare l’incarico delle indagini del caso a Maddalena Luci, la concertista privata del papa, una ragazza non vedente che, prima di perdere la vista, aveva frequentato l’Accademia di polizia e aveva lavorato per un breve periodo nei reparti investigativi.
Cinque sono i sospettati: cinque cardinali che avevano libero accesso agli appartamenti papali e che potevano superare i controlli della rigida sorveglianza. Tra i sospettati c’è anche lo stesso Altiero Vespignani…

Leggendo questo romanzo è inevitabile pensare immediatamente al bestseller “Angeli e Demoni” di Dan Brown, come in quest’ultimo infatti assistiamo ad un thriller ambientato nelle stanze del potere vaticano.
Il libro di Piero Degli Antoni è incentrato su un segreto sconvolgente che, una volta rivelato, potrebbe contraddire tutto ciò che è stato scritto nei Vangeli e mettere in discussione la figura di Cristo così come è stata tramandata nel corso dei secoli.
“Il segreto dei porporati” però ha caratteristiche più da libro giallo, gli interrogatori serrati e la ricostruzione dei fatti ricordano molto le indagini dei romanzi di Agatha Christie.
L’intreccio della trama è ben costruito. I personaggi sono descritti dettagliatamente, Piero Degli Antoni ne tratteggia infatti sia le caratteristiche fisiche sia psicologiche senza tralasciare di raccontarci la storia di ognuno rendendoli “completi”.
Il personaggio che attirerà subito le vostre simpatie sarà Padre Tadeusz, insicuro, dubbioso e incerto, qualche volta anche maldestro, ma un amico fedele, una persona affidabile che al momento giusto sa dimostrare anche una prontezza di spirito e una forza inaspettati, arrivando anche a mentire se necessario.
Nonostante sin dalle prime pagine, da alcuni indizi, potrebbe essere evidente chi sia l’assassino, lo scrittore è davvero bravo a sviare anche il lettore più attento dalla sua identificazione fino al colpo di scena finale.
“Il segreto dei porporati” con la sua giusta dose di suspense e mistero è uno di quei romanzi che cattura il lettore, mettendone alle prova le capacità investigative e spingendolo a cercare di risolvere il caso prima dell’ultima pagina.
          

martedì 2 luglio 2013

“Villetta con piscina” di Herman Koch

VILLETTA CON PISCINA
di Herman Koch
BEAT
Marc Schlosser è un medico di famiglia, ha una bella moglie di nome Caroline e due bellissime figlie Julia di tredici anni e Lisa di undici. La sua sembra una vita perfetta: un matrimonio riuscito, un menage familiare tranquillo e nessun problema economico.
Tra i pazienti che ha in cura presso il suo studio, per la maggior parte scrittori, comici, artisti, gente di spettacolo, c’è anche un famoso attore di teatro nonché star televisiva, un certo Ralph Meier.
Tra Schlosser e Meier l’iniziale rapporto medico-paziente si trasforma ben presto in un rapporto più intimo e l’amicizia nata tra i due coinvolge ovviamente anche le rispettive famiglie.
Durante le vacanze estive gli Schlosser sono ospiti al mare nella villetta con piscina presa in affitto dai Meier. Ralph ha due figli maschi Alex e Thomas vicini per età alle figlie di Marc con le quali i ragazzi stringono subito amicizia.
Tra gli ospiti di Ralph e della moglie Judith, ci sono inoltre Vera, la suocera dell’attore, e la coppia formata da Stanley Forbes, un famoso regista sulla sessantina, e dalla sua fidanzata Emmanuelle, una giovanissima modella.
La narrazione della vacanza estiva è però un flashback. Nelle prime pagine del romanzo assistiamo alla morte di Ralph Meier che in ospedale, malato terminale, preferisce bere un bicchierino di dose letale (l’eutanasia è una pratica consentita in Olanda) piuttosto che attendere il doloroso colpo finale della malattia, mentre Marc Schlosser aspetta di essere giudicato da una commissione per  l’errore medico commesso.
Il dottore, nonostante si fosse reso conto fin da subito della gravità della situazione, aveva tranquillizzato l’amico, dicendo che non c’era nulla di grave. In realtà, non solo aveva taciuto sul fatto che per avere una qualche speranza di arrestare il decorso della malattia sarebbe stato necessario intervenire immediatamente, ma aveva pure prelevato un campione di tessuto facendo in modo di accelerarne l’avanzamento.
Perché Marc Schlosser aveva deciso che Ralph Meier non meritava di vivere? Che cosa era accaduto di così grave? E quando?

