mercoledì 14 maggio 2014

“Storia d’inverno” di Mark Helprin

STORIA D’INVERNO
di Mark Helprin
NERI POZZA
Vi anticipo subito che sono stata a lungo indecisa sull’affrontare o meno la lettura di questo romanzo e, lo ammetto, la mia incertezza nasceva in buona misura dall’impegno che avrei dovuto affrontare vista la mole di un libro di ben 844 pagine.

Poi la mia curiosità è stata ulteriormente solleticata dal trailer del film tratto dal romanzo uscito al cinema nel mese di febbraio e del cui cast fanno parte attori quali Colin Farrell e Russell Crowe.

Non ho ancora visto il film, ma dopo aver letto il libro, posso fare due considerazioni: la prima è che il romanzo è talmente complesso che dubito fortemente che la trasposizione cinematografica possa esserne all’altezza e la seconda è che l’idea che mi ero fatta del racconto era completamente errata.

La New York di fine Ottocento è una città in mano alla criminalità e le varie bande si scontrano per le strade per ottenerne il controllo.
Peter Lake è un ladro che lavora in proprio dopo un periodo di appartenenza alla banda dei Coda Corta, i temibili sgherri comandati dal perfido e crudele Pearly Soames.
Proprio da questi viene continuamente braccato ma grazie ad un fedele alleato, un bellissimo stallone bianco in grado di saltare interi isolati, Peter Lake riesce sempre a sfuggire ai suoi agguerriti inseguitori.
Un giorno il ragazzo si trova casualmente davanti alla lussuosa dimora dei Penn e introducendosi nell’abitazione per rubare, conosce Beverly Penn una ragazza bellissima prossima alla morte. Sarà di questa donna “insistente, egoista e delirante” che il giovane si innamorerà perdutamente permettendole di sconvolgergli l’esistenza…

Questo è solo l’inizio del racconto, da qui poi prendono il via molteplici storie che si sovrappongono e si incrociano all’infinito.
L’azione si svolge in un arco di tempo lunghissimo che va dalla fine dell’Ottocento fino all’avvento del nuovo millennio.
I personaggi sono tantissimi ed alcuni di loro riescono a viaggiare nel tempo incrociando le loro vite passate con quelle di altri nuovi personaggi che vivono alla fine del secolo successivo.
Apparentemente il racconto si svolge secondo una cronologia classica ma in realtà la storia è una storia fuori dal tempo, dove ogni cosa ci riporta ad un mondo fantastico, popolato da strani personaggi che vivono ai confini della realtà.

Il racconto all’inizio ha qualcosa del romanzo dickensiano: la descrizione degli uomini della baia in contrapposizione a quella dei newyorchesi, laddove la baia è un mondo fantastico e pieno di umanità in cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle stagioni mentre la città è invece il luogo della violenza e delle latta per potere e ricchezza.
Tale contrapposizione non può non richiamare alla mente il confronto tra la città e la campagna così marcato negli scritti dell’autore vittoriano.

Difficile definire questo romanzo che sin dalle primissime pagine appare un racconto surreale e fantastico.
“Storia d’inverno” però non può essere incasellato, questo libro appartiene ad un genere tutto suo che non può essere definito né fantasy né tanto meno fantascienza.

Molto descrittivo e molto ben scritto il romanzo avverte fortemente l’influenza dell’aspettativa, dell’ansia e della tensione proprie della fine del millennio.
Molte pagine ricordano quell’atmosfera di ritorno alla new age che si era impossessata di molti negli ultimi anni del Novecento ed il racconto a tratti ricorda quella letteratura di fine secolo a cui appartengono libri come “La profezia di Celestino” e “La decima illuminazione” di James Redfield.

“Storia d’inverno” è uscito nella sua prima edizione nel 1983 (titolo originale dell’opera “Winter’s Tale”) e anche se ormai sembra molto distante nel tempo, se ci soffermiamo un attimo a pensare non è poi tanto difficile ricordare l’aria che si respirava nell’attesa dell’anno 2000 così carica di aspettative e speranze ma anche di tensione e paura.

