STORIA D’INVERNO
di Mark Helprin
NERI POZZA
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Vi
anticipo subito che sono stata a lungo indecisa sull’affrontare o meno la
lettura di questo romanzo e, lo ammetto, la mia incertezza nasceva in buona
misura dall’impegno che avrei dovuto affrontare vista la mole di un libro di
ben 844 pagine.
Poi
la mia curiosità è stata ulteriormente
solleticata dal trailer del film tratto dal romanzo uscito al cinema nel mese
di febbraio e del cui cast fanno parte attori quali Colin Farrell e Russell
Crowe.
Non
ho ancora visto il film, ma dopo aver letto il libro, posso fare due
considerazioni: la prima è che il romanzo è talmente complesso che dubito
fortemente che la trasposizione cinematografica possa esserne all’altezza e la
seconda è che l’idea che mi ero fatta del racconto era completamente errata.
Peter Lake è un ladro che lavora in proprio dopo un periodo di
appartenenza alla banda dei Coda Corta,
i temibili sgherri comandati dal perfido e crudele Pearly Soames.
Proprio
da questi viene continuamente braccato ma grazie ad un fedele alleato, un
bellissimo stallone bianco in grado di saltare interi isolati, Peter Lake
riesce sempre a sfuggire ai suoi agguerriti inseguitori.
Un
giorno il ragazzo si trova casualmente davanti alla lussuosa dimora dei Penn e
introducendosi nell’abitazione per rubare, conosce Beverly Penn una ragazza bellissima prossima alla morte. Sarà di questa
donna “insistente, egoista e delirante” che il giovane si innamorerà
perdutamente permettendole di sconvolgergli l’esistenza…
Questo
è solo l’inizio del racconto, da qui poi prendono il via molteplici storie che
si sovrappongono e si incrociano all’infinito.
L’azione si svolge in un arco di tempo
lunghissimo che va dalla fine dell’Ottocento fino all’avvento del nuovo
millennio.
I
personaggi sono tantissimi ed alcuni di loro riescono a viaggiare nel tempo
incrociando le loro vite passate con quelle di altri nuovi personaggi che
vivono alla fine del secolo successivo.
Apparentemente il racconto si svolge secondo una
cronologia classica ma in realtà la storia è una storia fuori dal tempo, dove ogni cosa ci riporta ad un mondo
fantastico, popolato da strani personaggi che vivono ai confini della realtà.
Il racconto all’inizio ha qualcosa del romanzo dickensiano:
la descrizione degli uomini della baia in contrapposizione a quella dei
newyorchesi, laddove la baia è un mondo
fantastico e pieno di umanità in cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo
delle stagioni mentre la città è invece il luogo della violenza e delle latta
per potere e ricchezza.
Tale contrapposizione non può non richiamare alla mente il
confronto tra la città e la campagna così marcato negli scritti dell’autore
vittoriano.
Difficile definire questo romanzo che sin dalle primissime
pagine appare un racconto surreale e fantastico.
“Storia d’inverno” però
non può essere incasellato, questo libro appartiene ad un genere tutto suo che
non può essere definito né fantasy né tanto meno fantascienza.
Molto descrittivo e molto ben scritto il romanzo avverte
fortemente l’influenza dell’aspettativa, dell’ansia e della tensione proprie
della fine del millennio.
Molte pagine ricordano quell’atmosfera di ritorno alla new
age che si era impossessata di molti negli ultimi anni del Novecento ed il
racconto a tratti ricorda quella letteratura di fine secolo a cui appartengono
libri come “La profezia di Celestino” e “La decima illuminazione” di James
Redfield.
“Storia d’inverno”
è uscito nella sua prima edizione nel 1983 (titolo originale dell’opera
“Winter’s Tale”) e anche se ormai sembra molto distante nel tempo, se ci
soffermiamo un attimo a pensare non è poi tanto difficile ricordare l’aria che
si respirava nell’attesa dell’anno 2000 così carica di aspettative e speranze ma
anche di tensione e paura.
Non posso dire che sia un libro veloce e scorrevole, a
volte è appesantito dalle descrizioni talvolta anche un po’ lunghe e minuziose
ma sempre bellissime e toccanti.
Spesso si è tentati di tornare a rileggere alcune frasi
per imprimerle nella mente o anche solo per comprenderle meglio.
“Storia d’inverno”
è un libro che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine, riesce sempre ad
incuriosirlo e a tenere alta la tensione.
Il libro di Mark Helprin ha la forza di trascinarci in un
mondo diverso e ovattato, riesce a farci sognare e vorremmo anche noi un giorno
poter pattinare sul lago ghiacciato, correre sulla slitta verso i paesaggi dei
Coheeries, conoscere i suoi abitanti e perché no? magari un giorno anche
attraversare il muro di nuvole cavalcando Athansor.
Nonostante abbia intuito che questo sia un bel libro, ben scritto e che merita... a me, la storia, non ispira per niente. Tutti ne parlano bene, ma non pare essere nelle mie corde, non per adesso, comunque.
RispondiEliminaCapisco quello che vuoi dire. La storia non è il mio genere ma è scritto davvero bene. La cosa che mi ha più impressionato è proprio il modo di scrivere di Mark Helprin.
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