I TRE GIORNI DI POMPEI
di Alberto
Angela
RIZZOLI
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23-25 ottobre
79 d.C.: ora per ora la più grande tragedia dell’antichità
Sono le ore 13 del 24 ottobre e quello che sembrava un
comune venerdì, si rivelerà essere invece il giorno di una tragedia di immani
proporzioni.
Dal Vesuvius
si sprigionerà, infatti, una quantità di energia pari a quella di cinque bombe
atomiche e in meno di un giorno Pompei
verrà sommersa da un diluvio di ceneri e gas.
Il crollo dei soffitti causato dall’imponente accumulo
di pomici e dalle continue scosse sismiche causeranno numerosissimi decessi tra
i Pompeiani.
Chi sopravviverà ai crolli non riuscirà comunque a
trovare scampo da una morte che sopraggiungerà per soffocamento e per le
ustioni causate dalle ceneri.
La vicina Ercolano
resterà sepolta sotto metri e metri di fanghi compatti e lava.
Stessa
drammatica sorte subiranno le campagne circostanti e le cittadine
minori Terzigno, Oplontis, Murecine, Boscoreale, Stabia: ognuno di questi
luoghi vivrà la sua personale tragedia.
Il mare impraticabile, le forti burrasche e l’attività
vulcanica, impediranno ogni tipo di soccorso e Pompeiani, Ercolanesi…tutti
saranno abbandonati al loro triste destino.
Pompei è
stata colpita da una serie di catastrofi come raramente è avvenuto nella storia:
terremoti, maremoti, piogge di pomici e rocce, valanghe roventi, torrenti di
fango, gas irritanti, ceneri asfissianti…La vera “tempesta perfetta”.
E’ vero la storia di Pompei e di Ercolano, della
grande eruzione del Vesuvius la
conosciamo tutti, sin dalle elementari viene raccontata ad ogni alunno, allora
perché scegliere di leggere un libro proprio sugli ultimi giorni di Pompei?
Perché ci sono tantissimi particolari interessanti che
ancora ignoriamo e altrettanti elementi che magari abbiamo semplicemente
rimosso nel corso degli anni.
Per esempio quanti di voi sanno che in realtà quello che distrusse Pompei,
Ercolano e tutte le altre località circostanti non fu il Vesuvio che noi tutti
conosciamo?
Il Vesuvio che vediamo oggi in realtà iniziò a
crescere esattamente al centro del cratere del monte Somma (o Vesuvius nei
testi antichi), il vero killer del 79 d.C.
L’immagine del Vesuvio della tipica “cartolina da
Napoli” ha impiegato secoli a raggiungere l’attuale altezza tanto che nei
dipinti medievali le sue dimensioni apparivano decisamente ridotte.
E’ vero che gli abitanti della zona di Pompei ed
Ercolano, solo per citare le due cittadine più famose, ignorarono per anni gli avvertimenti che il vulcano inviava loro: dai
terremoti sempre più frequenti e distruttivi sino a giungere a segnali molto
più evidenti nelle ore precedenti l’eruzione, ma va detto a loro favore che,
oltre a non essere in possesso delle moderne tecnologie di cui noi oggi
disponiamo, l’aspetto del Vesuvius non
era per nulla terrificante, non c’era ad esempio nessun cono come quello
attuale ad indicare la presenza di un vulcano.
Il territorio si presentava come un monte lungo e
basso, piuttosto pianeggiante al centro e con qualche rilievo ai margini.
Sappiamo per certo che qualche abitante riuscì a
mettersi in salvo. Nella maggior parte dei casi non ne conosciamo i nomi e in
qualche caso possiamo azzardarne invece anche l’identità. Tra i possibili
superstiti c’è una certa Rectina,
una ricca matrona, che sembrava poter vantare una certa familiarità con Plinio il Vecchio, l’ammiraglio della
flotta di stanza a Miseno, famoso naturalista nonché zio di Plinio il Giovane, una delle nostre
maggiori fonti della tragedia proprio perché egli stesso la visse in prima
persona.
Ciò che affascina ne “I tre giorni di Pompei” è la
capacità di Alberto Angela di riuscire a raccontare
la storia come fosse un romanzo grazie anche a ricostruzioni verosimili di ciò
che accadde nelle ore precedenti la tragedia e durante la tragedia stessa.