Non posso dire che sia un libro veloce e scorrevole, a volte è appesantito dalle descrizioni talvolta anche un po’ lunghe e minuziose ma sempre bellissime e toccanti.
Spesso si è tentati di tornare a rileggere alcune frasi per imprimerle nella mente o anche solo per comprenderle meglio.

“Storia d’inverno” è un libro che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine, riesce sempre ad incuriosirlo e a tenere alta la tensione.

Il libro di Mark Helprin ha la forza di trascinarci in un mondo diverso e ovattato, riesce a farci sognare e vorremmo anche noi un giorno poter pattinare sul lago ghiacciato, correre sulla slitta verso i paesaggi dei Coheeries, conoscere i suoi abitanti e perché no? magari un giorno anche attraversare il muro di nuvole cavalcando Athansor.



mercoledì 23 aprile 2014

“Si lasciano tutti” di Simone Laudiero

SI LASCIANO TUTTI
di Simone Laudiero
Sperling & Kupfer
Roberto è fidanzato da quasi due anni con Sandra. Entrambi fanno fatica a sbarcare il lunario: lui è un impiegato che guadagna solo ottocento euro al mese e lei non ha un reddito fisso.

Nonostante la precaria situazione finanziaria però sono decisi ormai a compiere il grande passo: la convivenza.
Roberto si trasferirà a breve a casa di Sandra o meglio nella casa di proprietà della nonna di lei.
L’anziana signora si è trasferita ormai da anni con il marito in campagna lasciando alla nipote l’usufrutto gratuito dell’appartamento in città e dell’annesso terrazzino dal quale si riesce a cogliere la vista di uno spicchio di mare.

Ma un giorno all’improvviso tutto precipita, i nonni ottantenni di Sandra decidono di divorziare apparentemente senza motivo.

La nonna, l’inflessibile Signora Rotello, vuole una volta tornata single riappropriarsi del suo vecchio appartamento e lasciare la campagna.

Tutti i piani di Roberto e Sandra rischiano di andare in fumo, ma Roberto non è disposto ad accettare passivamente la situazione creatasi e a rinunciare all’amato terrazzino.
Inizia così una corsa contro il tempo per cercare di risolvere il mistero di quella che sembra ormai una separazione inevitabile. Perché due ottuagenari dovrebbero volersi dividere dopo una vita insieme? Qual è la vera ragione che si cela dietro questo assurdo comportamento?

Il racconto si sviluppa in un susseguirsi di eventi straordinari, situazioni al limite dell’assurdo e coincidenze impossibili.

A far da sfondo alla storia di Roberto e Sandra e delle loro famiglie, c’è il racconto della vita amorosa di Roberto, un susseguirsi di fallimenti che vengono elencati ed analizzati nei minimi dettagli.
Roberto ricorda ed esamina ogni sua storia fin dalla prima fidanzatina, la mitica Sonia Parisio, quando ancora frequentava la scuola media.

“Si lasciano tutti” è un romanzo estremamente contemporaneo, è il racconto di uno spaccato di vita, la nostra vita nella quale ognuno di noi può facilmente riconoscersi ed è proprio questa la forza del libro.
Tutti possiamo rivederci nelle storie di Roberto e dei suoi amici Minerva, Tommaso ed Anna.

Una vita dove tutto è precario non solo il lavoro ma pure i sentimenti, dove non ci sono più certezze se anche una coppia di ottantenni può decidere di separarsi da un giorno all’altro.
L’unico modo per sopravvivere è navigare a vista.

Al termine di ogni storia d’amore però c’è una certezza quella fatidica domanda che ognuno di noi si è sentito rivolgere da qualcuno ed ha rivolto a qualcun altro almeno una volta nella vita: “Perché?”
E’ inevitabile porre questa domanda quando tutto finisce ma la verità è che non c’è mai un perché oppure se preferite ci sono milioni di perché.

