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sabato 22 agosto 2015

“Effie” di Suzanne Fagence Cooper

EFFIE
Storia di uno scandalo
di Suzanne Fagence Cooper
NERI POZZA
Il libro è stato pubblicato da Neri Pozza per la prima volta nel settembre 2012 con il titolo “Effie” e poi successivamente nel maggio 2015 la stessa casa editrice lo ha riproposto con una nuova veste grafica e con il titolo di “Effie Grey”. In entrambi i casi il sottotitolo era lo stesso: “Storia di uno scandalo”.

Mentre la prima copertina, tra l’altro secondo me molto più appropriata, riproduceva il quadro di John Everett Millais “Portrait of a girl – Sophy Grey” (1857), la successiva pubblicazione riportava invece un’immagine tratta dal’omonimo film.
Nel 2014, infatti, dal libro di Suzanne Fagence Cooper è stato tratto il film “Effie Gray” nel quale Dakota Fanning vestiva i panni di Effie.
Il film, almeno per quanto io sappia, non è mai arrivato sul grande schermo italiano nonostante più volte ne sia stata annunciata una sua imminente programmazione nelle nostre sale cinematografiche.

Suzanne Fagence Cooper è stata curatrice e ricercatrice presso il Victoria & Albert Museum di Londra per dodici anni. Ha studiato le collezioni vittoriane e l’arte preraffaellita, ed è autrice di diversi libri e saggi sull’argomento.

“A Model Wife” (titolo originale dell’opera) è un saggio molto ben documentato e dettagliato sulla vita di Effie Gray.
L’autrice ha attinto per scrivere questa splendida biografia ad una copiosa bibliografia e consultato il lavoro di Mary Lutyens che curò la pubblicazione delle lettere di Effie risalenti al periodo del matrimonio della donna con John Ruskin.
Inoltre, grazie alla generosità di Sir Geoffroy Millais, nel 2009 gli è stato concesso il privilegio di poter studiare e consultare per la prima volta le lettere di Effie da parte di suo padre, di sua madre, dei suoi figli e delle sue sorelle.
Inutile dire che questi documenti sono stati preziosi e fondamentali per portare alla luce la vera storia della donna che sposò in prime nozze un genio come John Ruskin ed in seconde nozze un affascinante e ribelle pittore quale John Everett Millais.

Effie Gray (1828 – 1897) aveva 19 anni quando sposò il grande e famoso critico d’arte John Ruskin.
Probabilmente Effie sposò Ruskin non per amore, ma piuttosto per ciò che egli avrebbe potuto offrirle ovvero una gratificante vita di società e forse anche perché attratta dall’idea di poter affiancarlo nei suoi studi e nelle sue ricerche.
L’unione si rivelò fin fa subito un totale fallimento. John Ruskin non volle mai consumare il matrimonio ed Effie si ritrovò allontanata dalla sua famiglia alla quale era particolarmente legata, detestata e avversata dai suoceri, respinta dal marito.
Nell’aprile del 1854 la venticinquenne Effie, con il sostegno dei genitori e consigliata da alcuni amici, decise di porre fine alla sua relazione malsana con Ruskin durata sei anni.
Portò la sua situazione in tribunale, si sottopose ad umilianti ma necessarie visite mediche, dovette affrontare penosi interrogatori, ma riuscì ad ottenere l’annullamento del suo matrimonio.
La donna si ritrovò libera di potersi rifare una vita e con la possibilità di poter avere finalmente una famiglia tutta sua.
Effie Grey divenne dopo qualche tempo Mrs Millais poiché sposo il pittore preraffaellita John Everett Millais che aveva conosciuto e del quale si era innamorata corrisposta quando ancora era la moglie di Ruskin.

La biografia scritta da Suzanne Fagence Cooper si legge tutto d’un fiato come uno splendido romanzo anche perché la vita di Effie Gray assomiglia davvero alla trama di un romanzo.

Il racconto della vita di Effie Gray non è solo la storia di una donna che ebbe il coraggio di sfidare la società dell’epoca rendendo pubblico il suo doloroso segreto, ma è anche la storia di uno dei più grandi artisti britannici dell’epoca, John Everett Millais.

La biografia di Effie è inoltre un viaggio nel mondo vittoriano che ci appare vivo, fresco e brillante attraverso le testimonianze dirette di coloro che vissero in quel periodo tra balli, teatri, mostre, cacce e viaggi attraverso l’Europa; tra le pagine del libro incontriamo la Regina Vittoria, Elizabeth Gaskell, Charles Dickens, Beatrix Potter e molti altri personaggi dell’epoca.
Un mondo che stava cambiando e del quale possiamo scorgere ogni minima trasformazione anche solo paragonando la gioventù e la vita di Effie a quella delle sue figlie, mutamenti che si possono osservare soprattutto nel delinearsi di un nuovo ruolo della donna nel corso degli anni.

L’immagine che Suzanne Fagence Cooper ci porge di Effie è quella di una donna forte che ha avuto il coraggio di combattere per la sua libertà, ma che ha anche dovuto pagarne un prezzo molto alto, infatti, se tanti le furono vicini altrettanti le girano le spalle disgustati dal suo comportamento svergognato.

Effie era una donna bellissima, elegante, intelligente e colta; ma aveva un forte temperamento e una perenne aria sfida nei confronti della vita, non sempre era facile relazionarsi con lei.
Aveva sposato in prime nozze Ruskin non per amore, ma per il rispetto che nutriva per la sua intelligenza e per la possibilità di una vita agiata e salottiera che questi avrebbe potuto offrirle.
Effie amava ricevere ed era una perfetta padrona di casa. Oltre ad essere un’abile intrattenitrice era particolarmente dotata nell’arte di tessere rapporti con le persone che contavano qualità che riuscì finalmente a mettere a frutto una volta divenuta Mrs Millais.