“Villetta con piscina” così come “La cena” (altro libro di Herman Koch che potete trovare sempre in edizione Beat) è un romanzo da “brivido”, pieno di colpi di scena, intenso e cinico.
Nessun personaggio è in realtà quello che sembra, nessuno è senza colpe, tutti cercano semplicemente di soddisfare i propri istinti, senza pensare alle conseguenze per sé e per gli altri.
I rapporti interpersonali sono tutti rapporti di facciata, non c’è nessuna sincerità ma solo indifferenza, falsità, pregiudizi e opportunismo.
Marc, all’apparenza marito perfetto e padre premuroso, è ossessionato dalla voglia di portarsi a letto Judith; Ralph non ha nessuna stima della moglie e non perde occasione per rimarcarglielo anche davanti a terze persone; Vera, così come la figlia Judith, ha una pessima opinione di Ralph; Stanley che dovrebbe essere amico dell’attore non si fa scrupoli di dire che la morte di questi lo ha lasciato totalmente indifferente.
Si potrebbe tranquillamente affermare che il vero protagonista del romanzo è il cinismo dilagante nella società contemporanea.
Le prime pagine in cui Marc Schlosser ci parla del suo lavoro e del suo modo di relazionarsi con i suoi pazienti è semplicemente aberrante. E’ sconvolgente l’idea di un medico che mentre visita le persone sia così disgustato dalla vista dei lori corpi da essere costretto a pensare a tutt’altro per distrarsi.

Herman Koch è davvero bravissimo a fare un ritratto del mondo in cui viviamo, un mondo cinico dove le regole non vengono mai rispettate.
Tra i vari aspetti negativi della società contemporanea, colpisce in modo particolare la descrizione della malasanità in Olanda. Siamo sempre così pronti a pensare che solo in Italia accadano certe brutture e poi, leggendo il libro di Koch, ci rendiamo conto di quanto sia vero il detto “tutto il mondo è paese.
Tramite le parole di Marc Schlosser veniamo a sapere che il medico di famiglia non deve guarire i pazienti, deve solo fare in modo che non finiscano in massa dagli specialisti e in ospedale. Se i medici di famiglia prescrivessero esami clinici o visite specialistiche a tutti, il sistema sanitario avrebbe un tracollo completo, per cui pazienza se più di una volta qualcuno non sopravvive all’errore medico.
E comunque davanti ad un errore medico, la commissione non preoccupa più di tanto: fra medici ci si conosce tutti, in molti casi si è giudicati da ex colleghi. In realtà a meno di non averla fatta particolarmente grossa non ci sono conseguenze e anche in quel caso tutto si risolve quasi sempre con un avvertimento o al massimo una sospensione di qualche mese.

I personaggi sono descritti alla perfezione con tutti i loro vizi e le loro meschinità. Il testo è scorrevole e avvincente. Il lettore è disgustato dai protagonisti del libro, nessuno escluso, e nonostante questo non riesce a smettere di leggere. Il desiderio di sapere cosa sia accaduto è talmente forte che non si vede l’ora di girare pagina per scoprirlo.
Herman Koch non ci delude mai, nulla è come sembra, nessuno è innocente; il romanzo ci regala una serie di colpi di scena ed un finale inaspettato.
Koch è davvero bravo a tenere il lettore incollato alle pagine e, attraverso il suo impeccabile racconto dei tempi in cui viviamo, riesce come sempre a farci riflettere sul mondo che ci circonda.
                                                          


