La vocazione allo spettacolo da parte della famiglia
Medici è oggi largamente riconosciuta grazie a quanto emerso dai carteggi e
dagli studi dei documenti d’archivio nel corso degli anni.
La spettacolarità era senza dubbio uno strumento di svago, ma nascondeva
anche un secondo aspetto più velato e, forse, anche molto più importante. Arte e spettacolo, infatti, avevano lo
scopo di consolidare l’immagine della famiglia Medici e legittimarne il potere.
Nel Cinquecento, proprio a Firenze, sorse per volere
di Francesco I negli Uffizi il primo teatro stabile e nel secolo successivo,
sempre a Firenze, nacque un nuovo genere teatrale ovvero l’opera in musica.
L’interesse
per la spettacolarità non scemò neppure nei periodi più difficili del
granducato e molto attivi furono su
questo fronte i fratelli di Ferdinando II: Giovan
Carlo, Mattias e Leopoldo. Il testimone passò poi al gran principe Ferdinando,
figlio di Cosimo III.
Il libro è incentrato proprio sulle vicende biografiche e sulla committenza del gran principe di
Toscana e della moglie Violante Beatrice di Baviera.
Il loro fu tutt’altro che un matrimonio ben riuscito.
Violante svolgeva con grande scrupolosità i suoi compiti di moglie e futura granduchessa,
si dice fosse anche molto innamorata del marito, ma Ferdinando non provò mai
alcun trasporto per quella consorte che gli era stata imposta dalla ragion di Stato.
Il gran principe non solo non fece nessuno sforzo per cercare di tenere nascosi
i propri tradimenti, ma neppure si sentì mai minimamente in colpa per le
proprie mancanze verso la moglie.
La freddezza
del marito e la sterilità del matrimonio non resero la vita facile a Violante che, nonostante venisse spesso messa in ridicolo dai
comportamenti del marito, si impegnò fino
alla fine dei suoi giorni per il bene della famiglia Medici senza mai però
dimenticare la propria casa d’origine.
Molto diverso fu invece il rapporto tra Ferdinando e Violante sul piano della spettacolarità.
Entrambi appassionati di teatro e musica, si esibirono talvolta essi stessi in
prima persona come artisti e come compositori.
Sul piano della spettacolarità trovarono quindi quell’intesa perfetta che, nei ventiquattro anni che
trascorsero insieme, gli mancò come coppia: lui stimato come collezionista
e mecenate, lei perfettamente calata nel ruolo di addetta alle pubbliche
relazioni, per darne una definizione moderna.
Ferdinando
si occupava di tutto ciò che riguardava la mercatura teatrale mentre a Violante
spettava il compito di scrivere lettere di raccomandazione a favore degli
artisti inviati fuori dalla corte granducale. Poter vantare la stima della
gran principessa era molto importante soprattutto per l’immagine delle cantanti
che dovevano affrancarsi dall’opinione pubblica che le considerava poco più che
delle cortigiane.
Violante Beatrice di Baviera seppe intrattenere rapporti
non solo con gli attori, i cantanti, i musicisti, i librettisti (dopo la morte
di Ferdinando fu lei ad occuparsi anche della parte artistica), ma soprattutto fu
molto apprezzata per la sua capacità di sapersi rapportare anche con gli esponenti
del clero e della nobiltà.
Lo stesso cognato Gian Gastone, che non amava
particolarmente la spettacolarità, partecipò ad alcuni eventi organizzati da lei.
Dopo la morte di Ferdinando, con il ritorno
dell’Elettrice Palatina a Firenze, Violante venne allontanata dai ruoli di maggior
visibilità, salvo tornare in prima linea dopo la morte di Cosimo III e l’ascesa
al trono granducale di Gian Gastone. Il settimo granduca, infatti, sembrava
nutrire un affetto sincero per la cognata, mentre i suoi rapporti con la
sorella erano piuttosto tesi.
Il saggio di
Leonardo Spinelli prende in esame ogni aspetto della spettacolarità (teatri, cantanti, librettisti, opere, ecc.) senza tralasciare di indagare i rapporti
interpersonali dei protagonisti con la corte e con i famigliari né di
evidenziare le motivazioni di alcune scelte fatte dai protagonisti stessi.
Un esempio ne è la spiegazione del perché Ferdinando avesse
optato per la privatizzazione del teatro di Livorno e la costruzione del teatro
privato nella villa di Pratolino a discapito di un teatro come quello della
Pergola.
Decisamente un valido saggio non solo per l’esaustiva
parte riservata alla mercatura teatrale, agli spettacoli, ai personaggi e ai
confronti della spettacolarità nelle varie corti dell’epoca, ma soprattutto perché
ha il grande merito di farci scoprire tante sfaccettature del carattere di Violante
Beatrice di Baviera che, complice una storiografia che l’ha il più delle volte
liquidata in poche righe, erano a noi completamente sconosciute.
Si scopre così la figura di una donna certamente devota, tanto da essere stata insignita anche
della Rosa d’Oro, ma mai dogmatica. Una
donna che sacrificò ogni cosa, passioni e orgoglio compresi, alla ragion di
Stato, ma che nonostante questo seppe rimanere ferma nei propri propositi
e, mantenendo saldi i propri ideali e restando fedele a se stessa, seppe
conquistarsi l’affetto e la stima di molti.
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