La Copper non esclude che forse la passione di Effie per Everett quando decise di accettarne la proposta di matrimonio si era ormai affievolita, forse anche in questo caso Effie era stata spinta ad abbandonare il suo stato di donna libera perché aveva intravisto nel giovane pittore una nuova possibilità di ritornare in società, ritorno che comunque non volle fare subito dopo le nozze.
Resta comunque il fatto che il matrimonio durò più di quarant’anni. La loro fu unione solida, basata sulla complicità e sulla cooperazione. Un’unione benedetta inoltre dalla nascita di numerosi figli.

Qualcuno accusò Effie di essere stata la causa per cui John Everett Millais abbandonò i suoi principi preraffaelliti in cambio di facili guadagni.
Indubbiamente lo stile di Everett negli anni successivi al matrimonio cambio e il ritmo della produzione aumentò. Indubbiamente su questo poterono influire la necessità di dover mantenere una famiglia che con il tempo diveniva sempre più numerosa.  
Ma a difesa di Effie va detto che, come ci fa notare la Cooper, “Everett aveva sempre evitato le trappole convenzionali di uno stile di vita artistico; non aveva mai indossato l’uniforme bohémiene che prevedeva cravatta svolazzante, colletto aperto e giacca di velluto” e mentre gli altri preraffaelliti sostenevano di non ambire alla popolarità, Everett era ben contento di vendere i suoi quadri e di vederli riprodotti sulle riviste”.
Nel 1885 la Regina Vittoria nominò Everett baronetto, un onore senza precedenti per un artista.
Il 20 febbraio 1896 John Everett Millais fu eletto presidente dell’Accademy, ricevendo così l’onore più alto che il mondo dell’arte potesse offrirgli.

Avete presente il detto attribuito a Virginia Woolf che “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”? Effie Gray può essere annoverata tra quelle grandi donne.
Tra loro mi viene spontaneo citarne altre due dalle quali sono sempre stata particolarmente affascinata: Mary Shelley compagna e poi moglie del poeta Percy Bysshe Shelley e Lady Emma Hamilton amante e compagna del grande Lord Nelson.

A chi consigliare la lettura di “Effie. Storia di uno scandalo”?  A chi ama l’epoca vittoriana, la pittura preraffaellita, le grandi storie romantiche o anche semplicemente a tutti coloro che amano le buone letture.




lunedì 20 luglio 2015

“Johnny Depp” di Thomas Fuchs

JOHNNY DEPP
L’uomo dietro la maschera
di Thomas Fuchs
VALLARDI
Johnny Depp è una star di fama mondiale che non ha bisogno di presentazioni.

Nato il 9 giugno del 1963 ad Owensboro nel Kentucky.

La madre aveva già due figli Deborah e Daniel, la cui paternità è avvolta ancora oggi nel più folto mistero, quando sposò il padre di Johnny che li adottò subito dopo il matrimonio.
La coppia ebbe due figli la primogenita Christine era maggiore di due anni di Johnny.

L’attore non ebbe un’infanzia facile. 
Nel 1978 i genitori si separarono.
La madre Beth non riusciva mai a stare ferma nello stesso posto a lungo e così la famiglia era sempre in fase di trasloco alla ricerca di una nuova casa, questo voleva dire per Johnny cambiare continuamente scuola ed amicizie.

La biografica scritta da Thomas Fuchs ci parla della vita dell’attore dall’infanzia fino al presente.

Ci racconta della sua adolescenza, di quando conobbe il suo primo vero amico Sal Jenko, dei suoi esordi come musicista e delle sue band, della sua passione per la letteratura trasmessagli dal fratello maggiore ed in particolare per la Beat Generation.

Le pagine ripercorrono la vita dell’attore attraverso il racconto degli aneddoti più conosciuti e di quelli meno noti, passando al setaccio una mole imponente di materiale spesso inedito.

Mantenersi con la propria musica non era facile e la band di Depp faticava a trovare il suo posto al sole, così per puro caso egli si ritrovò a fare cinema.

Il nuovo fidanzato della sua ex era Nicolas Cage e fu proprio lui che un giorno gli chiese perché non avesse mai pensato di fare l’attore.

Grazie al telefilm 21 Jump Street, Johnny Depp divenne l’idolo delle ragazzine, ma all’attore questo ruolo andava decisamente stretto.
Totalmente insofferente all’idea di rimanere legato per molte stagioni alla stessa parte, temeva oltremodo di ritrovarsi schiavo del personaggio interpretato, salutò quindi con gioia il giorno in cui riuscì a rescindere il contratto.

Recitò in film come Nightmare - Dal profondo della notte (1984), Platoon (1986), Cry Baby (1990) ecc. ma il vero successo arrivò con Edward mani di forbice (1990) per la regia di Tim Burton, regista per il quale Johnny Depp nutrì da subito una profonda ammirazione e con il quale lavorerà spesso.

Il libro di Fuchs, ripercorrendo tutta la filmografia dell’attore, ci racconta anche dell’uomo Depp, attraverso le sue scelte artistiche spesso stravaganti, ma comunque sempre coerenti perché di lui tutto si può dire tranne che negli anni non sia rimasto fedele a se stesso.

In tutto ciò che faccio, voglio restare fedele a me stesso. Non sopporto quando cercano di classificarmi.  (Johnny Depp)

Non viene tralasciato da Fuchs neppure l’elemento gossip, per cui leggiamo anche dei tanti amori dell’attore: a partire dal suo primo matrimonio avvenuto in giovanissima età, passando per la sua storia con Jennifer Grey, la famosa Baby di Dirty Dancing, l’importante storia con Winona Ryder, la turbolenta relazione con Kate Moss, fino al matrimonio ed al divorzio con Vanessa Paradis, dalla quale ha avuto due figli Lyly-Rose (1999) e Jake Christopher (2002), per giungere infine all’attuale moglie di ben 23 anni più giovane di lui, Amber Heard.