Senza tralasciare di raccontarci la vera storia dell’area
vesuviana inquadrandola magistralmente nel più ampio quadro della storia
romana, senza mancare di snocciolare dati scientifici e di illustrarci gli
scavi e i ritrovamenti archeologici, Alberto Angela è riuscito a mantenere per
ben 463 pagine un ritmo incalzante,
regalandoci così una lettura piacevole il cui stile sembra molto più vicino a
quello di un romanzo piuttosto che a quello di un saggio.
Mano a mano che ci si avvicina all’ora zero, l’ora
dell’eruzione, l’ansia del lettore cresce e così la sua partecipazione quasi fosse
egli stesso in prima persona ad essere trasportato dalla folla, colto dallo
stesso panico che colse quasi certamente gli abitanti dell’area vesuviana.
Un’empatia che cresce pagina dopo pagina e che induce
il lettore a chiedersi cosa avrebbe fatto e come avrebbe reagito se si fosse
trovato davvero in prima persona a vivere quei terribili momenti.
Apprezzabili sono la sensibilità ed il profondo rispetto con cui Angela ci racconta gli
ultimi istanti di una tragedia che fece migliaia di vittime, persone che
morirono in una delle catastrofi più grandi che la storia conosca.
Ho gradito particolarmente il fatto che egli parli di esseri umani e non semplicemente di
calchi umani, perché è giusto non dimenticare mai che quelle immagini di
vittime giunte sino ai nostri giorni sono state “persone vere” e pertanto
richiedono rispetto e dignità.
La storia spesso ci parla di guerre, di battaglie e di
grandi eventi senza umanità, senza fare cenno a quanto questo sia costato in
termini di vite umane, senza rispetto per i morti; la letteratura al contrario ci
mostra il lato umano delle tragedie.
Quando leggete un libro di storia e leggete per
esempio della peste, il racconto rimane freddo, lucido come se i morti non fossero
persone, ma un semplice dato, un numero.
Pensate ora quanta differenza leggendo ad esempio i
Promessi Sposi ed in particolare il racconto della madre di Cecilia che depone
la figlia sul carro, pensate al pathos di quelle pagine.
“I tre giorni di Pompei” pur essendo a tutti gli
effetti un’opera divulgativa, riesce grazie alla grande capacità espositiva del
suo autore, a mantenere vive la pietas e l’umanità nel lettore nei
confronti di esseri umani vissuti duemila anni fa.
Perché leggere questo libro? Un valido motivo potrebbe
essere più o meno lo stesso che ha spinto l’autore a scriverlo ovvero tirare le
fila di tutto il sapere acquisito in più di venti anni di riprese televisive e
visite dell’area vesuviana.
“I tre
giorni di Pompei” è un validissimo aiuto per fare il punto di tutte le
proprie conoscenze sull’argomento.
Ho scoperto con piacere che c’erano molti elementi di
cui non sapevo nulla. Che l’eruzione abbia
avuto luogo nel 79 d.C, ad esempio, è notizia certa, ma io ignoravo il
fatto che ci fossero dei dubbi sul mese dell’avvenimento ovvero che ci fossero due ipotesi di datazione: il 24 giugno e il 24 ottobre.
La tesi che l’eruzione sia avvenuta in autunno
piuttosto che in estate è quella più attendibile secondo Angela che ha scelto
di dedicare alla controversa questione l’intera appendice alla fine del libro
esponendo gli elementi a favore e contro ciascuna datazione.
“I tre giorni di Pompei” demolisce quell’immagine che
spesso film e letteratura ci hanno imposto presentandoci i Pompeiani sorpresi
dall’eruzione mentre erano impegnati in banchetti o mentre si rilassavano alle
terme.
Nulla di più sbagliato, Pompei era in piena emergenza.
Quasi tutte le case avevano lavori in
corso, alcune erano state abbandonate dopo il terremoto del 62 d.C. ed erano
disabitate da anni, inoltre c’erano cantieri aperti un po’ ovunque.
A causa poi dell’attività
sismica intensificatasi negli ultimi
giorni, nelle ore prima dell’eruzione a Pompei mancava l’acqua mentre maleodoranti
esalazioni sulfuree salivano dal terreno nelle zone circostanti.
Il libro di Alberto Angela è affascinante, esaustivo ed
avvincente, ma se tutte queste qualità da sole non dovessero essere sufficienti
per spingervi alla lettura, vi ricordo che acquistando “I tre giorni di Pompei”
contribuirete al restauro di un importante affresco ovvero "Adone ferito" che si trova proprio a Pompei nell'omonima casa.