Mentre leggevo le pagine del libro di Laudiero mi tornavano alla mente alcune frasi di una celebre canzone scritta nel 1917, guarda caso proprio da un napoletano, Libero Bovio…

T'aggio vuluto bene a te.
Tu mm'hê vuluto bene a me.
Mo nun ce amammo cchiù,
ma ê vvote tu,
distrattamente,
pienze a me.

In fin dei conti la risposta è semplice: tutto nella vita passa, niente è eterno e l’amore non fa eccezione anche se è difficile da accettare.

L’impressione però è che il protagonista del libro come la maggior parte della gente non si sia mai innamorato davvero, abbia continuato a provare e riprovare, infilandosi in storie senza senso semplicemente per paura di rimanere solo.
Viene spontaneo chiedersi: e se comportandosi così ci si bruciasse l’unica possibilità di trovare l’anima gemella?


...il BlogTour continua su Inside a book 

domenica 20 aprile 2014

“I sotterranei di Londra” di Peter Ackroyd

I SOTTERRANEI DI LONDRA
di Peter Ackroyd
NERI POZZA
Dopo aver affascinato i suoi lettori con la monumentale biografia sulla capitale inglese intitolata “Londra. Una biografia”, Peter Ackroyd torna con un nuovo libro dedicato alla stessa città, un breve ed intrigante racconto di appena 140 pagine che non mancherà di sedurvi ancora una volta.

E' davvero una nuova ed inconsueta prospettiva quella della Londra sotterranea che Ackroyd ci offre ne “I sotterranei di Londra”.
Molti, infatti, ignorano che sotto la Londra che tutti noi conosciamo esiste un’altra città avvolta nell’oscurità dove la temperatura è mite anche durante l’inverno.
Una Londra popolata da strane creature e da fantasmi ma non solo, sotto le strade che ogni giorno milioni di persone percorrono in superficie vivono moltitudini di comunissimi topi e blatte capaci anch’essi di scatenare le più fantasiose credenze popolari.

Il sottosuolo della capitale inglese è un intrico di vie e cunicoli, di passaggi segreti e gallerie.
I suoi sotterranei sono caotici e disordinati, un vero e proprio labirinto che attira e respinge allo stesso tempo.
Essi ricordano all’uomo gli inferi e l’oltretomba ma contemporaneamente gli suggeriscono anche una sensazione di protezione e di ritorno al grembo materno. Non dimentichiamo che proprio il sottosuolo è sempre stato legato sin dall’antichità al culto delle divinità ctonie, divinità generalmente di sesso femminile.

Ackroyd ricorda, per chi non ne fosse a conoscenza, che le fondamenta di Londra poggiano su uno strato argilloso e per questo motivo la città viene risucchiata verso il basso sprofondando nel terreno.
Interessante sapere che il livello della falda freatica continua a salire tanto che ogni giorno devono essere pompati quasi settanta milioni di litri per salvare la città.

La storia di Londra è anche la storia dei suoi corsi d’acqua. Sono ben tredici i fiumi della capitale britannica e anche se molti di essi oggi non sono più visibili, ormai completamente coperti, continuano a scorrere lungo le tubature e le fognature.
Ci fu un tempo però in cui essi scorrevano liberamente tra i campi laddove la realtà urbana si dissolveva in quella rurale.
Uno tra i fiumi più conosciuti e a cui Ackroyd dedica un intero capitolo è il vecchio Fleet “il più potente dei fiumi scomparsiil cui nome riecheggia spesso nelle pagine della letteratura inglese.

Affascinante è il racconto della metropolitana di Londra, della sua costruzione e del suo sviluppo fino ai nostri giorni, le stazioni, le linee e la storia del disegno della sua pianta ancora oggi uno dei simboli principali, insieme al suo logo, della città.

Quante cose diamo per scontate senza renderci conto di quanto siano costate in termini di ingegno e fatica e quale prezzo sia stato pagato in vite umane per costruire tutto ciò che oggi sembra così normale ai nostri occhi.
Quanti di noi si sono mai soffermati a pensare che la London Underground è così antica da poter annoverare tra i suoi utenti personaggi quali Dickens e persino, perchè no, Jack lo squartatore?

