venerdì 26 dicembre 2025

“Bushidō” di Inazō Nitobe (a cura di Tea Pecunia)

Tea Pecunia, nella sua introduzione, ci presenta l’autore dell’opera: Inazō Nitobe (1862–1933). Inazō Nitobe trascorse gran parte della sua vita lontano dal Giappone, vivendo per molti anni negli Stati Uniti e in Europa. Fu una figura straordinariamente versatile: docente, rettore universitario, economista agrario, diplomatico, politico e persino esperantista. Credeva profondamente nel progetto dell’Esperanto, una lingua pianificata per favorire il dialogo tra i popoli, costruita con elementi provenienti dal latino, dall’italiano, dal francese, dall’inglese, dal russo e dal polacco.

Forse fu proprio questa sua naturale inclinazione al dialogo a spingerlo a scrivere la sua opera più celebre, con l’intento di rispondere alle domande degli occidentali sull’etica giapponese. Il libro lo rese noto in tutto l’Occidente, pur attirando numerose critiche per alcune inesattezze storiche, per certi limiti interpretativi e per quelle che alcuni giudicarono forzature prospettiche. Eppure, ancora oggi, rimane il testo più diffuso sul Bushidō.

Inazō Nitobe cerca costantemente di individuare affinità e punti di contatto tra la cultura occidentale e quella giapponese, un compito tutt’altro che semplice. Così, ad esempio, mette in relazione lo spirito cavalleresco medievale con il Bushidō dei samurai: due realtà profondamente diverse, ma accomunate da alcuni valori morali fondamentali.

La mia impressione, leggendo anche altri autori giapponesi che trattano gli stessi temi, è che Inazō Nitobe sia riuscito a “occidentalizzare” il concetto di Bushidō, rendendolo quindi più accessibile al lettore europeo. La sua sensibilità, spesso vicina al modo di pensare occidentale, emerge chiaramente e facilita la comprensione di chi si avvicina a questi argomenti senza alcuna conoscenza preliminare. Nonostante ciò, il suo pensiero resta profondamente permeato dalla mentalità giapponese: pur avendo ricevuto un’educazione occidentale e pur essendosi convertito nel corso della sua vita al cristianesimo, Inazō Nitobe non rinnega mai il proprio retaggio culturale. Un po’ come accade a noi italiani che restiamo legati, spesso anche inconsciamente, alle nostre radici regionali, così Inazō Nitobe rimane profondamente ancorato alla tradizione del Giappone.

Nel trattare il tema, l’autore ricorre spesso a parallelismi tratti dalla storia e dalla letteratura europee, nel tentativo di avvicinare il lettore straniero a una materia complessa e distante. E, a mio avviso, ci riesce pienamente. Il testo è suddiviso in vari capitoli, ciascuno dedicato a un aspetto del Bushidō: le sue origini, le fonti, il carattere, l’insegnamento, l’influenza sulle masse, la continuità nel tempo e la sua persistenza nel presente. Il Bushidō viene presentato come un codice morale che i samurai erano tenuti a osservare con rigore.

Inazō Nitobe analizza virtù come benevolenza, cortesia, veridicità, onore, dovere, lealtà e dominio di sé: tutti elementi fondamentali dell’anima del Bushidō. Alcune descrizioni raggiungono una vera e propria poeticità, come quando parla delle celebri lame dei samurai, autentiche opere d’arte, che paragona alle loro rivali occidentali, come la spada di Toledo o quella di Damasco.

In definitiva, Bushidō è un libro stimolante, capace di ricostruire con vivacità il Giappone feudale. È un testo accessibile ai neofiti e a chi desidera avvicinarsi per la prima volta al mondo dei samurai, comprendere che cosa sia il Bushidō e quale eredità abbia lasciato nella cultura giapponese contemporanea. Un’opera che invita a riflettere su quanto di quell’antica etica sia sopravvissuto nel Giappone moderno, soprattutto se confrontato con la tradizione cavalleresca occidentale.