Ero molto indecisa sul fatto di leggere o meno questo libro, perchè anche se che la mia passione per Johnny Depp risale ai tempi dei suoi esordi e della mia adolescenza, temevo che potesse comunque risultare noioso e scontato.

Il libro di Fuchs è stato invece una piacevole rivelazione perché è scritto bene, è scorrevole ed esaustivo.

Parla dell’uomo oltre che dell’attore facendo in modo di non ridurre lo scritto ad un mero elenco di film e la filmografia di Johnny Depp è davvero estesa!
Inoltre l’autore è bravissimo ad indagare e a scavare nella psicologia del soggetto e a cercare di portare alla luce le motivazioni delle sue scelte professionali e non solo.

Johnny Depp è un personaggio particolare, proprio come le sue idee artistiche, basta pensare alla decisione di produrre un film come “Il coraggioso” o di recitare in film come “Paura e delirio a Las Vegas” o “Arizona Dream” solo per citarne alcuni.

Non posso dire che tutti i film di Johnny Depp mi siano piaciuti, a volte ha fatto scelte troppo azzardate anche per una fan sfegatata come me: quello che però ho sempre apprezzato è il fatto che non abbia mai accettato ruoli “guardando al botteghino”, ma piuttosto basandosi sul suo istinto e accettando solo ciò riteneva fosse giusto in quel momento per lui.

E’ stato interessante leggere il libro di Fuchs perchè oltre ovviamente a poter conoscere qualcosa di più sul mio attore preferito, è stato appassionante poter rileggere tutto d’un fiato quello che già conoscevo.

La cosa più simpatica è stata poter rileggere anche parte della mia vita attraverso quella dell’attore, perché spesso ai suoi film sono legati anche i miei ricordi: le uscite con gli amici, le battute tra amiche, la scuola, le serate al cinema…

Sono pienamente d’accordo con Fuchs quando dice che Johnny Depp fa parte della grande fabbrica delle illusioni e che forse c’è soltanto un posto nel quale una star è autentica: nel cuore e nella mente dei suoi fan. Solo lì è veramente viva.

Insomma sia che siate suoi fan accaniti o che semplicemente lo stimiate perché lo ritenete un buon attore, “Johnny Depp. L’uomo dietro la maschera” è un libro che non vi deluderà. 






martedì 7 luglio 2015

“Una vita al Massimo” di Massimo Ferrero

UNA VITA AL MASSIMO
(Ed è il minimo che posso dirvi)
Massimo Ferrero
con Alessandro Alciato
RIZZOLI
In estate, complici le giornate più lunghe e le tanto agognate ferie, si ha finalmente molto più tempo da dedicare alla lettura e accade così che si riesca ad avere il tempo di leggere anche quei libri che consideriamo un po’ fuori dai nostri schemi.

Il post di oggi è quindi dedicato ad una lettura un po’ diversa. Se è vero, infatti, che spesso vi ho proposto delle biografie, il protagonista di quella di cui mi appresto a parlarvi oggi è decisamente un personaggio atipico.

Come avrete già capito dal titolo il protagonista di questo post è Massimo Ferrero, altrimenti detto er Viperetta, uomo di spettacolo, imprenditore nonché da un anno presidente della U.C. Sampdoria.

Confesso che fino a quando Massimo Ferrero non ha comprato la mia squadra del cuore, ignoravo totalmente chi lui fosse, per cui non sentitevi assolutamente in colpa se per voi è ancora un completo sconosciuto.

“Una vita al Massimo” è stato scritto in collaborazione con Alessandro Alciato, noto giornalista televisivo ed inviato di Sky.

L’impressione è che non sia stato assolutamente facile per Alciato riuscite a tenere a freno la vulcanicità del Presidente perché leggendo il libro il personaggio Ferrero emerge prepotentemente dalle pagine, tanto che in alcuni punti sembra che lui sia lì accanto a te a raccontarti le cose o quanto meno ci sia Crozza a farlo per lui.
Chi di voi ha visto il comico genovese imitarlo capirà al volo cosa io intenda.

Massimo Ferrero: gioie e dolori.
Eh sì, non è facile per me parlarne in quanto direttamente coinvolta da tifosa sampdoriana.
La prima volta che l’ho visto e ho scoperto essere il nostro nuovo Presidente, diciamo che sono rimasta, e ammettiamolo pure, sconvolta!
Da buona genovese, riservata, fredda e distaccata almeno all’apparenza, ritrovarsi in balia di un personaggio del genere e dover dire addio allo storico “stile Sampdoria” è stata una doccia fredda. 

Massimo Ferrero però è stato davvero bravo a guadagnarsi quasi immediatamente non dico la fiducia, per quella ci vogliono tempo e risultati, ma la possibilità di poter dimostrare il suo valore, quella sì.

Indubbiamente ha conquistato tutti fin da subito con la sua simpatia e ha riportato nello spento ed apatico ambiente blucerchiato una spensieratezza, una gioia e soprattutto un entusiasmo che mancavano ormai da troppo tempo e per questo non lo ringrazierò mai abbastanza. Grazie Presidente!