“I sotterranei di Londra” è una scoperta continua; un libro che, tra le numerose citazioni bibliche e classiche, ci svela mille curiosità.
Un’avventura affascinante che tutti possiamo fare stando comodamente seduti in poltrona ma quanta voglia di andare a vedere di persona questi luoghi, forse a volte anche un po’ macabri, però così suggestivi ed eccitanti. 



giovedì 17 aprile 2014

Sonetto LXXV di William Shakespeare


Accetto con piacere la sfida di Ludo a pubblicare una poesia sul mio blog. 
Da troppo tempo non ne pubblico una e quale occasione migliore di questa?

Inutile dire che sono stata a lungo indecisa sulla scelta da fare.
Sono così tanti i canti, i versi, le rime, le odi… che avrei piacere di proporvi, ma nonostante il rischio di apparire banale ho deciso che la mia scelta ricadrà su William Shakespeare.

Qualche giorno fa a teatro ho ascoltato la lettura di questo bellissimo sonetto e voglio considerarlo un segno del destino…
Ecco a voi il sonetto n. 75 “Tu sei per la mia mente come il cibo per la vita”


Tu sei per la mia mente, come il cibo per la vita.
Come le piogge di primavera, sono per la terra.
E per goderti in pace, combatto la stessa guerra
che conduce un avaro, per accumular ricchezza.
Prima, orgoglioso di possedere e, subito dopo,
roso dal dubbio, che il tempo gli scippi il tesoro.
Prima, voglioso di restare solo con te
poi, orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Talvolta, sazio di banchettare del tuo sguardo,
subito dopo, affamato di una tua occhiata.
Non possiedo, né perseguo alcun piacere,
se non ciò che ho da te, o da te io posso avere.
Così ogni giorno, soffro di fame e sazietà,
di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.




So are you to my thoughts as food to life,
Or as sweet-season'd showers are to the ground;
And for the peace of you I hold such strife
As 'twixt a miser and his wealth is found.
Now proud as an enjoyer, and anon
Doubting the filching age will steal his treasure;
Now counting best to be with you alone,
Then better'd that the world may see my pleasure:
Sometime all full with feasting on your sight,
And by and by clean starved for a look;
Possessing or pursuing no delight
Save what is had, or must from you be took.
Thus do I pine and surfeit day by day,
Or gluttoning on all, or all away.



Con la speranza di riuscire presto a scrivere un post interamente dedicato ai sonetti del “Grande Bardo”, passo ad annunciarvi i blog a cui ho deciso di lanciare la sfida:

Piume di Carta     http://piumedicarta.blogspot.it/
Decorantic Art      http://decoranticart.blogspot.it/

Chi raccoglie la sfida dovrà nominare altri blog per un numero massimo di cinque.


ne approfitto per augurare a tutti....Buona Pasqua!!!


sabato 5 aprile 2014

“Il crociato infedele” di Davide Mosca

IL CROCIATO INFEDELE
di Davide Mosca
RIZZOLI
Il giorno prima della chiusura del concilio di Clermont, Papa Urbano II lancia un appello ai Cristiani d’Occidente invitandoli a liberare la Terrasanta rispondendo così alla richiesta d’aiuto avanzata da Alessandro I Comneno, imperatore bizantino minacciato dai Turchi Selgiuchidi.
Il giorno 27 novembre 1095 viene quindi indetta la Prima Crociata.

I primi ad accogliere l’appello del papa furono una massa di avventurieri e popolani, una moltitudine composta di ogni sorta di delinquenti, nobili decaduti e servi della gleba guidati dal francese Pietro d’Amiens, detto Pietro l’Eremita, un monaco fanatico; questa prima spedizione viene spesso ricordata come la “crociata dei pezzenti”.

