KEATS
LETTERE SULLA POESIA
a cura di Nadia
Fusini
MONDADORI
|
Le
lettere di John Keats sono una testimonianza fondamentale della sua attività
letteraria.
Il suo epistolario
contiene, infatti, non solo le più belle lettere mai pubblicate in lingua
inglese, ma anche alcuni fondamentali principi della sua poetica.
L’epistolario
di Keats copre un periodo di cinque anni; la selezione delle lettere del volume
a cura di Nadia Fusini coprono il periodo che va dal 17 aprile 1817 (lettera a
John Hamilton Reynolds) al 30 novembre 1820 (lettera a Charles Brown).
Le
lettere sono caratterizzate da un tono
intimo, modesto e familiare; nella fretta della scrittura a volte queste risultano
persino un po’ sgrammaticate.
Sono
dialoghi intrattenuti non solo con i famigliari (la sorella, i fratelli e la donna
amata), ma anche con gli amici (Brown, Bailey, Haydon, Dilke solo per citarne
alcuni), gli editori (John Taylor e James Augustus Hessey) e con personaggi del
calibro di Percy Bysshe Shelley, che nutriva un’opinione altissima di John
Keats.
A
tal proposito molto interessanti ed esaustive sono le “Notizie sui
corrispondenti di Keats” poste al termine del volume.
Due sono i temi
principali delle lettere di Keats: la poesia ed il “pensiero dominate” della
propria morte.
La
vita di Keats era strettamente legata alla poesia; egli viveva, respirava
poesia ogni attimo della propria vita, così che va da sé che non solo le lettere stesse contengano le
poesie, ma le poesie stesse nascano proprio da queste.
Ho scoperto che non riesco
a vivere senza la poesia – senza la poesia eterna – non mi basta metà della
giornata – mi ci vuole tutta. Ho cominciato con poco, poi l’abitudine mi ha
reso un Leviatano.
(lettera
a Reynolds del 18 aprile 1817)
Secondo
Keats al poeta non è necessaria l’individualità, ma piuttosto la perdita di
essa.
La poesia dovrebbe venire
all’uomo spontaneamente, naturalmente; la parola deve venire come “all’albero le Foglie, o non venire affatto” (lettera a Taylor del 27 febbraio
1818).
La poesia dovrebbe essere
grande, ma non indiscreta, qualcosa che ti entra nell’animo, ma non lo
sconcerta, né lo stupisce, se non per il suo contenuto.
(lettera
a Reynolds del 3 febbraio 1818)
La
poesia per Keats non ha potere salvifico, salvare il mondo non può essere il
suo scopo. La poesia è apertura verso l’al di là, verso il mondo dell’Altro.
La
poesia è risposta al manifestarsi dell’infinito nel mondo finito delle cose e
degli esseri, la poesia risiede tra il mondo dei sensi e quello del pensiero,
il poeta vive sospeso tra i due mondi.
Il poeta non ha un’identità,
non ha un io ed è la “più impoetica di
tutte le creature”.
La
più grande qualità che un poeta deve possedere per Keats è la “Capacità
Negativa” qualità che egli riconosceva in massimo grado a Shakespeare,
ovvero la capacità “di stare nell’incertezza,
nel mistero, nel dubbio senza l’impazienza di correre dietro ai fatti e alla
ragione”. (lettera a George e Tom Keats del 21 dicembre 1817).
Keats
morì giovane, ad appena 25 anni, lasciandoci tra le sue opere sei odi tra le
più belle che mai furono scritte, ma insoddisfatto della sua produzione, sempre
in attesa di scrivere la poesia perfetta.
Bellissime le lettere a
Fanny Browne, la donna amata dal poeta, che meritano senza dubbio un breve accenno.
Se
siete comunque interessati alle lettere di Keats a Fanny, vi consiglio il
volume “Leggiadra Stella. Lettere a Fanny Brawne” edito da Archinto.
Quando incontrò il poeta Fanny
era una ragazza di appena diciotto anni allegra, vivace e curiosa, Keats invece
era estremamente geloso, sospettoso, esigente, facilmente irritabile e spesso
contradditorio. La loro storia d’amore fu profonda e tormentata.
Devo confessare che ti amo
ancora di più perché credo che ti sono piaciuto per me stesso e nient’altro –
ho incontrato donne che avrebbero voluto sposare una Poesia e si sarebbero date
con tutto il cuore a un Romanzo.
(lettera a Fanny Brawne dell’ 8 luglio 1819)
Sono sempre rimasto
stupefatto dinnanzi a chi moriva da martire per la religione – l’amore è la mia
religione – io potrei morire per amore – potrei morire per te. Il mio unico
credo è l’amore e tu il mio solo dogma. Mi hai rapito in virtù di un potere a
cui non so resistere: eppure ho resistito fino a quando ti ho visto, e anche
dopo che ti ho visto ho cercato spesso “di ragionare contro le ragioni
dell’amore”. Non posso più farlo – la sofferenza sarebbe troppo grande – il mio
amore è egoista – non respiro senza di te.
E malgrado questo sono
contrario a vederti, non sopporto uno sprazzo di luce per poi tornare nelle
tenebre.
(…)
Vorrei che tu mi
infondessi un po’ di fiducia nel genere umano. Io non so trovarne nessuna – il
mondo è troppo brutale per me – sono contento che ci siano le tombe – sono
sicuro che non avrò riposo se non li.
(lettera a Fanny Brawne, agosto 1820)
Concludo
il post con un'informazione definiamola di servizio. Per chi fosse interessato al
libro, il volume è purtroppo attualmente
fuori catalogo.
Io
ho avuto la fortuna di riuscirne a reperire una copia anche se un po’
ingiallita presso una piccola libreria tra le giacenze di magazzino, ma nel
caso non riusciste a scovarne alcuna, il consiglio è di dare un’occhiata ogni
qualvolta vi troviate nei pressi di qualche bancarella di libri usati.
Buona
caccia al tesoro!
Nessun commento:
Posta un commento