Ma veniamo al libro dove Ferrero si racconta con tutta la sua simpatia, tanta! e tutta l’onestà o meglio tutta quella di cui è capace…

Tutti i fatti raccontati in questo libro sono realmente accaduti.
O almeno io me li ricordavo così…

Massimo Ferrero nasce a Roma il 5 agosto del 1951. La sua è una famiglia povera che fatica a sbarcare il lunario. Vive a Testaccio, un quartiere popolare dal quale scappa ogni volta che può per raggiungere Cinecittà, fin da piccolo sa che quello sarà il suo mondo, il suo sogno da realizzare.

Gli aneddoti della sua infanzia sono tutti raccontati con ironia, freschezza e vivacità: da quelli più buffi come l’essere prelevato a casa dai carabinieri ogni giorno ed obbligato ad andare a scuola a quelli più difficili come la detenzione nel carcere minorile per scontare una pena di sei mesi per “questioni d’amore”.

Nonostante la povertà, nonostante la dura esperienza del carcere che spesso più che correggere ed aiutare chi vi è stato detenuto lo allontana dalla legalità una volta di nuovo in libertà, Massimo Ferrero ha dimostrato di possedere una grande forza di volontà e un orgoglio non comuni nel voler riuscire a raggiungere i traguardi che sin da giovanissimo si era prefissati.

Leggere dei suoi mezzi, magari anche poco ortodossi, per entrare in quel mondo che tanto lo affascinava così come fare da autista al Gianni Morandi dei tempi d’oro senza neppure avere la patente o l’insistenza e la sfacciataggine con la quale riuscì un giorno a farsi assumere come segretario da Dino Risi, sono pagine divertenti, ma sono anche la prova della caparbietà di cui è dotato quest’uomo.

I suoi metodi possono essere discutibili, lui stesso parla della sua vita come di un film e leggendo il libro sembra proprio di leggere un copione magari di uno di quei film con Alberto Sordi, ma bisogna riconoscergli che nonostante le sue umili origini che giustamente non rinnega mai e questo gli fa molto onore, il suo curriculum vanta un numero elevatissimo di film di cui si è occupato ben 140: 20 da segretario, 20 da ispettore, 40 da organizzatore ed il resto da produttore.

Oggi Massimo Ferrero possiede ben 60 sale cinematografiche e quel ragazzino che la mamma lavava con il sapone di Marsiglia sperando di levargli di dosso l’odore dignitoso della povertà, nel 1995 è stato addirittura invitato a Cuba per progettare e creare il cinema di stato del paese ed è riuscito a stringere la mano a Fidel Castro!

Massimo Ferrero è un uomo ironico, basti vedere come riesce a sorridere davanti all’imitazione di Crozza e credo che pochi, me compresa, riuscirebbero a reagire con tanta grazia.

E’ un uomo innamorato della sua famiglia soprattutto dei suoi figli e di Manuela, la donna della sua vita.

E’ entusiasta, è incosciente e geniale, spavaldo e attento ai particolari allo stesso tempo.

E’ un uomo che ha realizzato parte dei suoi sogni, ma proprio perché sognatore ne ha ancora tanti nel cassetto da realizzare.

Massimo Ferrero ama la vita e questo suo amore per la vita è contagioso così come il suo entusiasmo; è un mercante di sogni, un po’ Grande Gatsby e un po’ Er Grigione. 

Cosa penso io da cittadina di Samp&Doria del mio Presidente? Posso rispondere alla fine della campagna acquisti?
Presidente, mi permetta di continuare a sognare ancora...



martedì 30 giugno 2015

“Viaggio nella bellezza” Roberto Bolle

VIAGGIO NELLA BELLEZZA
Roberto Bolle
RIZZOLI
“Viaggio nella bellezza” è uno di quei volumi di cui ci si innamora appena lo si sfoglia; un libro fotografico dal grande formato 25,5 x 33 cm, cartonato con sovraccoperta, appare subito un oggetto del desiderio per qualunque bibliofilo.

Un libro da sfogliare, leggere, assimilare e poi lasciare a far bella mostra di sé nelle nostre librerie pronto per essere sfogliato ogni volta se ne senta la necessità.

Dal primo momento che l’ho scoperto in libreria ho capito che doveva fare parte della mia collezione e che non potevo assolutamente esimermi dal parlarne nel blog.

Non credo che Roberto Bolle abbia bisogno di presentazioni, chi non lo conosce?

Étoile della Scala di Milano dal 2004 e Principal dell’American Ballet Theatre dal 2009, ha ballato nei teatri più prestigiosi del mondo portando sulla scena nel corso della sua carriera tutti i ruoli più importanti del repertorio classico.

Con l’obiettivo di fare conoscere il balletto classico ad un pubblico sempre più vasto dal 2008 ha portato in luoghi mai raggiunti dalla danza il suo “Roberto Bolle and Friends” riscuotendo un enorme successo.

Attraverso un bellissimo percorso fotografico Roberto Bolle ci accompagna con questo libro in un viaggio alla riscoperta delle bellezze della nostra terra.

In più di un’intervista l’étoile ha sottolineato quanto per lui sia fondamentale far passare il messaggio dell'importanza di tutelare e proteggere il nostro patrimonio culturale che non ha eguali nel mondo.

Non sembra strano che questo “progetto fotografico” sia stato così fortemente voluto da Roberto Bolle se si pensa che tra i tanti riconoscimenti ricevuti, il ballerino che dal 2007 collabora con il FAI, nel 2012 è stato insignito del titolo di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica” grazie ai meriti acquisiti verso il Paese in campo culturale e nel 2014 a Parigi della Medaglia d’Oro dell’Unesco per il valore culturale universale della sua opera artistica.
Titoli che ne fanno a tutti gli effetti un perfetto ed autorevole ambasciatore della nostra cultura nel mondo.