I crociati però si riunirono nell’agosto dell’anno 1096, a questa prima spedizione ufficiale presero parte diversi eserciti ognuno capeggiato da un suo proprio signore. I partecipanti erano dei nobili desiderosi di conquistarsi terre e fama oppure semplicemente desiderosi di servire Dio. Molti di loro erano figli cadetti o piccoli feudatari spesso in aperto contrasto gli uni con gli altri.
Tra i nomi più noti: Goffredo di Buglione, Raimondo di Saint Gilles, Roberto di Normandia, Boemondo e Tancredi di Taranto, tutti personaggi che incontreremo nel libro di Davide Mosca.

Non è mia intenzione annoiarvi ulteriormente raccontandovi la storia di battaglie, di assedi e conquiste che ebbero luogo negli anni successivi, per cui facciamo un salto nel tempo ed arriviamo al giugno del 1099 quando l’esercito dei crociati, ormai ridotto a soli 20.000 uomini, pone l’assedio alla città di Gerusalemme da poco riconquistata dai Fatimidi ai danni dei Selgiuchidi.
E’ proprio nell’assedio di Gerusalemme e nella conquista della città santa che i due protagonisti del libro di Davide Mosca reciteranno il loro ruolo fondamentale.

Nel 1099 una delegazione di crociati giunge a Genova per sollecitare soccorsi per coloro che stavano combattendo in Terrasanta.
A Genova in quel periodo imperversano lotte intestine tra le varie famiglie per ottenere il governo della città e nessuno è intenzionato a lasciare il paese rischiando così di perdere ogni possibilità di raggiungere il potere.
In questo periodo di lotte sanguinose, complotti e segreti solo due giovani sono così lungimiranti da capire che Genova può essere conquistata solo attraverso la conquista di Gerusalemme.

Genova sarà fondata su una spiaggia di Giaffa, in Terrasanta.

I due ventenni si chiamavano Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, figlio cadetto di una potente famiglia vescovile anch’essa in lizza per assicurarsi il controllo di Genova.
Amici fin dall’infanzia l’astuto e spensierato Caffaro, abile mercante, dotato di ottime qualità diplomatiche è il compagno perfetto per il forte e fiero Gugliemo Embriaco, condottiero indomito, sempre pronto a lanciarsi in prima persona là dove il pericolo è maggiore.
Quando Guglielmo decide di inseguire il suo sogno ovvero liberare la Terrasanta e con essa i mari che la dividono dall’amata Genova, per far sì che la sua città possa diventare grande, regina dei mari e dei traffici commerciali, Caffaro non può che unirsi a lui.
Vendono la loro parte di eredità, armano due galee e partono incontro al loro destino. Una volta, giunti a destinazione però si renderanno conto che le cose non sono così facili come avevano immaginato. L’impresa sembra disperata, ma i due non si daranno per vinti e sfruttando le loro qualità di abili diplomatici, guerrieri e mercanti riporteranno una grande vittoria che cambierà la storia.

“Il crociato infedele” è un romanzo scorrevole che si legge tutto d’un fiato. Il ritmo del racconto è dinamico e serrato pur lasciando ampio spazio a delle bellissime descrizioni della città di Genova all’inizio del racconto e dei paesaggi mediorientali nel corso della storia.

I personaggi sono descritti in modo vivace e spesso sono inserite battute per meglio descriverne le caratteristiche.

Buona la ricostruzione storica nella quale sono sapientemente inseriti frammenti romanzati.

Guglielmo, il valoroso condottiero testardo e senza paura dallo spirito combattivo e focoso che gli è valso il soprannome di Caput Mallei è senza dubbio un personaggio molto attraente ma Caffaro, io narrante della storia, è colui che riesce ad affascinare maggiormente il lettore con la sua ironia, la sua scaltrezza e quel suo sapersi destreggiare in ogni situazione. 

Genova è ovunque ci sia un genovese. Le nostre mura non contengono la città, la indicano soltanto.