sabato 15 giugno 2013

“Il male veniva dal mare” di Giuseppe Conte

IL MALE VENIVA DAL MARE
di Giuseppe Conte
Longanesi
Terzo decennio del XXI secolo. Nella Baia degli Angeli, il tratto di mare sul quale si affaccia la città di Nizza, Marlon, un senzatetto che vive in spiaggia, e il giovane Nyamé Kumasi, un giovane cronista di una testata giornalistica online, scoprono il cadavere di una donna di origini africane.
Sul posto giunge il commissario Cavallero che, per come si presente il cadavere, nudo e orribilmente deturpato, pensa di trovarsi di fronte a un caso di delitto a sfondo sessuale.
Nel frattempo, forse attratte dalla meganave da crociera Sirena, da poco giunta nella baia, fanno la loro apparizione delle entità luminescenti, di notevoli dimensioni che si muovono ad una velocità eccezionale e che sembrano appartenere ad una specie di meduse mai conosciuta prima.
Dopo il ritrovamento di un secondo cadavere che presenta moltissime analogie con il primo, quello che per il commissario Cavallero sembrava un delitto di “facile soluzione” appare in tutta la sua complessità dal momento che l’autopsia del secondo corpo ha evidenziato tracce di veleno di medusa.
La spiaggia viene quindi interdetta al pubblico e le meduse assassine dichiarate colpevoli delle morti avvenute sul litorale.
Molti punti restano comunque oscuri sulla vicenda ed ad indagare sullo strano fenomeno e sui delitti non sono solo le autorità ma anche altre persone, prime tra tutti Nyamé e la sua amica Asal Fortini, una studentessa di biologia conosciuta ad una conferenza e del quale il cronista si è subito perdutamente innamorato. Asal è una ragazza ribelle, figlia di un ricco gallerista che lavora per John Santo Arcano.
Il presidente Arcano, proprietario della flotta a cui appartiene la Sirena, possiede numerose altre società e compagnie di vario genere oltre a gestire innumerevoli attività per la maggior parte illegali.

“Il male veniva dal mare” ambientato tra mito e realtà, è un fanta-thriller che riesce attraverso una storia popolata da esseri provenienti da un altro pianeta e da umani dall'animo perfido e corrotto, ad introdurre argomenti attuali come il degrado ambientale e sociale, la violenza sulle donne, il femminicidio, la corruzione della classe politica e non solo.
Conte porta a conoscenza del lettore la drammaticità del pessimo stato di salute dei nostri mari ed oceani, ci racconta le imprese che personaggi come il capitano Paul Watson con i suoi Sea Shepherd o il capitano Peter Bethune hanno sostenuto in difesa della fauna e dell’ambiente marino. Interessanti sono le spiegazioni sulla formazione dei plastic vortex, enormi isole formate dall'accumulo spontaneo di rifiuti e di plastica di cui molti ancora ignorano l’esistenza.

Il ritmo del libro non è quello proprio del genere thriller, non suscita paura ed ansia, non è veloce, ma è piuttosto un ritmo neutro che trasmette angoscia e inquietudine, scelta perfetta per raccontare questa storia dal finale apocalittico.

Da sottolineare la buona caratterizzazione dei personaggi. Alcuni davvero ben riusciti come il commissario Cavallero con la sua ossessione per i formaggi, la crisi professionale, la solitudine di chi è investito di un segreto che non può rivelare a nessuno…
Ottimo il personaggio del senzatetto Marlon così come quello di Arcano nella sua lucida follia e nella sua assurda perversione.
L’unico personaggio che non mi ha totalmente convinta è il comandante Pastore; troppo enfatizzata la sua passione per le donne che è sì la caratteristica principale del suo personaggio, ma ho trovato davvero eccessivo sottolinearla in ogni pagina a lui dedicata.

Pur non essendo il genere di romanzo da me preferito, devo dire che la lettura è stata piacevole ed il mio giudizio è totalmente positivo. Il racconto è ben strutturato, originale e riesce a fare presa sul lettore.
Consiglierei la lettura del romanzo più agli appassionati di fantascienza che agli amanti del genere thriller.