Passiamo ora ad analizzare come è strutturato il libro i cui testi vivi e coinvolgenti sono a cura di Valeria Crippa, l’introduzione di Robert Wilson e l’interessante prefazione che riporta i bellissimi versi della celebre poetessa di Lesbo è ad opera di Giovanni Puglisi:

Chi è bello, lo è finché è sotto gli occhi, chi è anche buono lo è ora e lo sarà poi.
(Saffo, Liriche, VII-VI sec. a.C.)

Nella prima parte del volume intitolata “Pompei” (fotografie di Fabrizio Ferri) il fisico statuario del ballerino in perfetta sintonia con il sito archeologico ne mette in evidenza la grandiosità esaltandone la bellezza, ma sottolineandone allo tempo stesso anche la fragilità nonché la necessità di intervenire per salvaguardare questo nostro patrimonio troppe volte ignorato.

L’importanza della storia è messa in evidenza attraverso le foto delle rovine pompeiane, esse ci parlano del nostro passato invitandoci a risollevarci per riappropriarci della nostra identità attraverso un moto d’orgoglio, a ricordare la nostra grandezza per risorgere dalle nostre rovine in quanto eredi del prestigio dei nostri antenati.

La bellezza di Pompei è una bellezza fragile che ha bisogno del nostro aiuto per essere preservata affinché arte e conoscenza possano essere tramandate nel miglior modo possibile ai nostri posteri.

La seconda parte del volume intitolata “Viaggio in Italia” (fotografie di Luciano Romano) è invece dedicata alle foto di scena in cui vediamo come la danza entri in perfetta unione con luoghi pieni di arte e magia: l’Arena di Verona, le Terme di Caracalla ed il Colosseo a Roma, i Giardini di Boboli a Firenze, il Teatro Greco di Taormina, solo per citarne alcuni perché lascio a voi il piacere di scoprire gli altri…

Il libro non ci parla solo della bellezza dell’arte e della danza, ma anche della fatica e del lavoro che sono necessari per raggiungerla, perché raggiungere la perfezione che sia di un movimento di danza, che sia di un corpo perfettamente scolpito o che sia di un’opera d’arte necessita costanza, abnegazione e impegno.

“Viaggio nella bellezza” è l’esaltazione del bello in tutte le sue forme d’arte, sempre però con la consapevolezza che la bellezza non è mai solo fine a se stessa, ma è piuttosto lo strumento attraverso il quale l’uomo può e deve costruire un mondo migliore.






sabato 25 aprile 2015

“John Keats” di Stephen Hebron

JOHN KEATS
di Stephen Hebron
THE BRITISH LIBRARY
Ho acquistato questo libro durante la mia recente visita alla Keats-Shelley House a Roma, visita irrinunciabile ogni volta che mi trovo nella Città eterna.

Sul sito della casa museo di Piazza di Spagna è in vendita la traduzione italiana del volume, ma al momento ne erano sprovvisti e così ho deciso di acquistare l’edizione originale in lingua inglese della British Library appartenente alla collana “Writers’ lives”.

Il volume è comunque di facile lettura anche per coloro che non sono madrelingua e la veste grafica è davvero piacevolissima.

Il racconto della vita del poeta è molto dettagliato. Hebron non solo racconta i fatti più importanti della vita di John Keats (Londra 1795 – Roma 1821), ma ci dà anche un quadro preciso del suo carattere.

Ci racconta dei suoi famigliari e dei molti amici che egli seppe legare a sé grazie al suo carattere aperto, al suo entusiasmo per la vita ed alla sua energia.

Leggiamo dei suoi viaggi, del suo amore per Fanny Brawne, delle sue aspettative attese e disattese, delle sue insicurezze, dei suoi momenti di felicità e delle sue paure, dei suoi successi, ma anche delle critiche che non gli furono di certo risparmiate.

Hebron non tralascia di informare a grandi linee il lettore sulla poetica di John Keats e lo fa spesso riportando versi tratti dalle opere oltre che stralci di lettere.

Proprio le lettere, caratterizzate da un tono intimo e colloquiale, hanno un fascino senza tempo e sono una fonte tanto inesauribile quanto fondamentale per conoscere a fondo non solo l’uomo John Keats, ma anche l’attività poetica dello stesso.

traduzione italiana
A detta di T.S. Eliot le lettere di Keats sono da ritenersi “le più straordinarie e le più importanti, che siano mai state scritte da un poeta inglese”.

Ricordo, per chi fosse interessato all’argomento, il libro edito da Mondadori “Keats. Lettere sulla poesia” a cura di Nadia Fusini, del quale spero di potervi parlare più dettagliatamente in un prossimo post.

John Keats” di Stephen Hebron è impreziosito da innumerevoli illustrazioni: troviamo, infatti, dipinti dell’epoca, riproduzioni dei luoghi, moltissimi ritratti del poeta oltre ad alcuni dei suoi famigliari e delle persone che fecero parte della sua vita e a lui furono strettamente legate tra cui Charles Wentworth Dilke, Charles Cowden Clarke, la stessa Fanny Brawne solo per citarne alcuni.

Sono inoltre interessanti le tavole che riproducono gli originali delle lettere e dei manoscritti del poeta.

Come avrete capito “John Keats” di Charles Hebron non può non far bella mostra di sé nelle librerie di tutti coloro che amano questo poeta che i pittori preraffaelliti classificarono pari a Dante, Omero, Chaucer e Goethe e che oggi viene ormai riconosciuto come uno dei più grandi poeti del romanticismo inglese e in verità non solo del periodo romantico.