E’ con un sentimento misto di orgoglio per la mia città e di riconoscenza per coloro che l’hanno resa grande nella storia che ho letto il libro di Davide Mosca.
Colgo l’occasione quindi per ringraziare l’autore per avermi ricordato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quali e di quanto grandi uomini Genova sia stata la patria.

Genova con il suo vessillo, la croce di San Giorgio, per secoli ha protetto i mari, i suoi mercanti hanno percorso le rotte da Occidente ad Oriente e ritorno. Genova ha dato i natali a personaggi quali Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, Andrea Doria, Cristoforo Colombo solo per citarne alcuni.
Nel corso dei secoli personaggi come Byron, Dickens, Chopin hanno soggiornato a Genova e pittori come Rubens, Van Dyck, Pieter Mulier vi hanno lavorato.

O tempora, o mores! Cos’è Genova oggi? Genova è ancora una città ricca di cultura e di opere d’arte. Genova è una città di mare, una città unica nel suo genere che tanto avrebbe da offrire ai turisti eppure sembra che lo spirito dei genovesi si sia addormentato sotto lo strato di polvere depositato nel corso dei secoli.
Non si tratta di modernizzarsi o costruire chissà quali opere, Genova è già bellissima così com’è. 
Ci vorrebbe così poco per tornare grandi, basterebbe smettere di continuare a nascondersi e trovare la volontà ma soprattutto il coraggio di aprirsi di nuovo al mondo.
E perché per esempio non iniziare cercando di migliorare i collegamenti ferroviari ed aerei? Genova oggi sembra proprio irraggiungibile come la Gerusalemme di Guglielmo e Caffaro!
                                                                                                      


sabato 29 marzo 2014

“Storia di una ladra di libri” di Markus Zusak

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI
di Markus Zusak
FRASSINELLI
Vi svelo subito una curiosità sul titolo di questo libro. Non tutti sono a conoscenza del fatto che questo romanzo, il cui titolo originale è “The Book Thief”, in realtà era già stato pubblicato nel 2007 da Frassinelli con il titolo “La bambina che salvava i libri”.
A febbraio del 2014, in occasione dell’imminente uscita del film tratto dal romanzo, la casa editrice ha deciso di ristampare il libro proprio con il titolo del film ovvero “Storia di una ladra di libri”, titolo tra l’altro molto più vicino all’originale.

Il romanzo è ambientato a Molching, un paese vicino a Monaco. La vicenda si svolge tra il 1939 e il 1943. Siamo nella Germania nazista, è l’epoca dell’antisemitismo, delle persecuzioni e dei campi di concentramento, l’epoca della seconda guerra mondiale, della paura dei bombardamenti e dei deliri di onnipotenza del Fuhrer.

Io narrante della storia è la Morte in persona, che sin dalle prime pagine presentandosi al lettore lo invita a fidarsi perché lei sa essere allegra, amabile persino affettuosa, può avere un sacco di qualità, anche se non potrà mai essere bella.
La Morte è sempre attiva, sempre in movimento, il suo lavoro non conosce pause, a lei nessuna vacanza è concessa.
Per questo motivo, per distrarsi, osserva i colori e a volte cerca delle belle storie da raccontare, storie che possano dimostra che l’esistenza degli uomini vale la pena di essere vissuta.
La storia di Liesel Meminger, la ladra di libri, è proprio una di queste.

Liesel ha appena nove anni quando la madre, per motivi politici e problemi economici, è costretta a darla in affidamento. La bambina viene affidata ad una coppia di Molching, i coniugi Hubermann.
Liesel stringe quasi immediatamente un forte legale con il padre adottivo. Hans Hubermann è una persona di grande valore. Nonostante all’apparenza sembri un uomo insignificante, Hans è invece un uomo dotato di grande umanità e sensibilità.
La moglie Rosa, apparentemente burbera e volgare, in un primo momento sembra non riuscire ad entrare in sintonia con Liesel, ma ben presto anche lei non potrà fare a meno di affezionarsi alla piccola.
Rosa Hubermann è in verità una buona madre e una brava donna che non esita un secondo a dare tutto il suo sostegno al marito in ogni occasione persino quando questi deciderà di nascondere l’ebreo Max Vandenburg nella loro cantina mettendo in pericolo tutta la famiglia. Rosa è una donna in gamba che sa dare il meglio di sé nei momenti critici.
Liesel non sa leggere e per questo motivo viene presa in giro dai compagni di scuola, da tutti tranne che dal suo più caro amico Rudy Steiner, il suo vicino di casa.
Ma Liesel ama i libri e le parole scritte più di ogni altra cosa e così, grazie all’aiuto del padre, esercitandosi giorno dopo giorno non solo impara a leggere ma diventa un’eccellente lettrice.