martedì 28 agosto 2012

“La cena” di Herman Koch

“La cena è un romanzo teso, doloroso…politicamente scorretto…molto contemporaneo”. Così Daria Bignardi definisce il romanzo di Herman Koch.
Poche parole che colgono perfettamente l’essenza di questo libro che, in poco più di 250 pagine, riesce a trasformare il semplice racconto di uno spaccato di vita familiare in un thriller avvincente e spietato attraverso una narrazione dal ritmo serrato ed incalzante, spesso intervallata da flashback che aiutano il lettore a comprendere meglio la psicologia dei vari personaggi e a mettere a fuoco ciò che si cela dietro la maschera che ognuno di loro indossa.
Ho letto questo libro su suggerimento di un’amica che lo aveva recensito per il suo canale video (www.youtube.com/user/pennylane1202) e devo ammettere che mi ha davvero sorpresa, è un romanzo assolutamente da leggere!
Il consiglio è di affrontare la lettura senza conoscere le vicende che verranno narrate e, se si è in grado di resistere, senza leggere il riassunto sul retro della copertina dove vengono svelati troppi particolari che rovinerebbero la suspense, creata dall’autore in modo perfetto, nell’attesa di conoscere “il fatto” sul quale è costruito tutto il romanzo.
Cercando di anticipare il meno possibile, posso dire che il racconto, intervallato con perfette scelte tempistiche e narrative da flashback che portano il lettore a conoscenza degli avvenimenti precedenti, si svolge nell’arco di una cena (da qui la suddivisione dei vari capitoli in aperitivo, antipasto, secondo piatto, dessert, digestivo e mancia) in uno dei migliori ristoranti di Amsterdam.
A tavola siedono due coppie, due fratelli con le rispettive mogli: lo scopo della riunione di famiglia è discutere di un “reato” commesso dai due figli quindicenni, Michael e Rick.
I genitori di Michael, Paul Lohman (io narrante), un professore di storia in pensione anticipata, e Claire, una donna apparentemente serie ed affidabile, sono presentati come una coppia affiata e positiva, che crede nei valori della famiglia. I genitori di Rick, sono invece da subito proposti come una coppia piena di contrasti e sin dalle prime pagine si ha un’impressione negativa di entrambi: lui, Serge Lohman candidato, con ottime possibilità di vittoria, alle elezione di Primo Ministro, è un uomo “finto”, dai “mille volti”, la cui esistenza è basata solo sull’apparenza; lei, Babette, è una donna frivola e superficiale, interessata esclusivamente alla carriera politica del marito per poter vivere di luce riflessa e ricoprire il ruolo di First Lady.
Procedendo con la lettura ci si rende conto che l’apparenza inganna, pagina dopo pagina, l’autore ci lascia percepire che non tutto è come sembra e così la coppia perfetta vacilla davanti agli occhi del lettore. Quelle persone che sembravano tanto responsabili, politicamente corrette non sono poi così oneste e sincere come erano sembrate all’inizio del libro, il castello di carte inizia a scricchiolare; quella coppia per cui si è provata una simpatia immediata non è per nulla innocente, ma è invece cinica e violenta. Allo stesso tempo l’altra coppia, dalla facciata perbenista e snob, che sembrava essere tanto sprezzante ed opportunista, diventa quasi una coppia di persone “normali” con i loro difetti e le loro colpe che agli occhi del lettore a questo punto diventano quasi peccati veniali. L’autore ci fornisce un tassello dietro l’altro e, svelando di volta in volta particolari del vissuto di ognuno dei protagonisti, ci permette di mettere a fuoco una verità che nessuno avrebbe immaginato.
Mi fermo qui, non posso dire di più per non rovinare il piacere della lettura e della scoperta che, come ho già detto, è fondamentale in questo romanzo sconvolgente ed inquietante.
Cosa è morale e cosa non lo è? A quali compromessi saremmo disposti a scendere pur di proteggere i nostri figli? Quanto è importante la felicità? Quali reati commetteremmo pur di vivere serenamente? Saremmo disposti anche ad uccidere, a rubare, ad ingannare il prossimo pur di salvaguardare noi stessi e le persone a cui vogliamo bene?
“La cena” è un romanzo che fa pensare, che pone interrogativi ai quali è difficile dare risposte, una realtà quotidiana e scomoda che non vorremmo mai dover affrontare.
Questo libro è un pugno nello stomaco, fa male per la sua freddezza, il suo squallore e la sua autenticità ma serve a farci riflettere; il mondo descritto in questo libro è il mondo in cui viviamo, non è fantascienza è vita vera, è un dramma contemporaneo.
Un romanzo davvero affascinante e perverso, che per ambientazione, dialoghi e descrizioni dettagliate della psicologica dei personaggi sarebbe perfetto per un lavoro teatrale.