“I think I shall be among the English Poets after my death” (John Keats)

Qualche foto della stanza di John Keats scattata durante la mia visita alla Keats-Shelley House 











mercoledì 19 novembre 2014

“Mr Selfridge” di Lindy Woodhead

MR. SELFRIDGE
di Lindy Woodhead
VALLARDI
Harry (Henry) Gordon Serfridge nacque a Ripon, un piccolo villaggio in Wisconsin. Nonostante i numerosi dubbi ed incertezze sulla sua data di nascita, oggi si crede di poterla collocare, senza grandi margini di errore, il giorno 11 gennaio del 1856.
Morì nel 1947, all’età di 91 anni, lasciando agli eredi solo 10.000 sterline dopo aver dilapidato una fortuna stimata intorno ai tre milioni di sterline.

Mr. Selfridge fu colui che per primo riuscì a coniugare shopping e seduzione.

Un uomo che grazie al suo intuito, alla sua fantasia ed al suo coraggio raggiunse lo scopo che si era prefissato ovvero essere ricordato come colui che riuscì “a dare dignità e nobiltà al commercio”.

Mr. Selfridge fu in grado, infatti, di capire il grande potenziale inespresso delle attività commerciali in Inghilterra che per quanto storiche e famose, tra esse possiamo evidenziare nomi quali Harrods, Barkers, D.H. Evans, Dickens & Jones e Liberty’s, erano ancora gestite quasi come fossero semplici botteghe.

Appassionato di statistiche e di proiezioni, grazie alle sue pianificazioni scientifiche, comprese per primo il valore del marketing e della pubblicità.

Uomo dalle mille risorse, era “abituato a recitare sempre, ancor più quando il denaro scarseggiava”.

Per primo comprese l’importanza della stampa e per tale motivo riservò ai giornalisti sempre un posto di primo piano da Selfridge’s, non mancava di inviare loro inviti per ogni evento organizzato all’interno del grande magazzino né di spedire ai direttori delle più prestigiose testate giornalistiche strenne natalizie e fiori a Pasqua.

Nella sua vita svolse tantissimi lavori: iniziò consegnando giornali, lavorò come contabile in banca e poi come impiegato assicurativo.
Ma come qualcuno disse, qualunque lavoro egli svolgesse “sembrava sempre uscito da una cappelliera”. 
Non è dunque strano che il lavoro che lo consacrò come “uomo di commercio” fu proprio l’impiego che riuscì ad ottenere da Leiter & Co. uno dei più grandi magazzini di Chicago che con le sue capacità contribuì a rendere uno dei più celebri di tutta l’America.

A Mr. Selfridge dobbiamo moltissime innovazioni, una tra tante possiamo ricordare la scelta vincente di collocare il reparto profumeria all’ingresso dei grandi magazzini.

Fu lui l’ideatore delle vetrine a tema, da Selfridge’s infatti la merce in vetrina non era più solo una mera esposizione di ciò che si poteva trovare in negozio, ma un vero e proprio racconto pieno di colore. Inoltre per la prima volta le vetrine rimasero illuminate anche durante la notte.

Pensò anche agli addobbi ed alle decorazioni per il negozio in occasione di avvenimenti sportivi e politici sia in città che in tutto il paese, per non parlare della magnificenza delle luci, delle decorazioni e degli spettacoli durante il periodo natalizio.
 
Sua fu l’idea che i commessi dovessero partecipare a dei veri e propri corsi di formazione durante i quali, per spronarli, veniva loro ripetuto come un mantra che:

Ci sono sei cose utili per aver successo negli affari: giudizio, energia, ambizione, immaginazione, determinazione e nervi saldi. Ma la più importante è il giudizio.

Selfridge’s in Oxford Street a Londra fu pensato come un luogo dove il cliente potesse essere compreso, coccolato e accudito.

H.G. Selfridge era dell’idea che anche l’aspetto del palazzo che avrebbe ospitato il suo negozio dovesse essere grandioso, una sorta di cattedrale dello shopping e fu così che con grande dispendio di energie e di denaro fece erigere un palazzo monumentale con colonne ioniche, numerose vetrine, ascensori e un giardino pensile.

Per gli impiegati era un piacere lavorare per il Principale, come lo chiamavano, ne erano letteralmente affascinati e non c’era nulla che non avrebbero fatto per ottenere la sua approvazione.

Selfridge’s fu il primo grande magazzino della storia ad avere un’infermeria, una sala stampa, un parrucchiere, un ufficio informazioni e persino una sala da tè.

Dobbiamo ricordare che quando Selfridge’s aprì i battenti nel 1909 le donne potevano uscire da sole quasi esclusivamente per recarsi in chiesa o alle riunioni di beneficenza e di volontariato, grazie a Mr. Selfridge trovarono un altro luogo pubblico dove poter andare senza destare scandali.

La sua vita fu talmente intensa e talmente scenografica che sembra quasi impossibile che il racconto che si legge in queste pagine sia una storia vera e non un’opera di fantasia; le persone che conobbe e che frequentò, le quantità di denaro accumulato e perso, il prestigio raggiunto fanno della vita di Mr. Selfridge un’esistenza davvero straordinaria.
Mr. Selfridge, come ogni grande visionario della storia, era però destinato, vivendo il suo sogno, a perdere il contatto con la realtà: donne e gioco d’azzardo lo condussero inevitabilmente alla rovina.

Particolarmente affascinante è il racconto dello scorrere del tempo: la guerra di secessione e le speculazioni sul commercio del cotone, la grande guerra ed il secondo conflitto mondiale, le incoronazioni e le elezioni dei primi ministri, il teatro, la musica, il cinema muto e l’avvento del sonoro, il cabaret, la radio, le prime televisioni, i voli aerei e sullo sfondo di tutto questo, Selfridge’s.

Mr. Selfridge fece parte di quel mondo che progrediva velocemente grazie a nuove tecnologie e a nuovi mezzi di trasporto, ed egli stesso contribuì in prima persona al progresso con il suo denaro ma sopratutto con la sua inventiva, sempre fedele al motto “business as usual “(affari come sempre).