La storia di Liesel è scandita dai suoi libri. Ogni libro rubato dalla ladra di libri ha una sua storia ed è legato ad un particolare ricordo della sua giovane vita.
Tutto ha inizio al cimitero quando viene sepolto il fratellino di Liesel e lei raccoglie da terra, nella neve, il suo primo volume: “Il manuale del necroforo”.
Ebbene quel libro ha per la bimba due importanti significati, che nulla hanno a che vedere ovviamente con il testo. Quel libro porta con sé il ricordo dell’ultima volta in cui la piccola ha visto due persone a lei molto care: il fratello e la madre.
Da quel momento Liesel metterà insieme una sua piccolissima biblioteca fino al giorno in cui sarà in grado di scrivere lei stessa un suo libro, il diario a cui affidare i suoi ricordi e la storia delle persone a lei vicine.

“Storia di una ladra di libri” è un romanzo toccante e coinvolgente. Un romanzo che commuove il lettore fin dalla prima pagina.
I personaggi sono talmente veri che il lettore non può fare a meno di appassionarsi alle loro storie, di piangere e gioire con loro.
Ci sono pagine terribilmente crude come la descrizione della sfilata degli ebrei condotti al campo di concentramento di Dachau e altre, che pur nella loro tristezza, raggiungono i più alti livelli di poesia.
Impossibile non soffermarsi a rileggere passi come gli auguri di Natale di Max Vandenburg a Liesel:

“A volte vorrei che tutto questo finisse, ma poi tu scendi in cantina con un pupazzo di neve tra le mani”.

Il mondo di “Storia di una ladra di libri” è un mondo dove bene e male, giusto e sbagliato non hanno confini netti, un mondo dove ogni giorno si combatte una battaglia per capire se sia meglio fare il proprio dovere di tedeschi o seguire la propria coscienza.
Un mondo dove le parole possono salvare una vita, dare conforto o al contrario se, usate in modo sbagliato, portare la morte.
Il romanzo di Markus Zusak è un romanzo che parla al cuore delle persone, è un romanzo che parla di odio e paura, di amore e amicizia, di lealtà e riconoscenza.

Ho fatto una corsa contro il tempo per riuscire a finire il libro prima dell’uscita del film nelle sale italiane, ma dopo aver letto il romanzo non sono più così entusiasta di andare al cinema nonostante il film vanti interpreti di eccellenza del calibro del premio Oscar Geoffrey Rush e di Emily Watson.
Il libro è talmente perfetto nella scelta delle parole, così originale con le sue storie nella storia e con le sue illustrazioni che credo sia legittimo avere il dubbio che il film possa in qualche modo danneggiare quelle emozioni e quelle sensazioni che la lettura ha saputo regalare al lettore.




lunedì 17 marzo 2014

“Odessa Star” di Herman Koch

ODESSA STAR
di Herman Koch
NERI POZZA
Fred Moorman ha 47 anni, una moglie e un figlio, un lavoro comune e una casa in un quartiere tranquillo e dignitoso, viaggia in utilitaria e frequenta gente banale.

Un giorno incontra al cinema un vecchio compagno di scuola, un tipo che fin dall’epoca si distingueva per essere un personaggio poco raccomandabile.

Max G. ha una bellissima moglie, possiede una Mercedes e vive ad Amsterdam Sud, il quartiere più alla moda ed elegante della città.

Fred è sempre stato un uomo pronto a lagnarsi per ogni cosa: dalla puzza proveniente dal primo piano, alla signora che non raccoglie gli escrementi del cane nelle aiuole.
Fred non sopporta nulla e nessuno: detesta il cognato che ritiene un nullafacente fallito, la cognata perché è solo una povera attrice priva di talento, non sopporta neppure il vicino di casa, Erik Mencken, conduttore televisivo, lo disprezza per la sua finta abbronzatura e ancor più perché lo trova eccessivo nel suo voler piacere a tutti.

Dopo l’incontro con Max G. però scatta qualcosa in Fred che improvvisamente deve fare anche i conti con se stesso e ammettere che la sua vita è un completo fallimento.
Lui non è nessuno, non ha raggiunto nessun obiettivo ed è disgustato dalla mediocrità della sua esistenza.
Decide che è giunto il momento di cambiare e che Max G. è proprio la persona giusta per aiutarlo a fare il salto di qualità, poco importa che il vecchio compagno di studi sia un boss della malavita e che certe persone chiedano prima o poi il conto perchè “in quegli ambienti niente è gratis”.

Il romanzo in realtà inizia dal finale e si apre con Fred Moorman impegnato a trovare un aneddoto da inserire nel discorso che dovrà fare al funerale dell’amico.
Max G. è morto, è stato assassinato, freddato con un colpo di pistola nella sua auto. Proprio da questo delitto trasmesso in tutti i telegiornali, Fred Moorman, io narrante, riavvolge il nastro raccontando come è accaduto che si sia ritrovato a dover scrivere il discorso in memoria del vecchio compagno di scuola.

Nonostante le prime pagine del romanzo mi siano sembrate un po’ più lente del solito, è indubbio che anche con questo libro Herman Koch sia riuscito a scrivere un altro straordinario successo.
Ancora una volta Koch riesce a tenere incollato il lettore al romanzo fino all’ultima pagina, grazie ad un ritmo della narrazione che cresce di intensità e suspense di capitolo in capitolo fino a quello conclusivo adrenalinico e ricco di colpi di scena.

Nei mesi scorsi vi avevo già parlato di altri due romanzi dello stesso autore intitolati “La cena” (Neri Pozza 2010 / BEAT 2011) e “Villetta con piscina” (Neri Pozza 2011 / BEAT2013).

Rispetto a questi due precedenti romanzi si ha l’impressione che in “Odessa Star” vi siano da parte di Koch un desiderio maggiore di insistere su descrizioni nauseanti e disgustose, una più intensa ricerca dell’eccesso a tutti i costi, una volontà di superare il limite che ricorda lo stile pulp dei film di Tarantino.

Nel corso dei tre romanzi inoltre l’immagine della “bella famiglia unita” va disgregandosi: ne “La cena” la famiglia del protagonista è unita qualunque cosa accada, marito e moglie sono disposti a tutto pur di difendere l’unità familiare;  in "Villetta con piscina” si intravede già una crepa nel nucleo familiare quando il protagonista ha una relazione extra-coniugale mettendo a repentaglio l’incolumità della famiglia stessa, infine in “Odessa Star” i legami familiari sono completamente allentati.
Il matrimonio di Fred e Christine è un’unione ormai al capolinea, il loro è uno stare insieme per abitudine, non c’è alcuna complicità e il riavvicinamento finale risulta poco credibile e comunque molto precario.
Gli unici rapporti veri e duraturi in tutti e tre i romanzi sono quelli tra genitori e i figli, nonostante i frequenti alti e bassi dovuti anche all’età adolescenziale di questi ultimi. 

“Odessa Star” è un thriller psicologico in cui ancora una volta Herman Koch descrive un mondo cinico, violento e superficiale, dove il desiderio di essere qualcuno e di ottenere ciò che si desidera autorizza chiunque a prenderselo senza scrupoli, arrivando anche ad uccidere il prossimo per affermare se stessi e la propria volontà.