E nel frattempo la moda stessa cambiava, apparvero le prime modelle e le prime sfilate, gli abiti si facevano sempre più aderenti, più corti, più sportivi; il cotone, la seta e le fibre naturali soccombevano sotto l’avvento dei nuovi tessuti sintetici, la biancheria intima si modificava passando dai corsetti di stecche per arrivare al reggiseno ”a coppa”, la sartoria lasciava il posto al prêt-à-porter mentre l’uso del make-up veniva sdoganato anche per la donna comune. I nomi della moda erano Elizabeth Arden, la grande Coco Chanel e quello della sua antagonista Elsa Schiaparelli.

“Mr Selfridge” è una biografia molto intrigante la cui lettura scorre velocemente come un romanzo ed è istruttiva come un saggio; su questo libro si basa la famosa serie televisiva.

Al lettore attento non può sfuggire che, al di là di una trama affascinante, il libro di Lindy Woodhead abbia alle spalle anche un lavoro di ricerca meticoloso e dettagliato che trova conferma nella vastissima bibliografia riportata al termine del volume a beneficio di chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati.

L’autrice, non solo ci conduce abilmente in un mondo dorato fatto di guanti, profumi e tessuti preziosi, ma ci fa conoscere anche il rovescio della medaglia quello fatto di ricerca di capitale, di acquisto/vendita di azioni ordinarie e privilegiate, di dividendi, profitti e perdite.

Una biografia trascinante e ammaliante che ci fa rivivere il tempo passato in ogni minimo dettaglio! 

La moda è lo specchio della storia. Riflette i mutamenti politici, sociali ed economici, piuttosto che il capriccio individuale.
(Luigi XIV)



lunedì 29 settembre 2014

“Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)” di Giancarlo Giannini

SONO ANCORA UN BAMBINO
(ma nessuno può sgridarmi)
di Giancarlo Giannini
LONGANESI
Giancarlo Giannini nasce a La Spezia nel 1942. Nella città ligure trascorre la sua infanzia fino all’età di otto anni quando il padre viene trasferito a Napoli per lavoro.
Il padre di Giannini è un padre piuttosto assente e così egli trascorre le sue ore soprattutto con il nonno, il suo primo maestro di vita.
Un ruolo fondamentale nella sua infanzia lo hanno anche la nonna e le zie, le sorelle della madre; proprio nella cucina della nonna nasce la passione di Giannini per il cibo.
L’attore ama quei profumi e quei sapori che lo fanno sentire a casa in qualunque posto si trovi e forse proprio per questo motivo ha scelto di iniziare la sua biografia parlandoci della ricetta del pesto.
Non ha mai avuto comportamenti da star e non ha mai avanzato assurde pretese; l’unica sua richiesta durante le riprese in giro per il mondo è stata quella di avere una stanza con un angolo cottura dove, finito il lavoro sul set, potersi rifugiare a cucinare, un valido espediente per riuscire a rimanere fedeli a stessi ed alle proprie origini.
Quando a otto anni si trasferisce a Napoli con i genitori e la sorella, incontra un mondo completamente nuovo.
Quello ligure è un popolo tenace e testardo, i napoletani sono solari e fantasiosi; Giannini fa sue tutte queste caratteristiche.

Leggendo la sua biografia, incontriamo un perfezionista, un uomo che ama lo studio e la preparazione, ma che allo stesso tempo si scopre essere un uomo aperto all’innovazione, alla ricerca dell’escamotage per superare gli intoppi che possono nascere durante le riprese, un uomo per cui la recitazione è finzione e soprattutto gioco.

A Napoli frequenta un istituto tecnico elettronico; quelle per la fisica, l’elettronica e la scienza sono per lui delle vere passioni tanto che ancora oggi egli si considera un elettronico mancato.

Giannini approda al teatro in maniera piuttosto casuale, ha già conseguito il diploma in elettronica, quando viene invitato a salire sul palco per sostituire un attore assente ad uno spettacolo messo in scena dagli amici di un amico, spettacolo al quale egli era solito assistere e del quale conosceva ormai tutte le battute.
Il regista dello spettacolo riconosce subito il suo potenziale e lo incoraggia ad iscriversi all’accademia.
Giannini decide di darsi una possibilità come attore e si iscrive alle selezioni per entrare all’accademia di arte drammatica Silvio D’Amico dove non solo viene preso, ma ottiene anche una borsa di studio.
Due soli anni di accademia a Roma e la sua carriera inizia a decollare, fin da subito si esibisce infatti per grandi platee e condivide la scena con attori già affermati.

Giancarlo Giannini ci parla molto della sua infanzia, ma ci racconta pochissimo della sua vita privata; una scelta, quella di difendere la sua privacy, che egli ha mantenuto rigorosamente sin dagli esordi.
Non manca invece di raccontarci numerosi episodi ed aneddoti legati alle persone che ha incontrato durante la sua lunga ed intensa carriera che lo ha visto lavorare in teatro, recitare per il cinema sotto la direzione dei più grandi registri italiani e stranieri, essere regista lui stesso oltre che doppiatore di famosissimi attori hollywoodiani tra cui Jack Nicholson, Mel Gibson, Al Pacino, Dustin Hoffman, Michael Douglas.
La sua è una vita fatta di incontri con i grandi del teatro, ma soprattutto del cinema. Ha conosciuto e recitato con straordinarie attrici e importanti attori: Anna Magnani, Monica Vitti, Mariangela Melato, Stefania Sandrelli, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alain Delon, Keanu Reeves, solo per citarne alcuni, ma sono davvero tantissimi.
Così come sono tantissimi gli straordinari registi con i quali ha avuto l’onore e il privilegio di lavorare e dei quali in queste pagine ci racconta particolarità e curiosi episodi: da Luchino Visconti a Lina Wertmuller, da Fassbinder, a Monicelli, da Pupi Avati a Franco Zeffirelli… e volendo citare qualche americano possiamo ricordare Ridley Scott, Spielberg….

Giancarlo Giannini si definisce “ancora un bambino”, ma leggendo queste pagine ne esce un personaggio piuttosto contraddittorio.
Un uomo estroverso ed introverso allo stesso tempo, un bambino per la sua voglia di recitare e giocare, di costruire oggetti con le proprie mani, di scoprire il mondo, ma anche un uomo che ama i suoi momenti soli, un uomo che desidera la solitudine e non la teme, così come non ha paura della morte perché per lui la morte è il mistero più grande, è il raggiungimento della conoscenza.

Quando leggiamo del Giancarlo bambino che solitario medita sulla spiaggia, ci chiediamo se egli sia mai stato davvero un bambino e allo stesso tempo quando leggiamo del Giannini adulto che entra in un negozio e compra un robot per montarlo e smontarlo affascinato dai suoi meccanismi, comprendiamo perché lui si ritenga ancora tale.
Inevitabilmente si sovrappongono davanti ai nostri occhi le immagini di un bambino già adulto e quella di un adulto ancora bambino.

Giannini affascina il lettore per la sua energia, la sua sete di conoscenza, per il suo desiderio di capire come siano fatte le cose, per l’entusiasmo che prova nel costruire oggetti con le proprie mani; stupisce il lettore con le sue passione per la fotografia e la pittura e lo sbalordisce con i brevetti delle sue invenzioni.

Si scopre così una persona che non perde occasione per mettersi in gioco, che non si tira mai indietro, che accetta le sfide perché gli permettono di cercare di raggiungere quella famosa asticella che qualcun’altro prima di lui ha posto lassù in alto e che, se possibile, vorrebbe egli stesso riuscire ad alzare ancora un poco per chi ci proverà dopo di lui.

Io sono sempre stato un artigiano della recitazione. Non ho mai improvvisato, ho sempre avuto una preparazione molto solida alle spalle.

Interessante leggere il pensiero di un attore del suo calibro sui vari metodi di interpretazione.
Per Giannini recitare è un gioco, è finzione e in quanto tale il personaggio deve essere interpretato dall’attore facendo propria la parola chiave “creatività”.
Ad Hollywood è tutto diverso; secondo l’acclamato metodo dell’Actors Studio, infatti, l’attore deve calarsi nella parte, deve immedesimarsi nel personaggio stesso.

Loro hanno gente che entra nel personaggio, stando male come stanno male nella finzione. Ma non scherziamo, ragazzi, io mica sono per quella scuola. Io interpreto un personaggio. Io lavoro sul personaggio. Non fatemi fare troppi sforzi, dai, su. E ` solo un gioco.

Giannini ripete spesso che recitare è un gioco, “to play” in inglese vuole dire sia giocare che recitare, ma è un gioco serio perché l’attore ha comunque delle responsabilità ben precise nei confronti del pubblico:

Noi attori abbiamo un dovere nei confronti degli altri: siamo privilegiati, e il risarcimento verso chi ci guarda deve essere chiaro, netto, immediato. Abbiamo il dovere di ricordare a tutti che c’è un’alternativa alla realtà, alla logica, all’omologazione e all’istinto.

Ci sono poi pagine bellissime sul comprendere che tipo di regista l’attore si trovi di fronte.
Secondo Giannini già alla seconda scena si può comprendere se il registra è un illuminato o un mediocre.
Nel primo caso si può aprire un dialogo fatto di proposte e controproposte, il tutto porterà a produrre qualcosa di eccellente e mai visto prima.
Nel secondo caso, Giannini suggerisce, di fare quello che il regista chiede, senza discutere tanto sarebbe solo tempo sprecato oltre a portare solo una sofferenza atroce.
Giannini ovviamente lo applica al suo mondo, quello del set cinematografico, ma è indubbiamente un valido suggerimento per ognuno di noi qualunque sia la nostra occupazione.
                                                                                                                               
Giancarlo Giannini è un personaggio vulcanico e per sua stessa ammissione sempre in continuo movimento:

Devo avere idee, altrimenti mi spengo. Devo sperimentare, pensare, creare, altrimenti è come entrare in letargo e buttare via qualcosa di prezioso. Non mi sono mai fermato, in tutta la mia vita.

“Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)” è un libro un po’ disordinato, dirompente e frenetico come il suo autore.
Fa sorridere il fatto che un’autobiografia di un attore che usa la carta millimetrata per disegnare assi cartesiane sulle quali riportare gli stati d’animo del personaggio che deve interpretare e che disegna una griglia a colori per ricordare quali personaggi si incontrino nelle varie scene, sia così “caotica” inteso ovviamente nel senso buono del termine.
Giannini riesce a catturare l’attenzione del lettore e a mantenerla viva pagina dopo pagina grazie anche a questi continui “salti” del racconto che non sempre segue una linearità temporale.

Perché leggere questo libro?
Perché è interessante leggere di un personaggio così versatile, capace di interpretare ruoli comici e drammatici con la stessa intensità e bravura, un uomo dotato di grande spiritualità ed allo stesso tempo di un notevole senso pratico.
Perché racconta la storia del cinema italiano con qualche assaggio del mondo hollywoodiano al quale l’Italia non dovrebbe invidiare nulla.
Perché fa venire una voglia matta di riscoprire il nostro cinema e di andare a rivedersi tutti i vecchi film per capire, conosce e approfondire.